MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME I CAPITOLO 77



LXXVII. A Ebron nella casa di Zaccaria. L'incontro con Aglae

   13 gennaio 1945.

   77.1«Verso che ora giungeremo?», chiede Gesù che cammina al centro del gruppo, preceduto dalle pecore che brucano l’erba delle prode.
   «Verso l’ora terza. Sono circa dieci miglia», risponde Elia.
   «E poi andiamo a Keriot?», chiede Giuda.
   «Sì. Andiamo là».
   «E non era più breve andare da Jutta a Keriot? Non ci deve esser molto. Vero, tu, pastore?».
   «Due miglia di più, poco meno, o poco più».
   «Così ne facciamo più di venti per niente».
   «Giuda, perché così inquieto?», dice Gesù.
   «Non inquieto, Maestro. Ma mi avevi promesso di venire a casa mia…».
   «E vi verrò. Mantengo sempre le mie promesse».
   «Ho mandato ad avvertire mia madre… e Tu, del resto, lo hai detto: coi morti si è anche con lo spirito».
   «L’ho detto. Ma, Giuda, rifletti: tu per Me non hai ancora sofferto. Questi è trent’anni che soffrono, e non hanno mai tradito, neppure il ricordo di Me. Neppure il ricordo. Non sapevano se ero vivo o morto… eppure sono rimasti fedeli. Mi ricordavano neonato, infante senza altro che pianto e bisogno di latte… eppure mi hanno sempre venerato come Dio. Per causa mia[160] sono stati colpiti, maledetti, perseguitati come un obbrobrio della Giudea, eppure la loro fede ad ogni colpo non vacillava, non inaridiva, ma metteva radici più fonde e si faceva più vigorosa».

   77.2«A proposito. È da qualche giorno che la domanda mi brucia le labbra. Sono amici tuoi e di Dio costoro, non è vero? Gli angeli li hanno benedetti con la pace del Cielo, non è vero? Loro sono rimasti giusti contro tutte le tentazioni, non è vero? Mi spieghi allora perché furono infelici? E Anna? È stata uccisa per averti voluto bene…».
   «Tu arguisci perciò che il mio amore e l’amarmi porti sfortuna».
   «No… ma…».
   «Ma è così. Mi spiace vederti tanto chiuso alla Luce e tanto posseduto dall’umano. No, lascia stare, Giovanni, e anche tu, Simone. Preferisco che egli parli. Io non rimprovero mai. Solo voglio apertura di animi per potervi mettere luce. Vieni qui, Giuda, ascolta. Tu parti da un giudizio comune a tanti viventi e a tanti che vivranno. Ho detto: giudizio. Dovrei dire: errore. Ma, posto che lo fate senza malizia, per ignoranza di ciò che è verità, non è errore, è solo giudizio imperfetto, come lo può essere quello di un bambino. E bambini siete, poveri uomini. Ed Io sono qui, Maestro, per fare di voi degli adulti capaci di discernere il vero dal falso, il buono dal cattivo, il migliore dal buono. Ascoltate, dunque. Cosa è la vita? È un tempo di sosta, direi il limbo del Limbo, che il Padre Dio vi dà per provare la vostra natura di figli buoni o di bastardi, e per destinarvi, in base alle vostre opere, un futuro che sarà senza più soste né prove. Ora ditemi voi: sarebbe giusto che uno, perché ha avuto il raro bene di avere il modo di servire Dio in maniera speciale, abbia anche un bene continuo, per tutta la vita? Non vi pare che già molto ebbe, e che perciò può dirsi beato, anche se, nell’umano, beato non è? Non sarebbe ingiusto che chi ha già luce di divina manifestazione nel cuore, e sorriso di coscienza che approva, abbia anche onori e beni terreni? E non sarebbe anche imprudente?».

