MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IV CAPITOLO 259



CCLIX. Lezione sulla Chiesa e sui Sacramenti a Giacomo d’Alfeo, che opera un miracolo.

   21 agosto 1945.

   259.1 Gesù lascia il pianoro del Carmelo e scende per i sentieri rugiadosi, attraverso ai boschi che si animano sempre più di trilli e di voci, sotto il primo sole che indora la pendice orientale del monte. Quando la lieve nebbiolina del caldo si dissolve sotto al sole, tutta la pianura di Esdrelon si manifesta nella sua bellezza di frutteti e vigneti, stretti intorno alle case. Sembra un tappeto, per lo più verde, con rare oasi giallastre, sparse di un turbinio di rosso, che sono i campi del grano segato dove ora fiammeggiano i papaveri, stretto dal castone triangolare dei monti Carmelo, Tabor, Hermon (il piccolo Hermon) e dai monti più lontani, di cui non so il nome, che nascondono il Giordano e che si uniscono a sud-est coi monti della Samaria.
   Gesù si arresta a guardare, pensosamente, tutta quella parte di Palestina.
   Giacomo lo guarda e dice: «Guardi la bellezza di questa zona?».
   «Sì, anche quella. Ma, più che altro, penso alle peregrinazioni future e alla necessità di mandarvi, e mandare senza indugio, i discepoli, non nel limitato lavoro di ora, ma in un vero lavoro missionario. Abbiamo zone e zone che ancora non mi conoscono, ed Io non voglio lasciare luoghi senza di Me. È il mio affanno sempre presente: andare, fare, mentre posso, e fare tutto…».
   «Ogni tanto intervengono cose che ti rallentano».
   «Più che rallentarmi, impongono mutamenti nell’itinerario da seguire, perché non sono mai inutili i viaggi che facciamo. Ma c’è ancora tanto, tanto da fare… Anche perché, dopo un’assenza da un luogo, Io ritrovo molti cuori tornati al punto di prima e devo tornare da capo».
   «Sì, è accasciante e disgustante questa apatia degli spiriti, questa volubilità e questa preferenza al male».
   «Accasciante. Non dire disgustante. Il lavoro di Dio non è mai disgustante. Le povere anime devono farci pietà, non disgusto. Noi dobbiamo avere sempre un cuore di padre, di padre buono. Un buon padre non ha mai disgusto per le malattie dei figli. Non ne dobbiamo avere noi, per nessuno».

   259.2 «Gesù, mi permetti di farti delle domande? Io, anche questa notte, non ho dormito. Ma ho molto pensato mentre ti guardavo dormire. Nel sonno sembri tanto giovane, Fratello! Sorridevi, con il capo appoggiato ad un braccio ripiegato sotto la testa, proprio una posa da bambino. Ti vedevo bene per la luna così luminosa di questa notte. Io pensavo. E molte domande mi sono venute su dal cuore…».
   «Dille».
   «Dicevo: bisogna che io chieda a Gesù come potremo noi giungere a questo organismo, che Tu hai detto Chiesa e nel quale, se bene ho capito, vi saranno gerarchie, con la nostra insufficienza. Ci dirai Tu tutto quello che dobbiamo fare, o dovremo farlo da noi?».
   «Io, quando sarà l’ora, vi indicherò il capo di essa. Non oltre. Durante la mia presenza fra voi già vi indico le diverse classi con le differenze fra apostoli, discepoli e discepole. Perché queste sono inevitabili. Però Io voglio che, come nei discepoli deve essere rispetto e ubbidienza agli apostoli, così gli apostoli abbiano amore e pazienza coi discepoli».
   «E che dovremo fare? Sempre e solo predicarti?».
   «Questa è la cosa essenziale.

