MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME I CAPITOLO 67



LXVII. Il miracolo delle lame spezzate alla porta dei Pesci

   31 dicembre 1944.

   67.1Vedo Gesù andare soletto per una via ombrosa. Pare una fresca valletta ricca d’acque. Dico valletta perché è lievemente incassata fra piccole elevazioni del suolo, e al centro scorre un fiumiciattolo.
   Il luogo è deserto nell’ora mattutina. Deve appena esser sorto il giorno, un bel giorno sereno di prima estate, e tolto il canto degli uccelli fra gli alberi — per lo più ulivi, specie sulla collina di sinistra, mentre l’altra, più spoglia, ha arbusti bassi di lentisco, acacie spinose, agavi, ecc. ecc. — e il tubare lamentoso di tortore selvatiche, che nidificano nelle crepe del monte più brullo, non si sente altro. Anche il torrentello, dalle acque molto scarse e ridotte al solo centro dell’alveo, pare non fare alcun rumore e se ne va riflettendo nelle acque il verde circostante, per cui pare di smeraldo scuro.
   Gesù valica un ponticello primordiale — un tronco semipiallato, gettato al disopra del torrente, senza sponde, senza sicurezza — e prosegue sull’altra riva.
   Ora si vedono delle mura e delle porte e si vedono anche mercanti di ortaggi e cibarie affollarsi alle porte, ancora chiuse, per entrare in città. Vi è un gran ragliare d’asini e zuffe fra i medesimi; anche i proprietari degli stessi non scherzano. Insulti, e anche qualche randellata vola non solo sulle schiene asinine ma anche sulle teste umane.

   67.2Due si azzuffano sul serio per causa dell’asino di uno, che si è servito della magnifica cesta di lattughe dell’altro asino e se ne è mangiata un bel po’! Forse non è che un pretesto per sfogare un’antica ruggine. Il fatto è che da sotto le vesti corte sino ai polpacci vengono tratti due coltellacci corti e larghi come una mano: paiono daghe mozze ma ben pontute e lucono al sole. Urla di donne, vocio d’uomini. Ma nessuno interviene a separare i due che sono pronti al duello rusticano.
   Gesù, che procedeva meditabondo, alza il capo, vede e a passo velocissimo accorre fra i due. «Fermi, in nome di Dio!», ordina.
   «No! Voglio farla finita con questo maledetto cane!».
   «Anche io! Ci tieni alle frange? Ti farò una frangia con le tue interiora».
   I due roteano intorno a Gesù, urtandolo, insultandolo perché si levi di mezzo, cercando colpirsi senza riuscirvi, perché Gesù con sapienti mosse del manto svia i colpi e ostacola la mira. Ne ha anche il mantello lacerato.
   La gente urla: «Vieni via, nazareno, ci andrai di mezzo Tu». Ma Lui non si muove e cerca di indurre alla calma, richiamando la mente a Dio. Inutile! L’ira fa pazzi i due contendenti.
   Gesù sprigiona miracolo. Ordina per un’ultima volta: «Vi comando di smetterla».
   «No! Levati! Va’ per la tua strada, can d’un nazareno!».
   Allora Gesù stende le mani, col suo aspetto di potenza sfolgorante. Non dice parola. Ma le lame cadono sbriciolate a terra come fossero state di vetro e avessero urtato contro una rupe.
   I due si guardano i manici corti, inutili, rimasti fra le dita. Lo stupore ottunde l’ira. La folla pure urla di stupore.

   67.3«E ora?», chiede Gesù, severo. «Dove è la vostra forza?».
   Anche i soldati di guardia alla porta, accorsi agli ultimi urli, guardano stupiti, ed uno si china a raccattare i frammenti delle lame e li prova sull’unghia, incredulo che fossero acciaio.
   «E ora?», ripete Gesù. «Dove è la forza vostra? Su che fondavate il vostro diritto? Su quei pezzi di metallo che ora sono schegge fra la polvere? Su quei pezzi di metallo che non avevano altra forza di quella del peccato d’ira contro un fratello, levandovi per quel peccato ogni benedizione di Dio e perciò ogni forza? Oh! miseri coloro che si fondano su mezzi umani per vincere, e non sanno che non è violenza ma santità quello che ci fa vittoriosi sulla Terra e oltre! Perché Dio è coi giusti.
   Udite, tutti o voi d’Israele, e anche voi, soldati di Roma. La Parola di Dio parla per tutti i figli dell’uomo, e non sarà il Figlio dell’uomo quello che la ricusa ai gentili.
   Il secondo dei precetti del Signore è precetto di amore verso il prossimo. Dio è buono e nei suoi figli vuole benevolenza. Colui che non è benevolente col prossimo suo, non può dirsi figlio di Dio e non può avere Dio con sé. L’uomo non è una bestia senza ragione che si avventa e morde per diritto di preda. L’uomo ha una ragione e un’anima. Per la ragione si deve saper condurre da uomo. Per l’anima si deve saper condurre da santo. Colui che così non fa, si mette al disotto degli[143] animali, scende all’abbraccio coi demoni perché si indemonia l’anima col peccato d’ira.
   Amate. Io non vi dico altro. Amate il prossimo vostro come il Signore Dio d’Israele vuole. Non siate sempre del sangue di Caino. E perché lo siete? Per poche monete, voi che potevate essere omicidi. Per pochi palmi di terra, altri. Per un posto più buono. Per una donna. Che sono queste cose? Eterne? No. Durano molto meno della vita, la quale dura un attimo di eternità. E che perdete se le seguite? La pace eterna che è promessa ai giusti e che il Messia vi porterà insieme al suo Regno. Venite sulla via della Verità. Seguite la Voce di Dio. Amatevi. Siate onesti. Siate continenti. Siate umili e giusti. Andate e meditate».

