MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME III CAPITOLO 202



CCII. Un rimprovero a Giuda Iscariota e l’arrivo dei contadini di Giocana.

   27 giugno 1945.

   202.1 La vigilia della Pasqua. Solo con i suoi apostoli, perché le donne non sono unite al gruppo, Gesù attende il ritorno di Pietro che ha portato l’agnello pasquale al suo sacrificio.
   Mentre attendono, e Gesù parla di Salomone al bambino[70], ecco Giuda che attraversa il grande cortile. È con un gruppo di giovani e parla con grandi gesti magniloquenti e con pose ispirate. Il suo mantello si agita continuamente ed egli se lo drappeggia con pose sapienti… Credo che Cicerone non era più pomposo quando pronunciava le sue orazioni… «Guarda là Giuda!», dice il Taddeo.
   «È con un gruppo di saforim», osserva Filippo.
   E Tommaso dice: «Vado a sentire cosa dice», e va senza aspettare che Gesù esprima il suo prevedibile «no».
   Gesù… oh! che viso ha Gesù! Di vera sofferenza e di severo giudizio. Marjziam, che lo guardava fin da prima, mentre dolce e lievemente mesto gli parlava del grande re d’Israele, vede questo cambiamento e quasi se ne spaventa, e scuote la mano di Gesù per richiamarlo a sé e dice: «Non guardare! Non guardare! Guarda me che ti voglio tanto bene»…

   202.2 Tommaso riesce a raggiungere Giuda senza essere visto da lui e lo segue per qualche passo. Non so quello che sente dire, so che dà in una improvvisa esclamazione tonante che fa volgere molti, e specie Giuda che diventa livido di rabbia: «Ma quanti rabbi ha mai Israele! Mi felicito con te, novella luce di sapienza!».
   «Non sono una selce. Ma una spugna. E assorbo. E quando il desiderio degli affamati di sapienza lo vuole, ecco che mi spremo per darmi con tutti i miei succhi di vita». Giuda è ampolloso e sprezzante.
   «Sembri un’eco fedele. Ma l’eco, per sussistere, deve stare presso la Voce. Se no muore, amico. Tu, mi pare che te ne allontani. Egli è là. Non vieni?».
   Giuda diventa di tutti i colori, col viso astioso e ripugnante dei suoi momenti peggiori. Ma si domina. E dice: «Vi saluto, amici. Eccomi con te, Tommaso, caro amico mio. Andiamo subito dal Maestro. Non sapevo che era nel Tempio. Se lo avessi saputo mi sarei dato alla ricerca di Lui», e passa il braccio intorno alle spalle di Tommaso come avesse per lui un grande affetto.
   Ma Tommaso, placido ma non scemo, non si lascia abbindolare da queste proteste… e chiede, un poco sornione: «Come? Non sai che è Pasqua? E pensi che il Maestro non sia fedele alla Legge?».
   «Oh! mai più! Ma lo scorso anno si mostrava, parlava… Ricordo proprio questo giorno. Mi ha attirato per la sua violenza di re… Ora… Mi sembra uno che abbia perduto vigore. Non ti pare?».
   «A me no. Mi sembra uno che ha perduto stima».
   «Nella sua missione, ecco, dici bene».
   «No. Tu capisci male. Ha perduto stima negli uomini. E tu sei uno di quelli che vi contribuiscono[71]. Vergognati!». Non ride più Tommaso! È cupo, e il suo «vergognati» è sferzante come una frustata.
   «Guarda come parli!», minaccia l’Iscariota.
   «Guarda come agisci. Qui siamo due giudei, senza testimoni. E per questo parlo. E ti ridico: “Vergognati!”. E ora taci. Non fare il tragico né il piagnucoloso, perché altrimenti parlo davanti a tutti.

