MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME I CAPITOLO 56



LVI. Simone Zelote e Giuda Taddeo uniti nella sorte

   28 ottobre 1944.

   56.1Siete pur belle, rive del Giordano, così come eravate ai tempi di Gesù! Vi vedo e mi beo nella vostra maestosa pace verde-azzurra, sonante d’acque e fronde con tono dolce come melodia.
   Sono per una strada abbastanza ampia e anche abbastanza ben tenuta. Deve essere una strada maestra, meglio: militare, tracciata dai romani per congiungere le diverse regioni con la capitale. Scorre presso al fiume, ma non proprio lungo il fiume. È separata da esso da una zona boschiva, che credo abbia il compito di rassodare le rive e di far resistenza alle acque nei tempi di piena. Dall’altro lato della strada la boschiva continua, di modo che la via pare una galleria naturale sopra la quale si intrecciano i rami fronzuti. Benefico ristoro per i viandanti in questi paesi di gran sole.
   Il fiume, e perciò naturalmente la via, ha, nel punto in cui mi trovo, un arco lento, di modo che io vedo il proseguire dell’argine fronzuto come una muraglia verde, messa a chiudere un bacino d’acque quiete. Pare quasi un lago di parco signorile. Ma l’acqua non è la ferma acqua di un lago. Scorre, sebben lentamente. E ne è prova il fruscio che fa contro i primi canneti, i più audaci che sono nati proprio giù, nel greto, e l’ondulazione che hanno i lunghi nastri delle foglie di essi, pendenti sul pelo dell’acqua e mosse da questa. Anche un gruppo di salici, dai flessibili rami spioventi, hanno affidato il sommo della loro verde capigliatura al fiume, e quello pare pettinarla con grazia di carezza, stendendola dolcemente a filo di corrente.
   Silenzio e pace è nell’ora mattutina. Solo canti e richiami di uccelli, fruscio d’acque e fronde, e un gran brillare di rugiada sull’erba verde e alta che è fra gli alberi, non ancora indurita e ingiallita dal sole estivo, ma tenera e nuova per esser nata dopo la primaverile effusione d’acque, che ha nutrito la terra, fin nel profondo, di umidore e di succhi buoni.

   56.2Tre viandanti sono fermi in questa svolta della strada, proprio a un vertice dell’arco. Guardano in su e in giù, a sud dove è Gerusalemme, a nord dove è la Samaria. Scrutano fra i colonnati delle piante per vedere se giunge qualcuno atteso. Sono Tommaso, Giuda Taddeo e il lebbroso guarito. Parlano.
   «Vedi nulla?».
   «Io no».
   «Neppure io».
   «Eppure questo è il posto».
   «Ne sei sicuro?».
   «Sicuro, Simone. Uno dei sei mi ha detto, mentre il Maestro si allontanava fra le acclamazioni della folla dopo il miracolo di uno storpio mendicante, guarito alla porta dei Pesci: “Noi ora andiamo fuori Gerusalemme. Attendici a cinque miglia fra Gerico e Doco, alla curva del fiume, lungo la via alberata”. Questa. Ha detto anche: “Vi saremo fra tre giorni all’aurora”. È il terzo giorno, e la quarta vigilia qui ci ha trovato».
   «Verrà? Forse era meglio seguirlo da Gerusalemme».
   «Non potevi ancora venire fra la folla, Simone».
   «Se mio cugino vi ha detto di venire qui, qui verrà. Mantiene sempre ciò che promette. Non c’è che da attendere».

   56.3«Sei sempre stato con Lui?».
   «Sempre. Da quando tornò a Nazaret fu con me buon compagno. Sempre insieme. Siamo della stessa età, io di poco più anziano. E poi io ero il preferito dal padre di Lui, fratello a mio padre. Anche la Madre mi voleva molto bene. Sono cresciuto più con Lei che con mia madre».
   «Ti voleva… Ora non ti vuole più lo stesso bene?».
   «Oh! sì! Ma ci siamo un poco divisi da quando Egli si è fatto profeta. I miei parenti non ne hanno piacere».
   «Quali parenti?».
   «Mio padre e i due maggiori. L’altro è titubante… Mio padre è molto vecchio e non ho avuto cuore di urtarlo. Ma ora… Ora non più. Ora io vado dove cuore e mente mi attirano. Vado da Gesù. Non credo offendere la Legge facendo così. Ma già… se non fosse giusto ciò che voglio fare, Gesù me lo direbbe. Farò ciò che Lui dice. È lecito ad un padre ostacolare un figlio nel bene? Se io sento che lì è salute, perché impedirmi di averla? Perché i padri ci sono nemici talora?».
   Simone sospira come per tristi ricordi e china il capo, ma non parla.
   Risponde invece Tommaso: «Io ho già superato l’ostacolo. Mio padre mi ha udito e mi ha compreso. Mi ha benedetto dicendo: “Va’. Questa Pasqua sia per te liberazione dalla schiavitù di un’attesa. Felice te che puoi credere. Io attendo. Ma se è proprio Lui, e te ne accorgerai seguendolo, vieni al tuo vecchio padre per dirgli: ‘Vieni. Israele ha l’Atteso’”».
   «Sei più fortunato di me. E dire che noi siamo vissuti al suo fianco!… E non crediamo, noi di famiglia!… E diciamo, ossia loro dicono: “È uscito di senno”!».

