MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

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Pubblicato il 13/05/2023

Festa della Beata Vergine Maria SS di Fatima, con riferimenti alle Opere di Maria Valtorta

   

Dalle 'Lezioni sull'Epistola di San Paolo ai Romani' di Maria Valtorta

     14 febbraio 1948

     Dice il Divinissimo Autore:

     «Quanto Dio stabilisce è sempre perfetto, sia riguardo al tempo che al modo e alla persona. 
   Ecco dunque che, promesso all’inizio del castigo, il Cristo viene all’ora perfetta. I secoli si tramandano con voce sempre più chiara, con particolari sempre più netti, la voce della divina promessa di un Messia Redentore e della Donna senza concupiscenza, che punirà il Prevaricatore partorendo il Vincitore del Peccato e della Morte.
   Molti i simboli e le voci che ripetono nei secoli la promessa. Ma una parola divina non è stata ancora capita nella sua verità. 
   Nel 9° della Genesi è detto: “... porrò il mio arcobaleno nelle nubi e sarà il segno del patto fra Me e la Terra. E quando avrò accumulate le nubi (i castighi) nel cielo, nelle nubi comparirà il mio Arcobaleno ed Io mi ricorderò del mio patto... del patto sempiterno stabilito fra Dio e ogni carne che è sulla Terra”.
   Arcobaleno: segno di Pace. Arcobaleno: ponte fra Cielo e Terra.
   Maria, pacifico ponte che ricongiunge Cielo e Terra, Amatissima che con la sua sola presenza ottiene misericordia ai peccatori. E Dio, nei secoli avanti il Cristo, quando le prevaricazioni degli uomini accumulavano le nubi dei divini castighi sull’Umanità dalla dura cervice e dallo spirito superbo, contemplando nel suo Pensiero Colei che ab eterno era stabilita Arca della Divina Parola, Fonte della Grazia, Sede della Sapienza, pacifica gioia del suo Signore, disperse le nubi dell’inesorabile castigo, concedendo tempo all’Umanità in attesa della Salvezza.
   La voce della Vergine non ancor nata: “Pace! Pietà! Signor mio!”. Il suo amore perfetto, la sua perfetta ubbidienza, già noti a Dio prima che la Stella purissima fosse, sacrificio d’odor soave che placava l’ira del Signore. E, nei secoli dopo il Cristo, Pace e Misericordia è, per l’Umanità, Maria. E coll’accrescersi dei peccati e l’aumentare dei nembi dell’ira divina e dei fumi satanici, sempre è Maria quella che dirada le nubi, che disarma le folgori, che getta il suo mistico ponte all’Umanità caduta nell’abisso perché essa risalga, per via soave, al suo Bene.
   “Porrò il mio arcobaleno fra le nubi... e mi ricorderò del mio patto”.
   Oh! veramente l’Arcobaleno di Pace, la Corredentrice è fra le nubi, sopra le nubi, dolce astro che splende al cospetto di Dio per ricordargli che Egli ha promesso misericordia agli uomini ed ha dato il Figlio suo perché gli uomini abbiano perdono. Vi è non come dolcezza pensata, ma come realtà vera, completa, con la sua anima senza macchia e la sua carne senza corruzione. Né si accontenta di esservi adorante e beata. Ma attiva si mostra, e chiama, richiama l’Umanità alla Salvezza.
   L’ora di Maria. Quest’ora.
   L’arca di Noè non salvò tutti gli uomini, ma coloro fra gli uomini che Dio trovò giusti al suo cospetto. Anche nell’ora attuale, ora che sorge e dovrà scorrere tutta, e più inoltrerà e più sarà cupa di nembi, l’Arca di Dio non potrà salvare tutti gli uomini, ma [non potrà salvarli tutti] perché gli uomini, molti uomini, non vorranno salvarsi, trovare salute per mezzo dell’Arca di Dio.
   L’arcobaleno, dopo il diluvio, fu visto dai soli giusti rimasti vivi sulla Terra. Ma nell’ora presente, invece, l’arcobaleno, il segno di pace, Maria, in un sovrabbondare di misericordia sarà visto da molti che giusti non sono. La sua voce, il suo profumo, i suoi prodigi, saranno noti a giusti e a peccatori, e beati quelli, fra questi ultimi, che, come per l’Arcobaleno di Dio l’ira di Dio non si scatena, così per esso alla giustizia, alla fede nel Gesù in cui è salvezza, si volgeranno.
   Cristo, dunque, è venuto al tempo stabilito per ristabilire l’ordine turbato dalla Colpa d’origine e i legami di figliolanza fra Dio e gli uomini. Vittima stabilita, è venuto a morire non già per i giusti soltanto, ma anche e soprattutto per i peccatori.
   Tutti erano peccatori almeno del peccato ereditario. Solo Maria era senza peccato. Le opere sante dei giusti, pur essendo benedette dall’Eterno, non davano agli spiriti dei giusti l’eredità del Regno di Dio.
   Essere giusti era grave fatica perché la Grazia non era negli spiriti. La Legge era causa di peccato più che di salvezza, perché per troppi del popolo di Dio la Legge era ormai “cagione d’ira”, tanto era manomessa e violata. La Sapienza era falsata nelle sue voci, adattate dagli uomini a predicare ciò che non era da farsi a gloria di Dio, ma a beneficio degli avidi maestri.
