MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

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Pubblicato il 21/05/2023

Terzo giorno della Novena di Pentecoste con riferimenti alle Opere di Maria Valtorta

   

   Inno allo Spirito Santo

   
   Vieni o Spirito Creatore, visita le nostre menti, 

riempi della tua grazia i cuori che hai creato.  

   
   O dolce Consolatore,

acqua viva, fuoco, amore, santo crisma dell'anima.  

   
   Dito della mano di Dio, promesso dal Salvatore, 

irradia i tuoi sette doni, suscita in noi la parola. 

   Sii luce all'intelletto, fiamma ardente nel cuore; 

sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore. 
 

   Difendici dal nemico, reca in dono la pace, 

la tua guida invincibile ci preservi dal male. 
 

   Luce d'eterna sapienza, svelaci il grande mistero 

di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo Amore. 

Amen.
  

   Meditazione e preghiera

   “Quelli infatti che vivono secondo la carne, pensano alle cose della carne; quelli invece che vivono secondo lo Spirito, alle cose dello Spirito. Ma i desideri della carne portano alla morte, mentre i desideri dello Spirito portano alla vita e alla pace” (Rm 8,5-6).

   Spirito Santo, Maestro interiore e santificatore, io Ti domando con insistenza instancabile di voler istruire il mio intelletto su tutta la verità e parlare al mio cuore, di volermi santificare curando la mia anima come hai curato quella della Madonna, l’Immacolata tua Sposa, dei Martiri e dei Santi. Io sono avido di santità: non per me, ma per dare gloria a Te, Maestro dei maestri, gloria alla Trinità, splendore alla Chiesa, esempio alle anime. Non c’è mezzo migliore per essere veri apostoli che essere santi, perché, all’infuori della santità, si conclude ben poco. Spirito Santo ascolta la mia preghiera ed esaudisci i miei ardenti desideri. 


   Rosario allo Spirito Santo oppure 7 Padre, 7 Ave, 7 Gloria al Padre


   Preghiera finale
 

   O Dio, che hai istruito i Tuoi fedeli

illuminando i loro cuori con la Luce dello Spirito Santo,

concedi a noi di avere nello stesso Spirito il gusto del bene,

e di godere sempre del Suo conforto.

   Per Cristo nostro Signore.

   Amen.

Dalle 'Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani',

   Lezione 27ª 8 gennaio 1950

   Ai Romani c. 8° v. 5-6-7. 