   259.3 Poi dovrete in mio nome assolvere e benedire, riammettere alla Grazia, amministrare i sacramenti che Io istituirò…».
   «Che sono queste cose?».
   «Sono mezzi soprannaturali e spirituali applicati anche con mezzi materiali, usati per persuadere gli uomini che il sacerdote fa realmente qualche cosa. Tu vedi che l’uomo se non vede non crede. Ha sempre bisogno di qualche cosa che gli dica che c’è qualcosa. Per questo, quando Io faccio miracoli impongo le mani, o bagno con la saliva, o do un boccone di pane intinto. Potrei fare miracolo anche col mio solo pensiero. Ma credi tu che allora la gente direbbe: “Dio ha fatto il miracolo”? Direbbero: “È guarito perché era l’ora di guarire”. E attribuirebbero il merito al medico, alle medicine, alla resistenza fisica del malato. Lo stesso sarà per i sacramenti: forme del culto per amministrare la Grazia, o renderla, o fortificarla nei fedeli. Giovanni, per esempio, usava l’immersione nell’acqua per dare una figura della mondezza dai peccati. In realtà, più che l’acqua che lavava le membra, era utile la mortificazione di confessarsi immondi per peccati fatti. Io pure avrò il battesimo, il mio battesimo, che non sarà semplicemente una figura, ma sarà realmente detersione della macchia di origine dall’anima e restituzione alla stessa dello stato spirituale che possedevano Adamo ed Eva avanti la loro colpa, qui aumentato ancora perché dato per i meriti dell’Uomo-Dio».
   «Ma… l’acqua non scende sull’anima! L’anima è spirituale. Chi l’afferra nel neonato, o nell’adulto, o nel vecchio? Nessuno».
   «Vedi che tu ammetti che l’acqua è un mezzo materiale, nullo su una cosa spirituale? Non sarà dunque l’acqua, ma la parola del sacerdote, membro della Chiesa di Cristo, consacrato al suo servizio, o di altro vero credente che in casi eccezionali lo sostituisca, quella che opererà il miracolo della redenzione dalla colpa di origine del battezzato».

   259.4 «Va bene. Ma l’uomo è peccatore anche di suo… E gli altri peccati chi li leverà?».
   «Sempre il sacerdote, Giacomo. Se un adulto si battezzerà, insieme alla colpa di origine si annulleranno le altre colpe. Se l’uomo è già battezzato e torna a peccare, il sacerdote lo assolverà in nome del Dio uno e trino e per il merito del Verbo incarnato, così come faccio Io coi peccatori».
   «Ma Tu sei santo! Noi…».
   «Voi santi dovete essere perché toccate cose sante e amministrate ciò che è di Dio».
   «Allora battezzeremo più volte lo stesso uomo, come fa Giovanni che concede l’immersione nell’acqua quante volte uno viene a lui?».
   «Giovanni nel suo battesimo non fa che una purificazione attraverso l’umiltà di colui che si immerge. Te l’ho già detto. Voi non ribattezzerete chi è già battezzato, fuori che nel caso che lo sia stato con una formula non apostolica ma scismatica, nel quale caso è amministrabile un secondo battesimo previa netta domanda del battezzando, se è adulto, di volerlo e netta dichiarazione di volere fare parte della vera Chiesa. Le altre volte, per rendere l’amicizia e la pace con Dio, userete la parola del perdono unita ai meriti del Cristo, e l’anima, venuta a voi con vero pentimento e umile accusa, sarà assolta».

