MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

A A A

VOLUME III CAPITOLO 164



CLXIV. Il ritiro sul monte per l'elezione apostolica.

   15 maggio 1945. […].

   164.1 Le barche di Pietro e Giovanni veleggiano sul lago quieto, seguite da tutte le imbarcazioni che sono sulle rive di Tiberiade, io credo, tante sono le barche e barchette che vanno e vengono cercando di raggiungere, di superare, per poi mettersi in coda di nuovo, la barca di Gesù. E preghiere, suppliche, clamori, richieste si incrociano sull’onde azzurre.
   Gesù, che nella sua barca ha anche Maria e la madre di Giacomo e Giuda, mentre nell’altra barca, col figlio Giovanni, è anche Maria Salome con Susanna, promette, risponde, benedice instancabile. «Tornerò. Sì. Ve lo prometto. Siate buoni. Ricordate le mie parole, per unirle a quelle che vi dirò poi. Sarà una breve separazione. Non siate egoisti. Sono venuto anche per gli altri. Buoni! Buoni! Vi farete del male. Sì. Pregherò per voi. Mi avrete sempre vicino. Il Signore sia con voi. Certo, mi ricorderò del tuo pianto e sarai consolato. Spera, abbi fede».
   E così, andando, benedicendo, promettendo, la barca giunge a riva. Non è Tiberiade, ma è un minuscolo paesello, proprio un pugno di case, povere, quasi abbandonate. Gesù e i suoi scendono, e le barche tornano indietro guidate dai garzoni e da Zebedeo. Anche le altre le imitano, però molti che sono in esse scendono pure e vogliono a tutti i costi seguire Gesù. Fra questi vedo Isacco coi suoi due patrocinati: Giuseppe e Timoneo. Non riconosco altri fra i molti di tutte le età, dagli adolescenti ai vecchi.

   164.2 Gesù lascia il paese, che resta indifferente nei suoi pochi abitanti molto cenciosi, ai quali Gesù fa dare degli oboli, e raggiunge la via maestra. Si ferma. «Ed ora dividiamoci», dice. «Madre, tu con Maria e con Salome vai pure a Nazaret. Susanna può tornare a Cana. Presto Io tornerò. Sapete ciò che è da fare. Dio sia con voi!».
   Ma per sua Madre ha uno speciale saluto pieno di sorriso, ed anche quando Maria si inginocchia, dando l’esempio alle altre, per essere benedetta, Gesù sorride con tanta dolcezza.
   Le donne, con le quali sono Alfeo di Sara e Simone, vanno verso la loro città.
   Gesù si volge ai rimasti: «Io vi lascio. Ma non vi rimando. Vi lascio per qualche tempo, ritirandomi con questi in quelle gole che vedete là. Chi vuole attendermi mi attenda in questa pianura, chi non vuole torni alla sua casa. Io mi ritiro in preghiera perché sono alla vigilia di grandi cose. Chi ama la causa del Padre preghi, unendosi in spirito a Me. La pace sia con voi, figli. Isacco, tu sai ciò che devi fare. Ti benedico, piccolo pastore». Gesù sorride allo scarno Isacco, pastore ormai di uomini che si raggruppano intorno a lui.

   164.3 Gesù cammina ora volgendo le spalle al lago, dirigendosi sicuro verso una gola fra le colline che vanno dal lago verso ovest in righe direi quasi parallele. Fra l’una e l’altra collina rocciosa, scabra, che si apre a picco come un fiordo, scende un torrentello spumoso dal molto fragore e sopra sale il monte selvaggio, con piantacce cresciute in ogni senso, come hanno potuto, fra pietra e pietra. Un sentiero da capre attacca la collina più scabra. E Gesù prende proprio quello.
   I discepoli lo seguono faticosamente, in fila indiana, nel più assoluto silenzio. Solo quando Gesù si ferma, per dare loro respiro, in qualche posto un poco più largo del sentiero che pare una graffiatura sulla costa impervia, essi si guardano senza parlare. I loro sguardi dicono: «Ma dove ci porta?». Ma non parlano. Solo si guardano, e sempre più desolatamente quanto più vedono che Gesù sempre riprende l’andare per la gola selvaggia, piena di caverne, di spacchi, di massi su cui è difficile l’andare e per gli stessi, e per i rovi e mille altre piantacce che afferrano le vesti da ogni parte, e graffiano, e fanno incespicare, e battono sul viso. Anche i più giovani, carichi di pesanti borse, hanno perduto il buon umore.

