MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME III CAPITOLO 210



CCX. Le inquietudini di Giuda Iscariota durante il cammino verso Ebron.

   6 luglio 1945.

   210.1 «Ma non credo che vogliate fare un pellegrinaggio a tutti i luoghi noti d’Israele», dice ironico l’Iscariota che discute in un gruppo dove sono Maria d’Alfeo e Salome, oltre Andrea e Tommaso.
   «Perché no? Chi lo vieta?», domanda Maria Cleofa.
   «Ma io. Mia madre mi attende da tanto…».
   «Ma vàcci da tua madre. Ti raggiungeremo poi», dice Salome, e pare che aggiunga mentalmente: «Nessuno si addolorerà per la tua assenza».
   «No proprio! Io ci vado col Maestro. Già non c’è più la Madre, come era stabilito. E questo veramente non andava fatto, perché era stato promesso che ci sarebbe stata».
   «Si è fermata a Betsur per una opera buona. Quella donna era ben infelice».
   «Gesù la poteva guarire subito senza bisogno di farla tornare integra grado a grado. Non so perché ora non ami più fare strepitosi miracoli».
   «Se così ha fatto, avrà le sue sante ragioni», dice calmo Andrea.
   «Già! E così perde i proseliti.

   210.2 La sosta a Gerusalemme! Che delusione! Più c’è bisogno di cose altisonanti e più Lui si rannicchia nell’ombra. Mi ero tanto ripromesso di vedere, di combattere…».
   «Scusa la domanda… Ma cosa volevi vedere e chi volevi combattere?», chiede Tommaso.
   «Che? Chi? Ma vedere le sue opere di miracolo e poi potere tenere testa a chi dice che è un falso profeta o un indemoniato. Perché questo si dice, capisci? Dicono che se Belzebù non lo sostiene Egli è un povero uomo. E dato che l’umore capriccioso di Belzebù è noto e si sa che egli si diletta di prendere e lasciare, come fa il leopardo con la preda, e che i fatti giustificano questo pensiero, mi inquieto a pensare che Egli non fa nulla. Bella figura che ci facciamo! Gli apostoli di un Maestro… tutto dottrina, questo è innegabile, ma non più altro». Il brusco arresto di Giuda dopo la parola «Maestro» fa pensare che la dovesse dire più grossa.
   Le donne sono esterrefatte e Maria d’Alfeo, come parente di Gesù, dice chiaro: «Io non mi stupisco di questo, ma che Egli ti sopporti, ragazzo!».
   Ma Andrea, il sempre mite Andrea, perde la pazienza e rosso, inviperito, molto simile al fratello una volta tanto, urla:
   «Ma vattene! E non fare più brutte figure per causa del Maestro! E chi ti ha chiamato? Noi ci ha voluti. Ma te no. Hai dovuto insistere più volte perché ti accettasse. Ti sei imposto tu.
   Non so chi mi tiene da riferire tutto agli altri…».
   «Con voi non si può mai parlare. Hanno ragione di dirvi rissosi e ignoranti…».
   «Ecco, veramente anche io non capisco proprio dove trovi l’errore nel Maestro. Io non sapevo di questi umori capricciosi del Demonio. Poveretto! Certo che deve essere strambo. Se era di intelligenza equilibrata non si ribellava a Dio. Ma ne prenderò nota», motteggia Tommaso per stornare la bufera che si avvicina.
   «Non scherzare, ché io non scherzo. Puoi forse dire che a Gerusalemme si è fatto notare? Lo ha detto anche Lazzaro del resto…».
   La risata di Tommaso è rimbombante. Poi, ancora ridendo, e già il suo riso ha disorientato l’Iscariota, dice: «Non ha fatto niente? Vallo a chiedere ai lebbrosi di Siloan e di Hinnom. Cioè: a Hinnom non ci trovi più nessuno, perché sono tutti guariti. Se tu non c’eri perché avevi fretta di andartene dagli… amici, e perciò non sai, ciò non toglie che le valli di Gerusalemme, e anche molte altre, risuonino degli osanna dei guariti», termina serio Tommaso.