   259.5 «E se uno non può venire perché malato al punto di non poter essere rimosso? Morirà allora in peccato? Alla sofferenza dell’agonia unirà quella della paura del giudizio di Dio?».
   «No. Il sacerdote andrà dal morente e lo assolverà. Anzi gli darà una forma più ampia di assoluzione, non complessiva, ma per ogni e singolo organo del senso per cui l’uomo generalmente giunge al peccato. Noi abbiamo in Israele l’olio santo, composto secondo la regola data[53] dall’Altissimo, e col quale vengono consacrati l’altare, il pontefice, i sacerdoti e i re. L’uomo è realmente altare. E re diventa per la sua elezione al seggio del Cielo; può dunque essere consacrato con l’olio dell’unzione. L’olio santo sarà preso con altre parti del culto israelitico e incluso nella mia Chiesa, sebbene con altri usi. Perché non tutto in Israele è male e va respinto. Ma anzi molti ricordi del ceppo antico saranno nella Chiesa mia. Ed uno sarà l’olio dell’unzione, usato anche nella Chiesa per consacrare l’altare, i pontefici e le gerarchie ecclesiastiche, tutte, e per consacrare i re, ed i fedeli, quando diverranno i principi-eredi del Regno, oppure quando avranno bisogno del massimo aiuto per comparire davanti a Dio con le membra e i sensi mondati da ogni colpa. La grazia del Signore soccorrerà l’anima ed anche il corpo, se a Dio così piace per il bene del malato. Il corpo molte volte non reagisce alla malattia anche per i rimorsi che gli turbano la pace e per l’opera di Satana che, per quella morte, spera guadagnare un’anima al suo regno e anche portare a disperazione i superstiti. Il malato passa dalla stretta satanica e dal turbamento interiore alla pace, mediante la certezza del perdono di Dio che gli ottiene anche allontanamento di Satana. E posto che il dono della Grazia aveva a compagno, nei progenitori, quello della immunità dalle malattie e da ogni forma di dolore, il malato, restituito alla Grazia, grande quanto quella che è di un neonato battezzato del mio battesimo, può ottenere anche la vittoria sulla malattia. In questo aiutato anche dalla preghiera dei fratelli di fede, nei quali vi è l’obbligo della pietà verso il malato, pietà non solo corporale ma soprattutto spirituale, tendente ad ottenere salvezza fisica e spirituale del fratello. La preghiera è già una forma di miracolo, Giacomo. La preghiera di un giusto, tu lo hai visto in Elia, tanto può fare».

   259.6 «Ti comprendo poco, ma quello che comprendo mi riempie di riverenza per il carattere sacerdotale dei tuoi sacerdoti. Se ben comprendo, avremo con Te molti punti in comune: la predicazione, l’assoluzione, il miracolo. Tre sacramenti, dunque».
   «No, Giacomo. Predicazione e miracolo non sono sacramenti. Ma i sacramenti saranno di più. Sette come il sacro candelabro del Tempio e i doni dello Spirito d’Amore. E in verità i sacramenti sono doni e sono fiamme, dati perché l’uomo arda davanti al Signore nei secoli dei secoli. Vi sarà anche il sacramento per le nozze dell’uomo. Quello che è accennato[54] nel simbolo delle nozze sante di Sara di Raguele, liberata dal demonio. Esso agli sposi darà tutti gli aiuti per una santa convivenza secondo le leggi e i desideri di Dio. Anche lo sposo e la sposa divengono ministri di un rito: quello procreativo. Anche il marito e la moglie divengono sacerdoti di una piccola chiesa: la famiglia. Devono perciò essere consacrati per procreare con benedizione di Dio e per allevare una discendenza nella quale si benedica il Nome Ss. di Dio».
   «E noi, i sacerdoti, chi ci consacrerà?».
   «Io prima di lasciarvi. Voi, poi, consacrerete i successori e quanti vi aggregherete per propagare la fede cristiana».
   «Ci insegnerai Tu, non è vero?».
   «Io e Colui che Io vi manderò. Anche questa venuta sarà un sacramento. Volontario da parte di Dio Ss. nella sua prima epifania, poi dato da coloro che avranno avuto la pienezza del sacerdozio. Sarà forza e intelligenza, sarà affermazione nella fede, sarà pietà santa e santo timore, sarà aiuto di consiglio e sapienza soprannaturale, e possesso di una giustizia che per sua natura e potenza farà adulto il pargolo che la riceve. Ma non puoi per ora comprendere questo. Egli stesso te lo farà comprendere. Egli, il divino Paraclito, l’Amore eterno, quando sarete giunti al momento di riceverlo in voi. E così non potete per ora comprendere un altro sacramento. È quasi incomprensibile agli angeli tanto è sublime. Eppure voi, semplici uomini, lo comprenderete per virtù di fede e di amore. In verità ti dico che chi lo amerà e se ne nutrirà lo spirito, potrà calpestare il demonio senza averne danno. Perché Io allora sarò con lui. Cerca di ricordare queste cose, fratello. A te spetterà di dirle ai compagni e ai fedeli, molte e molte volte. Voi allora saprete già per ministero divino, ma tu potrai dire: “Egli me lo ha detto un giorno, scendendo dal Carmelo. Tutto mi ha detto perché io ero fin da allora destinato ad essere il capo della Chiesa di Israele”».