   202.3 Ecco là il Maestro e i compagni. Régolati».
   «La pace a Te, Maestro…».
   «La pace a te, Giuda di Simone».
   «Mi è tanto dolce trovarti qui… Avrei da parlarti…».
   «Parla».
   «Sai… io volevo dirti… Non mi puoi ascoltare in disparte?».
   «Sei fra i compagni».
   «Ma io volevo Te solo».
   «A Betania Io sono solo con chi mi vuole e ricerca, ma tu non mi cerchi. Mi sfuggi…».
   «No, Maestro. Non lo puoi dire».
   «Perché ieri hai offeso Simone, e Me con lui, e con noi Giuseppe d’Arimatea, i compagni, e mia Madre e le altre?».
   «Io? Ma non vi ho visti!».
   «Non ci hai voluti vedere. Perché non sei venuto, come era convenuto, a benedire il Signore per un innocente accolto nella Legge? Rispondi! Non hai sentito neppure il bisogno di avvisare che non saresti venuto».
   «Ecco mio padre!», grida Marjziam che scorge Pietro di ritorno col suo agnello sgozzato, sventrato, riavvolto nella pelle.
   «Oh! con lui è Michea e gli altri! Vado, posso andare incontro a loro per sentire del vecchio padre?».
   «Vai, figlio», dice Gesù accarezzandolo. E aggiunge, toccando Giovanni di Endor sulla spalla: «Ti prego, accompagnalo e… trattienili un poco». Si rivolge da capo a Giuda: «Rispondi dunque! Io aspetto».
   «Maestro… un obbligo improvviso… inderogabile… Ne ho avuto dolore… Ma…».
   «Ma non c’era, in tutta Gerusalemme, uno che potesse portare la tua giustificazione, ammesso che tu ne avessi una? Ed era già colpa. Ti ricordo che recentemente un uomo ha lasciato di seppellire il padre per seguirmi, e che questi miei fratelli hanno lasciato fra gli anatemi la casa paterna per seguire Me, e che Simone e Tommaso, e con loro Andrea, Giacomo, Giovanni, Filippo e Natanaele, hanno lasciato la famiglia, e Simone Cananeo la ricchezza per darmela, e Matteo il peccato per seguire Me. E potrei continuare con cento nomi. Vi è chi lascia la vita, la stessa vita, per seguire Me nel Regno dei Cieli. Ma, posto che sei così ingeneroso, sii almeno educato. Non hai carità, ma abbi almeno signorilità. Imita, poiché ti piacciono, i falsi farisei che mi tradiscono, che ci tradiscono mostrandosi educati. Il tuo dovere era di serbarti per noi, ieri, per non offendere Pietro, che esigo sia rispettato da tutti. Ma almeno fossi giunto a mandare un avviso».
   «Ho sbagliato.

   202.4 Ma ora venivo apposta in cerca di Te per dirti che, sempre per la stessa causa, domani io non posso venire. Sai… Ho degli amici del padre mio e mi…».
   «Basta. Va’ pure con loro. Addio».
   «Maestro… sei sdegnato con me? Mi hai detto che mi faresti da padre… Io sono un ragazzo sventato, ma un padre perdona…».
   «Ti perdono, sì. Ma va’ via. Non fare attendere oltre gli amici di tuo padre, così come Io non faccio attendere oltre gli amici del santo Giona».
   «Quando lascerai Betania?».
   «Alla fine degli Azzimi. Addio». Gesù si volge e va verso i contadini che sono in estasi davanti al mutato Marjziam.
   Fa pochi passi e poi si arresta per la considerazione di Tommaso: «Per Geovà! Voleva vederti nella violenza di re! Lo hai servito!…».
   «Vi prego dimenticare tutti l’incidente, così come Io mi sforzo di farlo. E vi ordino il silenzio con Simone di Giona, Giovanni di Endor e il piccolo. Per motivi che la vostra intelligenza è in grado di comprendere, è bene non addolorare e non scandalizzare quei tre. E silenzio a Betania, con le donne. Vi è mia Madre, ricordatevelo».
   «Sta’ sicuro, Maestro», «Faremo di tutto per riparare», «E per consolarti, sì», dicono tutti.
   «Grazie…

   202.5 Oh! La pace a voi tutti. Isacco vi ha trovati. Ne sono lieto. Godete in pace la vostra Pasqua. I miei pastori saranno tanti fratelli buoni con voi. Isacco, prima che partano, accompagnameli. Li voglio benedire ancora. Avete visto il bambino?».
   «Oh! Maestro! Come sta bene! È già più florido! Oh! lo diremo al vecchio. Come ne sarà felice! Ci ha detto questo giusto che ora Jabé è suo figlio… Una provvidenza! Diremo tutto, tutto».
   «Anche che sono figlio della Legge. E che sono felice. E che lo ricordo sempre. E che non pianga per me né per la mamma. Io l’ho vicina e anche lui ce l’ha come un angelo, e ce l’avrà sempre anche nell’ora della morte, e se Gesù avrà già aperto le porte dei Cieli ecco allora che la mamma, più bella di un angelo, verrà incontro al vecchio padre e lo condurrà da Gesù. Lo ha detto Lui. Glielo direte? Lo saprete dire bene?».
   «Sì, Jabé».
   «No. Ora sono Marjziam. Mi ha dato questo nome la Mamma del Signore. È come se si dicesse il suo nome. Mi vuole tanto bene. Mi mette a letto Lei ogni sera e mi fa dire le preghiere che faceva dire al suo Bambino. E mi sveglia con un bacio, e mi veste, e mi insegna tante cose. Anche Lui però. Ma entrano dentro così piano che si sanno senza fatica. Il mio Maestro!!!».
   Il bambino si stringe a Gesù con una tale adorazione di atto e di espressione che commuove.
   «Sì, direte tutto questo e anche che non perda la speranza il vecchio. Quest’angelo prega per lui ed Io lo benedico. Anche voi benedico. Andate. La pace sia con voi».
   I gruppi si separano andando ognuno per suo conto.

[70] di Salomone al bambino, invece dial bambino di Salomone, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.
[71] contribuiscono, invece dicontribuisci, è correzione nostra; prima di è sferzante omettiamo l’aggiunta Tommaso nelle sue parole, che senza un nesso MV ha inserito sul manoscritto originale.