MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 120



CXX. I discorsi dell’Acqua Speciosa: Non ti farai degli dèi al mio cospetto.

   28 febbraio 1945.

   120.1 «È detto: “Non ti farai degli dèi nel mio cospetto. Non ti farai nessuna scultura, né rappresentazione di quello che è lassù nel cielo o quaggiù in terra o nelle acque sotto la terra. Non adorerai tali cose, né presterai loro culto. Io sono il Signore Iddio tuo, forte e geloso, che visito l’iniquità dei padri sopra i figli[67] fino alla terza e quarta generazione di quelli che mi odiano, e faccio misericordia fino alla millesima di quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti”».
   La voce di Gesù rimbomba nello stanzone pieno di folla, perché piove e tutti sono rifugiati in esso. In prima linea quattro sofferenti, ossia un cieco condotto da una donna, un bambino tutto crostoso, una donna gialla per itterizia o per malaria, e uno portato su una barellina.
   Gesù parla appoggiato alla greppia vuota. Giovanni e i due cugini, insieme a Matteo e Filippo, sono presso a Lui, mentre Giuda con Pietro, Bartolommeo, Giacomo e Andrea sono sull’uscio e regolano l’entrata di quelli che ancora arrivano, mentre Tommaso con Simone girano fra la gente facendo tacere i bambini, raccogliendo gli oboli, ascoltando richieste.

   120.2 «“Non ti farai degli dèi nel mio cospetto”.
   Avete udito come Dio sia onnipresente col suo sguardo e la sua voce. In verità sempre siamo al suo cospetto. Chiusi nell’interno di una camera o fra il pubblico del Tempio, ugualmente siamo al suo cospetto. Benefattori nascosti che anche al beneficato celiamo il nostro volto, o assassini che assaliamo il viandante in una gola solitaria e lo trucidiamo, ugualmente siamo al suo cospetto. Al suo cospetto è il re in mezzo alla sua corte, il soldato sul campo di battaglia, il levita nell’interno del Tempio, il saggio curvo sui libri, il contadino sul solco, il mercante al suo banco, la madre curva sulla cuna, la sposa nella camera nuziale, la vergine nel segreto della paterna dimora, il bimbo che studia nella scuola, il vecchio che si stende per morire. Tutti al suo cospetto e tutte le azioni dell’uomo ugualmente al suo cospetto.
   Tutte le azioni dell’uomo! Tremenda parola! E consolante parola! Tremenda se azioni di peccato, consolante se azioni di santità. Sapere che Dio vede. Freno al mal fare. Conforto al ben fare. Dio vede che bene agisco. Io so che Egli non dimentica ciò che vede. Io credo che Egli premia le buone azioni. Perciò sono certo di avere di queste premio e su questa certezza mi riposo. Essa mi darà serena vita e placida morte, perché in vita e in morte sarà la mia anima consolata dal raggio stellare dell’amicizia di Dio. Così ragiona colui che agisce bene.

   120.3 Ma colui che agisce male, perché non pensa che fra le azioni proibite sono i culti idolatrici? Perché costui non dice: “Dio vede che, mentre fingo culto santo, adoro un dio o degli dèi bugiardi, ai quali ho eretto un altare segreto agli uomini ma noto a Dio”? Quali dèi, direte, se neppure nel Tempio è figura di Dio? Quale volto hanno questi dèi, se al vero Dio ci fu impossibile dare un volto?
   Sì. Impossibile dare un volto, perché il Perfetto e il Purissimo non può essere degnamente raffigurato dall’uomo. Solo lo spirito intravede la sua incorporea e sublime bellezza e ne ode la voce, ne gusta la carezza quando Egli si effonde presso un suo santo meritevole di questi contatti divini. Ma l’occhio, l’udito, la mano dell’uomo non possono vedere e udire, e perciò ripetere con il suono sulla cetra, col mazzuolo e lo scalpello sul marmo, ciò che è il Signore. Oh! felicità senza fine quando, o spiriti dei giusti, vedrete Iddio! Il primo sguardo sarà l’aurora della beatitudine che nei secoli e dei secoli vi sarà compagna.
   Eppure ciò che non potemmo fare per il vero Dio, ecco che l’uomo fa per gli dèi bugiardi. Ed uno erige l’altare alla donna; l’altro all’oro; l’altro al potere; l’altro alla scienza; l’altro ai trionfi militari; l’uno adora l’uomo potente, suo simile in natura, solo superiore in prepotenza o fortuna; l’altro adora se stesso e dice: “Non c’è altri pari a me”. Ecco gli dèi di coloro che sono del popolo di Dio.
   Non stupitevi dei pagani che adorano animali, rettili ed astri. Quanti rettili! Quanti animali! Quanti astri spenti adorate nei vostri cuori! Le labbra pronunziano parole di menzogna per adulare, per possedere, per corrompere. E non sono queste le preghiere degli idolatri segreti? I cuori covano pensieri di vendetta, di mercimonio, di prostituzione. E non sono questi i culti agli dèi immondi del piacere, dell’avidità, del male?

