MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 103



CIII. Sul Libano dai pastori Beniamino e Daniele.

   10 febbraio 1945.

   103.1 Gesù cammina a fianco di Gionata lungo un argine verde e perciò ombroso. Dietro sono gli apostoli, che parlano fra di loro.

   Ma Pietro se ne stacca e viene avanti e, franco come sempre, chiede a Gionata: «Ma non era più svelta la via che va a Cesarea di Filippo? Abbiamo preso questa e… quando arriveremo? Tu con la padrona ci sei pure andato per quella!».
   «Con una malata ho osato tutto. Ma pensa che io sono di un cortigiano di Antipa, e Filippo, dopo quel lurido incesto, non vede molto bene i cortigiani di Erode… Non è per me, sai, che temo. Ma non voglio dare a voi, al Maestro particolarmente, delle noie e crearvi dei nemici. Nella Tetrarchia di Filippo occorre la Parola come in quella di Antipa… e se vi odiano, come potete? Al ritorno verrete da quella via, se credete meglio».
   «Lodo la tua prudenza, Gionata. Ma al ritorno conto passare verso le terre fenicie», dice Gesù.
   «Sono avvolte nelle tenebre dell’errore».
   «Mi affaccerò ai confini per ricordare loro che vi è una Luce».
   «Credi che Filippo si rifarebbe su un servo del torto fattogli dal fratello?», domanda Pietro a Gionata[38].
   «Sì, Pietro. L’uno equivale l’altro. Li dominano tutti gli istinti più bassi, e non fanno distinzione. Sembrano animali e non uomini, credilo».
   «Eppure noi, ossia Lui, parente di Giovanni, lo dovrebbe aver caro. Giovanni, in fondo, ha parlato anche in suo nome e favore, parlando in nome di Dio».
   «Non vi chiederebbe neppure da dove venite, né chi siete.
   Visti con me, se mi riconoscesse o gli fossi indicato da qualche nemico della casa d’Antipa come servo del suo Procuratore, sareste subito incarcerati. Se sapeste che fango dietro le vesti di porpora! Vendette, soprusi, delazioni, lussurie e furti sono l’impasto della loro anima. Anima?… Mah! diciamo così. Io credo non abbiano più anima. Lo vedete. A buon fine. Ma perché fu libero Giovanni? Per una vendetta fra due ufficiali della corte. Uno, per levare di mezzo l’altro, favorito tanto dall’Antipa da avere in custodia Giovanni, per una somma, di notte, aprì la carcere… io credo abbia stordito il rivale con un vino drogato, e al mattino di poi… il miserello perse la testa al posto del Battezzatore evaso. Uno schifo, te lo dico».
   «E il tuo padrone ci sta? Mi pare buono».
   «Lo è. Ma non può fare diversamente. Suo padre, e il padre di suo padre, furono della corte del Grande Erode, e il figlio lo dovette essere per forza. Non approva. Ma non può che limitarsi a tenere lontana la moglie da quella corte di vizio».
   «E non potrebbe dire: “Mi fai ribrezzo” e andarsene?».
   «Potrebbe. Ma, pur essendo buono tanto, non è ancora capace di tanto. Vorrebbe dire quasi certamente: morte. E chi vuole morire per onestà di spirito, portata al punto più alto?
   Un santo come il Battista. Ma noi, poveretti!».

   103.2 Gesù, che li ha lasciati parlare fra loro, interviene: «Fra non molto su ogni punto della Terra conosciuta saranno fitti come fiori su un prato d’aprile i santi contenti di morire per questa onestà alla Grazia e per amore a Dio!».
   «Davvero? Oh! mi piacerebbe salutare questi santi e dire loro: “Pregate per il povero Simone di Giona!”», dice Pietro.
   Gesù lo guarda fisso e sorridente.
   «Perché mi guardi così?».
   «Perché tu li vedrai come loro assistente e li vedrai quando ti assisteranno».
   «A che, Signore?».
   «A divenire la Pietra consacrata dal Sacrificio, su cui si celebrerà ed edificherà la mia Testimonianza».
   «Non ti capisco».
   «Capirai».
   Gli altri discepoli, che si erano accostati e che hanno udito, parlottano fra loro.
   Gesù si volge: «In verità vi dico che dell’uno o dell’altro supplizio tutti sarete provati. Per ora è quello della rinuncia agli agi, agli affetti, agli utili. Dopo sarà una sempre più vasta cosa, sino a quella eccelsa che vi cingerà di un diadema immortale. Siate fedeli. Ma voi tutti lo sarete. E questo avrete».
   «Ci uccideranno i giudei, il Sinedrio, forse, per amor nostro a Te?».
   «Gerusalemme lava le soglie del suo Tempio col sangue dei suoi Profeti e dei suoi Santi. Ma anche il mondo attende d’esser lavato… Templi e templi di dèi orrendi vi sono. Saranno in futuro templi del Dio vero, e la lebbra del paganesimo sarà mondata con l’acqua lustrale fatta del sangue dei martiri».
   «Oh! Dio altissimo! Signore! Maestro! Io non sono degno di tanto! Debole sono! Pauroso del male! Oh! Signore!… O rimanda il tuo inutile servo, o dammi Tu forza. Non vorrei farti sfigurare, Maestro, con la mia vigliaccheria». Pietro si è gettato ai piedi del Maestro e lo supplica proprio col cuore nella voce.
   «Alzati, mio Pietro. Non avere paura. Ancor molto hai da camminare… e verrà l’ora che non vorrai che compiere l’ultima fatica. E allora avrai tutto, dal Cielo e da te stesso. Io ti starò a guardare ammirato».
   «Tu lo dici… ed io lo credo. Ma sono un così povero uomo!».