   «La legge dello spirito ha, per Gesù Cristo, liberato dal peccato e dalla carne, redimendo dalla colpa d’origine, lavando dalle colpe della carnalità sorte per i fomiti lasciati dalla Colpa prima, fomiti che l’uomo non reprime con acuta ed eroica volontà.
   Ma la legge dello spirito non ha soppresso la legge della libertà d’arbitrio. Ove lo avesse fatto, non ci sarebbe più stata giustizia nel dare il premio ai vittoriosi, ché tutti sarebbero stati senza colpa, ma anche senza merito di non aver voluto peccare.
   Il libero arbitrio ed i fomiti lasciati dalla Colpa prima, sono un pericolo di morte per la creatura creata ad immagine e somiglianza divina, predestinata alla grazia e alla gloria. Ma sono un pericolo santo, venuto, dato dalla Santità infinita, permesso dall’infinito Amore, per poter darecon giustizia ad ogni creatura ciò che essa ha meritato col suo amore o col suo disamore, nel tempo della carne, e con l’aiuto della carne, e con la vittoria della volontà spirituale sulla carne per amore a Dio e aspirazione al Cielo. Non per evitare l’Inferno, ma per solo moto d’amore all’Amore inesprimibile, inconoscibile, che solo una vita e morte in grazia permetteranno di comprendere e conoscere e possedere.
   Ora nelle turbe dei cristiani, e cristiano-cattolici, molti sono quelli che portano il segnoesteriore del cristiano, come gli antichi farisei portavano le filatterie alla fronte e al polso, ma che poi non hanno il segno vero del cristiano nel cuore, come non avevano i farisei la veralegge nell’interno del cuore, regola a quelli e a questi della vera vita di figli di Dio. Hanno il nome e il segno esteriore di cristiani. Ma non ne hanno la vita.
   La vita cristiana è amore. Tutto amore. L’Amore ha dato i comandamenti ai cristiani. E l’amore dei cristiani rende loro possibile la vera esecuzione dei comandi. L’Amore propone, dispone, per premiare. E l’amore dei cristiani accoglie ed esegue per meritare il premio e far contento l’Amore.
   Ma l’amore, movimento che viene dal Generatore di tutto, che è Dio Creatore di tutte le cose create, delle creature della sua Volontà - dallo stelo d’erba al sole, dal sasso opaco e inerte alla stella splendente e trasvolante per i firmamenti, dal verme all’uomo che la Grazia divinizza, dall’animale all’angelo - è spirituale movimento, come purissimo Spirito è Colui che, essendo l’Amore infinito, lo ha infuso in un con l’essere nelle creature abitatrici del Regno del Cielo dalla creazione loro (gli angeli fedeli) a quelle che vi assursero e assurgeranno (spiriti beati) durante i millenni.
   E l’amore, essendo cosa spirituale, non può essere gustato e posseduto da quelli che domina la carne. La carne usa chiamare “amore” l’appetito concupiscibile per un’altra o molte altre carni. Ma quello non è amore: quello è libidine, lussuria, concupiscenza della carne.
   L’amore lo ebbero, perfetto per quanto può essere nella creatura e a seconda dei suoi meriti e della sua santità, il Figlio dell’Uomo, Maria sua Madre, e Giuseppe il Giusto. Tre gradi diversi di perfezione che splendono, separati dalle altre perfezioni di giusti, da quelle di Giovanni il vergine apostolo di Gesù, a quelle dei giusti di tutti i tempi, ossia a quelle di coloro che camminarono secondo lo spirito, e spirito divinizzato dalla carità che è ancora Dio nell’uomo.
   Costoro, i separati, i segregati, sacri a Dio, possiedono e gustano l’amore. Gli altri: i cristiani secondo la lettera e non secondo lo spirito, possiedono e gustano la concupiscenza della carne, che non è amore ma appetito di piacere carnale. Fra i primi ed i secondi è l’abisso. Fra i primi ed i secondi è l’impossibilità di alleanze e l’incomprensibilità in tutto. Un ponte è sull’abisso, un ponte in ascesa: il nome di Dio.
   I primi, col loro amore compassionevole verso i poveri fratelli, dal limite più alto del ponte chiamano e tendono la mano ai poveri fratelli per far loro varcare l’abisso e portarli sulla via dello spirito con la santa seduzione di quel Nome che accende visioni di gaudi inenarrabili.
   Ma i secondi, o non accolgono l’invito, o dopo poca ascesa, appesantiti dal peso della carne, sedotti dai frutti di essa, che sono dalla parte bassa del ponte che congiunge la Terra col Cielo, precipitano di nuovo verso i palpabili, materiali, carnali frutti della carne, e vi si pascono, lasciando di appetire ai misteriosi, spirituali frutti celesti, insipidi al loro gusto carnale e corrotto, e che corruzione porta al loro spirito perché “la saggezza della carne è morte”.
   Ma i secondi, che credono poter servire Dio e Mammona bilanciando e controbilanciando con pratiche e riti religiosi letterali le azioni sostanziali della carne, e scambiando la divina Misericordia per stolta bontà che è lecito irridere sinché la vita è bella, la salute buona, gli affari e ricchezze floride cose, riducendosi ad un’estrema contrizione per evitare l’inferno, contrizione non sempre concessa di compiere dal Dio schernito per tutta una vita, si credono “saggi” perché sanno godere e pregare, oh! Infangate orazioni oggetto di ribrezzo al Purissimo! Questa è “saggezza della carne” e non è pace, e non è vita, e non è terreno e moneta di futura ed eterna pace e vita celeste.
   Ma costoro sono gli amici-Giuda di Dio. Quelli che, come il Traditore, fingono ossequio a Dio e al prossimo, ambi presenti nel Dio-Uomo Gesù, e “Amico” lo chiamano - Lui, sempre presente nei suoi veri figli, in quelli che vivono secondo lo spirito e di spiritual cibo si pascono e gustano quel solo - e poi Dio tradiscono e a Lui sono nemici disubbidendo alla sua Legge d’amore e al Decalogo tutto, ostacolando il suo volere, opprimendo e crocifiggendo i suoi servi, le sue voci, i suoi strumenti.
   Or la fine di Giuda non fu solo morte della carne, ma morte dello spirito. Egli era già un “morto”, una “spoglia” di Satana, mentre ancora mangiava l’agnello con l’Agnello e mentre il Pane di Vita scendeva in lui. Anzi fu giusto allora, per la sua ipocrisia, che Satana entrò in lui da supremo, eterno padrone. Perché Dio è Verità e non può esservi Dio dove è menzogna, ipocrisia, falsa testimonianza contro un innocente. Tutto ciò era Giuda. Il Pane di Vita non ebbe potere di vincere il sapore del frutto carnale e Giuda, sacrilegamente mescolando l’appetito concupiscibile della carne col frutto soavissimo e santissimo del Sacramento d’amore, segnò il suo decreto di morte eterna.
   Perché amore e odio non possono vivere uniti. Perché Dio e Satana non possono insieme servirsi.
   Perché non v’è perdono al peccato contro l’Amore, peccato deicida e fratricida. Perché non può venire al regno di Verità l’ipocrita, il menzognero, il calunniatore.
   “I cani, i venefici, gli impudichi, gli omicidi, gli idolatri, chiunque ama e pratica la menzogna, sia fuori dalla celeste Gerusalemme” (Apocalisse c. 22 v. 15). Ora si avvelena e si uccide anche senza altro veleno che la calunnia e il dolore dato al fratello. Ora si è idolatri anche se per idolo si adora l’io proprio credendolo perfetto, o l’idolo di un altro io.
   Io dico che è più facile si salvi un Disma, sincero nella sua confessione, che un falso servitore della Legge e di Cristo. Perché Dio ama paternamente il peccatore che si pente. Ma la sua bontà respinge chi fa frutto concupiscibile anche dei doni di Dio, e mette ragione di interessi carnali anche là dove è solo interesse divino.
   E come Gesù respinse i falsi discepoli, di cui parla Giovanni nel c. 6 v. 22-72 del suo Vangelo, così al Padre non piacciono i falsi cristiani che, onorandolo con forme esteriori, in verità lo combattono col criticare i suoi disegni e i suoi servi e giudicando, da stolti, ciò che solo il tempo e Dio stesso spiegheranno; azione o apparente contraddizione che ha ragione, e divina ragione, d’essere, e che sarà sigillo di grazia al servo di Dio e condanna a coloro che vollero giudicarlo e giudicare Dio con esso.»

 

   Lezione 28°, 19 gennaio 1950.

   Ai Romani c. 8 v. 6-7-8. 

   «La perfezione è amore. L’amore è armonia. L’armonia è ordine.
   Non c’è armonia là dove viene ad essere turbato l’ordine. Non c’è amore là dove viene ad essere turbata l’armonia. Non c’è perfezione là dove viene a mancare l’amore.
   Così avviene in tutte le cose e le opere. In quelle umane, e soprattutto in quelle sovrumane.
   Non potrebbe aversi una musica, veramente armonica, se il musicista o i suonatori venissero a mancare all’esatta applicazione delle leggi musicali di tempo e di tono. In luogo di una musica armoniosa, di una armonia, risulterebbe un discorde rumore che porrebbe in fuga gli ascoltatori.
   Non potrebbe aversi armonia morale se fra i componenti di una famiglia, di una società, di una nazione, di un complesso di nazioni, venisse a mancare l’amore. Il disamore, ossia il disordine nelle reciproche relazioni, porterebbe alla scissione e rovina della famiglia, alla fine di una società, alla rovina della nazione, alla guerra fra le nazioni.
   Non può aversi perfezione di costumi, di leggi, di vita, se viene a mancare l’amore, ossia ancora l’armonia e l’ordine che è base di quanto è buono.
   Per  questo  la  Perfezione  infinita  ed  eterna  -  che  è  Amore,  che è  Ordine,  che  è  Armonia superperfetta al punto da essere Una e Trina senza che ciò porti ad annullamento o confusione di una Persona o delle Persone, che restano ben distinte pur essendo così armonicamente fuse dall’Amore sino ad essere una perfetta Unità, e che tale perfezione ripete in diversa forma ma con uguale ordine nel Verbo fatto Carne, nel quale Divinità e Umanità si unirono senza confondersi o sopraffarsi, ognuna delle due qualità restando ciò che era, senza separazione del Figlio dal Padre, senza abusivo privilegio della Umanità del Cristo per essere Egli Dio - per questo, dicevo, la Perfezione infinita ed eterna creò armonicamente tutte le cose e creature create, e tutto il Creato può dirsi una sublime armonia che dura da quando è, per quanto riguarda le sempiterne leggi che regolano il corso degli astri e pianeti, l’avvicendarsi delle stagioni, il continuo ricrearsi delle specie animali e vegetali, perché alla creatura-uomo non venga a mancare quanto è necessario alla sua vita terrena.
   Compiuta senza fatica, perché compiuta ordinatamente, la creazione sarebbe continuata senza sforzo da parte delle creature, se il disordine non fosse venuto a turbare l’armonia dei Cieli con la ribellione di Lucifero e l’armonia dell’Eden con la ribellione dell’Uomo-Adamo.
   “Eden” era chiamato il luogo dove l’Uomo era stato creato e posto perché con la compagna lo popolasse. Così come “Cielo” era chiamato il luogo dove gli angeli, spiriti puri, erano stati posti dopo esser stati creati da Dio, per adorarlo e servirlo nei secoli dei secoli. Eden vuol dire “giardino”, ossia luogo di delizie. Cielo vuol dire “Regno di Dio”, ossia luogo di santità e gaudio. Se l’ordine non fosse mai stato volontariamente violato dalle creature che da Dio avevano ricevuto l’essere e luoghi di gaudio e delizie, l’Eden sarebbe rimasto Eden per tutti i discendenti dell’Uomo-Adamo e l’Inferno non sarebbe stato.
   Ma l’angelo per primo, conoscendo per sublime dono i misteri futuri e le future opere del Signore, misteri ed opere che Lucifero, benché sublime fra gli angeli, mai avrebbe potuto compiere, in luogo di contemplare adorando l’infinita Potenza e Carità del suo Creatore - e ciò sarebbe stato “vivere nell’ordine, vivere nell’armonia dei moti intellettivi buoni” - si aderse contro il suo Signore, in una folle ribellione che uccise in lui e nei suoi seguaci la carità, e quindi l’armonia e l’ordine, e creò. Sì, esso pure creò. Ma che? Creò il disordine, il peccato, l’inferno. Ciò che poteva creare uno che si era avulso da Dio.
