MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME I CAPITOLO 6



VI. Purificazione di Anna e offerta di Maria, che è la Fanciulla perfetta per il Regno dei Cieli

   28 agosto 1944.

   6.1Vedo Gioacchino ed Anna, insieme a Zaccaria e Elisabetta, uscire da una casa di Gerusalemme, certo di amici o parenti, e dirigersi al Tempio per la cerimonia della Purificazione.
Anna ha fra le braccia la Bambina, tutta avvolta nelle fasce e, anzi, tutta stretta in un ampio tessuto di lana leggera ma che deve essere morbida e calda. E con che cura e amore ella porti e sorvegli la sua creaturina, sollevando di tanto in tanto[18] il lembo del fine e caldo tessuto, per vedere se Maria respira bene, e poi raggiustandolo per ripararla dall’aria rigida di una giornata serena ma fredda di pieno inverno, non è da dire.
   Elisabetta ha degli involti fra le mani. Gioacchino trascina con una corda due grossi agnelli candidissimi, già più montoni che agnelli. Zaccaria non ha nulla. È tutto bello nella sua veste di lino, che un pesante mantello di lana, pure bianca, lascia intravedere. Uno Zaccaria molto più giovane di quello già visto per la nascita del Battista, nella piena virilità, come Elisabetta è una donna matura, ma ancora d’apparenza fresca, la quale, ogni volta che Anna guarda la Bambina, si piega in estasi sul visino dormente. Anche lei è tutta bella in una veste d’un azzurro tendente al viola scuro e nel velo che le copre il capo, scendendo poi sulle spalle e sul mantello, scuro più della veste.
   Ma Gioacchino ed Anna, poi, sono solenni nei loro abiti di festa. Contrariamente al solito, egli non ha la tunica marrone scuro. Ma una lunga veste di un rosso cupissimo, noi diremmo ora “rosso S. Giuseppe”, e le frange messe al suo manto sono nuovissime e belle. In capo ha lui pure una specie di velo rettangolare, cinto da un cerchio di cuoio. Tutta roba nuova e fine.
Anna, oh! non veste di scuro oggi! Ha una veste di un giallo tenuissimo, quasi color avorio vecchio, stretta alla vita, al collo e ai polsi da un cinturone che pare d’argento e oro. Il suo capo è velato da un velo leggerissimo e come damascato, pure trattenuto alla fronte da una lamina sottile ma preziosa. Al collo una collana di filigrana, e braccialetti ai polsi. Pare una regina, anche per la dignità con cui porta la veste e specie il mantello, di un giallo tenue bordato da una greca in ricamo molto bello, tinta su tinta.
   «Mi sembra vederti il giorno in cui fosti sposa. Ero poco più che fanciulla, allora, ma ricordo ancora quanto eri bella e felice», dice Elisabetta.
   «Ma ora lo sono di più… e ho voluto mettere la stessa veste per questo rito. L’avevo sempre tenuta per questo… e non speravo più metterla per questo».

   6.2«Il Signore ti ha molto amata…», dice con un sospiro Elisabetta.
   «È per questo che io gli dò la cosa più amata. Questo mio fiore».
   «Come farai a strappartelo dal seno quando sarà l’ora?».
   «Ricordando che non l’avevo e che Dio me lo dette. Sarò sempre più felice ora di allora. Quando la saprò nel Tempio mi dirò: “Prega presso il Tabernacolo, prega il Dio d’Israele anche per la sua mamma” e ne avrò pace. E più grande pace avrò nel dire: “Ella è tutta sua. Quando questi due vecchi felici che l’ebbero dal Cielo non saranno più, Egli, l’Eterno, le sarà Padre ancora”. Credi, io ne ho ferma convinzione, questa piccina non è nostra. Nulla io potevo più fare… Egli l’ha messa nel mio seno, dono divino per asciugare il mio pianto e confortare le nostre speranze e le nostre preghiere. Perciò è sua. Noi ne siamo i felici custodi… e di questo ne sia benedetto!».

   6.3Le mura del Tempio sono raggiunte.
   «Mentre andate alla porta di Nicanore, io vado ad avvertire il sacerdote. E poi verrò io pure», dice Zaccaria. E scompare dietro ad un arco che immette in un cortilone cinto da portici.
La comitiva continua ad inoltrare per le successive terrazze. Perché, non so se l’ho mai detto, il recinto del Tempio non è su terreno piano, ma sale, a scaglioni successivi, sempre più in alto. Ad ogni scaglione si accede mediante gradinate, ed in ogni scaglione sono cortili e portici e portali lavoratissimi, di marmo, bronzo e oro.
   Prima di raggiungere il posto prefisso, si fermano per liberare dagli involti le cose portate, ossia delle focacce, mi pare, larghe e basse e molto unte, della farina bianca, due colombi in una gabbiuzza di vimini e delle grosse monete d’argento, certe patacche così pesanti che per fortuna allora non c’erano tasche. Le avrebbero sfondate.
   Ecco la bella porta di Nicanore, tutta un lavoro di ricamo nel bronzo pesante laminato d’argento. Là è già Zaccaria, a fianco di un sacerdote tutto pomposo nella sua veste di lino.
Anna riceve l’aspersione di un’acqua, suppongo lustrale, e poi riceve l’ordine di avanzare verso l’ara del sacrificio. La Bambina non è più fra le sue braccia. L’ha presa Elisabetta, che resta al di qua della porta.
   nvece Gioacchino entra dietro la moglie, tirandosi dietro un disgraziato agnello belante. E io… faccio come per la purificazione di Maria: chiudo gli occhi per non vedere sgozzamenti di sorta.
Ora Anna è purificata.

   6.4Zaccaria dice piano qualche parola al collega, il quale annuisce sorridendo. E poi si accosta al gruppo ricomposto e, felicitandosi con la madre e il padre per la loro gioia e per la loro fedeltà alle promesse, riceve il secondo agnello e la farina e le focacce.
   «Questa figlia è dunque sacra al Signore? La benedizione di Lui sia con lei e con voi. Ecco Anna che giunge. Sarà una delle sue maestre. Anna di Fanuel, della tribù di Aser. Vieni, donna. Questa piccina è offerta al Tempio in ostia di lode. Tu le sarai maestra, e santa crescerà sotto di te».
La già tutta bianca Anna di Fanuel vezzeggia la Bambina, che si è svegliata e guarda coi suoi occhi innocenti e stupiti tutto quel bianco e quell’oro che il sole accende.
   La cerimonia deve essere compiuta. Non ho visto speciale rito per l’offerta di Maria. Forse bastava il dirlo al sacerdote, e soprattutto a Dio, presso il luogo sacro.

   6.5«Vorrei dare l’offerta al Tempio e andare là dove vidi la luce lo scorso anno».
   Vanno, accompagnati da Anna di Fanuel. Non entrano nel Tempio vero e proprio; si capisce che, essendo donne e trattandosi di una bambina, non vanno neppure là dove andò Maria per offrire il Figlio. Ma, da ben presso alla porta spalancata, guardano nell’interno semiscuro, da cui vengono dolci canti di fanciulle e brillano lumi preziosi che spandono una luce d’oro su due aiuole di testoline velate di bianco, due vere aiuole di gigli.
   «Fra tre anni anche tu sarai là, mio Giglio», promette Anna a Maria, che guarda come affascinata verso l’interno e sorride al canto lento.
   «Pare comprenda», dice Anna di Fanuel. «È una bella bambina! Mi sarà cara come fosse delle mie viscere. Te lo prometto, o madre. Se l’età mi concederà di esserlo».
   «Lo sarai, donna», dice Zaccaria. «Tu la riceverai fra le sacre fanciulle. Io pure vi sarò. Voglio esservi quel giorno per dirle di pregare per noi sin dal primo momento…» e guarda la moglie, che comprende e sospira.
   La cerimonia è finita e Anna di Fanuel si ritira, mentre gli altri escono dal Tempio parlando fra loro.
   Odo Gioacchino che dice: «Non due e i migliori, ma tutti li avrei dati i miei agnelli per questa gioia e per dar lode a Dio!».
Non vedo altro.