   56.4«Ecco, ecco un gruppo di persone», grida Simone. «È Lui, è Lui! Riconosco la sua testa bionda! Oh! venite! Corriamo!».
   Si dànno a camminare velocemente verso sud. Gli alberi, ora che il sommo dell’arco è raggiunto, nascondono il resto della via, di modo che i due gruppi si trovano quasi di fronte quando meno se l’aspettano. Gesù pare risalga dal fiume, perché è fra gli alberi della sponda.
   «Maestro!».
   «Gesù!».
   «Signore!».
   I tre gridi del discepolo, del cugino, del guarito squillano, adoranti e festosi.
   «Pace a voi!». Ecco la bella, non confondibile voce, piena, sonora, pacata, espressiva, netta, virile, dolce e incisiva.

   56.5«Tu pure, Giuda, cugino mio?».
   Si abbracciano. Giuda piange.
   «Perché questo pianto?».
   «Oh! Gesù! Io voglio stare con Te!».
   «Ti ho atteso sempre. Perché non sei venuto?».
   Giuda china il capo e tace.
   «Non hanno voluto! E ora?».
   «Gesù, io… io non posso ubbidire a loro. Voglio ubbidire a Te solo».
   «Ma Io non ti ho dato comando».
   «No, Tu no. Ma è la tua missione che comanda! È Colui che ti ha mandato che parla qui, in mezzo al mio cuore, e mi dice: “Va’ da Lui!”. È Colei che ti ha generato e che mi è stata maestra soave, che col suo sguardo di colomba mi dice, senza usar parole: “Sii di Gesù!”. Posso io non tener conto di quella voce eccelsa che mi trivella il cuore? Di questa preghiera di santa che certo mi supplica per il mio bene? Sol perché sono cugino per parte di Giuseppe, non devo conoscerti per quello che sei, mentre il Battezzatore ti ha conosciuto, lui che non ti aveva mai visto, qui, sulle sponde di questo fiume, e ti ha salutato: “Agnello di Dio”? Ed io, io che sono cresciuto con Te, io che mi sono fatto buono seguendo Te, io che sono divenuto figlio della Legge per merito di tua Madre e da Lei ho aspirato non i seicentotredici precetti dei rabbini, oltre la Scrittura e le preghiere, ma l’anima di esse tutte, io non dovrei esser capace di nulla?».
   «E tuo padre?».
   «Mio padre? Non gli manca pane e assistenza, e poi… Tu mi dài l’esempio. Tu hai avuto pensiero al bene del popolo più che al piccolo bene di Maria. E Lei è sola. Dimmi Tu, Maestro mio, non è lecito forse, senza mancare di rispetto, dire ad un padre: “Padre, io ti amo. Ma sopra te è Dio, e Lui seguo”?».
   «Giuda, parente e amico, Io te lo dico: tu sei molto avanti nella via della Luce. Vieni. È lecito dire al padre così quando è Dio che chiama. Nulla è sopra Dio. Anche le leggi del sangue cessano, ossia si sublimano, perché con le nostre lacrime noi diamo ai padri, alle madri, più vasto aiuto, e per più eterna cosa che non la giornata del mondo. Seconoi li traiamo al Cielo e, per la stessa via di sacrificio degli affetti, a Dio. Resta, dunque, Giuda. Ti ho atteso e sono felice di riaverti, amico della mia vita nazarena».
   Giuda è commosso.

