MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME II CAPITOLO 83



LXXXIII. Gesù soffre a causa di Giuda, che è una lezione vivente per gli apostoli di ogni tempo.

   20 gennaio 1945.

   83.1 La campagna in cui si trova Gesù è opima. Magnifici frutteti, vigneti splendidi coi grappoli fitti e già tendenti a colorarsi di oro e di rubino. Gesù è seduto in un frutteto e mangia della frutta che gli ha offerto un contadino.
   Forse ha parlato poco prima, perché l’uomo dice: «Soccorrere alla tua sete mi è gioia, Maestro. Il tuo discepolo ci aveva parlato della tua sapienza, ma noi siamo rimasti stupiti nell’ascoltarti. Vicini come siamo alla Città Santa, si va di frequente in essa per vendere frutta e verdure. E allora si sale anche al Tempio e si sentono i rabbi. Ma non parlano, no, come Te. Si veniva via dicendo: “Se così è, chi si salva?”. Tu invece! Oh! pare di avere il cuore alleggerito! Un cuore che torna bambino pur restando uomo. Sono rozzo… non mi so spiegare, ecco. Ma Tu capisci certo».
   «Sì. Ti capisco. Tu vuoi dire che con la serietà e la conoscenza delle cose, propria di chi è adulto, senti, dopo avere ascoltato la Parola di Dio, la semplicità, la fede, la purezza rinascerti in cuore, e ti pare di tornare bambino, senza colpe e malizie, con tanta fede, come quando per mano della mamma salivi al Tempio per la prima volta o pregavi sulle sue ginocchia. Questo vuoi dire».
   «Questo, sì, proprio questo. Felici voi che siete sempre con Lui!», dice poi a Giovanni, Simone e Giuda, che mangiano succosi fichi, seduti su un basso muretto. E termina: «E me felice per averti ospite per una notte.

   83.2 Non temo più sciagura in questa mia casa, perché la tua benedizione è entrata in essa».
   Gesù risponde: «La benedizione opera e dura se gli animi rimangono fedeli alla Legge di Dio ed alla mia dottrina. In caso contrario la grazia cessa. Ed è giusto. Perché se è vero che Dio dà sole e aria tanto ai buoni come ai cattivi, perché vivano, e se buoni si facciano migliori, se cattivi si convertano, è anche giusto che altrove si volga la protezione del Padre, a castigo di chi è malvagio, per richiamarlo, con delle pene, al ricordo di Dio».
   «Non è sempre male il dolore?».
   «No, amico. È un male dal lato umano, ma dal sovrumano è un bene. Aumenta i meriti dei giusti che lo subiscono senza disperazione e ribellione e lo offrono, offrendosi con la loro rassegnazione, come sacrificio di espiazione per le proprie manchevolezze e le colpe del mondo, ed è redenzione per coloro che giusti non sono».
   «È tanto difficile soffrire!», dice il contadino, al quale si sono uniti i famigliari, una decina fra adulti e bambini.
   «Lo so che l’uomo lo trova difficile. E, sapendo come lo avrebbe trovato tale, il Padre non aveva dato il dolore ai suoi figli. Venne per la colpa. Ma quanto dura il dolore sulla Terra? Nella vita di un uomo? Poco tempo. Sempre poco, anche se dura tutta la vita. Ora Io dico: non è meglio soffrire per poco che per sempre? Non è meglio soffrire qui che nel Purgatorio? Pensate che il tempo là è moltiplicato per uno a mille. Oh! che in verità vi dico che non maledire, ma benedire il soffrire si dovrebbe, e chiamarlo “grazia”, e chiamarlo “pietà”».
   «Oh! le tue parole, Maestro! Noi le beviamo come un assetato, d’estate, beve acqua e miele presa da fresca anfora. Vai proprio via domani, Maestro?».
   «Sì, domani. Ma tornerò ancora. Per ringraziarti di quanto hai fatto per Me e questi miei, e per chiederti ancora un pane e un riposo».
   «Sempre, Maestro, qui li troverai».

   83.3 Si avanza un uomo con un asinello carico di verdure.
   «Ecco. Se il tuo amico vuole andare… Il figlio mio va a Gerusalemme per il grande mercato di Parasceve».
   «Vai, Giovanni. Tu sai quanto devi fare. Fra quattro giorni ci rivedremo. La mia pace sia con te». Gesù abbraccia Giovanni e lo bacia. Anche Simone fa lo stesso.
   «Maestro», dice Giuda. «Se Tu lo permetti, andrei con Giovanni. Mi preme vedere un amico. Ogni sabato è a Gerusalemme. Andrei con Giovanni sino a Betfage e poi andrei per conto mio… È un amico di casa… sai… mia madre mi ha detto…».
   «Non ti ho chiesto nulla, amico».
   «Mi piange il cuore a lasciarti. Ma fra quattro giorni sarò con Te di nuovo. E sarò così fedele che ti verrò anche a noia».
   «Vai pure. All’alba che sorgerà fra quattro giorni siate alla porta dei Pesci. Addio, e Dio ti vegli».
   Giuda bacia il Maestro e se ne va vicino al ciuchino che trotterella per la via polverosa.
   La sera scende sulla campagna che si fa silenziosa. Simone osserva il lavoro degli ortolani che irrigano i loro solchi.

   83.4 Gesù è rimasto al suo posto per qualche tempo. Poi si alza, gira dietro la casa, si dilunga per il frutteto. Si isola. Va sino ad un folto in cui melograni poderosi sono intersecati a bassi cespugli, che direi di uva spina. Ma non so di preciso. Perché sono spogli di frutti e poco conosco la foglia di questa pianta.
   Gesù si nasconde là dietro. Si inginocchia. Prega… e poi si curva col volto contro il suolo, sull’erba, e piange. Me lo dicono i suoi sospiri profondi e spezzati. Un pianto sconfortato, senza singhiozzi, ma tanto triste.
   Passa del tempo così. La luce è ormai crepuscolare. Ma non è ancora così buio da non poter vedere. E nella poca luce ecco spuntare da sopra un cespuglio la faccia brutta e onesta di Simone. Guarda, cerca e distingue la forma rannicchiata del Maestro, tutto coperto dal manto blu scuro che lo annulla quasi nelle ombre del suolo. Solo ha spicco la testa bionda e le mani congiunte a preghiera, che sporgono al di sopra del capo al quale i polsi fanno da appoggio. Simone guarda coi suoi occhi piuttosto bovini. Capisce che Gesù è triste per i sospiri che trae, e la sua bocca dalle labbra tumide, e persino violacee, si apre: «Maestro», chiama.
   Gesù alza il volto.
   «Tu piangi, Maestro? Perché? Mi permetti di venire?». Il viso di Simone è tutto stupito e accorato. È un brutto uomo, decisamente. Alle fattezze non belle, al colorito olivastro scuro si unisce il ricamo bluastro e incavato delle cicatrici lasciate dal suo male. Ma ha uno sguardo così buono che la bruttezza scompare.
   «Vieni, Simone, amico».
   Gesù si è seduto sull’erba. Simone gli si siede vicino.
   «Perché sei triste, Maestro mio? Io non sono Giovanni e non saprò darti tutto quanto ti dà lui. Ma è in me il desiderio di darti ogni conforto. E ho solo un dolore, quello di essere incapace di farlo. Dimmi: ti ho forse spiaciuto in questi ultimi giorni al punto che il dovere stare con me ti accascia?».
   «No, amico buono. Non mi hai mai spiaciuto dal momento che ti ho visto. E credo che non mi sarai mai cagione di pianto».
   «E allora, Maestro? Non sono degno delle tue confidenze. Ma per l’età quasi ti potrei essere padre, e Tu sai che sete di figli ho sempre avuto… Lascia che io ti accarezzi come fossi un figlio e che ti faccia, in quest’ora di pena, da padre e da madre.
   È di tua Madre che Tu hai bisogno per dimenticare tante cose…».
   «Oh! sì! È di mia Madre!».
   «Ebbene, in attesa di poterti consolare in Lei, lascia al tuo servo la gioia di consolarti.