   77.3«Maestro, io dico che sarebbe anche profanatore. Perché mettere gioie umane dove sei Tu? Quando uno ti ha — e costoro ti hanno avuto, loro, unici ricchi in Israele per aver avuto Te da trent’anni — non altro deve avere. Non si mette l’oggetto umano sul Propiziatorio… e il vaso consacrato non serve che per sacri usi. Costoro consacrati sono, dal giorno che han visto il tuo sorriso… e nulla, no, nulla che Tu non sia deve entrare nel loro cuore, che ha Te. Fossi io come loro!», dice Simone.
   «Però ti sei affrettato, dopo aver visto il Maestro ed esser guarito, a riprendere possesso dei tuoi beni», risponde ironicamente Giuda.
   «È vero. L’ho detto e l’ho fatto. Ma sai perché? Come puoi giudicare se tutto non sai? Il mio agente ha avuto ordini netti. Ora che Simone lo Zelote è guarito — e non possono più i nemici nuocergli col segregarlo, né perseguitarlo perché non è più che di Cristo e non ha sètta: ha Gesù e basta — Simone può disporre dei suoi averi che un onesto, un fedele gli ha conservato. E io, padrone ancor per un’ora, ne ho ordinato il riordino per averne più denaro nella vendita e poter dire… no, questo non lo dico».
   «Lo dicono gli angeli per te, Simone, e lo scrivono nel libro eterno», dice Gesù.
   Simone guarda Gesù. I due sguardi si allacciano, uno stupito, l’altro benedicente.
   «Come sempre, io ho torto».
   «No, Giuda. Hai il senso pratico. Tu stesso lo dici».
   «Oh! ma con Gesù!… Anche Simon Pietro era attaccato al senso pratico, e ora invece!… Anche tu, Giuda, diventerai come lui. È poco che sei col Maestro, noi è di più, e siamo già migliorati», dice Giovanni sempre dolce e conciliante.
   «Non mi ha voluto. Altrimenti sarei stato suo da Pasqua». Giuda ha proprio i nervi, oggi.
   Gesù tronca la questione dicendo a Levi: «Sei mai stato in Galilea?».
   «Sì, Signore».
   «Verrai tu con Me, per condurmi da Giona. Lo conosci?».
   «Sì. A Pasqua ci si vedeva sempre. Andavo da lui, allora».
   Giuseppe china la fronte mortificato. Gesù vede. «Insieme non potete venire. Elia rimarrebbe solo alle pecore. Ma tu verrai con Me sino al passo di Gerico, dove ci separeremo per qualche tempo. Ti dirò poi quello che devi fare».
   «Noi più niente?».
   «Anche voi, Giuda, anche voi».

   77.4«Si vedono delle case», dice Giovanni che precede di qualche passo gli altri.
   «È Ebron. A cavaliere fra due fiumi col suo dorso. Vedi, Maestro? Quel casamento là, fra tutto quel verde, un poco più alto degli altri? È la casa di Zaccaria».
   «Affrettiamo il passo».
   Fanno svelti gli ultimi metri di strada, entrano in paese. Gli zoccoletti delle pecore paiono nacchere sulle pietre irregolari della via, qui selciata rudimentalmente così. Raggiungono la casa. La gente guarda quel gruppo di uomini di diverso aspetto, età e vestito, fra il bianco delle pecore.
   «Oh! È diversa! Qui vi era il cancello!», dice Elia. Ora, invece del cancello, è un portone ferrato che preclude la vista, e anche il muretto di cinta è più alto di un uomo, e perciò nulla si vede.
   «Forse sarà aperto sul dietro, andiamo». Girano un vasto quadrilatero, meglio un vasto rettangolo, ma il muro è uguale da per tutto.
   «Muro fatto da poco», dice Giovanni osservandolo. «È senza sfregi, e in terra sono ancora pietre calcinose».
   «Non vedo neppure il sepolcro… Era verso il bosco. Ora il bosco è fuori del muro e… e pare di tutti. Vi fanno legna…». Elia è perplesso.

   77.5Un uomo, un taglialegna vecchietto, bassetto ma robusto, che osserva il gruppo, lascia di segare un tronco abbattuto e viene verso il gruppo. «Chi cercate?».
   «Volevamo entrare nella casa, per pregare al sepolcro di Zaccaria».
   «Non c’è più sepolcro. Non sapete? Chi siete?».
   «Io amico di Samuele il pastore, Lui…».
   «Non occorre, Elia», dice Gesù. Elia tace.
   «Ah! Samuele!… Già! Ma da quando Giovanni, figlio di Zaccaria, è in prigione, la casa non è più sua. Ed è sventura, perché egli faceva dare ogni guadagno del suo avere ai poveri di Ebron. Una mattina è venuto un della corte di Erode, ha buttato fuori Gioele, ha messo i sigilli, poi è tornato con degli artieri e ha cominciato a fare alzare il muro… Sull’angolo, là, era il sepolcro. Non lo ha voluto… e una mattina lo trovammo tutto sciupato, mezzo giù… le povere ossa mescolate… Le abbiamo raccolte come si è potuto… Ora sono in un’unica arca… E nella casa del sacerdote Zaccaria quel sozzo ci tiene le sue amanti. Ora c’è una mima di Roma. Per questo ha alzato il muro. Non vuole che si veda… La casa del sacerdote, un lupanare! La casa del miracolo e del Precursore! Perché certo è lui, se pure non è lui il Messia. E quante noie abbiamo avuto per il Battista! Ma è il nostro grande! Veramente grande! Già quando nacque ci fu miracolo. Elisabetta, vecchia come un cardo secco, fu fertile come pomo in adar, primo miracolo. Poi venne una cugina, che era santa, a servirla e a sciogliere la lingua al sacerdote. Si chiamava Maria. Me la ricordo. Per quanto non la si vedesse che molto di rado. Come fu, non so. Si dice che, per far felice Elisa, Ella facesse posare la bocca muta di Zaccaria sul suo seno gravido, o che gli mettesse le sue dita in bocca. Non so bene. Certo è che, dopo nove mesi di silenzio, Zaccaria parlò lodando il Signore e dicendo che c’era il Messia. Non spiegò di più. Ma mia moglie assicura, lei c’era quel giorno, che Zaccaria disse, lodando il Signore, che suo figlio gli sarebbe andato avanti. Ora io dico: non è come la gente crede. Giovanni è il Messia e va avanti al Signore, come Abramo a Dio, ecco. Non ho ragione?».
   «Hai ragione per quanto riguarda lo spirito del Battista, che sempre procede davanti a Dio. Ma non hai ragione riguardo al Messia».
   «Allora quella, che si diceva Madre del Figlio di Dio — lo disse Samuele — non era vero che lo era? Non c’è ancora?».
   «Lo era. Il Messia è nato, preceduto da colui che nel deserto alzò la sua voce, come disse il profeta[161]».
   «Sei Tu il primo che lo assicuri. Giovanni, l’ultima volta che Gioele gli portò una pelle di pecora, come tutti gli anni faceva al venir dell’inverno, per quanto interrogato sul Messia non disse: “C’è”. Quando lui lo dirà…».
   «Uomo, io sono stato discepolo di Giovanni e l’ho udito dire: “Ecco l’Agnello di Dio” indicando…», dice Giovanni.
   «No, no. L’Agnello è lui. Vero Agnello che da sé si è cresciuto, senza bisogno di madre e padre quasi. Appena figlio della Legge, si è isolato nelle spelonche dei monti che guardano il deserto e lì si è cresciuto, parlando con Dio. Elisa e Zaccaria sono morti, ed egli non è venuto. Padre e madre per lui era Dio. Non vi è santo più grande di lui. Domandate a tutta Ebron. Samuele lo diceva, ma devono aver avuto ragione i betlemmiti. Il santo di Dio è Giovanni».
   «Se un ti dicesse: “Il Messia sono Io”, che diresti tu?», chiede Gesù.
   «Lo chiamerei “bestemmiatore” e lo caccerei a colpi di pietra».
   «E se facesse un miracolo per provare il suo essere?».
   «Lo direi “indemoniato”. Il Messia verrà quando Giovanni si rivelerà nel suo vero essere. Lo stesso odio di Erode è la prova. Egli, l’astuto, sa che Giovanni è il Messia».
   «Non è nato a Betlemme».
   «Ma quando sarà liberato, dopo essersi annunciato da se stesso il suo prossimo avvento, si manifesterà a Betlemme. Anche Betlemme attende questo. Mentre… oh! vai, se hai fegato, a parlare ai betlemmiti di un altro Messia… e vedrai».
   «Avete una sinagoga?».
   «Sì. Dritto per duecento passi per questa via. Non puoi sbagliare. Vicino è l’arca dei resti violati».
   «Addio. E il Signore ti illumini».
   Se ne vanno. Girano sul davanti.