   259.7 «Ecco un’altra domanda da farti. La pensavo questa notte.
   Ma devo essere io a dire ai compagni: “Io sarò il capo qui”? Non mi piace. Lo farò se lo ordini. Ma non mi piace».
   «Non avere timore. Lo Spirito Paraclito scenderà su tutti e vi darà i pensieri santi. Tutti avrete gli stessi pensieri per la gloria di Dio nella sua Chiesa».
   «E non ci saranno mai più quelle discussioni così… così spiacevoli che ci sono ora? Anche Giuda di Simone non sarà più elemento di disagio?».
   «Non sarà più, sta’ tranquillo. Ma divergenze ce ne saranno ancora. È per quello che ti ho detto: veglia e sorveglia senza stancarti mai, facendo il tuo dovere fino in fondo».
   «Ancora una domanda, mio Signore. In tempo di persecuzione come mi devo comportare? Sembra, a quello che Tu dici, che io abbia a restare solo dei dodici. Gli altri dunque se ne andranno per sfuggire la persecuzione. Ed io?».
   «Tu rimarrai al tuo posto. Perché, se è necessario che non siate sterminati finché non sia ben consolidata la Chiesa — e ciò giustifica la dispersione di molti discepoli e quasi tutti gli apostoli — nulla giustificherebbe la diserzione tua e l’abbandono da parte tua della Chiesa di Gerusalemme. Anzi più essa sarà in pericolo e più tu dovrai vegliarla come fosse la tua creatura più cara e in procinto di morte. Il tuo esempio irrobustirà lo spirito dei fedeli. Ne avranno bisogno per superare la prova. Più deboli li vedrai e più li dovrai sostenere, con com passione e con sapienza. Se tu sarai forte, non essere senza pietà per i deboli. Ma sostienili pensando: “Io tutto ho avuto da Dio per giungere a questa mia forza. Umilmente devo dirlo e caritatevolmente devo agire per i meno benedetti dei doni di Dio” e dare, dare la tua forza, con la parola, col soccorso, con la calma, con l’esempio».
   «E se fra i fedeli ce ne fossero di malvagi, causa di scandalo e di pericolo per gli altri, che devo fare?».
   «Prudenza nell’accettarli, perché è meglio essere pochi e buoni che molti e non buoni. Tu conosci il vecchio apologo delle mele sane e delle mele malate. Fa’ che non si ripeta nella tua chiesa. Ma se troverai tu pure i tuoi traditori, cerca ravvederli in tutti i modi, serbando i modi severi per mezzo estremo. Ma se si tratterà solo di piccole colpe, individuali, non essere di una severità che sgomenta. Perdona, perdona… Fa più un perdono congiunto a lacrime e a parole d’amore che un anatema, a redimere un cuore. Se la colpa è grave, ma frutto di un improvviso assalto di Satana, tanto grave che il colpevole sente il bisogno di fuggire dal tuo cospetto, tu va’ in cerca del colpevole. Perché egli è agnello sviato e tu sei il pastore. Non temere di avvilire te stesso con lo scendere per le vie fangose, col frugare per stagni e i precipizi. La tua fronte si incoronerà allora della corona del martire dell’amore, e sarà la prima delle tre corone… E se tu stesso sarai tradito, come lo fu il Battista, e tanti altri, perché ogni santo ha il suo traditore, perdona. Più a questo che ad alcun altro. Perdona come Dio ha perdonato agli uomini e come perdonerà. Chiama ancora “figlio” colui che ti darà dolore, perché il Padre così vi chiama per bocca mia, e in verità non vi è uomo che non abbia dato dolore al Padre dei Cieli…».

