MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 131



CXXXI. discorsi dell'Acqua Speciosa: "Non rubare e non desiderare ciò che è d'altri". Il peccato di Erode.

   15 marzo 1945.

   131.1 «Dio dà ad ognuno il necessario. Questo è in verità. Cosa è necessario all’uomo? Il fasto? Il grande numero di servi? Le terre i cui campi non si possono contare? I banchetti che vedono da un tramonto sorgere un’aurora? No. Necessario all’uomo è un tetto, un pane, una veste. L’indispensabile per vivere.
    Guardatevi intorno. Chi sono i più allegri ed i più sani? Chi gode di una sana vecchiezza serena? I gaudenti? No. Quelli che onestamente vivono, lavorano e desiderano. Essi non hanno veleno di lussuria e rimangono forti. Non veleno di crapule e rimangono agili. Non veleno di invidie e rimangono allegri. Mentre chi desidera avere sempre più uccide la sua pace e non gode, ma precocemente invecchia, arso da livore o da abuso.
    Potrei unire il comando del “non rubare” a quello del “non desiderare ciò che è d’altri”. Perché infatti il desiderio eccessivo spinge al furto. Non è che un passo breve da questo a quello. È illecito ogni desiderio? Io non dico questo. Il padre di famiglia che, lavorando nel campo o nell’officina, desidera trarne di che assicurare pane alla prole, non pecca in verità. Anzi ubbidisce al suo dovere di padre. Ma quello che invece non desidera altro che godere di più, e si appropria di ciò che è d’altri per giungere a godere di più, costui pecca.

   131.2 L’invidia! Perché, che è il desiderio della cosa altrui se non avarizia e invidia? L’invidia separa da Dio, figli miei, e unisce a Satana.
    Non pensate che il primo che desiderò la roba d’altri fu Lucifero? Era il più bello degli arcangeli, godeva di Dio. Avrebbe dovuto esser contento di questo. Invidiò Dio e volle essere lui Dio e divenne il demonio. Il primo demonio.
    Secondo esempio: Adamo ed Eva tutto avevano avuto, godevano del terrestre paradiso, godevano dell’amicizia di Dio, beati nei doni di grazia che Dio aveva loro dati. Avrebbero dovuto accontentarsi di questo. Invidiarono a Dio la conoscenza del bene e del male e furono cacciati dall’Eden divenendo i proscritti invisi a Dio. I primi peccatori.
    Terzo esempio: Caino invidiò Abele[83] per la sua amicizia col Signore. E divenne il primo assassino.
    Maria, sorella di Aronne e Mosè, invidiò il fratello e divenne la prima lebbrosa della storia d’Israele.
    Potrei passo passo condurvi per tutta la vita del popolo di Dio, e vedreste che il desiderio smodato fece, di chi lo ebbe, un peccatore, e della nazione un castigo. Perché i peccati dei singoli si accumulano e provocano i castighi delle nazioni, così come granelli e granelli e granelli di rena, accumulati in secoli e secoli, provocano una frana che sommerge i paesi e chi è in essi.

   131.3 Vi ho sovente citato ad esempio i pargoli, perché semplici e fidenti. Oggi vi dico: imitate gli uccelli nella libertà dai desideri.
    Guardate. Ora è inverno. Poco cibo è nei frutteti. Ma si preoccupano essi nell’estate di accumularlo? No. Fidano nel Signore. Sanno che un vermolino, un granello, una mica, un ragnetto, una moschina sull’acqua la potranno sempre catturare per il loro gozzetto. Sanno che un comignolo caldo o un bioccolo di lana ci sarà sempre per il loro rifugio d’inverno, come sanno che, quando verrà il tempo in cui necessita loro avere fieni per i nidi e maggior pasto per la prole, ci sarà fieno fragrante sui prati e succoso cibo nei frutteti e nei solchi, e di insetti sarà ricca l’aria e la terra. E cantano piano: “Grazie, Creatore, per quanto ci dai e ci darai”, pronti ad osannare a piena gola quando nell’epoca degli amori godranno della sposa e si vedranno moltiplicati nella prole.
    C’è creatura più lieta dell’uccello? Eppure che è la sua intelligenza rispetto a quella umana? Una scaglietta di silice rispetto ad un monte. Ma vi insegna. In verità vi dico che possiede la letizia dell’uccello colui che vive senza desiderio impuro. Egli si fida di Dio e lo sente Padre. Egli sorride al giorno che sorge e alla notte che cala, perché sa che il sole è suo amico e la notte è sua nutrice. Egli guarda senza rancore gli uomini e non teme le loro vendette, perché non li danneggia in alcun modo. Egli non trema per la sua salute né per il suo sonno, perché sa che una vita onesta tiene lontane le malattie e dà dolce riposo. Non teme infine la morte perché sa che, avendo bene agito, non può che avere il sorriso di Dio.
    Anche il re muore. Anche il ricco muore. Non è lo scettro che allontana la morte né il denaro che compera l’immortalità. Come davanti al Re dei re e al Signore dei signori sono cosa risibile le corone e le monete, ma ha solo valore una vita vissuta nella Legge!

