MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 142



CXLII. Con i Dodici verso la Samaria.

      SECONDO ANNO DELLA VITA PUBBLICA DI GESU'

   21 aprile 1945.

   142.1 Gesù è coi suoi dodici. Il luogo è sempre montuoso, ma, essendo sufficientemente comoda la via, stanno tutti in gruppo e parlano fra loro.
    «Però, ora che siamo soli, lo possiamo dire: perché tanta gelosia fra due gruppi?», dice Filippo.
    «Gelosia? Ma non è che superbia!», ribatte Giuda d’Alfeo.
    «No. Io dico che è solo un pretesto per giustificare, in qualche modo, la loro ingiusta condotta verso il Maestro. Sotto il velo di uno zelo verso il Battista si ottiene di allontanarlo senza disgustare troppo la folla», dice Simone.
    «Io li smaschererei».
    «Noi, Pietro, faremmo tante cose che Egli non fa».
    «Perché non le fa?».
    «Perché sa che è bene non farle. Noi non dobbiamo che seguirlo. Non ci spetta di guidarlo. E bisogna esserne felici. È un grande sollievo avere solo da ubbidire…».
    «Hai detto bene, Simone», dice Gesù che pareva andare avanti pensieroso. «Hai detto bene. Ubbidire è più facile di comandare. Non sembra. Ma è così. Certo ciò è facile quando lo spirito è buono. Come è difficile comandare quando lo spirito è retto. Perché se uno spirito non è retto dà comandi folli e più che folli. Allora è facile comandare. Ma… quanto diviene più difficile ubbidire! Quando uno ha la responsabilità di essere il primo di un luogo o di un’accolta di persone, deve avere sempre presenti carità e giustizia, prudenza e umiltà, temperanza e pazienza, fermezza e pure non cocciutaggine. Oh! è difficile!… Voi, per ora, non avete che da ubbidire. A Dio e al vostro Maestro.

   142.2 Tu, e non tu solo, ti chiedi perché Io faccio o non faccio delle cose, ti chiedi perché Dio permette o non permette tali cose. Vedi, Pietro, e voi tutti, amici miei. Uno dei segreti del perfetto fedele è nel non erigersi mai ad interrogatore di Dio. “Perché fai questo?”, chiede uno, poco formato, al suo Dio. E pare che si metta in veste di adulto saggio davanti ad uno scolaretto per dire: “Questo non va fatto. È una stoltezza. È uno sbaglio”. Chi da più di Dio?
    Ora voi vedete che sotto pretesto di uno zelo per Giovanni Io vengo cacciato. E ne avete scandalo. E vorreste che Io rettificassi l’errore prendendo atteggiamenti di polemica cogli assertori di questa ragione. No. Ciò non sarà mai. Avete udito il Battista per la bocca dei suoi discepoli: “Occorre che Egli cresca e io diminuisca”. Non rimpianto, non aggrappamento alla sua posizione. Il santo non si attacca a queste cose. Lavora non per il numero dei “propri” fedeli. Egli non ha fedeli propri. Ma lavora per aumentare i fedeli a Dio. Solo Dio ha diritto di avere dei fedeli. Perciò come Io non mi rammarico che, in buona o in mala fede, taluni rimangano discepoli del Battista, così egli non se ne affligge, lo avete udito, che discepoli suoi vengano a Me. Se ne astrae persino da queste piccinerie numeriche. Guarda al Cielo. E Io guardo al Cielo. Non state dunque a battagliare fra voi se sia giusto o non giusto che i giudei mi accusino di carpire discepoli al Battista, se sia giusto o non giusto che ciò si lasci dire. Queste sono liti di femmine ciarliere intorno ad una fontana. I santi si aiutano, si dànno e si scambiano gli spiriti con ilare facilità, sorridendo all’idea di lavorare per il Signore.

   142.3 Io ho battezzato – anzi, vi ho fatto battezzare – perché tanto è pesante lo spirito, ora, che occorre presentargli forme materiali di pietà, forme materiali di miracolo, forme materiali di scuole. Per causa di questa pesantezza spirituale dovrò ricorrere ad ausilio di sostanze materiali quando vorrò fare di voi degli operatori di miracolo. Ma credete che non starà nell’olio, come non è nell’acqua, come non è in altre cerimonie, la prova della santità. Sta per venire il tempo in cui una impalpabile cosa, invisibile, inconcepibile ai materialisti, sarà regina, la “ritornata” regina, potente e santa di ogni santa cosa e in ogni santa cosa. Per essa l’uomo tornerà il “figlio di Dio” e opererà ciò che Dio opera perché avrà Dio con sé.
    La Grazia. Ecco la ritornante regina. Allora il battesimo sarà sacramento. Allora l’uomo parlerà e comprenderà il linguaggio di Dio e darà vita e Vita, darà potere di scienza e di potenza, allora… oh! allora! Ma ancora immaturi siete per sapere ciò che vi concederà la Grazia. Ve ne prego, aiutate la sua venuta con la vostra continua opera di formazione di voi stessi e lasciate, lasciate le inutili cose dei meschini…

   142.4 Ecco là i confini della Samaria. Credete voi che farei bene a parlare in essi?».
    «Oh!». Sono tutti più o meno scandalizzati.
    «In verità vi dico che i samaritani[101] sono per ogni dove e, se Io non dovessi parlare là dove è un samaritano, non dovrei parlare più in alcun luogo. Venite dunque. Non cercherò di parlare. Ma non sdegnerò di parlare di Dio se me ne verrà chiesto. Un anno è finito. Il secondo comincia. È a cavaliere fra il principio e la fine. Al principio era ancora predominante il Maestro. Ora, ecco si svela il Salvatore. La fine avrà il volto del Redentore. Andiamo. Il fiume più cresce quanto più va alla foce. Io pure aumento l’opera di misericordia perché la foce si avvicina».
    «Andiamo verso qualche grande fiume dopo la Galilea? Al Nilo forse? All’Eufrate?», bisbigliano alcuni.
    «Forse andiamo fra i gentili…», altri rispondono.
    «Non parlate fra voi. Andiamo verso la “mia” foce. Ossia verso il compimento della mia missione. Statemi molto attenti, perché dopo Io vi lascerò e voi dovrete continuare in mio nome».

[101] i samaritani, abitanti della Samaria, erano considerati bastardi e pagani dai giudei per la loro discendenza impura e per il loro scisma, come nell’opera appare spesso ma soprattutto nei cinque capitoli seguenti. Il titolo di samaritani veniva a volte esteso ai romani in quanto pagani, come in 110.4, e per spregio era chiamato “samaritano” perfino Gesù (come in: 501.4 - 507.10 - 540.7 - 560.6 645.2). La storia dello scisma è in: 1 Re 12-13; 2 Re 17, 24-41; 2 Cronache 10; e radice dello scisma poteva ritenersi, come è detto in 245.3, il peccato d’idolatria di Salomone. La situazione ai tempi di Gesù nelle impressioni della scrittrice in 483.1 e nelle parole di un notabile samaritano in 484.2. La considerazione che Gesù aveva dei samaritani viene espressa soprattutto nella parabola di 281.10, nel mandato agli apostoli in 552.2 e nel colloquio con notabili giudei in 560.4/5.