   83.5 Tu piangi, Maestro, perché ci fu chi ti spiacque. Da più giorni il tuo viso è come sole offuscato da nubi. Io ti osservo. La tua bontà cela la tua ferita, perché noi non si odii colui che ti ferisce. Ma questa ferita duole e ti dà nausea. Ma dimmi, mio Signore, perché non allontani la sorgente della pena?».
   «Perché è inutile umanamente e sarebbe anticarità».
   «Ah! Tu hai capito che io parlo di Giuda! È per lui che soffri. Come puoi, Tu, Verità, sopportare quel menzognero? Egli mente e non cambia colore. È falso più di una volpe. Chiuso più di un macigno. Ora è andato via. Che va a fare? Quanti amici ha egli mai? Mi duole lasciarti. Ma vorrei seguirlo e vedere… Oh! Gesù mio! Quell’uomo… allontanalo, Signore mio».
   «È inutile. Quello che deve essere sarà».
   «Che vuoi dire?».
   «Nulla di speciale».
   «Tu lo hai lasciato andare volentieri perché… perché ti sei ripugnato del suo modo di Gerico».
   «È vero. Simone, Io ti dico ancora: quello che deve essere sarà. E Giuda è parte di questo futuro. Vi deve essere anche lui».
   «Ma Giovanni mi ha detto che Simon-Pietro è tutto schiettezza e fuoco… Lo sopporterà costui?».
   «Lo deve sopportare. Pietro è destinato anche lui ad una parte, e Giuda è il canovaccio su cui egli deve tessere la sua parte, o, se più ti piace, è la scuola in cui Pietro si farà più che con ogni altro. Esser buoni con Giovanni, capire gli spiriti come Giovanni, è virtù anche degli ebeti. Ma esser buoni con chi è un Giuda, e saper capire gli spiriti come quelli di Giuda, ed esser medico e sacerdote per essi, è difficile. Giuda è il vostro insegnamento vivente».
   «Il nostro?».
   «Sì. Il vostro. Il Maestro non è eterno sulla Terra. Se ne andrà dopo aver mangiato il più duro pane e bevuto il più aspro vino. Ma voi resterete a continuarmi… e dovete sapere. Perché il mondo non finisce col Maestro. Ma dura oltre, sino al ritorno finale del Cristo e al giudizio finale dell’uomo. E in verità ti dico che per un Giovanni, un Pietro, un Simone, un Giacomo, Andrea, Filippo, Bartolommeo, Tommaso, vi sono almeno altrettante volte sette Giuda. E più, più ancora!…».
   Simone riflette e tace. Poi dice: «I pastori sono buoni. Giuda li sprezza. Ma io li amo».
   «Io li amo e lodo».
   «Sono anime semplici come piacciono a Te».
   «Giuda è vissuto in città».
   «Sua unica scusa. Ma tanti lo sono, vissuti in città, eppure…

   83.6 Quando verrai dal mio amico?».
   «Domani, Simone. E ben volentieri, perché siamo Io e te, soli. Penso sia uomo colto ed esperto come te».
   «E molto sofferente… Nel corpo e più nel cuore. Maestro…
   Ti vorrei pregare di una cosa: se non ti parla delle sue tristezze, Tu non interrogarlo sulla sua casa».
   «Non lo farò. Io sono per chi soffre, ma non forzo le confidenze. Il pianto ha il suo pudore…».
   «Ed io non l’ho rispettato… Ma mi hai fatto tanta pena…».
   «Tu sei mio amico e già avevi dato un nome al mio dolore.
   Io per il tuo amico sono il Rabbi sconosciuto. Quando mi conoscerà… allora… Andiamo. La notte è venuta. Non facciamo attendere gli ospiti che stanchi sono. Domani all’alba andremo a Betania».

   83.7 Gesù dice poi:
   «Piccolo Giovanni, quante volte ho pianto colla faccia al suolo per gli uomini! E voi vorreste esser da meno di Me?
   Anche per voi i buoni sono nella proporzione che vi era fra i buoni e Giuda. E più uno è buono e più ne soffre. Ma anche per voi, e questo dico specialmente per coloro che sono preposti alla cura dei cuori, è necessario imparare studiando Giuda. Tutti siete dei “Pietri”, voi sacerdoti. E dovete legare e slegare. Ma quanto, quanto, quanto spirito di osservazione, quanta fusione in Dio, quanto studio vivo, quante comparazioni col metodo del vostro Maestro dovete fare per esserlo come dovete esserlo!
   A qualcuno sembrerà inutile, umano, impossibile quanto illustro. Sono i soliti che negano le fasi umane della vita di Gesù, e di Me fanno una cosa tanto fuor della vita umana da esser solo cosa divina. Dove va allora la Ss. Umanità, dove il sacrificio della Seconda Persona a vestire una carne? Oh! che invero ero Uomo fra gli uomini. Ero l’Uomo. E perciò soffrivo di vedere il traditore e gli ingrati. E perciò gioivo di chi mi amava o a Me si convertiva. E perciò fremevo e piangevo davanti al cadavere spirituale di Giuda. Ho fremuto e pianto davanti al morto amico[11]. Ma sapevo che l’avrei chiamato alla vita e gioivo di vederlo già con lo spirito nel Limbo. Qui… qui avevo di fronte il Demonio. E di più non dico.
   Tu seguimi, Giovanni. Diamo agli uomini anche questo dono. E poi… Beati quelli che ascoltano la Parola di Dio e si sforzano di fare ciò che essa dice. Beati quelli che vogliono conoscermi per amarmi. In loro e a loro Io sarò benedizione».

[11] Ho fremuto e pianto davanti al morto amico, come si narra in: Giovanni 11, 33-38 (548.7).