MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 117



CXVII. Lazzaro mette a disposizione di Gesù una casetta nella piana dell’Acqua Speciosa.

   25 febbraio 1945.

   117.1 Gesù sale per il ripido sentiero che porta al pianoro su cui è costruita Betania. Non segue questa volta la via maestra, ha preso questa più ripida e più rapida, che viene in direzione da nord-ovest verso est e che è molto meno battuta forse perché tanto ripida. Solo i viaggiatori frettolosi se ne servono, quelli che hanno delle mandre e che preferiscono non metterle nell’andirivieni della via maestra, quelli che come Gesù, oggi, non vogliono farsi notare da molti. Egli sale avanti, parlando fitto fitto con lo Zelote. Dietro, in gruppo, sono i cugini con Giovanni e Andrea, poi un altro gruppo di Giacomo di Zebedeo con Matteo, Tommaso, Filippo, ultimi Bartolommeo con Pietro e l’Iscariota.
   Ma quando è raggiunto l’altipiano, su cui Betania ride al sole di una serena giornata di novembre, e dal quale, guardando verso oriente, si vede la valle del Giordano e la via che viene da Gerico, Gesù dà ordine a Giovanni di andare ad avvertire Lazzaro del suo arrivo. Mentre Giovanni se ne va a passo rapido, Gesù procede coi suoi lentamente, salutato per ogni dove da persone del luogo.

   117.2 La prima a venire dalla casa di Lazzaro è una donna che si prostra fino a terra dicendo: «Felice questo giorno per la casa della mia signora. Vieni, Maestro. Ecco Massimino e, già sul cancello, ecco Lazzaro».
   Anche Massimino accorre. Non so di preciso chi sia costui. Ho l’impressione che sia o un parente meno ricco e ospitato dai figli di Teofilo, oppure un intendente dei loro grandi averi, ma trattato da amico per il suo merito e per il lungo tempo di servizio nella casa. Forse è figlio di qualche intendente del padre, rimasto poi al posto dello stesso presso i figli di Teofilo. È di poco più anziano di Lazzaro, ossia sarà sui trentacinque anni, poco più.
   «Non speravamo averti così presto», dice.
   «Chiedo ricovero per una notte».
   «Fosse per sempre ci faresti felici».
   Sono sulla soglia e Lazzaro bacia e abbraccia Gesù e saluta i discepoli. Poi, tenendo un braccio intorno alla vita di Gesù, entra con Lui nel giardino e si isola dagli altri chiedendo subito: «A che devo la gioia di averti?».
   «All’odio dei sinedristi».
   «Ti hanno fatto del male? Ancora?».
   «No. Ma me lo vogliono fare. E non è l’ora. Finché non avrò arato tutta la Palestina e sparso il seme, non devo essere abbattuto».
   «Devi anche cogliere il tuo raccolto, Maestro buono. È giusto che così sia».
   «Il mio raccolto lo raccoglieranno i miei amici. Essi metteranno la falce dove Io ho seminato.

   117.3 Lazzaro, Io ho deciso di allontanarmi da Gerusalemme. So che non serve, lo so in anticipo. Ma servirà a potere evangelizzare, se non altro. A Sionne mi è negato anche questo».
   «Ti avevo mandato a dire da Nicodemo di andare in una delle mie proprietà. Nessuno osa violarle. Potresti fare il tuo ministero senza molestie. E, oh! casa mia! La più beata di tutte le mie case per essere santificata dal tuo insegnare, dal tuo respirare in essa! Dammi la gioia di esserti utile, Maestro mio».
   «Lo vedi che già sto dandotela. Ma a Gerusalemme non posso rimanere. Non sarei molestato Io, ma si farebbe molestia a coloro che venissero. Vado verso Efraim, fra questo luogo e il Giordano. Là evangelizzerò e battezzerò come il Battista».
   «Nelle campagne di quel luogo io ho una casetta. Ma è ricovero agli attrezzi dei lavoratori. Talora vi dormono quando vanno al tempo dei fieni o delle viti. È misera. Un semplice tetto su quattro muri. Ma è sempre nelle mie terre. E lo si sa… Il saperlo farà da spauracchio agli sciacalli. Accetta, Signore.
   Manderò i servi a prepararla…».
   «Non occorre. Se vi dormono i tuoi contadini basterà pure a noi».
   «Non metterò ricchezze, ma completerò il numero dei letti, oh! poveri come Tu vuoi, e farò portare coperte, sedili, anfore e coppe. Dovrete pure mangiare e coprirvi, specie in questi mesi d’inverno. Lasciami fare. Non farò neppure io.