   210.3 E aggiunge severo: «Tu sei malato di bile, amico. Ed essa ti fa sentire amaro e vedere verde da per tutto. Deve essere una malattia ricorrente in te. E credi che è poco piacevole convivere con uno come te. Modificati. Io non andrò a dire niente a nessuno, e se queste buone donne mi vogliono ascoltare staranno zitte come me, e così farà Andrea. Ma tu modificati. Non ti credere deluso, perché non c’è delusione. Non necessario, perché il Maestro sa fare da Sé. Non volere essere tu il maestro del Maestro. Se Egli anche per quella povera donna di Elisa ha agito così, è segno che era bene fare così. Lascia che i serpenti fischino e sputino a loro piacere. Non ti prendere l’affanno di volere fare da sensale fra loro e Lui, e tanto meno non ti pensare di avvilirti a stare con Lui. Anche non guarisse più neppur di un raffreddore, sarebbe sempre potente. La sua parola è un continuo miracolo. E mettiti in pace. Non abbiamo dietro gli arcieri! Arriveremo, va’ là, arriveremo a convincere il mondo che Gesù è Gesù. E sta’ quieto anche, che se Maria ha promesso di venire da tua madre ci verrà. Noi intanto andiamo pellegrinando per queste belle contrade, è il nostro lavoro! E, sicuro! Facciamo contente anche le discepole andando a vedere la tomba di Abramo, il suo albero e poi la tomba di Jesse e… che altro avete detto?».
   «Si dice che qui è il posto dove abitò Adamo e fu ucciso Abele…».
   «Le solite leggende senza senso!…», brontola Giuda.
   «Fra un secolo si dirà che è leggenda la grotta di Betlemme e tante altre cose!

   210.4 E poi, scusa! Tu hai voluto andare in quel fetido antro di Endor che, ne devi convenire, non era di un… ciclo santo; non ti pare forse? E loro vengono qui dove si dice che sono sangue e ceneri di santi. Endor ci ha portato Giovanni e chissà…».
   «Bell’acquisto Giovanni!», motteggia l’Iscariota.
   «Nel volto no che non lo è. Nell’anima può essere meglio di noi».
   «Questo poi! Con quel passato!».
   «Taci. Il Maestro ha detto che non lo dobbiamo ricordare».
   «Comodo! Vorrei vedere io, se facessi qualcosa di simile, se voi non lo ricordereste!».
   «Addio, Giuda. È meglio che tu stia da solo. Sei troppo inquieto. Almeno sapessi cosa hai!».
   «Cosa ho, Toma? Ho che vedo trascurare noi per i primi venuti[94]. Ho che vedo preferire tutti a me. Ho che noto come si aspetta che io non ci sia per insegnare a pregare. E vuoi che mi facciano piacere queste cose?».
   «Non fanno piacere. Ma ti faccio osservare che, se tu eri venuto con noi per la Cena di Pasqua, ci saresti stato tu pure sull’Uliveto con noi quando il Maestro ci insegnò la preghiera. Non vedo poi dove noi si sia trascurati per i primi venuti. Perché c’è quel povero innocente parli? O perché c’è quell’infelice di Giovanni?».
   «Per l’uno e l’altro. Gesù non ci parla quasi più. Guardalo anche ora… È là che si attarda a parlare, a parlare, col bambino. Ha da aspettare un bel pezzo prima che possa metterlo fra i discepoli! E l’altro, poi, non lo sarà mai. Troppo superbo, colto, indurito e di tendenze cattive. Eppure: “Giovanni di qua, Giovanni di là”…».
   «Padre Abramo mantienimi la pazienza!!! E in che ti pare che preferisca altri a te il Maestro?».
   «Ma non vedi anche ora? Venuto il tempo di lasciare Betsur, dopo una sosta per istruire tre pastori che potevano benissimo essere istruiti da Isacco, ecco che chi lascia con sua Madre? Io, te? No. Lascia Simone. Un vecchio che quasi non parla!…».
   «Ma che quel poco che dice lo dice sempre bene», rimbecca Tommaso, solo ormai, perché le donne con Andrea si sono separate e vanno avanti svelte come per fuggire un pezzo di via tutta sole.