   Un caos più grave, perché spirituale, era succeduto alla semplice, perfetta Legge del Signore, e gli spiriti si smarrivano in esso quando non si perdevano del tutto, dandosi la morte spirituale. Un’idolatria peggiore di quella del vitello d’oro era nelle coscienze dei più. Ogni potente d’Israele era “vitello d’oro”, e da se stesso si idolatrava e voleva essere idolatrato dalle folle.
   Il Tempio era un nome. I riti una rappresentazione mimica. L’invisibile divina Presenza nel Santo dei Santi non era creduta altro che dai semplici, dai piccoli fra il popolo che aveva nome di santo. Ancora i Sacerdoti e i Rabbi insegnavano che Dio era nel suo Tempio, magnifico sulla sua gloria, parlante ai suoi ministri. Ma essi ben sapevano che Dio aveva già abbandonato il Tempio dove non Lui era adorato, ma gli interessi dei Principi dei Sacerdoti, degli Scribi e dei Farisei. Essi sentivano il vuoto successo alla Presenza. L’insanabile vuoto. Perché nulla delle industrie degli uomini può colmare il vuoto di Dio. Ogni opera è vana a colmare, a nascondere almeno, il vuoto di un altare dal quale Dio se ne è andato. Nulla. E nulla può illudere e dare pace a chi ha dentro alla sua coscienza la conoscenza che Dio non è più presente, che Egli ha abbandonato i superbi al loro destino, alle loro concupiscenze, alle loro idolatrie.
   E in quell’ora Gesù è venuto. Se Dio misurasse le cose alla misura degli uomini, mai ora meno propizia di quella avrebbe dovuto essere scelta per l’avvento dell’ora di Misericordia. Ma non era soltanto ora di Misericordia. Lo era anche di Giustizia. Giustizia per Israele, non più meritevole d’essere Popolo di Dio. Un altro popolo doveva essere eletto in suo luogo: quello cristiano.
   La fine del Tempio era venuta. La Legge nuova, perfezione dell’antica, si imponeva, predicata agli uomini direttamente da Dio. La Carità di Dio si mostrava nella sua pienezza agli uomini.
   Carità non vuole dire ingiustizia, benché sia tutta misericordia. Carità vuol dire tutto compiere per amor degli uomini. Questo è anche il precetto che Gesù vi ha dato.
   Ma Egli, Perfezione, non si è limitato a insegnare che non vi è più grande amore di quello di colui che muore per i suoi amici. Egli è morto. E non solo per gli amici, per i giusti e i volonterosi di giustizia: anche questi ultimi sono amici di Dio, sebbene ancora deboli, informi di spirito. Egli è morto anche per i suoi nemici. Dalla Croce non ha pregato per gli amici, ma per i nemici.
   Sapienza eterna e infinita, il Cristo sapeva come per l’uomo il peccato fosse entrato nel mondo insieme alla morte e si fosse esteso a tutti gli uomini, come era anche prima della Legge. Se non ci fosse stato peccato non ci sarebbe stata necessità di un codice contro il peccato. Esso è fermentato nelle sue diverse forme dalla superbia, gola e avarizia, che insanirono i Progenitori sino a renderli ribelli a Dio. E dopo la violenza fatta all’ordine di Dio, a Dio perciò, seguì la violenza fatta all’innocenza violata e distrutta per dar luogo alla malizia, e a questa seguì la violenza fatta al fratello, con il fratricidio compiuto da Caino, e l’omicidio di Lamec, e la libidine dei figli di Dio verso le figlie degli uomini, e la superbia dei costruttori di Babele, e l’avidità dei popoli e delle tribù, e i molteplici peccati di Sodoma e Gomorra, rifioriti sempre più forti nei secoli.
   E Cristo, morendo, prega per i nemici di Dio perché abbiano il perdono e tornino nella giustizia. Gesù è il ristabilitore dell’ordine.
   Se su una bilancia si mette un peso sproporzionato al peso equilibratore, la bilancia pende da una parte; ma se si ristabilisce l’equilibrio, i due piatti della bilancia si mettono su una sola linea.
   1Ecco: per il delitto di uno, molti perirono. La bilancia di Dio pendeva tutta dalla parte della Giustizia. Ma: per il sacrificio di Cristo, la Grazia e la Vita vengono date a tutti coloro che credono in Gesù. E in tal modo l’equilibrio non solo è ristabilito, ma dato che il sacrificio dell’Uomo-Dio è di valore infinito e infiniti sono i meriti del Cristo Salvatore, mentre la colpa di Adamo pur nella sua gravità non è mai senza limiti - e lo dimostra il fatto che poté essere riparata, mentre se fosse stata infinita non lo avrebbe potuto essere e le due infinità, quella della Grazia e quella della Colpa, si sarebbero fronteggiate senza potersi combattere, e una vincere, ché due forze uguali restano tali l’una in opposizione all’altra - la bilancia di Dio pende dalla parte della Misericordia, e misericordia e perdono traboccano dal piatto colmo del Sangue divino, effuso per la salute del mondo.
   Tutto effuso. Tanto più effuso più abbondante era il peccato, perché la Grazia, abbondando, vincesse il peccato e la Vita vinca la Morte, morendo per rendere la Vita agli spiriti immortali degli uomini: la Vita, ossia il Regno di Dio in voi e per voi qui, e oltre la vita, nel Regno dei Cieli.»

