MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 79



LXXIX. Andando dai pastori. I gioielli di Aglae e una parabola sulla sua conversione.

   15 gennaio 1945.

   79.1 Gesù cammina fra i discepoli per una strada lungo il torrente. Lungo per modo di dire. Il torrente è in basso; in alto, lungo la costa, è la strada a giravolte, come è facile trovarne nei luoghi montuosi.
   Giovanni è rosso come una porpora, carico, come un portatore, di una grossa sacca ben gonfia. Giuda porta invece quella di Gesù, unita alla sua. Simone non ha che la sua e i mantelli. Gesù rià la sua veste ed i suoi sandali. Però la madre di Giuda la deve aver fatta lavare, perché è senza spiegazzature.
   «Quante frutta! Belli quei vigneti su quelle colline!», dice Giovanni che non perde il suo buon umore per il caldo e la fatica. «Maestro, è questo il fiume sulle cui sponde colsero[1] i padri i grappoli miracolosi?».
   «No, è l’altro, e più a mezzogiorno. Ma tutta la regione era luogo benedetto da frutti opimi».
   «Ora non lo è più tanto, per quanto bella ancora».
   «Troppe guerre hanno devastato il suolo. Qui si fece Israele… ma per farsi dovette fecondarsi col sangue suo e dei nemici».
   «Dove li troviamo i pastori?[2]».
   «A cinque miglia da Ebron, sulle rive del fiume di cui chiedevi».
   «Oltre quel colle, allora».
   «Oltre».
   «È molto caldo. L’estate… Dove andiamo dopo, Maestro?».
   «In un luogo ancor più caldo. Ma vi prego di venire. Viaggeremo di notte. Le stelle sono tanto chiare che non vi è tenebra. Vi voglio mostrare un luogo…».
   «Una città?».
   «No… Un luogo… che vi farà capire il Maestro… forse meglio delle sue parole».

   79.2 «Abbiamo perduto dei giorni con quello stupido incidente. Ha sciupato tutto… e mia madre, che tanto aveva fatto, è rimasta delusa. Non so poi perché Tu hai voluto segregarti sino alla purificazione».
   «Giuda, perché chiami stupido un fatto che fu grazia per un vero fedele? Non vorresti tu, per te, tal morte? Aveva atteso tutta la vita il Messia; si era portato, già anziano, per vie disagiate ad adorarlo quando gli dissero: “C’è”. Aveva conservato in cuore per trent’anni la parola di mia Madre. L’amore e la fede lo hanno investito, nell’ultima ora che Dio gli serbava, dei loro fuochi. Il cuore gli si è spezzato nella gioia, incenerito, come olocausto gradito, dal fuoco di Dio. Quale sorte migliore di questa? Ha sciupato la festa che tu avevi preparata? Vedi in questo una risposta di Dio. Non vada mescolato ciò che è dell’uomo con ciò che è di Dio… Tua madre mi avrà ancora. Quel vecchio non mi avrebbe più avuto. Tutta Keriot può venire al Cristo, il vegliardo non aveva più forze per farlo. Sono stato felice di aver raccolto sul cuore il vecchio padre morente e di avergli raccomandato lo spirito. E per il resto… Perché dare scandalo mostrando sprezzo alla Legge? Per dire: “Seguitemi” occorre camminare. Per portare su via santa bisogna fare la stessa via. Come avrei potuto, o come potrei dire: “Siate fedeli”, se infedele fossi Io?».
   «Credo che questo errore sia la causa della nostra decadenza. I rabbi e i farisei accasciano il popolo sotto i precetti e poi… poi fanno come quello che ha profanato la casa di Giovanni facendone un luogo di vizio», osserva Simone.
   «È un di Erode…», ribatte l’Iscariota[3].
   «Sì, Giuda. Ma le stesse colpe sono anche nelle caste che si dicono, da sé se lo dicono, sante. Che ne dici, Maestro?», dice Simone.
   «Dico che solo se vi sarà un pugno di vero lievito e di vero incenso in Israele, si formerà il pane e si profumerà l’altare».
   «Che vuoi dire?».
   «Voglio dire che, se vi sarà chi verrà alla Verità con cuore retto, la Verità si spargerà come lievito nella massa della farina e come incenso per tutto Israele».
   «Che ti ha detto quella donna?», chiede Giuda.
   Gesù non risponde. Si volge a Giovanni: «Pesa molto e fatichi. Dàmmi il tuo carico».
   «No, Gesù. Sono uso ai pesi e poi… me lo fa leggero il pensiero della gioia che ne avrà Isacco».