   103.3 Si rimettono a camminare…
   … e dopo una bella interruzione riprendo a vedere quando già si è lasciata la pianura per inerpicarsi su un monte selvoso e sempre più alto. Non deve neppure essere lo stesso giorno, perché, mentre allora la mattina era già torrida, qui è appena una bella aurora che accende, su tutti gli steli, diamantini liquidi. Boschi e boschi di conifere sono stati superati e dominano dall’alto e, come duomi verdi, accolgono nei loro intercolomni i pellegrini instancabili.
   Veramente questo Libano è una catena stupenda. Non so se sia Libano tutto il complesso, o questo monte solo. So che vedo giogaie selvose ergersi in nodo alto ed aggrovigliato di creste e di balze, di valli e pianori lungo i quali scorrono, per poi rimbalzare a valle, dei torrenti che paiono nastri di argento lievemente verd’azzurro. Uccelli d’ogni genere empiono di canti e di voli i boschi di conifere, tutto un profumo di resine in quest’ora mattutina. Voltandosi verso valle, meglio, verso occidente, si vede lontano ridere il mare, ampio, quieto, solenne, e tutta la costa che si dilunga a nord, a sud, con le sue città, i suoi porti e i rari corsi d’acqua che sfociano in mare, facendo appena una virgola lucente sulla terra arida, colla loro poca acqua che il sole dell’estate asciuga, e una ditata giallastra nell’azzurro marino.
   «Sono belli questi posti», osserva Pietro.
   «Non c’è neppure tanto caldo», dice Simone.
   «Con questi alberi il sole fa poca noia…», aggiunge Matteo.

   103.4 «Li hanno presi qui i cedri del Tempio?», chiede Giovanni.
   «Qui. Sono questi boschi che dànno i legni più belli. Il padrone di Daniele e Beniamino ne ha moltissimi, oltre che ricche mandre. Li segano sul posto e poi li portano a valle per quelle canalature o a braccia. Lavoro difficile, quando i tronchi devono essere usati interi, come lo fu per il Tempio. Ma paga bene e molti lo servono. E poi è abbastanza buono. Non è come quel feroce Doras. Povero Giona!», risponde Gionata[39].
   «Ma come mai i suoi servi sono quasi schiavi? Mi ha detto Giona, a me che gli dicevo: “Ma piantalo in asso e vieni con noi. Un pane per te, Simone di Giona lo avrà sempre”; mi diceva: “Non posso se non mi riscatto”. Che storia è?», domanda Pietro.
   «Doras, e non lui solo in Israele, usa così: quando vede un servo buono, lo porta con sottile astuzia ad esser schiavo. Gli addebita somme non vere, che il poveretto non può pagare, e quando la somma è sufficiente dice: “Tu mi sei schiavo per debito”».
   «Oh! vergogna! Ed è fariseo!».
   «Sì. Giona, finché ebbe risparmi, ha potuto pagare… poi…
   Un anno fu la grandine, un altro la secca. Il grano e la vite dettero poco, e Doras moltiplicò il danno per dieci e dieci ancora… Poi Giona fu malato per troppo lavoro. E Doras gli prestò la somma per la cura, ma volle il dodici per uno, e poiché Giona non lo aveva aggiunse questo al resto. Breve: dopo qualche anno c’era un debito che lo rese schiavo. E non lo lascerà andare mai… Sempre troverà altre scuse ed altri debiti…». Gionata è triste pensando all’amico.
   «E il tuo padrone non poteva…».
   «Che? Farlo trattare da uomo? E chi si mette contro i farisei? Doras è uno dei più potenti; credo sia anche parente col Sommo Sacerdote… Almeno così si dice. Una volta, quando fu bastonato a morte ed io lo seppi, piansi tanto che Cusa mi disse: “Lo riscatto io per farti contento”. Ma Doras gli rise sul viso e non accettò nulla. Eh! quello lì… Ha i campi più ricchi d’Israele… ma, ti giuro, sono concimati dal sangue e dalle lacrime dei suoi servi».
   Gesù guarda lo Zelote e lo Zelote guarda Lui. Sono ambedue addolorati.
   «E questo, di Daniele, è buono?».
   «È umano, almeno. Vuole, ma non opprime. E, posto che i pastori sono onesti, li tratta con amore. Sono i capi del pascolo. Me, mi conosce e rispetta perché sono servo di Cusa e… potrei servire al suo utile… Ma perché, Signore, l’uomo è così egoista?».
   «Perché l’amore fu strozzato nel Paradiso terrestre. Ma Io vengo ad allentare il laccio ed a rimettere vita all’amore».

   103.5 «Eccoci nei possessi di Eliseo. I pascoli sono ancora lontani. Ma in quest’ora le pecore sono quasi sempre negli ovili per il sole. Vado a vedere se ci sono». E Gionata parte quasi di corsa.
   Torna dopo qualche tempo con due brizzolati e robusti mandriani, che veramente si precipitano giù per la china per venire da Gesù.
   «La pace a voi».
   «Oh! Oh! Il nostro Bambino di Betlemme!», dice uno; e l’altro: «Pace di Dio, venuta a noi, che Tu sia benedetta». Gli uomini sono proni nell’erba. Non è così profondo il saluto ad un altare quanto questo al Maestro.
   «Alzatevi. Vi rendo la benedizione e felice sono di farlo, perché essa viene con gioia su chi ne è degno».
   «Oh! degni noi!».
   «Sì, voi, sempre fedeli».
   «E chi non lo sarebbe stato? Chi può cancellare quell’ora?
   Chi dire: “Non è vero ciò che vedemmo”? Chi dimenticare che Tu ci hai sorriso per dei mesi, quando, tornando fra le pecore a sera, noi ti chiamavamo e Tu battevi le manine al suono dei nostri zufoli?… Te lo ricordi, Daniele? Quasi sempre vestito di bianco nelle braccia della Madre, Tu ci apparivi fra raggi di sole sul prato di Anna o dalla finestra, e parevi un fiore posato sulla neve della veste materna».
   «E quella volta che sei venuto, facendo i primi passi, ad accarezzare un agnellino meno riccio di Te? Come eri felice! E noi non sapevamo che fare delle nostre rustiche persone. Avremmo voluto esser degli angeli per apparirti meno rozzi…».
   «Oh! amici miei! Io vedevo il vostro cuore, e quello vedo anche ora».
   «E ci sorridi come allora!».
   «E sei venuto fin qui, dai poveri pastori!».
   «Dai miei amici. Ora sono contento. Vi ho tutti ritrovati e più non vi perderò. Potete ospitare il Figlio dell’uomo e i suoi amici?».
   «Oh! Signore! Ma lo chiedi? Non ci manca pane e latte. Ma avessimo un solo boccone te lo daremmo, pur di tenerti con noi. Vero, Beniamino?».
   «Il cuore ti daremmo per cibo, nostro desiderato Signore!».
   «Andiamo, allora. Parleremo di Dio…».
   «E dei tuoi parenti, Signore. Giuseppe, tanto buono! Maria… oh! la Madre! Ecco, voi guardate questo narciso rugiadoso. È bello e puro nella sua testa che pare una stella diamantata. Ma Lei… oh! questo è sozzura rispetto alla Madre! Un suo sorriso era purificazione, l’incontrarla una festa, l’udirla santificarsi. Te le ricordi quelle parole anche tu, Beniamino».
   «Sì. Te le posso ridire, Signore. Perché quanto Ella ci disse, nei mesi che la potemmo udire, è scritto qui (e si batte il petto).
   È la pagina della nostra sapienza. E questa la comprendiamo anche noi, perché è parola di amore. E l’amore… oh! l’amore è inteso da tutti! Vieni, Signore, entra e benedici questa dimora felice».
   Entrano in una stanza presso il vasto ovile e tutto ha fine.

[38] domanda Pietro a Gionata è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta.
[39] risponde Gionata e il successivo domanda Pietro sono due aggiunte di MV su una copia dattiloscritta.