   259.8 Un lungo silenzio mentre attraversano pascoli sparsi di pecore brucanti.
   Infine Gesù chiede: «Non hai altre domande da farmi?».
   «No, Gesù. E questa mattina ho capito meglio la mia tremenda missione…».
   «Perché sei meno sconvolto di ieri. Quando sarà la tua ora, sarai ancora più in pace e capirai meglio ancora».
   «Ricorderò tutte queste cose… tutte… meno…».
   «Che, Giacomo?».
   «Meno quella che non mi lasciava guardarti senza pianto questa notte. Quella che non so se me l’hai proprio detta Tu — e dovrei crederla se detta da Te — oppure se è stata uno sgomento del demonio. Ma come puoi essere tanto calmo se… se quelle cose ti dovessero proprio accadere?».
   «E tu saresti calmo se Io ti dicessi: “Vi è quel pastore che si trascina con fatica per l’arto storpiato. Vedi di guarirlo in nome di Dio”?».
   «No, mio Signore. Sarei come fuori di me pensando di essere tentato ad usurpare il tuo posto».
   «E se te lo comandassi?».
   «Lo farei per ubbidienza e non avrei più nessuna agitazione, perché saprei che Tu lo vuoi e sarei senza tema di non saper fare. Perché certo Tu, nel mandarmi, mi daresti la forza di fare ciò che Tu vuoi».
   «Tu lo dici, e dici bene. Vedi dunque che Io, facendo ubbidienza al Padre, sono sempre in pace».
   Giacomo piange chinando il capo.
   «Vuoi proprio dimenticare?».
   «Ciò che Tu vuoi, Signore…».
   «Hai due scelte: dimenticare oppure ricordare. Il dimenticare ti libererà dal dolore e dal silenzio assoluto presso i compagni, ma ti lascerà impreparato. Il ricordare ti preparerà alla tua missione, perché non c’è che ricordare ciò che patisce nella sua vita terrena il Figlio dell’uomo per non lamentarsi mai e per virilizzarsi spiritualmente, vedendo tutto del Cristo nella più luminosa luce. Scegli».
   «Credere, ricordare, amare. Questo vorrei. E morire, al più presto, Signore…», e Giacomo piange sempre senza rumore.
   Non fossero le gocce del pianto che brillano sulla sua barba castana, non si capirebbe che piange.
   Gesù lo lascia fare…
   Infine Giacomo dice: «E se in futuro Tu farai nuove allusioni al… al tuo martirio, devo dire che so?».
   «No. Taci. Giuseppe ha saputo tacere sul suo dolore di sposo che si credeva tradito e sul mistero del concepimento verginale e della mia Natura. Imitalo. Anche quello era un tremendo segreto. Eppure andava custodito, perché il non custodirlo, o per orgoglio o per leggerezza, sarebbe stato mettere in peri colo tutta la Redenzione. Satana è costante nel vegliare e nell’agire. Ricordalo. Il tuo parlare ora sarebbe danno a troppi, per troppe cose. Taci».
   «Tacerò… e sarà doppio peso…».
   Gesù non risponde. Lascia che Giacomo, al riparo del suo copricapo di lino, pianga liberamente.

   259.9 Incontrano un uomo con un bambino infelice legato alle sue spalle.
   «È tuo figlio?», chiede Gesù.
   «Sì. Mi è nato, uccidendo la madre, così. Ora, morta anche mia madre, andando al lavoro me lo porto dietro per sorvegliarlo. Sono boscaiolo. Me lo sdraio sull’erba, sul mantello, e mentre sego le piante egli si diverte coi fiori, misero figlio mio!».
   «Hai una grande sventura».
   «Eh! sì. Ma ciò che Dio vuole va preso con pace».
   «Addio, uomo. La pace sia con te».
   «Addio. A voi pace».
   L’uomo ascende il monte, Gesù e Giacomo scendono ancora.
   «Quante sventure! Speravo che Tu lo guarissi», sospira Giacomo.
   Gesù non mostra di intendere.
   «Maestro, se quell’uomo avesse saputo che Tu sei il Messia, forse ti avrebbe chiesto il miracolo…».
   Gesù non risponde.
   «Gesù, mi lasci tornare indietro a dirlo a quell’uomo? Ho pietà di quel bambino. Ho il cuore già tanto pieno di dolore. Dammi almeno la gioia di vedere quel piccolo guarito».
   «Vai pure. Ti aspetto qui».