   Il disordine nei moti ed istinti umani, che Dio aveva dato buoni, ordinati ed armonici fra loro, in ordine ed armonia al fine ultimo per cui Dio aveva creato l’uomo, venne creato da Lucifero, il ribelle, che per essere stato “splendente al mattino” della celeste creazione degli angeli, si credette “simile all’Altissimo” sopra i cui cieli tentò “innalzare il suo trono” (Isaia 14).
   Il peccato contro l’amore, ossia la superbia della mente e del cuore per cui l’Uomo-Adamo innocente divenne colpevole, il tremendo peccato dell’io che vuole “divenire come Dio” (Genesi II), è stato creato da Lucifero, che poi ad esso peccato sedusse l’Uomo per farlo simile a lui in ribellione al Signore.
   L’Inferno, il luogo di eterna e inconcepibile tortura in cui precipitano quelli che ostinatamente vivono in odio al Signore ed alla sua Legge, è stato creato a causa di lui, dell’Arcangelo ribelle folgorato coi suoi seguaci dall’ira divina e vinto dagli angeli fedeli, vinto, perché ormai spogliato della potenza del suo stato di grazia, folgorato e “precipitato nel profondo dell’Abisso” (Isaia) nel quale il suo orrendo fuoco d’odio, la sua ormai orrenda luce e fiamma, così diversa dalla luce e fiamma di grazia e d’amore di cui Dio lo aveva dotato nel crearlo, accesero i fuochi eterni ed atrocissimi.
   Il Cielo rimase Cielo, anche dopo la ribellione e la caduta dei ribelli. Perché nel Regno di Dio tutto è fissato da regole eterne e - cacciati i superbi, i ribelli, gli autoidolatri, la cui dimora è lo stagno ardente infernale - santità, gaudio, amore, armonia, ordine perfetti, continuano eterni.
   Ma il disordine ormai era, e con esso  il peccato, il dolore e la morte poterono  insinuarsi sinuosamente fra le delizie dell’Eden, turbarne l’ordine, l’armonia, l’amore, spargervi il tossico, corrompere intelletto, volontà, sentimenti e istinti, suscitare appetiti colpevoli, distruggere innocenza e grazia, addolorare il Creatore, fare delle creature, dianzi soprannaturalmente e naturalmente felici, due infelici, condannato uno a trarre faticosamente il suo pane dalla terra ormai maledetta e producente triboli e spine, condannata l’altra a partorire con dolore, a vivere nel dolore e nella soggezione dell’uomo, condannati entrambi a conoscere il dolore del figlio ucciso dal figlio e la vergogna d’esser genitori di un fratricida, ed infine a conoscere il dolore del morire.
   Tutto  questo  millenario  dolore  viene  da  un  disordine  creato  da  un  ribelle  in  Cielo  a  da un’acquiescenza al disordine proposto da esso, ormai maledetto serpente, nell’Eden, ai due primi abitatori della Terra. Né mai più la prima perfezione, il primo amore, la prima armonia, l’ordine primo, poterono risorgere dopo che volontariamente un angelo e due innocenti preferirono il Male al Bene supremo.
   Neppure il Sacrificio di un Dio, fattosi Uomo per redimere, valse a ristabilire lo stato primevo di ordine, armonia, amore, perfezione. La Grazia restaura, ma la ferita resta. La Grazia soccorre, ma i fomiti restano.
   Mentre prima sarebbe stato dolce e senza sforzo il pervenire al Regno di Dio, ora occorre “usare violenza” per conseguire il Regno dei Cieli. Violenza santa contro violenza maligna. Perché dal momento del Peccato il Bene ed il Male sono, e si combattono fuori ed entro l’uomo.
   Dio chiama. Satana chiama. Dio ispira. Satana ispira. Dio offre i Suoi Doni. Satana i suoi. E tra Dio e Satana sta l’uomo. L’uomo nel quale sono due nature già in lotta fra loro. Quella carnale in cui sono i fomiti della Colpa. Quella spirituale in cui sono le voci della Grazia. E se Dio si volge alla parte che da Lui ha somiglianza, perché è il Padre che ama la sua creatura e ad essa si vuole riunire dopo la prova terrena di essa, Satana, l’Avversario, l’Odiatore di Dio e dell’Uomo creatura di Dio, all’una e all’altra parte si volge, ed aizza la carnale mentre tenta sedurre la spirituale, per vincere e fare preda, da quel “leone ruggente che vuol divorare”, di cui parla l’apostolo Pietro.»

