MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME I CAPITOLO 55



LV. Un incarico affidato a Tommaso

   27 ottobre 1944.

   55.1Stamane, rinvenendo da un pesantissimo sopore di molte ore, mentre prego attendendo si faccia giorno, ho la ripresa della visione.
   Dico ripresa perché siamo ancora nello stesso ambiente: la larga e bassa cucina, scura nelle pareti fumose, appena illuminata dalla fiammella a olio posta sulla tavola rustica, lunga e stretta, alla quale sono seduti in otto persone — Gesù e i sei discepoli, più il padrone di casa — quattro per lato.
   Gesù, ancora rigirato sul suo sgabello — perché qui non sono altro che sgabelli senza spalliera, a tre piedi, proprio cose di campagna — parla ancora con Tommaso. La mano di Gesù è scesa dal capo di Tommaso alla spalla dello stesso. Gesù dice: «Alzati, amico. Hai già cenato?».
   «No, Maestro. Ho fatto pochi metri con l’altro che era meco e poi l’ho lasciato e sono tornato indietro, dicendogli che volevo parlare al lebbroso guarito… Ma ho detto così perché pensavo che egli avrebbe sdegnato di accostarsi ad un impuro. Ho indovinato. Ma io cercavo Te, non il lebbroso… Volevo dirti: “Prendimi!”… Mi sono aggirato su e giù per l’uliveto, finché un giovane mi ha chiesto che facevo. Deve avermi creduto un malintenzionato… Era presso un pilastro, là dove ha inizio il podere».
   Il padrone di casa sorride. «È mio figlio», spiega poi e aggiunge: «È di guardia al frantoio. Abbiamo nelle caverne, sotto il frantoio, quasi ancora tutto il raccolto dell’anno. Fu molto buono. Molto olio ci dette. E in tempi di folla sempre si uniscono malandrini che svaligiano i posti incustoditi. Otto anni fa, proprio per Parasceve, ci derubarono di tutto. Da allora, una notte per uno, facciamo buona guardia. La madre è andata a portargli la cena».
   «Ebbene, mi disse: “Che vuoi?”, e lo disse in un tono che, per salvarmi le spalle dal suo bastone, spiegai lesto: “Cerco il Maestro che abita qui”. Mi rispose allora: “Se è vero ciò che dici, vieni alla casa”. E mi ha accompagnato fin qui. È lui che ha bussato, e non se ne è andato che quando ha sentito le mie prime parole».
   «Abiti lontano?».
   «Alloggio dall’altro lato della città, vicino alla porta Orientale».
   «Sei solo?».
   «Ero con i parenti. Ma essi sono andati da altri parenti sulla strada di Betlemme. Io sono rimasto per cercarti notte e giorno finché ti avessi trovato».
   Gesù sorride e dice: «Allora nessuno ti attende?».
   «No, Maestro».
   «La strada è lunga, la notte è buia, le pattuglie romane sono per la città. Io ti dico: se vuoi, resta con noi».
   «Oh! Maestro!». Tommaso è felice.
   «Fate posto, voi. E date tutti qualcosa al fratello». Di suo Gesù dà la porzione di formaggio che aveva davanti. Spiega a Tommaso: «Siamo poveri e la cena è quasi terminata. Ma c’è tanto cuore in chi dona». E a Giovanni, seduto al suo fianco, dice: «Cedi il posto all’amico».
   Giovanni si alza subito e va a sedersi all’angolo della tavola, vicino al padrone di casa.
   «Siedi, Tommaso. Mangia».

   55.2E poi a tutti: «Così sempre farete, amici, per legge di carità. Il pellegrino è già protetto dalla Legge di Dio. Ma ora, in mio nome, più ancora lo dovrete amare. Quando uno vi chiede un pane, un sorso d’acqua, un ricovero in nome di Dio, dovete darlo, nello stesso nome. E ne avrete da Dio ricompensa. Questo dovete fare con tutti. Anche coi nemici. E questa è la Legge nuova. Fino ad ora vi era detto: “Amate quelli che vi amano e odiate i nemici”. Io vi dico: “Amate anche coloro che vi odiano”. Oh! se sapeste come sarete amati da Dio se amerete come Io vi dico! Quando poi uno dice: “Io vi voglio esser compagno nel servire il Signore Iddio vero e seguire il suo Agnello”, allora più caro di un fratello di sangue vi deve essere, perché sarete uniti da un vincolo eterno, quello del Cristo».
   «Ma se poi ne capita uno non sincero? Dire: “Io voglio fare questo e quello” è facile. Ma non sempre la parola risponde a verità», dice Pietro piuttosto irritato. Non so, non è del suo solito umore gioviale.
   «Pietro, ascolta. Tu parli con buon senso e con giustizia. Ma, vedi, meglio è peccare di bontà e di fiducia che di diffidenza e durezza. Se beneficherai un indegno, che male te ne verrà? Nessuno. Ma anzi il premio di Dio sarà sempre attivo per te, mentre a lui andrà il demerito di aver tradito la tua fiducia».
   «Nessun male? Eh! delle volte chi è indegno non si ferma all’ingratitudine, ma passa oltre e giunge anche a nuocere nella stima, nelle sostanze e nella vita stessa».
   «Vero. Ma questo diminuirebbe il tuo merito? No. Anche se tutto il mondo credesse alle calunnie, anche se tu fossi ridotto più povero di Giobbe, anche se il crudele ti levasse la vita, che sarebbe mutato agli occhi di Dio? Nulla. Anzi, sì, un mutamento ci sarebbe. Ma in bene per te. Dio, ai meriti della bontà, unirebbe i meriti del martirio intellettuale, finanziario, fisico».
   «Bene, bene! Sarà così». Pietro non parla più. Imbronciato, sta col capo appoggiato alla mano.