   164.4 Infine Gesù si ferma e dice:
   «E qui resteremo per una settimana in orazione. Per prepararvi ad una grande cosa. Per questo ho voluto isolarmi così, in luogo deserto, lontano da ogni carovaniera, da ogni paese. Qui vi sono grotte che hanno servito altre volte a uomini. Serviranno anche a noi. Qui vi sono acque fresche e abbondanti, mentre il terreno è asciutto. Abbiamo pane e cibo sufficiente per la sosta. Quelli che lo scorso anno sono stati con Me nel deserto sanno come Io vissi. Questa è una reggia rispetto a quel luogo, e la stagione, ormai buona, leva l’asprezza del gelo e quella del sole alla sosta. Vogliate perciò starvi di buon animo. Forse mai più saremo così tutti insieme e tutti soli. Questa sosta deve unirvi, facendo di voi non più dodici uomini, ma una sola istituzione.
   Non parlate? Non mi chiedete nulla? Deponete su quel masso i pesi che portate e gettate a valle l’altro peso che avete nel cuore: la vostra umanità. Qui vi ho portato per parlarvi allo spirito, per nutrirvi lo spirito, per farvi spirito. E non dirò molte parole. Ve ne ho dette tante in un anno circa che sono con voi! Ora basta di questo. Se dovessi mutarvi con la parola dovrei tenervi dieci e cento anni ed ancora sareste sempre imperfetti.
   Ora è tempo che Io vi usi. Per usarvi vi devo formare. Ricorro alla grande medicina, alla grande arma: la preghiera. Io ho sempre pregato per voi. Ma ora voglio che voi preghiate da voi. Non ancora vi insegno la mia preghiera. Ma vi rendo cogniti del modo come si prega e di cosa è la preghiera. Essa è colloquio di figli col Padre, di spiriti a Spirito, aperto, caldo, confidente, raccolto, schietto. Tutto è la preghiera: è confessione, è conoscenza di noi stessi, è pianto su noi stessi, è promessa a noi stessi e a Dio, è richiesta a Dio, tutto fatto ai piedi del Padre. E non può farsi nel frastuono, fra le distrazioni, a meno di essere colossi nell’orazione. Ed anche i colossi ne soffrono di questo urto e rumore del mondo nelle loro ore di orazione. Voi non siete colossi, siete pigmei. Non siete che infanti nello spirito. Non siete che deficienti dello spirito. Qui raggiungerete la età della ragione spirituale. Il resto verrà poi.
   Mattina, mezzogiorno e sera ci riuniremo per pregare insieme con le antiche parole d’Israele e per spezzare il pane, e poi ognuno tornerà nella sua grotta, stando di fronte a Dio e alla sua anima, stando di fronte a quanto vi ho detto sulla vostra missione e alle vostre capacità. Misuratevi, ascoltatevi, decidete. È l’ultima volta che ve lo dico. Ma dopo dovrete essere perfetti, per quanto potete, senza stanchezze né umanità. Dopo non sarete più Simone di Giona e Giuda di Simone. Non sarete più Andrea o Giovanni, Matteo o Tommaso. Ma sarete i miei ministri.
   Andate. Ognuno da solo. Io sarò in quella grotta. Sempre presente. Ma non venite senza seria ragione. Dovete imparare a fare da voi ed a stare da voi. Perché, in verità ve lo dico, un anno fa stavamo per conoscerci e fra due staremo per lasciarci. Guai a voi e guai a Me se non aveste imparato a fare da voi. Dio sia con voi.
   Giuda, Giovanni, portate dentro alla mia grotta, quella, le cibarie. Devono durare ed Io le distribuirò».
   «Saranno poche!…», obbietta qualcuno.
   «Il sufficiente per non morire. Il ventre troppo satollo appesantisce lo spirito. Io vi voglio elevare e non rendervi zavorra».