 

   Dalle 'Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani',
   Lezione 29ª, 26.1.1950 - 
Ai Romani c. 8 v. 6-7-8. 

   «A questa dolorosa conseguenza del disordine di un angelo e dei Progenitori nessuno sfugge.
   Neppure il Figlio dell’Uomo, il Ss. Verbo del Padre che, senza compiere peccato, conobbe però l’assalto del Tentatore, a che, nell’ora in cui fu “l’Uomo”, Colui che, come l’ariete d’espiazione, carico dei peccati di tutti gli uomini, venne cacciato a morire fuor della Città Santa, nel deserto dei deserti - quello dell’abbandono non solo del suo popolo, ma degli amici e fin del Padre suo - pur essendo Dio, e quindi Eterno, Purissimo e quindi esente dalle conseguenze della Colpa, conobbe il dolore e la morte.
   Neppure Maria, la Senza Macchia per divino privilegio e per eroica volontà e fedeltà, sfuggì alla legge del dolore, conseguenza del peccato. E se non morì materialmente, ma trapassò adorando, separandosi il suo spirito dalla carne nell’empito della contemplazione - per far strada a Colei che non doveva conoscere la putredine della carne, per non aver conosciuto la ancor più non riparabile totalmente putredine della Colpa e dei peccati, ma doveva con la carne glorificata, ricongiunta all’anima purissima, entrare in Cielo, Regina - pur conobbe il dolore ed assaporò la morte del cuore vedendo spirare su una croce il suo Dio e il Figlio del suo seno.
   Nessuno dunque, dei nati di donna, è esente dalle conseguenze della Colpa che violò per sempre l’ordine stabilito da Dio, alterò l’armonia fra le creature ed il Creatore, inquinò l’amore, prima tutto santo, con falsi amori, ossia con il ribollire di passioni carnali e facilmente disordinate, atte a trarre all’imperfezione e alla morte spirituale l’anima umana creata con predestinazione di gloria.
   Irreparabili queste conseguenze? Ostacolo al Cielo per i figli di Adamo? No. Se incancellabili sono i segni della Colpa, se il castigo del dolore e della morte permane, se i fomiti restano anche dopo che il Redentore ed i Sacramenti da Lui istituiti rendono la Grazia ai discendenti d’Adamo, non chiusi per questo sono i Cieli, né negata è la gloria a quelli che eroicamente sanno conseguire santità.
   L’uomo ha ricevuto da Dio, tra i molti doni che sono stati lasciati anche dopo la Colpa o sono stati reintegrati dopo la Redenzione, l’intelletto, la coscienza, la Legge.
   L’intelletto è capace di distinguere ciò che è bene e ciò che è male. Ancor più lo aiuta nel distinguere la Legge divina che indica ciò che è bene e ciò che è male ed ammaestra sul come ed il perché si può e si deve volere fare il bene e non voler fare il male.
   La voce della coscienza - e potrebbe chiamarsi “voce dello stesso Iddio parlante nell’interno dell’uomo” - è altro aiuto non solo nello spronare la volontà ad azioni buone o nel trattenere la stessa da azioni malvagie, ma è sorgente al pentimento, è sprone alla riparazione di un male compiuto, perché l’uomo rientri in grazia di Dio quando l’ha perduta peccando.
   Dio ha dato questa all’uomo. E perché avessero merito le sue azioni, ha dato libertà di volere. L’uomo può fare tutto ciò che vuole. Il bene come il male. Nella sua volontà di fare l’uno o l’altro sta la prova che lo riconfermerà in Grazia o lo getterà fuor della Vita vera.
