MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 101



CI. Gesù interroga la Madre in merito ai discepoli.

   Sera del 13 febbraio 1944. […].

   100.1 Ora vedo, due ore circa dopo la su descritta, la casa di Nazareth. Riconosco la stanzetta dell’addio[36], aperta sull’orticello dove ora le piante sono tutte coperte di fronde.
   Gesù è con Maria. Seduti l’uno presso l’altra sul sedile di pietra contro la casa. Sembra che la cena sia già avvenuta e che, mentre gli altri, se altri ve ne sono – io non vedo nessuno – si sono già ritirati, Madre e Figlio si beino a vicenda in una dolce conversazione.
   La voce interna mi dice che è quella una delle prime volte che Gesù torna a Nazareth dopo il battesimo, il digiuno del deserto e la costituzione del collegio apostolico soprattutto.
   Egli narra alla Madre le sue prime giornate di evangelizzazione, le prime conquiste di cuori.
   Maria pende dalle labbra del suo Gesù. È più magra, Maria, più pallida, come avesse sofferto in questo tempo. Sotto i suoi occhi si sono scavate due ombre, come quelle di chi molto piange e pensa. Ma ora è felice e sorride. Sorride accarezzando la mano del suo Gesù. È felice di averlo là, di stare cuore a cuore con Lui nel silenzio della sera che scende.
   Deve essere estate, perché già il fico ha i suoi primi frutti maturi che si stendono fin verso la casa, e Gesù ne coglie alcuni alzandosi in piedi, ed i più belli li dà alla Madre, sbucciandoli con cura e offrendoli in una corona di buccia rovesciata, come fossero boccioli bianchi striati di rosso, fra una corolla di petali candidi dentro, violacei di fuori. Li offre sulla palma della sua mano e sorride vedendo che la Mamma li gusta.

   101.2 Poi, a bruciapelo, le chiede: «Mamma, hai visto i discepoli?
   Che ne pensi?».
   Maria, che sta per portare alla bocca il terzo fico, alza il capo, sospende il gesto, trasale, guarda Gesù.
   «Che ne pensi, ora che te li ho mostrati tutti?», incalza Gesù.
   «Credo che ti amino e che potrai ottenere da loro molto.
   Giovanni… amalo Giovanni come Tu sai amare. È un angelo. Io sono in pace quando penso che è con Te. Anche Pietro… è buono. Più duro perché più vecchio, ma schietto e convinto. E suo fratello. Essi ti amano così come sono capaci, per ora. Poi ti ameranno di più. Anche i cugini nostri, ora che si sono convinti, ti saranno fedeli. Ma l’uomo di Keriot… quello non mi piace, Figlio. Il suo occhio non è limpido e il suo cuore meno ancora. Mi fa paura».
   «Con te è tutto rispetto».
   «Troppo rispetto. Anche con Te è tutto rispetto. Ma non è per Te Maestro; è per Te futuro Re, da cui spera utile e lustro. Era un nulla, appena un poco da più degli altri a Keriot. Spera di avere al tuo fianco un ruolo di importanza e… oh! Gesù, non voglio offendere la carità, ma penso, anche se pensare non lo voglio, che in caso che Tu lo deluda egli non esiterà a sostituirsi a Te, a cercare di farlo. È ambizioso, avido e vizioso. Più adatto ad essere cortigiano di un re terreno che un apostolo tuo, Figlio mio. Mi fa paura!». E la Mamma guarda il suo Gesù con due occhi sgomenti nel viso pallido.

   101.3 Gesù sospira. Pensa. Guarda sua Madre. Le sorride per rincuorarla: «Anche questo ci vuole, Mamma. Se non fosse lui, sarebbe un altro. Il mio Collegio deve rappresentare il mondo, e nel mondo non tutti sono angeli e non tutti sono della tempra di Pietro e Andrea. Se scegliessi tutte le perfezioni, come potrebbero le povere anime malate osare sperare di divenire mie discepole? Io sono venuto a salvare ciò che è perduto, Mamma. Giovanni è salvo di suo. Ma quanti non lo sono!».
   «Non ho paura di Levi. Egli si è redento perché si è voluto redimere. Ha lasciato il suo peccato insieme al suo banco di gabelliere e si è fatto un’anima nuova per venire con Te. Ma Giuda di Keriot no. Anzi l’orgoglio fa sempre più sua la sua vecchia anima brutta. Ma Tu le sai queste cose, Figlio. Perché me le chiedi? Io non posso che pregare e piangere per Te. Tu sei il Maestro. Anche della tua povera Mamma».
   La visione cessa qui.

[36] la stanzetta dell’addio, che è descritta in 44.1.