 

     Dice il Consolatore: “Interpreta così: Come per opera di un solo uomo (Adamo) il peccato è entrato nel mondo e per il peccato entrò la morte, così a tutti gli uomini si è estesa la morte per Adamo nel quale tutti peccarono”. (Ai Romani c.5 v.12). Così è stato scritto da Maria Valtorta su un pezzetto di carta, messo tra le pagine della Lettera ai Romani, nella Bibbia che lei usava.

Dai 'Quaderni' di Maria Valtorta:

   13 maggio 1946

   [Della stessa data è il capitolo 435 dell'opera L'EVANGELO]
 

   Dopo avermi tenuta per molti giorni di questa sua novena sotto il luminoso splendore della sua apparizione, Maria Ss. di Fatima mi parla dicendo così:
   «Figlie mie dilettissime, abbiate l'anima di Lucia1, Giacintina e Francesco, che mi ebbero perché erano semplici come le loro pecorelle. Sappiate guardare sempre in alto, perché la Madre non scende nel fango, ma si libra su voi dall'azzurro del Cielo. Con il mio candore per veste dell'anima, con lo spirito orante come le mie mani congiunte in preghiera per pietà dei mortali, con la mitezza del mio sorriso per far dolce la vita di comunità, con soprattutto un cuore per quanto è possibile immacolato, perché le figlie ereditano pure dalla mamma il cuore e la sua ereditarietà, imitatemi, amatemi, elevatevi.
   Non parlo a Maria della Croce. Ella è nel mio cuore, unica cuna per darle pace. Nel mio cuore trafitto può entrare la povera colombina stanca, e stare per dissetarsi alle lacrime compassionevoli della Mamma su di lei e per riposare dimenticando che c'è l'odio nel mondo, perché sarebbe troppo penoso per lei proseguire senza che il mio amore la consoli. Amatevi, però, voi tre e lei una.Amatevi in me e nel mio Figlio Ss. che vi ha unite nell'amore per un grande desiderio del suo amore.
   Ad Iria c'è una nuova cattedrale. Bella. Ma io voglio le piccole cappelle dei cuori amanti il mio Cuore. Sono più profumate d'amore e più ripiene di rose. Fate che io possa scendere nei vostri cuori a comunicarvi la mia dolcezza e ad ammaestrarvi nell'accettazione costante del divino Volere. Accettazione che mi ha fatto Regina perché si incorona chi si scorona. Ossia la corona della santità si posa sugli spiriti che sanno levarsi la corona della loro umanità accettando di servire il Signore in ogni cosa.
   La mia benedizione sia su di voi.»
   