   79.3 Il poggio è girato. All’ombra del bosco, sull’altro versante, sono le pecore di Elia. E i pastori, seduti all’ombra, le guardano. Vedono Gesù e corrono.
   «La pace a voi. Qui siete?».
   «Eravamo in pensiero per Te… e per il ritardo… incerti se venirti incontro o ubbidire… abbiamo deciso venire sin qui… per ubbidire a Te e al nostro amore insieme. Dovevi esser qui da molti giorni».
   «Abbiamo dovuto sostare…».
   «Ma… nulla di male?».
   «No, nulla, amico. La morte di un fedele sul mio petto. Non altro».
   «Cosa vuoi che accadesse, pastore? Quando le cose sono ben preparate… Certo bisogna saperle preparare, e preparare i cuori a riceverle. La mia città ha dato al Cristo ogni onore. Non è vero, Maestro?».
   «È vero. Isacco, siamo passati, nel ritorno, da Sara. Anche la città di Jutta, senza altra preparazione fuor di quella della sua semplice bontà e della verità delle parole di Isacco, ha saputo capire l’essenza della mia dottrina e amare, di un amore pratico, disinteressato e santo. Ti ha mandato vesti e cibo, Isacco, e agli oboli rimasti sul tuo giaciglio tutti hanno voluto unire qualcosa per te, che torni nel mondo e che sei privo di tutto. Tieni. Io non porto mai denaro. Ma questo l’ho preso perché è purificato dalla carità».
   «No, Maestro, tienilo Tu. Io… sono abituato a farne senza». «Ora dovrai andare per i paesi in cui ti manderò. E ti occorre. L’operaio ha diritto alla mercede, anche se operaio d’anima… perché ancora vi è un corpo da nutrire, come fosse l’asinello che aiuta il padrone. Non è molto. Ma tu saprai fare… Giovanni in quella sacca ha vesti e sandali. Gioacchino ha preso dei suoi. Saranno grandi… ma c’è tanto amore nel dono!».
   Isacco prende la bisaccia e si ritira a vestirsi dietro un cespuglio. Era ancora scalzo e nella sua bizzarra toga fatta di una coperta.

   79.4 «Maestro», dice Elia. «Quella donna… quella donna che sta nella casa di Giovanni… quando Tu eri via da tre giorni e noi pasturavamo le pecore sui prati di Ebron – ché son di tutti, i prati, e non ci potevano cacciare – ci mandò una servente con questa borsa e dicendo che ci voleva parlare… Non so se ho fatto bene… ma per la prima volta ho reso la borsa e ho detto: “Non ho nulla da udire”… Poi lei mi ha fatto dire: “Vieni in nome di Gesù” e sono andato… Ha aspettato che non ci fosse il suo… insomma l’uomo che la tiene… Quante cose ha voluto… anzi, voleva sapere. Ma io… ho detto poco. Per prudenza. È una meretrice. Temevo fosse un tranello per Te. Mi ha chiesto chi sei, dove stai, che fai, se sei un signore… Io ho detto: “È Gesù di Nazaret, è dapertutto perché è un maestro e va insegnando per la Palestina”; ho detto che sei un uomo povero, semplice, un operaio che la Sapienza ha fatto sapiente… Non di più».
   «Hai fatto bene», dice Gesù; e contemporaneamente Giuda esclama: «Hai fatto male! Perché non hai detto che è il Messia, che è il Re del mondo? Schiacciarla, la superba romana, sotto il fulgore di Dio!».
   «Non mi avrebbe capito… E poi? Ero certo se era sincera? L’hai detto tu, quando la vedesti, cosa è lei. Potevo gettare le cose sante – e tutto ciò che è Gesù è santo – in bocca a lei? Potevo mettere in pericolo Gesù dando troppe notizie? Da tutti gli venga male, ma non da me».
   «Andiamo noi, Giovanni, a dirle chi è il Maestro, a spiegarle la verità santa».
   «Io no. A meno che Gesù me lo ordini».
   «Hai paura? Che vuoi che ti faccia? Hai schifo? Non lo ha avuto il Maestro!».
   «Non paura e non schifo. Ho pietà di lei. Ma penso che, se Gesù voleva, poteva fermarsi ad istruirla. Non lo ha fatto… non è necessario farlo noi».
   «Allora non c’erano segni di conversione… Ora…

   79.5 Fai vedere, Elia, la borsa». E Giuda rovescia su un lembo del mantello, poiché si è seduto sull’erba, il contenuto della borsa. Anelli, armille, braccialetti, una collana rotolano: giallo oro sul giallo opaco della veste di Giuda. «Tutti gioielli!… Che ce ne facciamo?».
   «Si possono vendere», dice Simone.
   «Sono cose noiose», obbietta Giuda che però li ammira. «Gliel’ho detto anche io, nel prenderli; ho anche detto: “Il tuo signore ti batterà”. Mi ha risposto: “Non è roba sua. Mia è, ne faccio ciò che voglio. So che è oro di peccato… ma diventerà buono se usato per chi è povero e santo. Perché si ricordi di me”, e piangeva».
   «Vacci, Maestro».
   «No».
   «Mandaci Simone».
   «No».
   «Allora vado io».
   «No».
   I «no» di Gesù sono secchi e imperiosi.
   «Ho fatto male, Maestro, a parlare con lei, a prendere quell’oro?», chiede Elia che vede Gesù serio.
   «Non hai fatto male. Ma non c’è nulla di più da fare».

