MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME I CAPITOLO 11



XI. Maria confida il suo voto al Sommo Sacerdote

   3 settembre 1944.

   11.1
Che notte d’inferno! Pareva proprio che i demoni fossero a spasso sulla terra. Cannonate, tuoni, lampi, pericolo, paura, sofferenza per esser su un letto non mio, e in mezzo, come un fiore tutto bianco e soave fra vampe e triboli, la presenza di Maria, un poco più adulta che non nella visione di ieri, ma sempre giovinetta, con le sue trecce bionde sulle spalle, il suo abito bianco e il suo mite, raccolto sorriso, un sorriso interno, volto al mistero glorioso che Ella ha raccolto in cuore. Passo la notte confrontando il suo aspetto soave con la ferocia che è nel mondo e ripensando le sue parole di ieri mattina, canto di carità viva, con l’odio che si sbrana…
   Stamane ecco che, tornata nel silenzio della mia stanza, assisto a questa scena.

   11.2Maria è sempre nel Tempio. E ora esce, fra altre vergini, dal Tempio vero e proprio.
Deve esserci stata qualche cerimonia, perché odore di incensi si sparge per l’aria tutta rossa per un bel tramonto, che direi di autunno avanzato, perché un cielo già dolcemente stanco, come lo è in un ottobre sereno, si incurva sui giardini di Gerusalemme, nei quali il giallo ocra delle foglie prossime a cadere mette delle chiazze biondo-rosse fra il verde-argento degli ulivi.
   La schiera, anzi lo sciame candido delle vergini, traversa il cortile posteriore, sale la gradinata, varca un porticato, entra in un altro cortile meno splendido, quadrato e che non ha altre aperture fuor di quella da cui si accede in esso. Deve essere quello dedicato ad accogliere le piccole dimore delle vergini adibite al Tempio, perché ogni fanciulla si dirige alla sua cella come una colombella al suo nido, e pare proprio uno stormo di colombe che si separi dopo esser stato unito a raccolta. Molte, potrei dire tutte, parlano fra loro, prima di lasciarsi, a voce bassa ma giuliva. Maria tace. Soltanto, prima di separarsi dalle altre, le saluta con affetto e poi si dirige alla sua stanzetta, in un angolo, a destra.

   11.3La raggiunge una maestra, non vecchia come Anna di Fanuel, ma già anziana. «Maria. Il Sommo Sacerdote ti attende».
   Maria la guarda lievemente stupita, ma non fa domande. Risponde soltanto: «Mi affretto a lui».
Non so se l’ampia sala in cui entra sia della casa del Sacerdote o faccia parte delle dimore delle donne adibite al Tempio. So che è vasta e luminosa, ben messa, e che in essa, oltre al Sommo Sacerdote, tutto bello nelle sue vesti, vi è Zaccaria e Anna di Fanuel.
   Maria fa un profondo inchino sulla soglia e non avanza finché il Sommo Sacerdote non le dice: «Avanzati, Maria. Non temere». Maria rialza persona e viso e viene avanti lentamente, non per malavoglia, ma per un involontario che di solenne, che la fa parere più donna.
   Anna le sorride per incoraggiarla e Zaccaria la saluta con un: «La pace a te, cugina».
   Il Pontefice la osserva attentamente, e poi a Zaccaria: «È palese in Lei la stirpe di Davide e Aronne».
   «Figlia, io so la tua grazia e bontà. So che ogni giorno tu crescesti in scienza e grazia agli occhi di Dio e degli uomini. So che la voce di Dio mormora al tuo cuore le sue parole più dolci. So che sei il Fiore del Tempio di Dio e che un terzo cherubino è davanti alla Testimonianza da quando tu vi sei. E vorrei che il tuo profumo continuasse a salire con gli incensi ad ogni nuovo giorno. Ma la Legge dice altre parole. Tu non sei più una fanciulla ormai, ma una donna. Ed ogni donna deve esser sposa in Israele per portare il suo maschio al Signore. Tu seguirai l’ordine della Legge. Non temere, non arrossire. Ho presente la tua regalità. Già te ne tutela la Legge, che ordina che ad ogni uomo sia data la donna della sua stirpe. Ma, anche ciò non fosse, io lo farei, per non corrompere il tuo magnifico sangue. Non conosci alcuno della tua stirpe, o Maria, che possa esserti sposo?».
   Maria alza un viso tutto rosso di pudore e sul quale, a ciglio delle palpebre, splende un primo brillio di pianto, e con voce trepida risponde: «Nessuno».
   «Non può conoscere alcuno, poiché entrò qui nella puerizia, e la stirpe di Davide è troppo percossa e dispersa per permettere che i diversi rami si riuniscano come fronda a far chioma alla palma regale», dice Zaccaria.
   «Allora daremo a Dio la scelta».