   56.6Gesù si volge a Tommaso: «Hai ubbidito fedelmente. Prima virtù del discepolo».
   «Sono venuto per esserti fedele».
   «E lo sarai. Io te lo dico. Vieni, tu che stai vergognoso nel­l’ombra. Non temere».
   «Signore mio!». L’ex-lebbroso[126] è ai piedi di Gesù.
   «Alzati. Il tuo nome?».
   «Simone».
   «La tua famiglia?».
   «Signore… era potente… io pure ero potente… Ma astio di sètte e… e errori di gioventù hanno leso la sua potenza. Mio padre… Oh! io devo parlare contro di lui, che mi è costato lacrime non celesti! Tu lo vedi, l’hai visto che dono mi ha fatto!».
   «Era lebbroso?».
   «Non lebbroso, come non io. Ma malato di malattia d’altro nome, che noi d’Israele mettiamo comune con le lebbre diverse. Egli… — allora trionfava ancora la sua casta — visse e morì potente nella sua casa. Io… se Tu non mi salvavi, sarei morto nei sepolcri».
   «Sei solo?».
   «Solo. Ho un servo fedele che si cura di quanto mi resta. L’ho fatto avvertito».
   «Tua madre?».
   «È… morta». L’uomo pare impacciato.
   Gesù l’osserva attentamente. «Simone, mi hai detto: “Che devo fare per Te?”. Ora Io ti dico: “Seguimi”».
   «Subito, Signore!… Ma… ma io… lascia che ti dica una cosa. Sono, ero chiamato “zelote” per la casta[127], e “cananeo” per madre. Tu vedi. Sono scuro. In me ho sangue di schiava. Mio padre non aveva figli dalla moglie e mi ebbe da una schiava. La moglie, una buona, mi allevò come figlio e mi curò nelle infinite malattie finché morì…».
   «Non ci sono schiavi o affrancati agli occhi di Dio. Una sola ai suoi occhi la schiavitù: il peccato. Ed Io sono venuto a levarla. Tutti vi chiamo, perché il Regno è di tutti. Sei colto?».
   «Son colto. Avevo anche il mio posto fra i grandi. Finché il male fu nascosto sotto le vesti. Ma, salito al viso…, non parve vero ai nemici di usarlo per confinarmi fra i “morti”, per quanto, come disse un medico di Cesarea, romano, che io consultai, la mia non fosse lebbra vera, ma una serpigine ereditaria, per cui bastava non procreassi per non propagarla. Posso io non maledire mio padre?».
   «Devi non maledirlo. Ti ha fatto ogni male…».
   «Oh, sì! Dilapidatore di sostanze, vizioso, crudele, senza cuore né affetto. Mi ha negato salute, carezze, pace, mi ha bollato con un nome che è spregio e con una malattia che è un marchio d’obbrobrio… Di tutto si è fatto padrone. Anche del futuro del figlio. Tutto mi ha levato, anche la gioia d’esser padre».
   «Per questo ti dico: “Seguimi”. Al mio fianco, al mio seguito, troverai Padre e figli. Alza lo sguardo, Simone. Là il Padre vero ti sorride. Guarda negli spazi della Terra, nei continenti, per le contrade. Figli e figli vi sono, figli d’anima per i senza figli. Attendono te, e molti come te attendono. Sotto il mio segno non ci sono più derelizioni. Nel mio segno non ci sono più solitudini né differenze. È segno d’amore. E amore dà.

   56.7Vieni, Simone, che non hai avuto figli. Vieni, Giuda, che perdi il padre per amor mio. Vi unisco nella sorte».
   Egli li ha presso tutti e due. Tiene le mani sulle loro spalle come per una presa di possesso, come per imporre un giogo comune. Poi dice: «Vi unisco. Ma ora vi separo. Tu, Simone, resterai qui con Tommaso. Preparerai con esso le vie del mio ritorno. Fra non molto Io tornerò, e voglio che popolo e popolo mi attenda. Dite ai malati, tu lo puoi dire, che Colui che guarisce viene. Dite agli attendenti che il Messia è fra il suo popolo. Dite ai peccatori che vi è chi perdona per dare forza di salire…».
   «Ma saremo capaci?».
   «Sì. Non avete che dire: “Egli è giunto. Vi chiama. Vi aspetta. Viene per farvi grazia. Siate qui pronti per vederlo”, e alle parole unite il racconto di ciò che sapete. E tu, Giuda, cugino, vieni con Me e con questi. Ma tu resterai a Nazaret».
   «Perché, Gesù?».
   «Perché mi devi preparare la via in patria. Credi piccola missione? In verità non ve ne è una più grave…». Gesù sospira.
   «E riuscirò?».
   «Sì e no. Ma tutto sarà sufficiente per esser giustificati».
   «Di che? E presso chi?».
   «Presso Dio. Presso la patria. Presso la famiglia. Non potranno rimproverarci, perché abbiamo offerto il bene. E se la patria e la famiglia lo sdegneranno, noi non avremo colpa della loro perdita».
   «E noi?».
   «Voi, Pietro? Voi tornerete alle reti».
   «Perché?».
   «Perché Io vi istruirò lentamente e vi prenderò quando vi troverò pronti».
   «Ma ti vedremo, allora?».
   «Certo. Verrò a voi sovente, o vi farò chiamare quando sarò a Cafarnao. Ora salutatevi, amici, e andiamo. Vi benedico, o voi che rimanete. La mia pace con voi».
   E ha termine la visione.

[126] L’ex-lebbroso, invece di Il lebbroso, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.
[127] “zelote” per la casta, quella appunto degli zeloti, così chiamati per il loro zelo nell’osservare la legge e nell’opporsi ad ogni dominazione straniera sul popolo eletto. Ma il significato del termine sfugge a MV, che in calce alla pagina autografa annota: chi sono gli zeloti? Ugualmente sconosciute alla scrittrice le parole sciemanflorasc (in 503.9/10) e gulal (in 542.7).