   259.10 Giacomo parte di corsa. Raggiunge l’uomo, lo chiama:
   «Uomo, fermati, ascolta! Quello che era con me è il Messia. Dammi il tuo bambino, ché io glielo porti. Vieni anche tu, se vuoi, per vedere se il Maestro te lo guarisce».
   «Vai tu, uomo. Io devo segare tutto questo legname. Ho già fatto tardi per causa del bambino. E se non lavoro non mangio. Sono povero e lui mi costa tanto. Io credo nel Messia, ma è meglio che tu gli parli per me».
   Giacomo si china a raccogliere il bambino steso sull’erba.
   «Fa’ piano», ammonisce il boscaiolo, «è tutto un dolore».
   Infatti, non appena Giacomo fa per alzarlo, il bambino piange lamentosamente.
   «Oh! che pena!», sospira Giacomo.
   «Una grande pena», dice il boscaiolo lavorando di sega in un tronco duro, e aggiunge: «Non potresti guarirlo tu?».
   «Non sono il Messia, io. Sono un suo discepolo soltanto…».
   «Ebbene? I medici imparano da altri medici. I discepoli dal Maestro. Va’ là, sii buono. Non lo fare soffrire. Prova tu. Se il Maestro voleva venire qui, lo faceva. Ha mandato te o perché non lo vuole guarire o perché vuole che lo guarisca tu».
   Giacomo è perplesso. Poi si decide. Si raddrizza e prega come vede fare dal suo Gesù, e poi intima: «In nome di Gesù Cristo, Messia d’Israele e Figlio di Dio, guarisci», e subito dopo si inginocchia dicendo: «Oh! mio Signore, perdono! Ho agito senza il tuo permesso! Ma è stata pietà di questa creatura d’Israele. Pietà, mio Dio! Per lui e per me, peccatore!», e piange di gusto, curvo sul bambino disteso. Le lacrime cadono sulle gambine contorte e inerti.

   209.11 Gesù sbuca dal sentiero. Ma nessuno lo vede perché il boscaiolo lavora, Giacomo piange, il bambino lo guarda curiosamente e poi, carezzoso, chiede: «Perché piangi?», e stende una manina a carezzarlo, e senza avvedersene si siede da solo, si alza e abbraccia Giacomo per consolarlo.
   È il grido di Giacomo quello che fa volgere il boscaiolo, che vede la sua creatura ritta sulle gambe non più morte e contorte. E nel volgersi vede Gesù. «Eccolo! Eccolo!», grida accennando dietro le spalle di Giacomo, che si volta e vede Gesù che lo guarda con un viso di luminosa gioia.
   «Maestro! Maestro! Io non so come fu… la pietà… quest’uomo… questo piccolo… Perdono!».
   «Alzati. I discepoli non sono da più del Maestro ma possono fare ciò che fa il Maestro quando lo fanno con santo motivo. Alzati e vieni con Me. Siate benedetti voi due e ricordatevi che anche i servi di Dio fanno le opere del Figlio di Dio», e se ne va tirandosi dietro Giacomo, che dice sempre: «Ma come ho potuto? Io non capisco ancora. Con che ho fatto miracolo in tuo nome?».
   «Con la tua pietà, Giacomo. Col tuo desiderio di farmi amare da quell’innocente e da quell’uomo che credeva e dubitava insieme. Giovanni presso Jabnia fece miracolo per amore, guarendo un morente con l’ungerlo pregando. Tu qui hai guarito col tuo pianto e la tua pietà. E con la tua fiducia nel mio Nome. Vedi come è pacifico servire il Signore quando nel discepolo è retta intenzione? Ora andiamo lesti, perché quell’uomo ci segue. Non è bene che i compagni sappiano di ciò, ancora. Presto vi manderò in mio Nome… (un gran sospiro di Gesù) come Giuda di Simone arde di fare (un altro sospirone). E farete… Ma non per tutti sarà un bene. Svelto, Giacomo! Simon Pietro, tuo fratello, e anche gli altri, soffrirebbero di sapere questo, come di una parzialità. Ma non lo è. È preparare fra voi dodici qualcuno che sappia guidare gli altri. Scendiamo nel greto di questo torrente coperto di fogliame. Faremo perdere le nostre tracce… Te ne spiace per il bambino? Oh! lo ritroveremo…».

[53] data, in: Esodo 30, 22-33.
[54] accennato, forse in: Tobia 3, 16-17.