   77.6Sul portone è una donna giovane e sfacciatamente vestita. Bellissima. «Signore, vuoi entrare nella casa? Entra».
   Gesù la fissa, severo come un giudice, e non parla.
   Parla Giuda, in questo spalleggiato da tutti. «Rientra, spudorata! Non profanarci col tuo alito, cagna famelica».
   La donna ha un vivo rossore e china il capo. Fa per scomparire confusa, beffata da monelli e passanti.
   «Chi è tanto puro da dire: “Non ho mai desiderato il pomo offerto da Eva?”», dice Gesù severo e aggiunge: «Indicatemi costui ed Io lo saluterò “santo”. Nessuno? E allora se, non per ribrezzo ma per debolezza, vi sentite incapaci di avvicinare costei, ritiratevi. Non obbligo i deboli a lotte impari. Donna, vorrei entrare. Questa casa era di un mio parente. Mi è cara».
   «Entra, Signore, se non hai schifo di me».
   «Lascia aperta la porta. Che il mondo veda e non mormori…».
   Gesù passa serio, solenne. La donna lo inchina soggiogata e non osa muoversi. Ma i lazzi della folla la pungono a sangue. Fugge di corsa sino in fondo al giardino, mentre Gesù va sino ai piedi della scala, sogguarda per le porte socchiuse, ma non entra. Poi va dove era il sepolcro, e dove ora è una specie di tempietto pagano.
   «Le ossa dei giusti, anche se inaridite e disperse, gemono balsamo di purificazione e spargono semi di vita eterna. Pace ai morti vissuti nel bene! Pace ai puri che dormono nel Signore! Pace a coloro che soffersero, ma non vollero conoscere vizio! Pace ai veri grandi del mondo e del Cielo! Pace!».

   77.7La donna, costeggiando una siepe che la ripara, lo ha raggiunto. «Signore!».
   «Donna».
   «Il tuo nome, Signore».
   «Gesù».
   «Non l’ho mai udito. Sono romana, mima e ballerina. Non sono esperta che in lascivie. Che vuol dire quel Nome? Il mio è Aglae e… e vuol dire: vizio».
   «Il mio vuol dire: Salvatore».
   «Come salvi? Chi?».
   «Chi ha buona volontà di salvezza. Salvo insegnando ad esser puri, a volere il dolore ma l’onore, il bene ad ogni costo». Gesù parla senza acredine, ma senza neppure voltarsi verso la donna.
   «Io sono perduta…».
   «Io sono Colui che ricerca i perduti».
   «Io sono morta».
   «Io sono Colui che dà Vita».
   «Io sono sudiciume e menzogna».
   «Io sono Purezza e Verità».
   «Anche Bontà sei, Tu che non mi guardi, non mi tocchi e non mi calpesti. Pietà di me…».
   «Tu abbiti, per prima, pietà. Dell’anima tua».
   «Cosa è l’anima?».
   «È ciò che dell’uomo fa un dio e non un animale. Il vizio, il peccato l’uccide e, uccisa che sia, l’uomo torna animale repellente».
   «Ti potrò vedere ancora?».
   «Chi mi cerca mi trova».
   «Dove stai?».
   «Dove i cuori hanno bisogno di medico e medicina per tornare onesti».
   «Allora… non ti vedrò più… Io sto dove non si vuole medico, medicina e onestà».
   «Nulla ti impedisce di venire dove sono. Il mio Nome sarà gridato per le vie e verrà fino a te. Addio».
   «Addio, Signore. Lascia che ti chiami “Gesù”. Oh! non per famigliarità!… Perché entri un poco di salvezza in me. Sono Aglae, ricordati di me».
   «Sì. Addio».
   La donna resta nel fondo, Gesù esce severo. Guarda tutti. Vede perplessità nei discepoli, scherno negli ebroniti. Un servo chiude il portone.

   77.8Gesù va dritto per la via. Bussa alla sinagoga.
   Si affaccia un vecchietto astioso. Non dà neppure tempo a Gesù di parlare. «La sinagoga è interdetta, in questo luogo santo, per coloro che commerciano con le meretrici. Via!».
   Gesù si volta senza parlare e continua a camminare per la via. I suoi dietro. Finché sono fuori di Ebron. Allora parlano.
   «Però l’hai voluto, Maestro», dice Giuda. «Una meretrice!».
   «Giuda, in verità ti dico che ella ti supererà. E ora, tu che mi rimproveri, che mi dici sui giudei? Nei luoghi più santi della Giudea siamo stati beffati e cacciati… Ma così è. Viene il tempo che Samaria e i Gentili adoreranno il vero Dio, e il popolo del Signore sarà sporco di sangue e di un delitto… di un delitto rispetto al quale quello delle meretrici che vendono la loro carne e la loro anima sarà poca cosa. Non ho potuto pregare sulle ossa dei miei cugini e del giusto Samuele. Ma non importa. Riposate, ossa sante, giubilate o spiriti che abitavate in esse. La prima risurrezione è vicina. Poi verrà il giorno in cui sarete mostrati agli angeli come quelli dei servi del Signo­re».
   Gesù tace e tutto ha fine.

[160] Per causa mia, invece di Per mia colpa, è la differente trascrizione dattiloscritta, forse approvata da MV.
[161] come disse il profeta, cioè: Isaia 40, 3.