   210.5 I due apostoli sono così accalorati che non sentono venire Gesù, perché il rumore della sua pedata si perde del tutto nel polverone della via. Ma se Lui non fa rumore, loro due urlano per dieci, e Gesù sente. Dietro a Lui sono Pietro, Matteo, i due cugini del Signore, Filippo e Bartolomeo e i due figli di Zebedeo, che hanno fra di loro Marziam.
   Gesù dice: «Hai detto bene, Tommaso. Simone parla poco, ma quel poco lo dice sempre bene. È una mente pacata e un cuore onesto. È soprattutto una grande buona volontà. Per questo l’ho lasciato con mia Madre. È un vero galantuomo e insieme è uno che sa vivere, che ha sofferto, e che è vecchio. Perciò – parlo, posto che suppongo che c’è chi gli pare ingiusta la scelta – perciò era il più adatto a rimanere. Non potevo, Giuda, permettere che mia Madre rimanesse sola presso una povera donna ancora malata. Ed era giusto che la lasciassi. La Madre compirà l’opera da Me iniziata. Ma non potevo neppure lasciarla con i fratelli miei, né con Andrea, Giacomo o Giovanni, e neppure con te. Se non ne capisci la ragione, non so che dire…».
   «Perché è tua Madre, giovane, bella, e la gente…».
   «No! La gente avrà sempre fango nel pensiero, sulle labbra e nelle mani, e specie nel cuore, la gente disonesta che vede, in tutti, i sentimenti che ha essa; ma del suo fango Io non me ne curo. Cade da sé quando è secco. Ma ho preferito Simone perché è vecchio e non avrebbe troppo ricordato i figli morti alla desolata. Voi giovani li avreste rievocati con la vostra gioventù… Simone sa vegliare e sa non farsi sentire, non esige mai nulla, sa compatire, sa sorvegliare se stesso. Potevo prendere Pietro. Chi meglio di lui presso mia Madre? Ma è troppo impulsivo ancora. Vedi che glielo dico sul viso, e lui non se ne adombra. Pietro è sincero e ama la sincerità anche se a suo danno. Potevo prendere Natanaele. Ma non è mai stato in Giudea. Simone invece la conosce bene, e sarà prezioso per guidare la Madre a Keriot. Sa anche dove è la tua casa di campagna e quella di città e non farà…».

   210.6 «Ma… Maestro!… Ma la Madre tua verrà proprio dalla mia?».
   «Ma è detto. E quando una cosa è detta si fa. Noi andremo lentamente, fermandoci ad evangelizzare per questi paesi. Non vuoi che la evangelizzi la tua Giudea?».
   «Oh! sì, Maestro… Ma credevo… ma pensavo…».
   «Ma più di tutto ti creavi delle pene per delle chimere sognate da te. Alla seconda fase della luna di ziv noi saremo tutti da tua madre. Noi, ossia anche mia Madre con Simone. Per ora Ella evangelizza Betsur, città giudea, così come Giovanna evangelizza Gerusalemme, e con lei lo fa una fanciulla e un sacerdote già lebbroso, così come Lazzaro con Marta e il vecchio Ismaele evangelizzano Betania, così come a Jutta evangelizza Sara e a Keriot certo parla del Messia tua madre. Non puoi certo dire che lascio la Giudea senza voci. Ma anzi do ad essa, chiusa e proterva più di altre regioni, le voci più dolci, quelle delle donne, oltre che quelle di Isacco santo e di Lazzaro amico. Le donne che alla parola uniscono l’arte sottile della donna, maestra nel portare gli animi al punto che vuole. Non parli più? Perché quasi piangi, grande bambino capriccioso? Che ti giova avvelenarti con le ombre? Hai ancora motivo di inquietudine?
   Suvvia! Parla…».
   «Sono cattivo… e Tu sei tanto buono. La tua bontà mi colpisce sempre, perché è sempre così fresca, così nuova… Io… io non so mai dire quando la trovo sul mio cammino».
   «Hai detto il vero. Non lo puoi sapere. Ma è perché non è né 210.7 fresca né nuova. È eterna, Giuda. È onnipresente, Giuda…

   210.7 Oh! eccoci alle vicinanze di Ebron, e Maria e Salome con Andrea ci fanno grandi gesti. Andiamo. Parlano con degli uomini. Devono avere chiesto dove sono i luoghi storici. Tua madre si ringiovanisce, fratello mio, in questa rievocazione!».
   Giuda Taddeo sorride al Cugino che a sua volta sorride.
   E Pietro[95]: «Ringiovaniamo tutti! Mi pare di essere a scuola. Ma è una bella scuola! Meglio di quella di quel brontolone di Eliseo. Te lo ricordi, Filippo? Ma ce ne abbiamo fatte, veh! Quella storia delle tribù! “Dite le città delle tribù!”, “Non le avete dette in coro… Tornatele a dire…”, “Simone, pari un ranocchio addormentato. Resti indietro. Tornate da capo”. Ohimè! Ero diventato tutto nomi di città e paesi del tempo dei tempi e non sapevo altro. Invece qui! Si impara proprio! Sai, Marziam? Qualche giorno il tuo padre va a dare l’esame, ora che sa…».
   Ridono tutti mentre vanno verso Andrea e le donne.

[94] i primi venuti, qui e alcune righe più sotto, sono in realtà gli ultimi venuti (primi dal presente al passato, ultimi dal passato al presente).
[95] E Pietro: è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta.