MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 81



LXXXI. Al guado del Giordano con i pastori Simeone, Giovanni e Mattia. Un piano per liberare il Battista.

   18 gennaio 1945.

   81.1 Rivedo il guado del Giordano: la via verde che costeggia il fiume tanto dall’una che dall’altra parte, molto battuta da viandanti per la sua ombra. File di asinelli vanno e vengono, e uomini con essi. Sul margine del fiume tre uomini pascolano poche pecore. Sulla via Giuseppe, in attesa, guarda in su e in giù.
   Da lontano, là dove una strada si innesta in questa fluviale, spunta Gesù coi tre discepoli. Giuseppe chiama i pastori e questi spingono sulla via le pecorelle, facendole camminare sulla proda erbosa. Vanno lesti incontro a Gesù.
   «Io quasi non oso… Che gli dirò per saluto?».
   «Oh! è tanto buono! Gli dirai: “La pace sia con Te”. Anche Lui saluta sempre così».
   «Lui sì… ma noi…».
   «Ed io chi sono? Non sono neppure uno dei suoi primi adoratori, e mi vuole tanto bene… oh! un bene!».
   «Quale è?».
   «Quello più alto e biondo».
   «Gli diremo del Battista, Mattia?».
   «Oh! sì!».
   «Non crederà che l’abbiamo preferito a Lui?».
   «Ma no, Simeone. Se è il Messia, vede nei cuori e vedrà nel nostro che nel Battista cercavamo ancora Lui».
   «Hai ragione».
   Ormai i due gruppi sono a pochi metri l’uno dall’altro. Gesù già sorride del suo sorriso che non si può descrivere. Giuseppe affretta il passo. Le pecore si dànno a trottare anche loro, spinte dai mandriani.
   «La pace sia con voi», dice Gesù alzando le braccia come per un abbraccio. E specifica: «La pace a te Simeone, Giovanni e Mattia, miei fedeli, e fedeli di Giovanni il Profeta! Pace a te, Giuseppe», e lo bacia sulla gota. Gli altri tre sono ora in ginocchio. «Venite, amici. Sotto queste piante, sul greto del fiume, e parliamo».
   Scendono, e Gesù siede su un radicone sporgente, gli altri in terra. Gesù sorride e li guarda fisso fisso, uno per uno: «Lasciate che Io conosca i vostri volti. Gli animi già li conosco come quelli di giusti che perseguono il Bene, da loro amato contro tutte le utilità del mondo. Vi porto il saluto di Isacco, Elia e Levi. E un altro saluto, quello della Madre mia.

   81.2 Notizie del Battista ne avete?».
   Gli uomini, sin qui imbavagliati dalla soggezione, si rinfrancano. Trovano parole: «È ancora in prigione. E il nostro cuore trema per lui, perché è in mano di un crudele dominato da una creatura di inferno e circondato da una corte corrotta. Noi lo amiamo… Tu lo sai che lo amiamo e che egli merita il nostro amore. Dopo che Tu lasciasti Betlemme, noi fummo percossi dagli uomini… ma più che dal loro odio fummo desolati, abbattuti, come piante che un vento ha troncato, per avere perduto Te. Poi, dopo anni di pena, come chi abbia le palpebre cucite e cerchi il sole e non lo possa vedere, perché è anche chiuso entro una carcere e neppur lo vede il sole nel tepore che sente sulle sue carni, ecco che abbiamo sentito che il Battista era l’uomo di Dio, predetto[7] dai Profeti per preparare le vie al suo Cristo, e siamo andati da lui. Ci siamo detti: “Se egli lo precede, andando da lui lo troveremo”. Perché eri Tu, Signore, quello che cercavamo».
   «Lo so. E mi avete trovato. Io sono con voi».
   «Giuseppe ci ha detto che Tu sei venuto dal Battista. Noi non c’eravamo quel giorno. Forse eravamo andati per lui in qualche luogo. Lo servivamo, nei servizi d’anima che egli ci chiedeva, con tanto amore, come con amore l’ascoltavamo, benché tanto severo, perché non eri Tu-Verbo, ma diceva sempre parole di Dio».
   «Lo so

   81.3 E questo non lo conoscete?», e indica Giovanni.
   «Lo vedemmo con altri galilei nelle folle più fedeli al Battista. E, se non erriamo, tu sei quello che ha nome Giovanni e del quale[8] egli diceva, a noi suoi intimi: “Ecco: io il primo, egli l’ultimo. E poi sarà: egli il primo ed io l’ultimo”. Né mai si comprese che voleva dire».
   Gesù si volge alla sua sinistra dove è Giovanni e se lo attira contro il cuore, con un sorriso ancor più luminoso, e spiega: «Egli voleva dire che egli era il primo a dire: “Ecco l’Agnello”, e che questi sarà l’ultimo degli amici del Figlio dell’uomo che parlerà alle folle dell’Agnello; ma che, nel cuore dell’Agnello, questi è il primo, perché gli è caro sopra ogni uomo. Questo voleva dire. Ma quando vedrete il Battista – lo vedrete ancora, e ancora lo servirete sino all’ora segnata – ditegli che non è egli l’ultimo nel cuore del Cristo. Non tanto per il sangue quanto per la santità, egli è l’amato pari a questo. E voi ricordatevelo. Se l’umiltà del santo si proclama “ultima”, la Parola di Dio lo proclama compagno al discepolo a Me caro. Ditegli che amo questo, perché ha il suo nome e perché in lui trovo i segni del Battista, preparatore di animi al Cristo».
   «Lo diremo… Ma lo vedremo ancora?».
   «Lo vedrete».

   81.4 «Sì. Erode non osa ucciderlo per paura del popolo e, in quella corte di avidità e corruzione, facile sarebbe liberarlo se avessimo molto denaro. Ma… ma, per quanto molto ci sia – gli amici hanno dato – molto manca ancora. E noi abbiamo gran paura di non fare a tempo… e che egli sia ucciso».
   «Quanto credete vi manchi per il riscatto?».
   «Non per il riscatto, Signore. È troppo inviso ad Erodiade, ed essa è troppo padrona di Erode, per poter pensare che si avvenga ad un riscatto. Ma… in Macheronte sono adunati, io credo, tutti gli avidi del regno. Tutti vogliono godere, tutti vogliono grandeggiare, dai ministri ai servi. E per fare questo ci vuole denaro… Avremmo anche trovato chi per grossa somma lascerebbe uscire il Battista. Anche Erode forse lo desidera… perché ha paura. Non per altro. Paura del popolo e paura della moglie. Così farebbe contento il popolo e non sarebbe accusato dalla moglie di averla scontentata».
   «E quanto chiede questa persona?».
   «Venti talenti d’argento. Ne abbiamo solo dodici e mezzo».

   81.5 «Giuda, tu hai detto che quei gioielli sono molto belli».
   «Belli e preziosi».
   «Quanto potranno valere? Mi sembra che tu te ne intendi».
   «Sì, me ne intendo. Perché vuoi sapere il loro valore, Maestro? Li vuoi vendere? Perché?».
   «Forse… Di’: quanto potranno valere?».
   «Se ben venduti, almeno, almeno sei talenti».
   «Ne sei sicuro?».
   «Sì, Maestro. La collana sola, così grossa e pesante, d’oro purissimo, vale almeno tre talenti. L’ho guardata bene. E anche i bracciali… Non so neppure come i polsi sottili di Aglae li potessero sostenere».
   «Erano i suoi ceppi, Giuda».
   «È vero, Maestro… Ma molti vorrebbero avere di questi ceppi!».
   «Lo credi? Chi?».
   «Ma… molti!».
   «Sì, molti che di uomo han solo il nome… E conosceresti un possibile compratore?».
   «Li vuoi vendere, insomma? E per il Battista? Ma guarda, è oro maledetto!».
   «Oh! incoerenza umana! Finisci ora di dire, con palese desiderio, che molti vorrebbero avere quell’oro, e poi lo chiami maledetto?! Giuda, Giuda!… È maledetto, sì. È maledetto! Ma ella lo ha detto: “Si santificherà servendo per chi è povero e santo”, e lo ha dato per questo, perché il beneficato preghi per la sua povera anima che, come embrione di futura farfalla, si gonfia nel seme del cuore. Chi più santo e povero del Battista? Egli è per missione pari a Elia, ma per santità più grande di Elia. Egli è più povero di Me. Io ho una Madre e una casa… Quando si ha queste, e pure e sante come Io le ho, non si è mai derelitti. Egli non ha più casa e non ha più neppure il sepolcro della madre. Tutto manomesso, profanato dalla nequizia umana.