   
   6.6
Dice Gesù:
   «Salomone fa dire[19] alla Sapienza: “Chi è fanciullo venga a me”. E veramente dalla rocca, dalle mura della sua città, l’eterna Sapienza diceva all’eterna Fanciulla: “Vieni a Me”. Ardeva di averla. Più tardi, il Figlio della Fanciulla purissima dirà: “Lasciate venire a Me i bambini, poiché il Regno dei Cieli è loro e chi non diviene simile a loro non avrà parte nel mio Regno”. Le voci si rincorrono e, mentre la voce dal Cielo grida a Maria piccolina: “Vieni a Me”, la voce dell’Uomo dice, e pensa a sua Madre nel dirlo: “Venite a Me se sapete esser fanciulli”.
   Il modello ve lo do in mia Madre.
   Ecco la perfetta Fanciulla dal cuore di colomba semplice e puro, ecco Quella che anni e contatti di mondo non inselvatichiscono in una barbarie di spirito corrotto, tortuoso, bugiardo. Perché Ella non lo vuole. Venite a Me guardando Maria.

   6.7Tu che la vedi dimmi: il suo sguardo di infante è molto diverso da quello che le vedesti ai piedi della Croce, o nel giubilo della Pentecoste, o nell’ora che le palpebre scesero sul suo occhio di gazzella per l’ultimo sonno? No. Qui è lo sguardo incerto e stupito dell’infante, poi sarà quello stupito e verecondo dell’Annunciata, e poi quello beato della Madre di Betlemme, e poi quello adorante della mia prima sublime Discepola, poi quello straziato della Torturata del Golgota, poi il radioso sguardo della Risurrezione e Pentecoste, poi quello velato dall’estatico sonno dell’ultima visione. Ma, sia che si apra alle prime viste, sia che si chiuda stanco sull’ultima luce, dopo tanto aver visto di gaudio e di orrore, l’occhio è il sereno, puro, placido lembo di cielo che splende sempre uguale sotto la fronte di Maria. Ira, menzogna, superbia, lussuria, odio, curiosità, non lo sporcano mai delle loro nubi fumose.
   È l’occhio che guarda Dio con amore, sia che pianga o rida, e che per amore di Dio carezza e perdona e tutto sopporta, e dall’amore per il suo Dio è fatto inattaccabile agli assalti del Male, che tante volte si serve dell’occhio per penetrare nel cuore. L’occhio puro, riposante, benedicente che hanno i puri, i santi, gli innamorati di Dio.
   Io l’ho detto[20]: “Lume del tuo corpo è l’occhio. Se l’occhio è puro, tutto il tuo corpo sarà illuminato. Ma se l’occhio è torbido, tutta la tua persona sarà nelle tenebre”. I santi hanno avuto quest’occhio che è lume allo spirito e salvezza alla carne, perché come Maria non hanno che per tutta la vita guardato Dio. Anzi, più ancora, si sono ricordati di Dio.
   Ti spiegherò, piccola voce, cosa è il senso di questa mia parola».

[18] di tanto in tanto, invece di dentro per dentro, è correzione nostra. L’espressione dentro per dentro è ricorrente nell’opera. A volte, sulle copie dattiloscritte, MV la corregge in ogni tanto, o in di tanto in tanto, o in ogni poco. Sarà corretta così in tutta l’opera, da MV o da noi, senza essere più annotata, se non quando è corretta in una forma inconsueta, come in 166.6, 393.3 e 593.2.
[19] fa dire, in: Proverbi 9, 4; dirà, in 378.8.
[20] l’ho detto, in: Matteo 6, 22-23 (174.9); Luca 11, 34-35 (413.7).