   La sera avanti, 12 maggio, mostrandosi bellissima quale certo la videro i tre pastorelli in alto dell'elce, mi disse con un sorriso da ra­pire all'estasi: "Ti benedico, figlia mia diletta. Tutte le benedizioni della Mamma, tutto l'amore del mio Cuore a consolarti per tutto. Ti benedico, figlia diletta. Ti benedico". E nel mio gran soffrire fisico e morale mi sono addormentata placida, come se tutto si fosse calmato per il sorriso e le parole di Maria.

   [Del 14 e 15 maggio 1946 sono i capitoli 436 e 437 dell'opera L'EVANGELO]


   28 dicembre 1947

   Maria Ss., che ha colmato di Sé questo mese di dicembre — sempre presente, Lei sola dall'8 in poi, Tutta Bella, Giglio di Paradiso, nella sua forma di Immacolata, Luce indescrivibile che è Carne e ha la immateriale… no, non immateriale perché è vero corpo… dirò che ha la bellezza ideale, trasfigurata dei corpi glorificati — Maria Ss. scende oggi, giorno dei S. Innocenti, dalla sua nicchia di luce (la luce che emana dal suo corpo beato) e diviene Maria di Nazaret, la pura, bella, soave, materna, umile Maria che visse in Palestina 20 secoli or sono.
   Viene a fianco del mio letto, biancovestita, un lieve velo di lino, tessuto rado, sui capelli biondi, divisi al sommo del capo, così come la vidi molte e molte volte nelle visioni… È dolce, ma lievemente mesta. Però mi dice, posando le mani bellissime sulla sponda del mio lettino:
   «Sto qui. Perché tu mi possa contemplare, studiare nei tratti, ben da vicino, ancora una volta, e perché tu possa capire in che è la differenza fra quella che ero sulla Terra e quella che sono ora in Cielo.
   A Lourdes, a Fatima, nelle apparizioni in genere, appaio come sono ora in Cielo, e il mio aspetto ha già l'indescrivibile bellezza luminosa dei corpi glorificati. Quella bellezza che i veggenti di quelle apparizioni non afferrano mai tutta, in tutti i particolari. Nota che sanno dire l'abito che porto, la corona che sgrano, la rupe o l'albero su cui mi poso, i gesti che faccio, l'espressione del volto, ma sono sempre indecisi, e involontariamente non sono mai veritieri, nel saper dire il mio volto, il colore degli occhi e capelli, né della pelle. Si sforzano di farlo. Ma non riescono, non possono farlo.
   Nessuna delle anime veggenti mi ha vista tanto come tu mi hai vista, nella veste di Fanciulla, Sposa, Madre sulla Terra, nella veste di Regina del Cielo. E tu ogni volta ti dici: "È sempre Lei. Ma come è diversa quando è la gloriosa Regina del Cielo, assunta in corpo ed anima fra gli angeli, da quella che è quando è l'umile Maria di Nazaret".
   Guardami bene, figlia, e placa il tuo dolore. Guardami. Son Maria di Nazaret?»
   La osservo attentamente, così vicina come è al mio volto. Ne studio l'epidermide di un caldo pallore di magnolia soffuso di un tenue rosa sulle guance, le labbra giustamente tumide e porporine, il naso sottile, diritto, gli occhi perfetti di taglio e così limpidi nel colore di cielo sotto la fronte alta e liscia, l'ovale perfetto, di fanciulla… Non so perché il suo volto mi fa sempre pensare ad una candida fiamma o al boccio di un giglio prossimo ad aprirsi, tanto le curve sono dolci nel loro ovale… Guardo i bei capelli di un biondo mite, fini, soffici, lievemente ondulati. Penso che se invece di essere stretti in trecce pesanti, che li stirano sul capo, fossero sciolti, le onde sarebbero più profonde… E soprattutto mi perdo a sentire il tenue calore del suo corpo che mi respira vicino, e il suo profumo… il suo caratteristico profumo, l'odore di Maria… l'odore della Vergine…
   Maria legge il mio desiderio di abbandonarmi sul suo omero materno per aver sollievo in tante pene di ogni specie, e mi attira. Sto così… non so quanto. Poi mi lascia, dice: "Scrivi che ti ho presa sul cuore". Scrivo queste ultime cinque righe.