   81.6 Chi è dunque il compratore?».
   «Ve ne è uno a Gerico e molti a Gerusalemme. Ma quello di Gerico!!! Ah! è un astuto levantino, battiloro usuraio, barattiere, mercante d’amore, certo ladro, forse omicida… di sicuro perseguitato da Roma. Si fa chiamare Isacco per parere ebreo.
   Ma il suo vero nome è Diomede. Lo conosco bene…».
   «Lo vediamo!», interrompe Simone Zelote che poco parla ma che tutto osserva. E chiede: «Come fai a conoscerlo tanto bene?».
   «Ma… sai… Per far piacere a degli amici potenti. Sono andato da lui… e ho fatto affari… Noi del Tempio… sai…».
   «Già!… fate tutti i mestieri», termina Simone con fredda ironia. Giuda avvampa, ma tace.
   «Può comprare?», chiede Gesù.
   «Io credo. Non gli manca mai il denaro. Certo bisogna saper vendere, perché il greco è astuto, e se vede di avere a che fare con un onesto, un… colombo di nido, lo spenna a dovere. Ma se ha a che fare con un avvoltoio suo pari…».
   «Vacci tu, Giuda. Sei il tipo adatto. Hai l’astuzia della volpe e la rapacità dell’avvoltoio. Oh! perdona, Maestro. Ho parlato prima di Te!», dice ancora Simone Zelote[9]. «La penso come tu pensi, e perciò dico a Giuda di andare.
   Giovanni, va’ con lui. Noi vi raggiungeremo al calar del sole. Il luogo di ritrovo sarà presso la piazza del mercato. Vai. E fa’ per il meglio».
   Giuda si alza subito. Giovanni ha gli occhi imploranti di un cagnolo scacciato. Ma Gesù parla di nuovo coi pastori e non vede questo sguardo implorante. E Giovanni si avvia dietro a Giuda.

   81.7 «Vorrei farvi contenti», dice Gesù.
   «Lo farai sempre, Maestro. L’Altissimo ti benedica per noi.
   Quell’uomo è tuo amico?».
   «Lo è. Non ti pare possa esserlo?».
   Il pastore Giovanni china il capo e tace. Parla il discepolo Simone: «Solo chi è buono sa vedere. Io non sono buono e non vedo quel che la Bontà vede. Vedo l’esterno. Il buono scende anche nell’interno. Anche tu, Giovanni, vedi come me. Ma il Maestro è buono… e vede…».
   «Che vedi, Simone, in Giuda? Ti ordino di parlare».
   «Ecco: penso, guardandolo, a certi luoghi misteriosi che paiono antri di fiere e stagni di febbre. Se ne vede solo un grande intrico e si gira al largo paurosi. Invece… invece dentro sono anche tortore e usignoli, e il suolo è ricco d’acque di salute e di erbe salutifere. Io voglio credere che Giuda sia così… Lo credo perché Tu lo hai preso. Tu che sai…».
   «Sì. Io che so… Vi sono molte pieghe nel cuore di quell’uomo… Ma non manca di lati buoni. Lo hai visto a Betlemme e anche a Keriot. Va alzato, questo lato buono, e che è tutto un buono umano, ad una bontà che sia spirituale. Allora Giuda sarà come tu vorresti che fosse. È giovane…».
   «Anche Giovanni è giovane…».
   «E tu concludi in cuor tuo: ed è migliore. Ma Giovanni è Giovanni! Amalo, Simone, questo povero Giuda… Te ne prego. Se lo amerai… ti parrà più buono».
   «Mi sforzo a farlo… per Te… Ma è lui che rompe i miei sforzi come fossero canne del fiume… Ma, Maestro, io ho una legge sola: fare ciò che Tu vuoi. Perciò amo Giuda, nonostante qualcosa gridi in me contro di lui e verso me stesso».
   «Che cosa, Simone?».
   «Non so di preciso… Qualcosa che è come il grido del milite di guardia nella notte… e che mi dice: “Non dormire! Osserva!”. Non so… Non ha nome questa cosa. Ma c’è… c’è in me contro di lui».
   «Non ci pensare più, Simone. Non sforzarti a definirla. Fa male conoscere certe verità… e potresti sbagliare la conoscenza. Lascia fare al tuo Maestro. Tu dàmmi il tuo amore e pensa che esso mi fa felice…».
   E tutto ha termine.

[7] predetto, in: Isaia 40, 3-5.
[8] del quale, invece di che, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.
[9] dice ancora Simone Zelote è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta.