MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

A A A

VOLUME X CAPITOLO 644



DCXLIV. Istituzione della "domenica". Graduale conversione di Gamaliele. Le due sindoni.

   5 ottobre 1951.

   644.1È notte. La luna, al suo colmo, illumina della sua luce argentea tutto il Getsemani e la casetta di Maria e Giovanni. Tutto tace. Anche il Cedron, ridotto ad un filo d’acqua, non dà rumore.
   Ad un tratto un fruscio di sandali si fa sentire nel gran silenzio e si fa sempre più distinto e vicino, e con esso un bisbigliare di alcune voci maschili e profonde. Poi ecco tre persone uscire dall’intrico delle piante e dirigersi verso la casetta. Bussano alla porta chiusa.
   Un lume si accende e una piccola luce tremula filtra da una fessura dell’uscio. Una mano apre, una testa si sporge, una voce, quella di Giovanni, chiede: «Chi siete?».
   «Giuseppe d’Arimatea. E con me sono Nicodemo e Lazzaro. L’ora è indiscreta. Ma la prudenza ce la impone. Portiamo a Maria una cosa, e Lazzaro ci scorta».
   «Entrate. Vado a chiamarla. Non dorme. Prega lassù, nella sua stanzetta, sulla terrazza. Le piace tanto!», dice Giovanni e sale lesto per la scaletta che conduce alla terrazza e alla stanza.
   I tre, rimasti nella cucina, parlano piano, tra loro, alla tenue luce della lucerna, stando raggruppati presso la tavola, ancor tutti ammantellati, meno che nel capo che si sono scoperto.

   644.2Giovanni rientra insieme a Maria, che saluta i tre dicendo: «La pace a voi tutti».
   «E a te, Maria», le rispondono i tre inchinandosi.
   «Vi è qualche pericolo? È accaduto qualcosa ai servi di Gesù?».
   «Nulla, Donna. Siamo noi che abbiamo deciso di venire per donarti una cosa che — ora lo sappiamo con certezza, ma già lo presentivamo — che tu desideravi di avere. Non venimmo prima perché c’era contrasto d’idee tra di noi, e anche tra noi e Maria di Lazzaro. Marta non si è pronunciata in merito. Ha solo detto: “Il Signore, o direttamente, o ispirando altri a parlare, vi dirà cosa fare”. E in verità ci è stato detto cosa fare. E siamo venuti per questo», spiega Giuseppe.
   «Vi parlò il Signore? Venne a voi?».
   «No, Madre. Non più, dopo la sua ascesa al Cielo. Prima sì. Ci apparì, te lo dicemmo, in modo soprannaturale, dopo la Risurrezione, nella mia casa. In quel dì comparve a molti, contemporaneamente, per testimoniare la sua Divinità e Risurrezione. Poi ancora lo vedemmo finché fu fra gli uomini, ma non più in modo soprannaturale, così come lo videro apostoli e discepoli», le risponde Nicodemo.
   «E allora? Come vi indicò la via da seguire?».
   «Per bocca di uno tra i suoi prediletti e successori».
   «Pietro? Non credo. È ancora troppo spaventato, e del passato e della sua nuova missione».
   «No, Maria, non Pietro.

   644.3Il quale, però, in verità si fa sempre più sicuro e, ora che sa a quale scopo Lazzaro ha adibito la casa del Cenacolo, ha deciso di iniziare le regolari agapi e celebrare i regolari misteri il dì dopo ogni sabato. Perché dice che ora il giorno del Signore è quello, essendo Egli in quel dì risuscitato e apparso a molti, per confermarli nella fede sulla sua natura eterna di Dio. Non c’è più il sabato, quale tale per gli ebrei, forse tale da Shabahôt[147]. Non c’è più il sabato, perché per i cristiani non c’è più la sinagoga, ma la Chiesa, così come avevano predetto i profeti. Ma c’è ancora, e sempre ci sarà, il giorno del Signore, in memoria dell’Uomo-Dio, del Maestro, Fondatore, Pontefice eterno, dopo esser stato Redentore, della Chiesa cristiana. Dal dì dopo il prossimo sabato si avranno dunque le agapi tra i cristiani, e saranno tanti, nella casa del Cenacolo. Cosa non possibile prima, e per il livore dei farisei, sacerdoti, sadducei e scribi, e per la momentanea dispersione di molti seguaci di Gesù, scossi nella fede in Lui e paurosi dell’odio giudeo. Ma ormai gli odiatori, e per paura di Roma, che ha censurato il comportamento del Proconsole e della folla, e perché credono finita “ l’esaltazione dei fanatici”, come definiscono loro la fede dei cristiani in Cristo, per la momentanea dispersione dei fedeli, in verità durata ben poco, e ormai finita, perché tutte le pecore sono tornate all’Ovile del vero Pastore, sono meno attenti, direi che se ne disinteressano come di cosa morta, finita. E ciò permette che ci si riunisca, per le agapi.

