MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 113



CXIII. Ritorno a Betania dopo la festa dei Tabernacoli.

   20 febbraio 1945.

   113.1 Non so come farò a scrivere tanto, perché sento che Gesù si vuole presentare col suo Evangelo vissuto ed io ho sofferto tutta la notte per ricordare la visione seguente, della quale ho scarabocchiato le parole udite, come potevo, per non dimenticarle.
   […].

   113.2 Ora poi, e sono le 11, vedo questo.
   Gesù è di nuovo da Lazzaro. Da ciò che odo, comprendo che i Tabernacoli sono già avvenuti e che Gesù è tornato a Betania per l’insistenza dell’amico, che non vorrebbe mai essere separato da Gesù. Comprendo anche che Gesù è da Lazzaro col solo Simone e Giovanni, mentre gli altri sono sparsi nella zona. E comprendo infine che vi fu come un ritrovo di amici, ancora fedeli a Lazzaro, da lui convitati per fare loro conoscere Gesù.
   Tutto questo comprendo perché Lazzaro illustra ancora meglio le caratteristiche morali di ognuno.

   113.3 Parla così di Giuseppe d’Arimatea, definendolo «uomo giusto e vero israelita». Dice: «Non osa dirlo, perché teme il Sinedrio di cui fa parte e che già ti odia. Ma spera in Te il Predetto dai profeti. Di suo mi ha chiesto di venire per conoscerti e giudicarti di suo, non parendogli giusto quello che di Te dicevano i tuoi nemici… Fino dalla Galilea sono venuti dei farisei ad accusarti di peccato. Ma Giuseppe ha giudicato così: “Chi opera miracolo ha seco Dio. Chi ha Dio non può essere in peccato. Ma anzi non può essere altro che un che Dio ama”. E ti vorrebbe ad Arimatea, nella sua casa. Mi ha detto di dirtelo. Ed io te ne prego, ascolta il mio e il suo pregare».
   «Sono venuto per i poveri ed i sofferenti d’anima e corpo, più che per i potenti che vedono in Me solo un oggetto d’interesse. Ma andrò da Giuseppe. Non è partito preso in Me contro i potenti. Un mio discepolo – quello che per curiosità e per importanza, che da se stesso si arroga, da te è venuto senza mio ordine… ma è giovane e va compatito – può testimoniare il mio rispetto alle caste potenti che si autoproclamano “le tutrici della Legge” e…, fanno capire, le sostenitrici dell’Altissimo. Oh! che l’Eterno da Sé solo si sostiene. Nessun fra i dottori ha mai avuto quel rispetto che Io ebbi verso gli ufficiali del Tempio».
   «Lo so. E questo sanno molti e molti… Ma solo i migliori danno a questo atto il nome giusto. Gli altri… lo chiamano “ipocrisia”».
   «Ognuno dà ciò che in sé ha, Lazzaro».
   «È vero. Ma vai da Giuseppe. Ti vorrebbe per il prossimo sabato».
   «E vi andrò. Puoi farglielo sapere».

   113.4 «Anche Nicodemo è buono. Anzi… mi ha detto… Posso dirti una critica su un dei tuoi discepoli?».
   «Dilla. Se è giusto, giusto dirà; se ingiusto, criticherà una conversione, perché lo Spirito dà luce allo spirito dell’uomo se è uomo retto; e lo spirito dell’uomo guidato dallo Spirito di Dio ha sapienza soprumana e legge le verità dei cuori».
   «Mi ha detto: “Non critico la presenza degli ignoranti né dei pubblicani fra i discepoli del Cristo. Ma non giudico degno di esser fra i suoi colui che non so se sia seco Lui o contro Lui, pari a camaleonte che prende colore e aspetto da ciò che ha vicino”».
   «Costui è l’Iscariota. Lo so. Ma, credete tutti, giovinezza è vino che fermenta e poi depura. Nel fermentare gonfia e spuma e trabocca per ogni parte per esuberanza di vigore. Vento di primavera piega in tutti i sensi, e pare folle scapigliatore di fronde. Ma è quello che dobbiamo ringraziare per fecondatore di fiori. Giuda è vino e vento. Ma malvagio non è. Il suo modo scompiglia e turba, urta anche e fa soffrire. Ma non è tutto malvagio… è un puledro di sangue ardente».
   «Tu lo dici… Io non sono competente a giudicarlo.

   113.5 Di lui mi è rimasto l’amaro dell’avermi detto che Tu l’avevi vista…».
   «Ma quell’amaro si tempera di miele, ora, per la mia promessa…».
   «Sì. Ma io ricordo quel momento… La sofferenza non si dimentica anche se è cessata».
   «Lazzaro, Lazzaro! Ti turbi di troppe cose… e così meschine! Lascia scorrere i giorni: bolle di aria che sfumano e non tornano coi loro colori allegri o tristi. E guarda al Cielo. Quello non dilegua: è per i giusti».
   «Sì, Maestro e Amico. Non voglio giudicare l’essere Giuda con Te, né il tuo tenerlo teco. Pregherò che non ti nuoccia».
   Gesù sorride e tutto ha fine.