   11.4Le lacrime fin lì rattenute sgorgano e cadono sino alla bocca tremante, e Maria getta uno sguardo supplice alla sua maestra.
   «Maria si è promessa al Signore per la sua gloria e la salvezza d’Israele. Non era che una bambina che compitava appena, e già si era legata da voto…», dice Anna in suo aiuto.
   «Il tuo pianto è per questo, allora? Non per resistenza alla Legge».
   «Per questo… non altro. Io ti ubbidisco, Sacerdote di Dio».
   «Questo conferma quanto sempre mi fu detto di te. Da quan­ti anni sei vergine?[34]».
   «Da sempre, io credo. Non ancora ero in questo Tempio e già al Signore m’ero data».
   «Ma non sei tu la piccola che venisti, or sono dodici inverni, a chiedermi d’entrare?».
   «Lo sono».
   «E come, allora, puoi dire che eri già di Dio allora?».
   «Se guardo indietro io mi ritrovo vergine… Non mi ricordo dell’ora in cui nacqui, né come cominciai ad amare la madre mia e a dire al padre: “O padre, io son la tua figlia”… Ma ricordo, né so quando ebbe inizio, d’aver dato a Dio il mio cuore. Forse lo fu col primo bacio che seppi dare, con la prima parola che seppi pronunciare, col primo passo che seppi fare… Sì, ecco. Io credo che il primo ricordo d’amore io lo trovo col mio primo passo sicuro… La mia casa… la mia casa aveva un giardino pieno di fiori… aveva un frutteto e dei campi… e una sorgente era là, in fondo, sottomonte, e sgorgava da una roccia incavata che faceva grotta… era piena di erbe lunghe e sottili, che piovevano come cascatelle verdi da ogni dove e pareva piangessero, perché le fogliettine leggere, le fronde che parevano un ricamo, avevano tutte una gocciolina d’acqua che cadendo suonava come un campanellino piccino piccino. E anche la sorgente cantava. E vi erano uccelli sugli ulivi e i meli che erano sulla costa sopra la sorgente, e colombe bianche venivano a lavarsi nello specchio limpido della fontana… Non mi ricordavo più tutto questo, perché avevo messo tutto il mio cuore in Dio e, fuorché il padre e la madre, amati in vita e in morte, ogni altra cosa della Terra si era dileguata dal mio cuore… Ma tu mi vi fai pensare, Sacerdote… Devo cercare quando mi detti a Dio… e le cose dei primi anni tornano… Io amavo quella grotta, perché più dolce del canto dell’acqua e degli uccelli vi udivo una Voce che mi diceva: “Vieni, mia diletta”. Io amavo quelle erbe diamantate di gocce sonore, perché in esse vedevo il segno del mio Signore e mi perdevo a dirmi: “Vedi come è grande il tuo Dio, anima mia? Colui che ha fatto i cedri del Libano per l’aquilone, ha fatto queste fogliette che piegano sotto il peso di un moscerino per la gioia del tuo occhio e per riparo al tuo piccolo piede”. Io amavo quel silenzio di cose pure: il vento lieve, l’acqua d’argento, la mondezza delle colombe… amavo quella pace che vegliava sulla grotticella, piovendo dai meli e dagli ulivi, ora tutti in fiore, ed ora tutti preziosi di frutti… E non so… mi pareva che la Voce dicesse, a me, proprio a me: “Vieni, tu, uliva speciosa; vieni, tu, dolce pomo; vieni, tu, fonte sigillata; vieni, tu, colomba mia”… Dolce l’amore del padre e della madre… dolce la loro voce che mi chiamava… ma questa! questa! Oh! nel terrestre Paradiso[35] penso che così l’udisse colei che fu colpevole, né so come poté preferire un sibilo a questa Voce d’amore, come poté appetire ad altra conoscenza che non fosse Iddio… Con le labbra che ancora sapevan di materno latte, ma col cuore ebbro del celeste miele, io ho detto allora: “Ecco, io vengo. Tua. Né altro signore avrà la mia carne fuor di Te, Signore, come altro amore non ha il mio spirito”… E nel dirlo mi pareva di ridire cose già dette e compire un rito già compiuto, né estraneo m’era lo Sposo prescelto, perché io ne conoscevo già l’ardore, e la mia vista si era formata alla sua luce e la mia capacità d’amare s’era compiuta fra le sue braccia. Quando?… Non so. Oltre la vita, direi, perché sento di averlo sempre avuto, e che Egli mi ha sempre avuta, e che io sono poiché Egli mi ha voluta per la gioia del suo Spirito e del mio…

   11.5Ora ubbidisco, Sacerdote. Ma dimmi tu come io devo agire… Non ho padre e madre. Sii tu la mia guida».
   «Dio ti darà lo sposo, e santo sarà poiché a Dio ti affidi. Tu gli dirai il tuo voto».
   «E accetterà?».
   «Lo spero. Prega, o figlia, che egli possa capire il tuo cuore. Vai, ora. Dio ti accompagni sempre».
Maria si ritira con Anna. E Zaccaria resta col Pontefice.
La visione cessa così.

[34] sei vergine è detto nel senso di: ti sei consacrata vergine, ti sei legata da voto alla verginità, come in 12.7; così come l’affermazione mi farò vergine (in 7.4) significa resterò vergine per mia volontà. La verginità di Maria Ss. viene particolarmente ribadita e celebrata in: 5.7/15 - 35.10/11 - 100.12 - 136.6.
[35] nel terrestre Paradiso, invece di in Paradiso, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.