   644.4Noi vogliamo che tu possa, anche per la prima di esse, aver questo ricordo di Lui da mostrare ai fedeli, onde confermarli nella fede, e senza che ciò ti addolori troppo».
   E Giuseppe le porge un voluminoso rotolo che, avvolto in un drappo rosso scuro, aveva sino a quel momento tenuto celato sotto il manto.
   «Cosa è?», domanda Maria impallidendo. «Le sue vesti, forse? Quella che io gli feci per… Oh!…», piange.
   «Quelle a nessun prezzo le trovammo più. Chissà come e dove sono finite!», risponde Lazzaro. E aggiunge: «Ma anche questa è una sua veste. L’estrema sua veste. È la sindone monda in cui fu avvolto il Purissimo dopo la tortura e la — per quanto affrettata e relativa — e la purificazione delle sue membra, insozzate dai suoi nemici, e l’imbalsamazione sommaria. Giuseppe, quando Egli risorse, le ritirò ambedue dal Sepolcro e le portò da noi, a Betania, per impedire spregi sacrileghi su di esse. In casa di Lazzaro non osano molto i nemici di Gesù. E men che mai da quando sanno come Roma censurò l’azione di Ponzio Pilato. Poi, passato il primo tempo, il più pericoloso, demmo a te la prima sindone, e Nicodemo prese l’altra e la portò nella sua casa di campagna».
   «Veramente, o Lazzaro, esse erano di Giuseppe», osserva Maria.
   «È vero, Donna. Ma la casa di Nicodemo è fuori dalla città. Quindi dà meno nell’occhio ed è più sicura, per molti motivi», le risponde Giuseppe.
   «Sì, specialmente da quando Gamaliele, insieme al figlio suo, la frequenta con assiduità», aggiunge Nicodemo.
   «Gamaliele!?», dice Maria con grande stupore.

   644.5Lazzaro non può trattenersi dal sorridere sarcasticamente, mentre le risponde: «Sì. Il segno, il famoso segno che egli attendeva per credere che Gesù era il Messia, lo ha scosso. Non si può negare che il segno fu tale da frantumare anche le teste ed i cuori più duri ad arrendersi. E Gamaliele, da quel segno potentissimo, fu scosso, scrollato, abbattuto più delle case che crollarono nel dì di Parasceve mentre pareva che il mondo perisse insieme alla Gran Vittima. Il rimorso lo ha lacerato più che non si sia lacerato il velo del Tempio, il rimorso di non aver mai capito Gesù per ciò che realmente era. Il sepolcro chiuso del suo spirito di vecchio, cocciuto ebreo, s’è aperto, come le tombe che lasciarono apparire i corpi dei giusti, ed egli ora cerca affannosamente verità, luce, perdono, vita. La nuova vita. Quella che solo per Gesù e in Gesù si può avere. Oh! Avrà ancora da lavorare molto per liberare totalmente il suo io antico dalle macie del suo passato modo di pensare! Ma ci arriverà. Egli cerca pace, perdono e conoscenza. Pace ai suoi rimorsi e perdono alle sue ostinazioni. E conoscenza completa di Colui che, quando poteva farlo, non volle conoscere completamente. E va da Nicodemo per giungere alla mèta che si è ormai prefisso di raggiungere».
   «Sei sicuro che non ti tradirà, Nicodemo?», chiede Maria.
   «No. Non mi tradirà. In fondo è un giusto. Ricorda che egli osò imporsi al Sinedrio, durante il processo infame, e che apertamente mostrò il suo sdegno e sprezzo agl’ingiusti giudici, andandosene e comandando al figlio di andarsene per non essere complice, neppure con una passiva presenza, a quel supremo delitto. Questo per Gamaliele.

   644.6Per le sindoni, poi, ho pensato, tanto non sono più ebreo e quindi non più soggetto al divieto[148] del Deuteronomio sulle sculture e opere di getto, di fare, così come so fare, una statua di Gesù crocifisso — userò uno dei miei giganteschi cedri del Libano — e di celarvi nell’interno una delle sindoni: la prima, se tu, Madre, ce la rendi. Ti farebbe sempre troppo male vederla, perché in essa sono visibili le immondezze con cui Israele sacrilegamente colpì il Figlio del suo Dio. Inoltre, certo per le scosse ricevute nella discesa dal Golgota, scosse che spostarono continuamente quel martoriato Corpo, l’immagine è così confusa che è difficile distinguerla. Ma a me quella tela, benché confusa nell’effigie e sozza, m’è sempre cara e sacra, perché su essa è sempre del sangue e del sudore di Lui. Celata in quella scultura sarà salva, perché nessun israelita delle alte caste mai oserà toccare una scultura. Ma l’altra, la seconda sindone, che fu su Lui dalla sera di Parasceve all’aurora della Risurrezione, deve venire a te. E — te ne avverto perché tu non ti abbia a commuovere troppo nel vederla — e sappi che più i giorni sono passati e più su di essa è apparsa nitidamente la figura di Lui, così come era dopo il lavacro. Quando la ritirammo dal Sepolcro pareva che semplicemente conservasse l’impronta delle sue membra coperte dagli oli e, ad essi mescolati, scoli di sangue e di siero dalle molte ferite. Ma, o per un processo naturale o, il che è molto più certo, per un volere soprannaturale, un miracolo di Lui per dare una gioia a te, più il tempo è passato e più l’impronta si è fatta precisa e chiara. Egli è là, su quella tela, bello, imponente, anche se ferito, sereno, pacifico, anche dopo tante torture. Hai cuore di vederlo?».
   «Oh! Nicodemo! Ma questo era il mio supremo desiderio! Tu lo dici d’aspetto pacificato… Oh! poterlo vedere così, non con quell’espressione torturata che è sul velo di Niche!», risponde Maria congiungendo le mani sul suo cuore.

   644.7Allora i quattro spostano la tavola per avere più spazio; poi, stando Lazzaro e Giovanni da un lato, Nicodemo e Giuseppe dall’altro, svolgono lentamente la lunga tela. Appare per prima la parte dorsale, iniziando dai piedi; poi, dopo la quasi congiunzione delle teste, quella frontale. Le linee sono ben chiare, e chiari i segni, tutti i segni, della flagellazione, coronazione di spine, sfregamento della croce, contusioni da colpi ricevuti e cadute fatte, e le ferite dei chiodi e della lancia.
   Maria cade in ginocchio, bacia il telo, carezza quelle impronte, bacia le ferite. È angosciata, ma anche visibilmente contenta di poter avere quella soprannaturale, miracolosa effigie di Lui.

   644.8Finita la sua venerazione, si volge e dice a Giovanni, che non può esserle vicino, obbligato come è a tenere un angolo del telo: «Sei stato tu che lo hai detto a loro, Giovanni. Solo tu hai potuto dirlo, perché solo tu sapevi questo mio desiderio».
   «Sì, Madre. Sono stato io. E non feci neppure in tempo a dir loro questo tuo desiderio che essi aderirono subito. Hanno però dovuto attendere il momento propizio per farlo…».
   «Ossia una notte chiarissima, per poter venire senza torce o lucerne, e un periodo senza solennità che adunino qui, in Gerusalemme e posti vicini, popolo e notabili. E ciò per prudenza…», spiega Nicodemo.
   «E io venni con loro per maggior sicurezza. Come padrone del Getsemani, mi era lecito venire a vedere il luogo senza che ciò desse nell’occhio a qualche… incaricato a vegliare su tutto e tutti», termina Lazzaro.
   «Dio vi benedica tutti. Però la spesa delle sindoni voi l’avete fatta… E non è giusto…».
   «È giusto, Madre. Io dal Cristo, tuo Figlio, ho avuto un dono che nessuna moneta concede: la vita resa dopo quattro dì di sepolcro e, prima, la conversione di mia sorella Maria. Giuseppe e Nicodemo hanno avuto da Gesù la Luce, la Verità, la Vita che non muore. E tu… tu, col tuo dolore di Madre e il tuo amore di Madre santissima per tutti gli uomini, hai comperato non un telo, ma tutto il mondo cristiano, che sarà sempre più grande, a Dio. Non vi è moneta che possa compensarti di quanto hai dato. Prendi questo, almeno. È tuo. È giusto che sia così. Anche Maria, mia sorella, la pensa così. Lo pensò sempre, dal momento che Egli risorse, e più ancora da quando Egli ti lasciò per ascendere al Padre», le risponde Lazzaro.
   «E così sia, allora.

   644.9Vado a prendere l’altra. M’è infatti tanto dolore vederla… Questa è diversa. Dà pace, questa! Perché Egli qui è sereno, in pace ormai. Pare che già senta, nel suo sonno mortale, la Vita che torna e la gloria che nessuno potrà mai più colpire e abbattere. Ora non desidero più nulla, fuorché il riunirmi a Lui. Ma ciò avverrà quando e nel modo che Dio ha predisposto. Vado. E Dio dia a voi il centuplo della gioia che mi avete data».
   Prende con riverenza la sindone, che i quattro hanno ripiegata, esce dalla cucina, sale svelta la scaletta… E presto la ridiscende e entra con la prima sindone, che consegna a Nicodemo, il quale le dice: «Dio ti dia grazia, Donna. Ora andiamo, ché l’alba è prossima, ed è bene essere a casa prima che la luce di essa sorga e la gente esca dalle case».
   I tre la venerano prima di uscire e poi, con rapido passo, rifacendo la strada presa nel venire, si dirigono verso uno dei cancelli del Getsemani, quello più prossimo alla via che porta a Betania.
   Maria e Giovanni stanno sull’uscio della casetta sinché li vedono sparire, poi rientrano nella cucina e chiudono la porta parlando piano tra loro.

[147] Shabahôt. Il manoscritto originale così prosegue, tra parentesi: avrò scritto bene? mi sono sforzata di dare la parola con le h aspirate come le ho sentite dire. Nota mia, ma da non mettere nel dattiloscritto.
[148] divieto, che è in: Esodo 20, 4; Levitico 19, 4; Deuteronomio 4, 15-18; 5, 8.