MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 107



CVII. Gesù e la Madre da Giovanna di Cusa.

   13 febbraio 1945.

   107.1 Vedo Gesù andare verso la casa di Giovanna di Cusa. Quando il servo portinaio vede Chi è colui che giunge, ha un tal grido di festa che tutta la casa è a rumore. Gesù entra sorridente, benedicendo.
   Giovanna accorre dal giardino tutto in fiore per precipitarsi a baciare i piedi del Maestro. E viene anche Cusa, che si inchina profondamente prima, e poi bacia l’orlo della veste di Gesù.
   Cusa è un bell’uomo sui quarant’anni. Non molto alto, ma ben costrutto, capelli neri che appena alle tempie hanno qualche filo d’argento, occhi vivi e scuri, colorito pallido e una barba quadrata, nera, ben curata.
   Giovanna è più alta del marito. Della passata infermità non conserva che una accentuata snellezza, che però è già meno scheletrica di allora. Pare una palma sottile e flessuosa terminante nella bella testolina dai profondi occhi neri e dolcissimi. Ha una massa di capelli corvini graziosamente pettinati. La fronte liscia e alta pare ancora più bianca sotto quel nero schietto, e la piccola bocca, ben disegnata, spicca col suo rosso sano fra le guance di un pallore delicato, come lo hanno i petali di certe camelie. È una bellissima donna… ed è quella che dà la borsa a Longino, sul Calvario. Allora è piangente, stravolta e tutta velata. Qui sorride ed è a capo scoperto. Ma è lei.
   «A che devo la gioia di averti mio ospite?», chiede Cusa.
   «Al mio bisogno di una sosta in attesa di mia Madre. Vengo da Nazaret… e devo far venire con Me la Madre mia per qualche tempo. Andrò a Cafarnao con Lei».
   «Perché non da me? Io non ne sono degna, ma…», dice Giovanna.
   «Tu ne sei ben degna. Ma mia Madre ha seco la cognata, vedova da pochi giorni».
   «Grande è la casa per ospitare più d’uno. E Tu mi hai dato tanta gioia che non t’è precluso nessun punto di essa. Ordina, Signore, Tu che hai allontanato la morte da questa dimora e le hai reso la mia rosa fiorita e fiorente», dice Cusa in appoggio alla moglie, che deve molto amare. Lo capisco da come la guarda.
   «Non ordino. Ma accetto. Mia Madre è stanca e ha molto sofferto in questi ultimi tempi. Teme per Me, ed Io le voglio mostrare che vi è chi mi ama».
   «Oh! portala qui, allora! Io l’amerò come figlia e ancella», esclama Giovanna.
   Gesù acconsente.
   Cusa esce a dare subito ordini in merito e, mentre la visione si sdoppia lasciando Gesù nello splendido giardino di Cusa, intento a parlare con Cusa e la moglie,

   107.2 io seguo e vedo l’arrivo del carro comodo e veloce con cui Gionata è andato a rilevare Maria a Nazaret.
   Naturalmente la città si mette in subbuglio per il fatto. E quando Maria e la cognata, ossequiate come due regine da Gionata, salgono sul carro, dopo avere affidato ad Alfeo di Sara le chiavi di casa, il subbuglio cresce. Il carro parte, mentre Alfeo si vendica dell’atto villano fatto a Gesù nella sinagoga, dicendo: «I samaritani sono meglio di noi! Vedete un di Erode come venera la Madre di Lui?… E noi! Mi vergogno d’essere nazareno».
   Vi è un vero tumulto fra i due partiti. Vi è chi defeziona dal partito avverso per venire verso Alfeo e chiedere mille cose.
   «Ma certo!», risponde Alfeo. «Ospiti della casa del Procuratore. Avete sentito che ha detto il suo intendente: “Il mio padrone ti supplica di onorare la sua casa”. Onorare, capite? Ed è il ricco e potente Cusa, e la moglie è una principessa regale. Onorare! E noi, ossia voi, l’avete preso a sassate. Vergogna!».
   I nazareni non ribattono e Alfeo prende più vigore. «Già, avendo Lui, si ha tutto! E non serve appoggio d’uomo. Ma vi pare inutile avere ad amico Cusa? Vi pare propizio che egli ci disprezzi? È il Procuratore del Tetrarca, sapete? Dite niente! Fate, fate i samaritani col Cristo! Vi attirerete l’odio dei grandi. E allora… oh! allora vi voglio vedere! Senza aiuti dal Cielo e senza aiuti dalla Terra! Stolti! Cattivi! Miscredenti!».
   La grandine degli improperi e dei rimproveri continua, mentre i nazareni se ne vanno mogi come cani frustati. Alfeo resta solo come un arcangelo vindice sull’uscio di casa di Maria.

   107.3 …È tarda sera quando per la splendida via lungo lago giunge, al trotto dei robusti cavalli, il carro di Gionata. I servi di Cusa, già di sentinella alla porta, danno il segnale ed accorrono con lampade, aumentando il chiarore che sparge la luna.
   Giovanna e Cusa accorrono. Anche Gesù appare sorridente, e dietro è il gruppo apostolico. Quando Maria scende, Giovanna si prostra fino a terra e saluta: «Lode al Fiore della stirpe regale. Lode e benedizione alla Madre del Verbo Salvatore»; e Cusa fa un inchino che più profondo non lo può fare neppure davanti ad Erode, e dice: «Sia benedetta quest’ora che a me ti conduce. Benedetta tu, Madre di Gesù».
   Maria risponde soave ed umile: «Benedetto il nostro Salvatore e benedetti i buoni che amano il Figlio mio».
   Entrano tutti in casa, accolti dai più vivi segni di ossequio. Giovanna tiene per mano Maria e le sorride dicendo: «Mi permetterai che io ti serva, non è vero?».
   «Non me. Lui, sempre Lui servi ed ama. E mi avrai già dato tutto. Il mondo non l’ama… È il mio dolore».
   «So. Perché questo disamore di una parte del mondo, mentre altri per Lui darebbero la vita?».
   «Perché Egli è il segno di contraddizione per molti. Perché Egli è il fuoco che depura il metallo. L’oro si monda. Le scorie cadono al fondo e sono gettate via. Mi fu detto fin da quando era piccino… E giorno per giorno la profezia si compie…».
   «Non piangere, Maria. Noi l’ameremo e lo difenderemo», conforta Giovanna.
   Ma Maria continua il suo pianto silenzioso, che solo Giovanna vede, nell’angolo semioscuro dove sono sedute.
   Tutto ha fine.