   67.4«Chi sei Tu che parli simili parole e spezzi le spade col tuo volere? Uno solo fa queste cose: il Messia. Neppure Giovanni il Battezzatore è da più di Lui. Sei Tu forse il Messia?», chiedono in tre o quattro.
   «Io lo sono».
   «Tu? Tu quello che guarisci i malati e predichi Dio in Galilea?».
   «Io sono».
   «Io ho una vecchia madre che muore. Salvala!».
   «Ed io, vedi? Sto perdendo le forze per i dolori. Ho dei figli ancor piccoli. Guariscimi!».
   «Va’ alla tua casa. Tua madre questa sera ti preparerà la cena; e tu, guarisci. Lo voglio!».
   La folla ha un urlo. Poi chiede: «Il tuo Nome! Il tuo Nome!».
   «Gesù di Nazaret!».
   «Gesù! Gesù! Osanna! Osanna!».
   La folla è in tripudio. Gli asini possono fare quel che vogliono, ché nessuno se ne cura più. Delle madri accorrono dall’interno della città, si capisce che la voce è corsa, e alzano i loro piccini. Gesù benedice e sorride. E cerca di fendere il cerchio acclamante per entrare in città e andare dove vuole. Ma la folla non ne vuole sapere. «Resta con noi! In Giudea! In Giudea! Siamo figli di Abramo anche noi!», grida.

   67.5«Maestro!». Giuda accorre verso di Lui. «Maestro, mi hai preceduto. Ma che avviene?».
   «Il Rabbi ha fatto miracolo! In Galilea no; qui, qui con noi lo vogliamo».
   «Lo vedi, Maestro? Tutto Israele ti ama. È giusto che Tu resti anche qui. Perché ti sottrai?».
   «Non mi sottraggo, Giuda. Sono venuto apposta solo, perché la rudezza dei discepoli galilei non urti la sottigliezza giudea. Io voglio radunare tutte le pecore d’Israele sotto lo scettro di Dio».
   «Per questo ti ho detto: “Prendimi”. Io sono giudeo e so come trattare i miei pari. Resterai dunque a Gerusalemme?».
   «Pochi giorni. Per attendere un discepolo, lui pure giudeo. Poi andrò per la Giudea…».
   «Oh! io verrò con Te. Ti accompagnerò. Verrai al mio paese. Ti porterò a casa mia. Verrai, Maestro?».
   «Verrò…

   67.6Del Battista, tu che sei giudeo e vivi presso i potenti, sai nulla?».
   «So che è ancora prigione, ma che lo vogliono scarcerare, perché la folla minaccia sedizione se non le viene reso il suo profeta. Lo conosci?».
   «Lo conosco».
   «Lo ami? Che pensi di lui?».
   «Penso che non vi fu uno più di lui pari ad Elia».
   «Lo reputi veramente il Precursore?».
   «Egli lo è. È la stella del mattino che annuncia il sole. Beati quelli che si sono preparati al Sole attraverso la sua predicazione».
   «È molto severo Giovanni».
   «Non più per gli altri che per sé».
   «Questo è vero. Ma è difficile seguirlo nella sua penitenza. Tu sei più buono ed è facile amarti».
   «Eppure…».
   «Eppure, Maestro?».
   «Eppure, come lui è odiato per la sua austerità, Io lo sarò per la mia bontà, perché l’una e l’altra predicano Dio, e Dio è inviso ai tristi. Ma è segnato che così sia. Come egli precede Me nella predicazione, così mi precederà nella morte. Guai però agli uccisori della Penitenza e della Bontà».
   «Perché, Maestro, sempre questa tristezza di previsioni? La folla ti ama, lo vedi…».
   «Perché è cosa sicura. La folla umile sì, mi ama. Ma la folla non è tutta umile e di umili. Ma non è tristezza la mia. È tranquilla visione del futuro e aderenza alla volontà del Padre, che mi ha mandato per questo. E per questo Io sono venuto. Eccoci al Tempio. Io vado nel Bel Nidrasc ad ammaestrare le folle. Se vuoi, resta».
   «Resterò al tuo fianco. Non ho che uno scopo: servirti e farti trionfare».
   Entrano nel Tempio e tutto finisce.

[143] al disotto degli, invece di sotto agli, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.