MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 141



CXLI. Andando verso Arimatea con i discepoli e con Giuseppe di Emmaus.

   19 aprile 1945.

   141.1 «Signore, che ne faremo di costui?», chiede Pietro a Gesù indicando l’uomo di nome Giuseppe, che li segue da quando hanno lasciato Emmaus e che ora sta ascoltando i due figli di Alfeo e Simone, che si occupano particolarmente di lui.
    «L’ho detto. Viene con noi fino in Galilea».
    «E poi?…».
    «E poi… resta con noi. Vedrai che così avviene».
    «Discepolo lui pure? Con quel fatto sul suo conto?».
    «Sei fariseo tu pure?».
    «Io no! Ma… mi pare che i farisei ci tengano d’occhio fin troppo…».
    «E se lo vedono con noi ci daranno delle noie. Tu vuoi dire questo. E allora, per la paura di essere disturbati, si dovrebbe lasciare un figlio di Abramo in balia della desolazione? No, Simon Pietro. È un’anima che si può perdere o si può salvare a seconda di come è curata la sua grande ferita».
    «Ma non siamo già noi i tuoi discepoli?…».
    Gesù guarda Pietro e sorride finemente. Poi dice: «Un giorno, molti mesi or sono, Io ti ho detto: “Molti altri ne verranno”. Il campo è vasto, vastissimo. I lavoratori saranno sempre insufficienti per la vastità di esso… anche perché molti faranno come Giona: moriranno nell’aspro lavoro. Ma voi sarete sempre i miei prediletti», termina Gesù attirandosi vicino il rannuvolato Pietro, che con questa promessa si rasserena.
    «Allora viene con noi?».
    «Sì. Finché si è ristorato il cuore. È avvelenato da tanto astio che ha dovuto assorbire. È intossicato».
    Anche Giacomo e Giovanni, insieme ad Andrea, raggiungono il Maestro e ascoltano.

   141.2 «Voi non potete valutare l’immenso male che l’uomo può fare all’uomo con una intransigenza ostile. Io vi prego di ricordarvi che il Maestro vostro fu sempre molto benigno coi malati spirituali. Voi credete che i miei più grandi miracoli e la mia principale virtù siano dati dalle guarigioni sui corpi. No, amici… Sì, venite qui anche voi che state avanti e voi che siete dietro di Me. La via è larga e possiamo camminare in gruppo».
    Tutti si stringono a Gesù che prosegue: «Le mie principali opere, quelle che più testimoniano della mia natura e della mia missione, quelle che sono guardate con gioia dal Padre mio, sono le guarigioni dei cuori, sia che siano guarigioni da un vizio o da più vizi capitali, sia che siano desolazioni che abbattono nella persuasione di essere colpiti da Dio e abbandonati da Dio.
    Un’anima che ha perduto questa certezza dell’aiuto di Dio, che è mai? È un vilucchio sottile che striscia nella polvere non potendo più afferrarsi all’idea che era la sua forza e la sua gioia. Vivere senza la speranza è un orrore. La vita è bella, nelle sue asprezze, solo perché riceve quest’onda di sole divino. Essa vita ha per fine quel sole. È tetro il giorno umano, molle di pianto, segnato di sangue? Sì. Ma dopo ci sarà il sole. Non più dolore, non più separazioni, non più asprezze, non più odii, non più miserie e solitudine nelle nebbie opprimenti. Ma luminosità e canto, ma serenità e pace, ma Dio. Dio: il Sole eterno! Guardate come è triste la Terra quando avviene un’eclissi. Se l’uomo si dovesse dire: “Il sole è morto” non gli parrebbe di vivere per sempre in un oscuro ipogeo murato, sepolto, morto prima d’esser morto? Ma l’uomo sa che oltre quell’astro che nasconde il sole e fa funebre il mondo c’è sempre il lieto sole di Dio. Così è il pensiero dell’unione con Dio durante una vita. Gli uomini feriscono, derubano, calunniano? Ma Dio medica, rende, giustifica. E a colma misura. Gli uomini dicono: “Dio ti ha respinto”? Ma l’anima sicura pensa, deve pensare: “Dio è giusto ed è buono. Vede le cause ed è benigno. E lo è ancor più di quanto il più benigno uomo lo sia. Lo è infinitamente. Perciò, no, che non mi respingerà se curvo il volto piangente sul suo seno e gli dico: ‘ Padre, Tu solo mi resti. Il figlio tuo è afflitto e abbattuto. Dàmmi la tua pace… ’ ”.