   79.6 «Ma forse quella donna vuole redimersi ed ha bisogno di essere ammaestrata…», obbietta ancora Giuda.
   «In lei sono già tante scintille atte a suscitare l’incendio in cui può ardersi il suo vizio e rimanere l’anima rinverginizzata dal pentimento. Poco fa vi ho parlato di lievito che si sparge per la farina e la fa santo pane. Udite una breve parabola. Quella donna è farina. Una farina in cui il Maligno ha mescolato le sue polveri di inferno. Io sono il lievito. Ossia la mia parola è il lievito. Ma se troppa pula è nella farina, o se sassi e rena vi è mescolata, e cenere con essa, può farsi il pane anche se il lievito è buono? Non può farsi. Occorre che pazientemente si levi dalla farina pula, cenere, sassi e rena. La Misericordia passa e offre il crivello… Il primo: quello fatto da brevi verità fondamentali. Quali sono necessarie per esser comprese da uno che è nella rete della completa ignoranza, del vizio, del gentilesimo. Se l’anima lo accoglie, comincia la prima purificazione. La seconda avviene col crivello dell’anima stessa, che confronta il suo essere con l’Essere che si è rivelato. E ne ha orrore. E inizia la sua opera. Per una operazione sempre più minuta, dopo i sassi, dopo la rena, dopo la cenere, giunge anche a levare quello che è già farina, ma con granelli ancor pesanti, troppo pesanti per dare ottimo pane. Ora eccola tutta pronta. Ripassa allora la Misericordia e si immette in quella farina preparata – anche questa è preparazione, Giuda – e la solleva e la fa pane. Ma è operazione lunga e di “volontà” dell’anima. Quella donna… quella donna ha già in sé quel minimo che era giusto darle e che le può servire a compiere il suo lavoro. Lasciamo lo compia, se vorrà farlo, senza turbarla. Tutto turba un’anima che si lavora: la curiosità, gli zeli inconsulti, le intransigenze come le eccessive pietà».

   79.7 «Allora non ci andiamo?». «No. E, perché nessuno fra voi abbia tentazione, partiamo subito. Nel bosco è ombra. Sosteremo alle falde della valle del Terebinto. E là ci separeremo. Elia tornerà ai suoi pascoli con Levi. Mentre Giuseppe verrà con Me sino al guado di Gerico. Poi… ci riuniremo ancora. Tu, Isacco, continua ciò che facesti a Jutta, andando da qui, per Arimatea e Lidda, sino a raggiungere Doco. Là ci ritroveremo. Vi è da preparare la Giudea. E tu sai come farlo. Come hai fatto a Jutta».
   «E noi?».
   «Voi? Verrete, l’ho detto, per vedere la mia preparazione. Anche Io mi sono preparato alla missione».
   «Andando da un rabbi?».
   «No».
   «Da Giovanni?».
   «Ne presi solo il battesimo».
   «E allora?».
   «Betlemme ha parlato con le pietre ed i cuori. Anche lì dove ti porto, Giuda, le pietre ed un cuore, il mio, parleranno e ti daranno risposta».

   79.8 Elia, che ha portato latte e pane scuro, dice: «Ho cercato, mentre attendevo, e con me ha cercato Isacco, di persuadere quelli di Ebron… Ma non credono, non giurano, non vogliono che Giovanni. È il loro “santo” e non vogliono che quello».
   «Peccato comune a molti paesi e a molti credenti presenti e futuri. Guardano l’operaio e non il padrone che ha mandato l’operaio. Chiedono all’operaio senza neppur dirgli: “Di’ al tuo padrone questo”. Dimenticano che l’operaio c’è perché c’è il padrone, e che è il padrone che istruisce l’operaio e lo rende atto al lavoro. Dimenticano che l’operaio può intercedere. Ma uno solo può concedere: il padrone. In questo caso, Dio e il suo Verbo con Lui. Non importa. Il Verbo ne ha dolore, ma non rancore. Andiamo».
   La visione ha termine.

[1] colsero, come si narra in: Numeri 13, 23-24.
[2] i pastori è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta.
[3] ribatte l’Iscariota e il successivo dice Simone sono due aggiunte di MV su una copia dattiloscritta.