   Ora dice: "E guardami ora". Si trasfigura, alzandosi dal suolo, scostandosi dal letto, poggiata su una nuvola d'argento, circonfusa della sua luce candidissima. Il corpo splende, splende la veste che da bianca si fa "luce bianca", splende il volto, si affina come se la luce lo spiritualizzasse, splende lo sguardo rapito. La luce è così viva che il cilestrino delle pupille si fa "raggio", e l'oro delle chiome quasi più non si distingue per tale, sembra scuro rispetto alla luce che emana il Corpo della Madre di Dio glorificato.
   Abbassa gli occhi su me, mi sorride. Chiede: "Sono io?".
   "Sì".
   "Ma sono uguale alla donna che fu Madre di Gesù?".
   "Sì… e no" rispondo coraggiosamente. Perché ci vuol coraggio a fare certi confronti e certe confessioni.
 "  Eppure sono io. Lo vedi. Così sono in Cielo. Così apparii a Lourdes e Fatima. Là dove meglio i veggenti mi hanno vista, essendo 'degli innocenti' come te, figlia mia. Più innocente è la creatura e più mi vede qual sono, ed esattamente mi descrive per quanto può come creatura, e mi fa scolpire somigliante per quanto può esserlo un simulacro".
   Torna da me, umana… Mi chiede: "Si placa il tuo tormento?". Piango. Mi carezza… Io piango perché da quando ho letto che al Cornacchiola Bruno1 (ora ne so il nome) apparve scura di capelli e di tipo orientale, credo di essere nell'inganno nel dire che è bionda Maria. Eppure lo è. Di un biondo pallido anche, quasi paglia, quasi oro zecchino. Lo vedo bene. È qui, la sua testa a meno di trenta centimetri dai miei occhi!
   Mi carezza per consolarmi e dice:
 «O Maria, non temere. L'ombra della grotta e del manto ha molto contribuito all'errore. E non era necessario che a un peccatore mi svelassi perfettamente così come agli innocenti2 Bernarda, Lucia, Giacinta, Francesco, e al piccolo Giovanni del mio Gesù.
   Ma, ascolta bene, ma a te che sei Serva di Maria, dico che l'artefice che mi ha scolpita in modo che io non mi riconosco, bene avrebbe fatto a ricordare le statue di Lourdes e di Fatima, là dove io sono resa così come può l'uomo rendere l'effigie della Madre di Dio… E soprattutto avrebbe dovuto ispirarsi al volto con cui sono ritratta nell'Annunciata di Firenze3, quel volto dal quale, se l'uomo e il tempo non ne avessero alterato l'effigie, ogni uomo potrebbe conoscere come ero quando lo Spirito dello Spirito di Dio, di Dio mi fece incinta. Il fumo dei ceri e il tempo hanno offuscato i colori, e l'uomo ha sciupato… Ma ancor si vede come era la Fanciulla di Dio, la Fidanzata a Giuseppe in quella mia primavera d'anni, in quella fiorita primavera nazzarena.
   Guardami e dimentica il dolore, la paura, tutto. Ricordati4: "Vidi l'Agnello che stava sul monte Sion e con Lui 144.000 persone che avevano sulla fronte scritto il suo Nome e quello del Padre… e cantavano un nuovo cantico che nessuno poteva imparare se non quei 144.000 riscattati dalla Terra… primizie a Dio e all'Agnello, né fu trovata menzogna sulla loro bocca". Ti sembra non poter appartenere a questa schiera perché non sei un'innocente? È detto ancora che l'angelo del Signore segna del segno di Dio 144.000 servi del Signore che vengono in bianche vesti all'eterno osanna dopo essere passati dalla grande tribolazione. Quale tu l'hai. Ma ecco, Io ti imprimo quel segno sulla fronte, io, Regina degli Angeli e Madre di Dio, con un bacio.
   Sta' in pace. Il Signore Uno e Trino ed io asciughiamo, dalla Terra, ogni tuo pianto.»
   Mi abbandono di nuovo al materno abbraccio.  


   Cornacchiola Bruno, del quale la scrittrice tratterà in data 31 dicembre 1947, commentando un opuscolo sull'apparizione della Vergine alla periferia di Roma, in località "Tre Fontane".
            