   117.4 Ecco Marta che viene a noi. Ella ha il genio pratico e solerte di tutte le cure famigliari. È fatta per la casa e per essere il conforto dei corpi e degli spiriti che sono nella casa. Vieni, mia dolce e pura albergatrice! Lo vedi? Io pure mi sono rifugiato sotto la sua materna cura, nella sua parte di eredità. Non rimpiango mia madre troppo duramente, così. Marta, Gesù si ritira nella piana dell’Acqua Speciosa. Di specioso non c’è che il fertile suolo; la casa è un ovile. Ma Egli vuole una casa da poveri. Bisogna fornirla del minimo. Dài ordini, tu, tanto brava!», e Lazzaro bacia la mano bellissima della sorella, che si leva poi a carezzarlo con vero amore di madre.
   Poi Marta dice: «Vado subito. Porto con me Massimino e Marcella. Gli uomini del carro aiuteranno a sistemare. Benedicimi, Maestro, così porterò meco qualcosa di tuo».
   «Sì, mia dolce albergatrice. Ti chiamerò come Lazzaro. Ti do il mio cuore da portare con te, nel tuo».

   117.5 «Lo sai, Maestro, che oggi è per queste campagne Isacco con Elia e gli altri? Mi hanno chiesto pascolo giù nella piana, per essere un poco insieme, ed ho acconsentito. Oggi trasmigrano. Li attendo per il pasto».
   «Ne ho gioia. Darò a loro istruzioni…».
   «Sì. Per poterci tenere a contatto. Qualche volta verrai però…».
   «Verrò. Ne ho parlato già con Simone. E, poiché non è giusto che Io invada la tua casa con i discepoli, andrò in casa di Simone…».
   «No, Maestro. Perché questo dolore?».
   «Non indagare, Lazzaro. Io so che è bene».
   «Ma allora…».
   «Ma allora sarò sempre nei tuoi possessi. Ciò che anche Simone ignora Io lo so. Colui che volle acquistare, senza mostrarsi e senza discutere, pur di stare presso a Lazzaro di Betania, era il figlio di Teofilo, il fedele amico di Simone lo Zelote e il grande amico di Gesù di Nazaret. Colui che ha raddoppiato la somma per Giona e non ha inciso sull’avere di Simone per dare gioia allo stesso di potere molto fare per il Maestro povero e per i poveri del Maestro, è uno che ha nome Lazzaro. Colui che discreto e attento muove, dirige, aiuta tutte le forze buone per darmi aiuto e conforto e protezione, è Lazzaro di Betania.
   Io so».
   «Oh! non lo dire! Avevo creduto di fare così bene e in segreto!».
   «E per gli uomini c’è il segreto. Ma non per Me. Io leggo nel cuore.

   117.6 Vuoi che ti dica il perché la tua già naturale bontà si intinge di perfezione soprannaturale? È perché chiedi dono soprannaturale, chiedi la salvezza di un’anima e la santità tua e di Marta. E senti che non basta essere buoni secondo il mondo, ma occorre esser buoni secondo le leggi dello spirito per avere la grazia da Dio. Tu non hai udito le mie parole. Ma Io ho detto[60]: “Quando fate il bene fatelo in segreto, e il Padre ve ne darà grande ricompensa”. Tu lo hai fatto per naturale impulso all’umiltà. Ed in verità ti dico che il Padre prepara a te una ricompensa che tu neppure puoi immaginare».
   «La redenzione di Maria?!…».
   «Questa e più, più ancora».
   «Cosa allora, Maestro, di più impossibile di questo?».
   Gesù lo guarda e sorride. Poi dice col tono di un salmo: «Il Signore regna e con Lui i suoi santi.
   Dei suoi raggi intreccia corona e sul capo dei santi la posa. Onde in eterno essa splenda agli occhi di Dio e dell’universo.
   Di che metallo è contesta? Di quali pietre decorata? Oro, oro purissimo è il cerchio ottenuto col duplice fuoco dell’amore divino e dell’amore dell’uomo, lavorata a cesello dalla volontà che martella, lima, taglia e affina.
   Perle con grande dovizia e smeraldi più verdi dell’erba nata ad aprile, turchesi dal colore del cielo, opali dal color della luna, ametiste come viole pudiche, e diaspri e zaffiri e giacinti e topazi. Questi incastonati per tutta la vita. E poi un cerchio di rubini messi per ultimo lavoro, un gran cerchio sulla fronte gloriosa.
   Poiché il benedetto avrà avuto fede e speranza, avrà avuto mitezza e castità, temperanza e fortezza, giustizia e prudenza, misericordia senza misura, e in fondo avrà scritto col sangue il mio Nome e la fede in Me, il suo amore in lui per Me, e il suo nome in Cielo.
   Esultate, o giusti del Signore. L’uomo ignora e Dio vede. Egli scrive nei libri eterni le mie promesse e le vostre opere, e con esse i vostri nomi, prìncipi del secolo futuro, trionfatori eterni col Cristo del Signore».
   Lazzaro lo guarda stupito. Poi mormora: «Oh!… io… non sarò capace…».
   «Lo credi?», e Gesù coglie un ramo flessibile di salice spiovente sul sentiero e dice: «Guarda: come la mia mano piega facilmente questo ramo, così l’amore piegherà la tua anima e ne farà corona eterna. È l’amore il redentore individuale. Chi ama inizia la sua redenzione. Il completamento di essa lo compierà il Figlio dell’uomo».
   Tutto ha fine.

[60] ho detto, come se citasse il Vangelo (Matteo 6, 3-4) in un eterno presente, perché nel tempo lo dirà in 173.4.