   141.3 Ora Io, il Mandato da Dio, raccolgo coloro che l’uomo ha turbato o che Satana ha travolto e li salvo. Ecco l’opera mia.
    Questa è veramente mia. Il miracolo sulle carni è potenza divina. La redenzione degli spiriti è l’opera di Gesù Cristo, il Salvatore e Redentore. Io penso, e non erro, che questi che hanno trovato in Me la loro riabilitazione agli occhi di Dio e agli occhi loro, saranno i miei discepoli fedeli, quelli che con maggiore forza potranno trascinare le turbe a Dio dicendo: “Voi peccatori? Io pure. Voi avviliti? Io pure. Voi disperati? Io pure. Eppure lo vedete? Della mia miseria spirituale il Messia ha avuto pietà e mi ha voluto suo sacerdote, perché Egli è la Misericordia e vuole che il mondo di ciò si persuada. E nessuno è più atto a persuadere di colui che in se stesso l’ha provata”.
    Ora Io, ai miei amici e ai miei adoratori da quando nacqui, a voi perciò e ai pastori, unisco questi. Anzi, li unisco ai pastori, ai guariti, a quelli che senza speciale elezione, come è la vostra di voi dodici, si sono messi nella mia via e la seguiranno fino alla morte. Presso Arimatea è Isacco, mi ha chiesto ciò Giuseppe amico nostro. Io prenderò con Me Isacco perché si unisca a Timoneo quando giungerà. Se tu crederai che in Me è pace e scopo di tutta una vita, potrai unirti a loro. Ti saranno fratelli buoni».

   141.4 «O mio Conforto! È proprio come Tu dici. Le mie grandi ferite, e di uomo e di credente, si medicano di ora in ora. Da tre giorni sono con Te. E mi pare che quello che era il mio strazio di solo tre giorni or sono, sia un sogno che si allontana. L’ho fatto. Ma più il tempo scorre e più esso svanisce, nei suoi taglienti contorni, davanti alla tua realtà. In queste notti ho molto pensato. A Joppe ho un buon parente. Egli è stato… causa involontaria del mio male perché per lui ho conosciuto quella donna. E questo ti dica se potevamo sapere di chi era figlia… Di lei, della prima moglie di mio padre, sì, lo sarà stata. Ma non del padre mio. Portava altro nome, veniva da lontano. Conobbe il parente per scambio di merci. E io la conobbi così. Il parente ha molta gola per i miei commerci. Io glieli offrirò. Perirebbero lasciandoli senza padrone. Egli li acquisterà senza dubbio, anche per non sentire tutto il rimorso di avere causato il mio male. Ed io potrò bastarmi e seguirti tranquillo. Ti chiedo solo di concedermi questo Isacco che Tu nomini. Ho paura di essere solo coi miei pensieri. Troppo tristi ancora…».
    «Ti darò Isacco. È un animo buono. Il dolore lo ha perfezionato. Per trent’anni portò la sua croce. Sa cosa è il soffrire…
    Noi andremo avanti, intanto. E ci raggiungerete a Nazaret».
    «Non ci fermiamo da Giuseppe, nella sua casa?».
    «Giuseppe è a Gerusalemme probabilmente… Il Sinedrio ha molto da fare. Ma lo sapremo da Isacco. Se c’è gli porteremo la nostra pace. Se non c’è sosteremo solo per riposare una notte. Ho fretta di giungere in Galilea. Vi è una Madre che soffre. Perché, ricordatevelo, vi è chi si fa premura di affliggerla. Io la voglio rassicurare».

 
FINE DEL PRIMO ANNO DI VITA PUBBLICA DI GESU'