   120.4 È detto: “Non adorerai nulla di ciò che non è il tuo Dio vero, unico, eterno”. È detto: “Io sono il Dio forte e geloso”.
   Forte: nessuna altra forza è più forza della sua. L’uomo è libero di fare, Satana è libero di tentare. Ma quando Dio dice: “Basta”, l’uomo non può più male agire e Satana non può più tentare. Respinto questo nel suo inferno, abbattuto quello dal suo abuso nel mal fare, perché vi è un limite ad esso, oltre il quale Dio non permette si vada.
   Geloso. Di che? Di quale gelosia? La meschina gelosia dei piccoli uomini? No. La santa gelosia di Dio sui suoi figli. La giusta gelosia. L’amorosa gelosia. Vi ha creati. Vi ama. Vi vuole. Sa ciò che vi nuoce. Conosce ciò che è atto a separarvi da Lui. Ed è geloso di questo “che”, che si intromette fra il Padre ed i figli e li svia dall’unico amore che è salute e pace: Dio. Comprendete questa sublime gelosia che non è gretta, che non è crudele, che non è carceriera. Ma che è amore infinito, che è infinita bontà, che è libertà senza limiti, che si dà alla creatura finita per aspirarla nell’eternità a Sé e in Sé e farla compartecipe della sua infinità. Un padre buono non vuole godere le sue ricchezze da solo. Ma vuole che i figli con lui le godano. In fondo, più per i figli che per sé le ha accumulate. Ugualmente Dio. Ma portando in questo amore e desiderio la perfezione che è in ogni sua azione.

   120.5 Non deludete il Signore. Egli promette castigo sui colpevoli e sui figli dei figli colpevoli. E Dio non mente mai nelle sue promesse. Ma non abbattete l’animo vostro, o figli dell’uomo e di Dio. Udite, ed esultate, l’altra promessa: “E faccio misericordia fino alla millesima di quelli che mi amano e osservano i miei comandamenti”. Fino alla millesima generazione dei buoni. E fino alla millesima debolezza dei poveri figli dell’uomo, i quali cadono non per malizia ma per sventatezza e per tranello di Satana. Più ancora. Io vi dico che Egli vi apre le braccia se col cuore contrito e col volto lavato dal pianto voi dite: “Padre, io ho peccato. Lo so. Me ne umilio e a Te mi confesso. Perdonami. Il tuo perdono sarà la mia forza per tornare a ‘vivere’ la vera vita”.
   Non temete. Prima che voi peccaste per debolezza Egli sapeva che avreste peccato. Ma solo il suo Cuore si chiude quando persistete nel peccato volendo peccare, facendo di un dato peccato o di molti peccati i vostri dèi d’orrore. Abbattete ogni idolo, fate posto al Dio vero. Egli scenderà con la sua gloria a consacrare il vostro cuore quando si vedrà Lui solo in voi.
   Rendete a Dio la sua dimora. Non nei templi di pietra, ma nel cuore degli uomini essa è. Lavatene la soglia, liberate l’interno da ogni inutile o colpevole apparato. Dio solo. Solo Lui. Tutto è Lui! E per nulla è inferiore al Paradiso il cuore di un uomo in cui sia Dio, il cuore di un uomo che canti il suo amore all’Ospite divino.
   Fate di ogni cuore un Cielo. Iniziate la coabitazione con l’Eccelso. Nel vostro eterno domani essa si perfezionerà in potenza e gioia. Ma qui sarà già tale da superare il tremebondo stupore di Abramo, Giacobbe e Mosè. Perché non sarà più l’incontro folgorante e spaurente col Potente, ma la permanenza con il Padre e l’Amico che scende per dire: “La mia gioia è stare fra gli uomini. Tu mi fai felice. Grazie, figlio”».

   120.6 La folla, che supera il centinaio, esce dopo qualche tempo dall’incantamento. Chi si accorge di piangere, chi di sorridere per la stessa speranza di gioia. Infine la folla pare svegliarsi, ha come un brusio, un sospiro potente, e infine un grido come di liberazione: «Te benedetto! Tu ci apri la via della pace!».
   Gesù sorride e risponde: «La pace è in voi se voi seguite da oggi il Bene».
   Poi va dai malati e passa la mano sul bambino malato, sul cieco e sulla donna tutta gialla, si curva sul paralitico e dice: «Voglio».
   L’uomo lo guarda e poi urla: «Il calore è nel corpo spento!» e sorge in piedi, così come è, finché gli buttano addosso la coperta del lettuccio, mentre la madre solleva il bambino senza più croste e il cieco sbatte gli occhi per il primo contatto con la luce, e delle donne urlano: «Dina non è più gialla come i ranuncoli selvaggi».
   Il subbuglio è al colmo. Chi grida, chi benedice, chi spinge per vedere, chi cerca uscire per andare a dirlo al paese. Gesù è assalito da tutte le parti.
   Pietro vede che lo schiacciano quasi e urla: «Ragazzi! Soffocano il Maestro! Forza a fare largo», e con una vera ginnastica di gomiti e anche di qualche pedata negli stinchi, i dodici riescono a farsi largo e a liberare Gesù, a portarlo fuori. «Domani ci penso io», dice. «Tu alla porta e gli altri in fondo. Ti hanno fatto male?».
   «No».
   «Parevano pazzi! Che modi!».
   «Lasciali fare. Erano felici… ed Io con loro. Andate da chi chiede battesimo. Io entro in casa. Tu, Giuda, con Simone dài l’obolo ai poveri. Tutto. Noi abbiamo molto più che giusto non sia per degli apostoli del Signore. Va’, Pietro, va’. Non temere di fare troppo. Io ti giustifico al Padre poiché Io ti comando.
   Addio, amici».
   E Gesù, stanco e sudato, si chiude nella casa, mentre i discepoli fanno ognuno il proprio compito presso i pellegrini.

[67] l’iniquità dei padri sopra i figli, invece di l’iniquità dei figli, è correzione di MV su una copia dattiloscritta, in conformità con il testo di Esodo 20, 5.