   55.3Gesù si volge a Tommaso: «Amico, ti ho detto prima, nel­l’uliveto: “Quando tornerò da queste parti, se vorrai ancora, sarai mio”. Ora ti dico: “Sei disposto a fare un piacere a Gesù?”».
   «Senza dubbio».
   «Ma se questo piacere può causare sacrificio?».
   «Nessun sacrificio servirti. Che vuoi?».
   «Volevo dirti… ma tu avrai commerci, avrai affetti…».
   «Niente, niente! Ho Te! Parla».
   «Ascolta. Domani alle prime luci il lebbroso si partirà dai sepolcri per trovare chi avverta il sacerdote. Tu andrai ai sepolcri per primo. È carità. E dirai forte: “O tu che ieri sei stato mondato, vieni fuori. Mi manda a te Gesù di Nazaret, il Messia d’Israele, Colui che ti ha sanato”. Fa’ che il mondo dei “morti viventi” conosca il mio Nome e frema di speranza, e chi alla speranza unisce la fede venga a Me, che Io lo guarisca. È la prima forma della mondezza che Io porto, della risurrezione di cui sono padrone. Un giorno ben più fonda mondezza Io darò… Un giorno i sepolcri sigillati erutteranno i morti veri, che appariranno per ridere, dalle loro occhiaie vuote, dalle mandibole scoperte, per il giubilo lontano, e pur sentito dagli scheletri, degli spiriti liberati dal Limbo d’attesa. Appariranno per ridere a questa liberazione e per fremere sapendo a che la devono… Tu va’. Egli verrà a te. Tu farai ciò che egli ti prega di fare. Lo aiuterai in tutto, come ti fosse fratello. E gli dirai anche: “Quando sarai del tutto purificato, andremo insieme sulla strada del fiume, oltre Doco e Efraim. Là il Maestro Gesù ti attende e mi attende per dirci in che lo dobbiamo servire”».
   «Farò così. E l’altro?».
   «Chi? L’Iscariota?».
   «Sì, Maestro».
   «Per lui dura il mio consiglio. Lascialo decidere da sé, e per lungo tempo. Evita anzi di incontrarlo».
   «Starò presso il lebbroso. Nella valle dei sepolcri solo gli immondi si aggirano o chi ha contatti di pietà con loro».

   55.4Pietro borbotta qualcosa. Gesù ode.
   «Pietro, che hai? Taci o mormori. Sembri malcontento. Perché?».
   «Lo sono. Noi siamo i primi e Tu a noi non regali un miracolo. Noi siamo i primi e Tu ti fai sedere vicino un estraneo. Noi siamo i primi e Tu a lui, e non a noi, dai degli incarichi. Noi siamo i primi e… sì, proprio, ecco, e sembra che si sia gli ultimi. Perché li attendi sulla via del fiume? Certo per dare a loro qualche missione. Perché a loro e non a noi?».
   Gesù lo guarda. Non è irato. Anzi sorride come si sorride ad un ragazzo. Si alza, va lentamente da Pietro, gli pone la mano sulla spalla e dice sorridendo: «Pietro! Pietro! Sei un grande, un vecchio bambino!», e ad Andrea, seduto presso il fratello, dice: «Vai al mio posto», e si siede a fianco di Pietro cingendolo con un braccio alle spalle e gli parla tenendolo così contro la sua spalla: «Pietro, ti pare che Io faccia ingiustizia, ma non è ingiustizia la mia. È anzi prova che so quel che valete. Guarda. Chi ha bisogno di prove? Colui che ancora non è sicuro. Orbene, Io vi sapevo tanto sicuri su Me, che non ho sentito bisogno di darvi prove del mio potere. Qui a Gerusalemme occorrono prove, qui dove vizio, irreligione, politiche, tante cose del mondo offuscano gli spiriti al punto che essi non possono vedere la Luce che passa. Ma là, sul nostro bel lago, così puro sotto un cielo puro, là fra gente onesta e vogliosa di bene, non sono necessarie prove. Li avrete i miracoli. A fiumi verserò su voi le grazie. Ma, guarda come vi ho stimato, Io vi ho presi senza esigere prove e senza trovare bisogno di darvene, perché so chi siete. Cari, tanto cari, e tanto a Me fedeli».
   Pietro si rasserena: «Perdonami, Gesù».
   «Sì, ti perdono perché il tuo broncio è amore. Ma non avere più invidia, Simone di Giona. Sai cosa è il cuore del tuo Gesù? Hai mai visto il mare, il vero mare? Sì? Ebbene, il mio cuore è ben più vasto del largo mare! E c’è posto per tutti. Per tutta l’umanità. E il più piccolo ha posto come il più grande. E il peccatore vi trova amore come l’innocente. A questi do una missione. Sicuro. Mi vuoi vietare di darla? Io vi ho scelto. Non voi. Sono perciò libero di giudicare come impiegarvi. E se questi li lascio qui con una missione — che può essere anche una prova, come può essere misericordia il lasso di tempo lasciato all’Iscariota — puoi tu rimproverarmene? Sai se a te non ne serbo una più vasta? E non è la più bella quella di sentirti dire: “Tu verrai con Me”?».
   «È vero, è vero! Sono una bestia! Perdono…».
   «Sì. Tutto, ogni perdono. Oh! Pietro!… Ma vi prego tutti: non discutete mai sui meriti e sui posti. Avrei potuto nascere re. Sono nato povero, in una stalla. Avrei potuto esser ricco. Ho vissuto di lavoro e ora di carità. Eppure, credetelo amici, non c’è alcuno grande agli occhi di Dio più di Me. Di Me che sono qui: servo dell’uomo».
   «Servo Tu? Non mai!».
   «Perché, Pietro?».
   «Perché io ti servirò».
   «Anche tu mi servissi come una madre serve l’infante, Io sono venuto per servire l’uomo. Per lui sarò Salvatore. Che servizio pari a questo?».
   «Oh! Maestro! Tu tutto spieghi. E quel che pareva oscuro si fa subito chiaro!».
   «Lieto ora, Pietro?

   55.5Allora lasciami finire di parlare a Tommaso. Sei certo di riconoscere il lebbroso? Non vi è che lui di guarito; ma potrebbe esser già partito alla luce delle stelle, per trovare un viandante sollecito. E un altro, per ansia di entrare in città, vedere i parenti, forse, potrebbe sostituirsi a lui. Ascolta il suo ritratto. Io gli ero vicino e nel crepuscolo l’ho visto bene. È alto e magro. Di colorito oscuro come un sangue misto, occhi profondi e nerissimi sotto sopracciglia di neve, capelli bianchi come il lino e piuttosto ricci, naso lungo, camuso verso la punta come quello dei Libi, labbra grosse, specie l’inferiore, e sporgenti. È tanto olivastro che il labbro è tendente al violaceo. Sulla fronte una cicatrice di antica data è rimasta, e sarà l’unica macchia, ora che sarà mondato da croste e sudiciume».
   «È un vecchio, se è tutto bianco».
   «No, Filippo. Lo sembra, ma non lo è. La lebbra lo ha fatto canuto».
   «Cosa è? Un sangue misto?».
   «Forse, Pietro. Ha somiglianza coi popoli d’Africa».
   «Sarà israelita, allora?».
   «Lo sapremo. Ma se non lo fosse?».
   «Eh! se non lo fosse, se ne andrebbe. Già molto aver meritato d’esser guarito».
   «No, Pietro. Anche fosse idolatra, Io non lo caccerò. Gesù è venuto per tutti. E in verità ti dico che i popoli delle tenebre sorpasseranno i figli del popolo della Luce…».
   Gesù sospira. Poi si alza. Rende grazie al Padre con un inno e benedice.
   La visione cessa così.
   

   55.6Faccio notare incidentalmente che il mio interno ammonitore mi ha detto, fin da ieri sera quando vedevo il lebbroso: «È Simone, l’apostolo. Vedrai la venuta di lui e di Taddeo al Maestro». Stamane, dopo la Comunione (è venerdì) apro il messale e vedo che proprio oggi è la vigilia della festa di S. Simone e Giuda, e il Vangelo di domani parla proprio sulla carità, quasi ripetendo le parole da me udite prima nella visione. Giuda Taddeo, però, per ora non l’ho visto.