   131.4 Cosa dicono quegli uomini là in fondo? Non abbiate paura di parlare».
    «Dicevamo: l’Antipa di che peccato è colpevole? Di furto o di adulterio?».
    «Non vorrei guardaste gli altri ma i vostri cuori. Però vi rispondo che egli è colpevole di idolatria adorando la carne più di Dio, di adulterio, di furto, di illecito desiderio e presto di omicidio».
    «Sarà salvato da Te, Salvatore?».
    «Io salverò coloro che si pentono e tornano a Dio. Gli impenitenti non avranno redenzione».
    «Hai detto che è ladro. Ma che ha rubato?».
    «La moglie al fratello. Il furto non è di solo denaro. È furto anche levare l’onore a un uomo, levare la verginità ad una fanciulla, levare ad un marito la moglie, come lo è levare un bue al vicino o prendere delle sue piante. Il furto, poi, aggravato da libidine o da falsa testimonianza, si aggrava di adulterio, o di fornicazione, o di mendacio».

   131.5 «E una donna che si prostituisce che peccato fa?».
    «Se è sposata, di adulterio e di furto verso il marito. Se è nubile, di impurità e di furto a se stessa».
    «A se stessa? Ma dà via del suo!!».
    «No. Il nostro corpo è creato da Dio per essere tempio dell’anima che è tempio di Dio. Perciò deve essere conservato onesto, perché altrimenti l’anima viene derubata dell’amicizia di Dio e della vita eterna».
    «Allora una meretrice non può più essere che di Satana?».
    «Ogni peccato è meretricio con Satana. Il peccatore, come una femmina prezzolata, si dà a Satana per illeciti amori, sperandone sozzi guadagni. Grande, grandissimo il peccato di prostituzione che rende simili ad animali immondi. Ma credete che non lo è da meno ogni altro peccato capitale. Che dirò dell’idolatria? Che dell’omicidio? Eppure Dio perdonò agli israeliti[84] dopo il vitello d’oro. Perdonò a Davide dopo il suo peccato, e che era duplice. Dio perdona a chi si pente. Sia il pentimento in proporzione del numero e della grandezza delle colpe, ed Io vi dico che a chi più si pente più sarà perdonato. Perché il pentimento è forma d’amore. Di operante amore. Chi si pente dice a Dio col suo pentimento: “Non posso stare col tuo corruccio perché ti amo e voglio essere amato”. E Dio ama chi lo ama. Perciò Io dico: più uno ama e più è amato. Chi ama totalmente ha tutto perdonato. E questa è verità.

   131.6 Andate. E prima però sappiate che vi è alle porte del paese una vedova, carica di prole, nella fame più assoluta. Cacciata dalla casa per debiti. E ancora può dire “grazie” al padrone per non averla che cacciata. Ho usato l’obolo vostro per il loro pane. Ma hanno bisogno di un asilo. La misericordia è il più gradito dei sacrifici al Signore. Siate buoni ed in suo nome vi assicuro il premio».
    La gente bisbiglia, si consiglia, discute.
    Gesù intanto guarisce uno quasi cieco e ascolta una vecchierella venuta da Doco a pregarlo di andare dalla sua nuora malata. Una lunga storia di lacrime che io, mezza morta come sono oggi, non trascrivo.
    E per fortuna tutto finisce, perché io non sono proprio in grado di durare ancora con una crisi cardiaca che dura da tre ore e che mi abbarbaglia anche la vista.

[83] Caino… Abele sono menzionati spesso con riferimento a: Genesi 4. La loro storia è trattata particolarmente nel capitolo 606 della presente opera. Per gli altri esempi (Lucifero, Adamo ed Eva, Maria di Aronne) ci sono le note richiamate nell’indice tematico alla fine del volume.
[84] perdonò agli israeliti, come è detto in: Esodo 32, 14; a Davide, come è detto in: 2 Samuele 12, 13.