MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME III CAPITOLO 177



CLXXVII. Guarigione del servo del centurione.

   2 giugno 1945.

   177.1 Venendo dalla campagna Gesù entra in Cafarnao. Sono con Lui solo i dodici, anzi gli undici apostoli, perché non c’è Giovanni. I soliti saluti della gente su una gamma molto varia di espressioni, da quelli che sono tutta semplicità dei bambini, a quelli un poco timidi delle donne, a quelli estatici dei miracolati, fino a quelli curiosi o ironici. Ce ne sono per tutti i gusti. E Gesù risponde a tutti, a seconda di come è salutato: con carezze ai piccoli, benedizioni alle donne, sorrisi ai miracolati e rispetto profondo per gli altri.
   Ma questa volta alla serie si unisce il saluto del centurione del luogo, credo. Lo saluta col suo: «Salve, Maestro!», al quale Gesù risponde col suo: «Dio venga a te».
   Il romano prosegue, mentre la folla si accosta curiosa di vedere come va l’incontro: «Sono più giorni che ti aspetto. Tu non mi riconosci fra gli ascoltatori del Monte. Ero vestito da cittadino. Non mi chiedi perché ero venuto?».
   «Non te lo chiedo. Che vuoi da Me?».
   «L’ordine è di seguire coloro che tengono assembramenti, perché troppe volte Roma dovette pentirsi di avere concesso riunioni di apparenza onesta. Ma, vedendo e udendo, ho pensato a Te come a… come a…

   177.2 Ho un servo malato, Signore. Egli giace nella mia casa, nel suo letto, paralizzato da un male nelle ossa, e soffre terribilmente. I nostri medici non lo guariscono. I vostri, che ho invitato a venire perché sono mali che vengono dalle arie corrotte di queste regioni, e voi li sapete curare con le erbe del suolo febbricoso della sponda dove stagnano le acque prima di esser bevute dalle arene del mare, si sono rifiutati di venire. Ne ho dolore perché è un servo fedele».
   «Io verrò e te lo guarirò».
   «No, Signore. Non chiedo che Tu faccia tanto. Sono pagano, sudiciume per voi. Se i medici ebrei temono contaminarsi col porre piede nella mia casa, con più ragione essa è contaminazione a Te che sei divino. Io non sono degno che Tu entri sotto il mio tetto. Ma se Tu dici da qui una sola parola il mio servo guarirà, perché Tu comandi a tutto quanto è. Ora se io che sono un uomo sottoposto a tante autorità, la prima delle quali è Cesare, per cui devo fare, pensare, agire come mi è comandato, posso a mia volta comandare ai soldati che ho sotto il mio comando, e se dico ad uno: “Va’”, all’altro: “Vieni”, e al servo: “Fa’ questo”, uno va dove lo mando, l’altro viene perché lo chiamo, il terzo fa quello che dico, Tu, che sei Chi sei, sarai tosto ubbidito dalla malattia ed essa se ne andrà».
   «Non è un uomo la malattia…», obbietta Gesù.
   «Neppur Tu sei un uomo, ma sei l’Uomo. Puoi dunque comandare anche agli elementi e alle febbri perché tutto è soggetto al tuo potere».

   177.3 Dei maggiorenti di Cafarnao prendono in disparte Gesù e gli dicono: «Egli è romano, ma Tu ascoltalo perché è uomo dabbene che ci rispetta e ci aiuta. Pensa che ha fatto fabbricare proprio lui la nostra sinagoga e tiene in rispetto i suoi soldati perché non ci sbeffeggino nei sabati. Fàgli dunque grazia per amore della tua città, acciò egli non resti deluso ed irritato ed il suo amore non si volga in odio per noi».
   E Gesù, ascoltati questi e quello, si volge sorridendo al centurione dicendo: «Va’ avanti che vengo».
   Ma il centurione torna a dire: «No, Signore, io l’ho detto: molto onore sarebbe se Tu entrassi sotto il mio tetto, ma non merito tanto; di’ solo una parola e il mio servo sarà guarito».
   «E sia. Va’ con fede. In questo istante la febbre lo lascia e la vita torna alle membra. Fa’ che alla tua anima pure venga la Vita. Va’».
   Il centurione saluta militarmente, e poi si inchina e se ne va.

   177.4 Gesù lo guarda andare e poi si rivolge ai presenti e dice:
   «In verità vi dico che non ho trovato tanta fede in Israele. Oh! è pur vero[24]! “Il popolo che camminava nelle tenebre vide * una gran luce. Sopra coloro che abitavano nell’oscura regione di morte la Luce è spuntata”, e ancora: “Il Messia, alzata la sua bandiera sulle nazioni, le riunirà”. Oh! Regno mio! Veramente a te affluiranno in numero sterminato! Più che tutti i cammelli e i dromedari di Madian e di Efa, e i portatori d’oro e incenso di Saba, più che tutti i greggi di Cedar e gli arieti di Nabaiot saranno numerosi coloro che verranno a te, ed il mio cuore si dilaterà di gioia vedendo venire a Me i popoli del mare e le potenze delle nazioni. Me aspettano le isole per adorarmi, e i figli degli stranieri edificheranno le mura della mia Chiesa della quale sempre staranno aperte le porte ad accogliere i re e la forza delle nazioni ed a santificarli in Me. Questo che Isaia ha visto, ecco si compirà! Io vi dico che molti verranno da oriente e occidente e sederanno con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei Cieli, mentre i figli del Regno saranno gettati nelle tenebre esteriori, dove sarà pianto e stridor di denti».
   «Tu dunque profetizzi che i gentili saranno pari ai figli d’Abramo?».
   «Non pari: superiori. Non vi rincresca che perché ciò è vostra colpa. Non Io, ma i Profeti lo dicono, ed i segni già lo confermano.

   177.5 Ora alcuno di voi vada verso la casa del centurione per constatare che il suo servo è guarito come la fede del romano lo meritava. Venite. Forse nella casa vi sono malati che attendono la mia venuta».
   E Gesù, con gli apostoli e qualche altro, perché i più si precipitano curiosi e schiamazzanti verso la casa del centurione, si dirige alla solita casa dove sosta nei giorni che è a Cafarnao.

[24] è pur vero ciò che si legge in: Isaia 9, 1; 11, 12; si compirà ciò che è profetizzato in: Isaia 60, 6-11.