   La parola angelica della notte di Betlem non è stata parola di gaudio e promessa soltanto. È stata lezione agli uomini presenti e futuri che quell’Innocente, accolto in una mangiatoia e destinato a morire su una croce, era, sì, il Principe della Pace, il Principe del secolo futuro, il Salvatore -Jeosciua - il Messia, il Promesso nell’ora stessa della condanna ai Primogenitori, il Redentore e Pontefice Ss. Ed Eterno della vera e perfetta religione, ma che per essere tutto questo alle moltitudini dei discendenti di Adamo era necessario, da parte loro, la “buona volontà”.
   Con essa non sarebbe rimasto inutile per i singoli il sacrificio di un Dio che si incarna e del Figlio dell’Uomo che muore su una croce. Con essa i singoli avrebbero avuto la pace, la vera Pace. Pace del cuore sulla Terra, nel tempo dell’esilio. Pace dello spirito, e poscia dello spirito e della carne risorta, nel Regno del Cielo, pace di smisurato gaudio. Pace fra gli uomini, fra paesi e città e nazioni. Condizione essenziale perché la venuta del Cristo dia i frutti per cui fu dal Padre voluta, è la buona volontà dell’uomo.
   Nelle opposte voci del Bene e del Male, che Dio lascia pur che operi per saggiare gli uomini, e dal Male stesso trarre motivo di gloria eterna per i suoi figli adottivi, eroici nel vincere il Male e volere il Bene, la volontà  libera dell’uomo ha modo di conquistare  il posto che  lo attira più fortemente. Ogni azione dell’uomo trae origine dalla sua volontà. Se la sua volontà è buona, l’uomo farà azioni buone, o almeno desidererà fortemente di farle. Se la sua volontà è cattiva, l’uomo farà azioni cattive, o almeno desidererà fortemente di farle.
   E qui, anima mia, ti ricordo una lontana parola dell’Eterno Amore che si incise con caratteri indelebili nel tuo spirito, e là splende, faro a tutta la tua vita ed alla tua via verso il tuo Amore: Iddio. “Il male non basta non farlo. Bisogna anche non desiderare di farlo” . Fu detto a te. Per condurti ove sei giunta e ove finirai.
   Ma andrebbe detto a tutti. Predicato. Scritto nei libri e nelle chiese, e più nelle anime. Perché colui che oggi desidera di fare il male, domani lo farà veramente. Per questo il Verbo disse: “Colui che guarda una donna con desiderio è già adultero nel suo cuore”. Mentre colui che desidera oggi di fare il bene, e lo desidera ogni giorno, veramente è come se lo compisse, anche se, per malattia od altro ostacolo, gli è vietato di compierlo.
   Un desiderio infocato dall’amore perché Dio sia amato, conosciuto, servito, perché un peccatore si ravveda, può conquistare più anime a Dio che non un attivo prodigarsi privo di puro amore, e quindi anche da sacrificio nascosto. Perché il desiderio infocato d’amore perché Dio sia amato e siano redente le anime, talmente si fonde all’eterno sospiro e desiderio del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, da fare della creatura umana “una cosa sola”  con Dio, cooperando alla gloria del Padre, alla redenzione del Figlio, alla santificazione dello Spirito Santo.
   Gli uomini di buona volontà, che con le azioni o col desiderio martirizzante di compierle, talora più consumante della stessa azione, così vivono, possiedono la saggezza dello spirito e quindi praticano la legge della Carità e del Decalogo divino e pervengono alla gloria eterna.
   Veri figli di Dio, viventi secondo lo spirito, pur obbligati a lottare contro gli assalti del male e della carne, restano fedeli all’ordine, all’armonia, all’amore verso Dio ed il prossimo e finiscono a fondersi alla Perfezione eterna, mentre coloro che volontariamente eleggono la sapienza della carne, nemica a Dio e alla sua Legge, dopo il transitorio e impuro trionfo terreno, conoscono la disperazione dei respinti da Dio e l’orrore dell’Abisso il cui re è Satana.»