   2 innocenti, che sono la veggente di Lourdes (già al 9 gennaio e all'8 dicembre 1946) e i tre pastorelli di Fatima (già al 13 maggio 1946).
            
   3 Annunciata di Firenze è il celebre affresco, ritenuto di mano angelica, che si trova nella Basilica della Ss. Annunziata di Firenze. Nel chiostro annesso riposano dal 1973 i Resti mortali della scrittrice.
            
   4 Ricordati quanto è scritto in Apocalisse 14, 1-5. Segue ancora un rimando ad Apocalisse 7, 9-17.

 

   3 settembre 1943

   Dice Gesù:
   «Beate quelle labbra e quelle contrade in cui si pronuncia: "Ave Maria". Ave: io ti saluto. Il più piccolo al più grande, il bimbo al genitore, l’inferiore al superiore, sono tenuti, nella legge di educazione umana, a dire sovente il saluto rispettoso, doveroso, amoroso, a seconda dei casi. Il fratello mio non deve negare questo atto di amore riverenziale alla Mamma perfetta che abbiamo in Cielo.
   Ave Maria. È un saluto che monda le labbra e il cuore perché non si possono1dire quelle parole, con riflessione e sentimento, senza sentirsi divenire più buoni! È come avvicinarsi ad una sorgente di luce angelica e ad un’oasi fatta di gigli in fiore.
   Ave, la parola dell’angelo che vi è concesso di dire per salutare Quella che salutano con amore le Tre eterne Persone, l’invocazione che salva, abbiatela sempre molto sulle labbra. Ma non come movimento macchinale dal quale l’anima sia esclusa, sibbene come moto dello spirito che si inchina davanti alla regalità di Maria e si tende verso il suo cuore di Madre.
   Se voi sapeste dire con vero spirito a queste parole, anche solo queste due Parole, sareste più buoni, più puri, più caritatevoli. Perché gli occhi del vostro spirito sarebbero allora fissi in Maria e la santità di Lei vi entrerebbe nel cuore attraverso a quella contemplazione. Se le sapeste dire non sareste mai desolati. Perché Ella è la fonte delle grazie e della misericordia. Le porte della misericordia divina si aprono non soltanto sotto la spinta della mano di mia Madre, ma anche al suo semplice sguardo.
   Torno a dire: beate quelle labbra e quelle contrade in cui si pronuncia: Ave Maria. Ma si pronuncia come si deve. Perché se è vero che Dio non si irride è anche vero che Maria non si inganna. 
   Ricordatevi sempre che Ella è la Figlia del Padre, la Madre del Figlio, la Sposa dello Spirito Santo, e che la sua fusione con la Trinità è perfetta. Perciò Ella del suo Signore possiede le potenze, le intelligenze, le sapienze. E le possiede con la pienezza assoluta.
   Inutile andare da Maria con l’anima sporca di corruzione e di odio. Ella vi è Madre e sa medicare le vostre ferite, ma vuole che almeno sia in voi il desiderio di guarire da esse.
   A che giova volgersi a Maria, la Purissima, se lasciando il suo altare, o finendo di pronunciare il suo nome, andate a commettere peccato di carne o a proferire parole di bestemmia? Che vale volgersi a Maria, la Pietosa, se subito dopo, anzi se nel tempo stesso, avete in cuore rancori e sulle labbra maledizioni per i fratelli? Che vi può procurare di salvezza, questa Salvatrice, se voi distruggete con la vostra volontà perversa, la vostra salvezza?
   Tutto è possibile alla Misericordia di Dio e alla potenza di Maria, ma perché arrischiare la vita eterna attendendo di conseguire la buona volontà di pentimento nell’ora della morte? Non sarebbe bene, poiché non sapete quando sarà la vostra chiamata alle mie porte, essere amici veri di Maria per tutta la vita e avere così garanzia di salvezza?
   Perché, lo ripeto, l’amicizia con Maria è causa di perfezione perché infonde e trasfonde le virtù dell’Amica eletta, che Dio non ha sdegnato e che vi ha concesso come coronamento dell’opera di redenzione del Figlio suo. Io, il Cristo, vi ho salvato col Dolore e col Sangue; Ella, Maria, con il Dolore e col suo pianto, e vorrebbe salvarvi col suo Amore e il suo Sorriso.»

 

   possono è nostra correzione da può

Ave Maria, Madre di Gesù e nostra, Regina di Fatima, noi ci affidiamo per sempre a Te!