MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IV CAPITOLO 258



CCLVIII. Gesù rivela a Giacomo d’Alfeo quale sarà la sua missione di apostolo.

   20 agosto 1945.

   258.1 È la stessa ora, ma il giorno di poi.
   Giacomo, che è ancora ritirato nello spacco del monte e seduto tutto in un gomitolo col capo curvo fin quasi sulle ginocchia alzate e tenute abbracciate dalle braccia, o è in profonda meditazione o dorme. Non capisco bene. Certo è insensibile a ciò che succede intorno a lui, ossia alla rissa di due grossi uccelli che per qualche motivo privato si battono ferocemente sul praticello. Direi che sono galli di montagna o galli cedroni o fagiani, perché hanno la grossezza di un galletto, penne variegate, ma non hanno cresta, solo un elmetto di carne rossa come un corallo sul sommo del capo e sulle guance, e le assicuro che se la testa è piccola il becco deve essere come uno spunzone d’acciaio. Penne e sangue volano e cadono per l’aria e per terra, fra uno schiamazzio molto sensibile che ha fatto tacere fischi, trilli e gorgheggi fra i rami. Forse gli uccellini osservano la giostra feroce… Giacomo non sente niente.
   Gesù invece sente e scende dalla vetta dove era salito e, battendo le mani, separa i contendenti che fuggono sanguinanti, l’uno verso la costa, l’altro in cima ad un rovere e di lì si ravvia le penne ancora tutte irte e arruffate.
   Giacomo non alza il capo neppure per il rumore fatto da Gesù, che sorridendo fa pochi passi ancora, fermandosi in mezzo al praticello. La sua veste bianca sembra tingersi di rosso sul lato destro, tanto è forte il rosso del tramonto. Sembra proprio che il cielo si incendi. Eppure Giacomo non deve dormire, perché appena Gesù sussurra, proprio sussurra: «Giacomo, vieni qui», egli alza il capo dai ginocchi e scioglie il laccio delle braccia, sorgendo in piedi e venendo verso Gesù. Si ferma di fronte a Lui, a un due passi di distanza, e lo guarda.
   Anche Gesù lo guarda, serio eppure incoraggiante per un sorriso che non è di labbra né di sguardi e che pure è visibile. Lo guarda fissamente, quasi volesse leggere tutte le minime reazioni ed emozioni del cugino e apostolo suo che, come ieri, sentendosi alle soglie di una rivelazione, diviene pallido e ancor più lo diventa fino ad essere tutt’uno con la sua veste di lino quando Gesù alza le braccia e gli appoggia le mani sulle spalle, stando così a braccia tese. Allora proprio Giacomo sembra un’ostia. Solo i miti occhi castano scuri e la barba castana mettono un colore su quel volto attento.

   258.2 «Giacomo, fratello mio, sai perché ti ho voluto qui, da solo a solo, per parlarti dopo ore di preghiera e meditazione?».
   Giacomo pare faccia fatica a rispondere, tanto è commosso. Ma infine apre le labbra per rispondere a bassa voce: «Per darmi una lezione speciale, o per il futuro o perché io sono il più incapace di tutti. Ti ringrazio fino da ora, anche se è un rimprovero. Ma credi, Maestro e Signore, che se io sono tardo e incapace è per deficienza, non per mala volontà».
   «Non è un rimprovero ma una lezione, questa sì, per il tempo in cui Io non sarò più con voi. Nel tuo cuore, in questi mesi, tu hai molto pensato a quanto ti ho detto[49] un giorno, ai piedi di questo monte, promettendoti di venire qui con te, non solo per parlare di Elia profeta e per guardare il mare che splende là, infinito, ma per parlarti di un altro mare, ancor più grande, mutevole, infido, di questo che oggi pare il più placido dei bacini e forse fra poche ore ingoierà navigli ed uomini con la sua fame vorace. E non hai mai disgiunto il pensiero da quanto ti ho detto allora, da quello che la venuta qui avesse riferimento al tuo destino futuro. Tanto che ora tu impallidisci sempre più, intuendo che è un grave destino, un’eredità piena di una responsabilità tale da fare tremare anche un eroe. Una responsabilità e una missione che vanno eseguite con tutta la santità possibile in un uomo per non deludere la volontà di Dio.
   Non avere paura, Giacomo. Io non voglio la tua rovina. Perciò, se a questo Io ti destino, è segno che so che da essa non danno, ma soprannaturale gloria ne avrai. Ascoltami, Giacomo. Fai in te la pace, con un bell’atto di abbandono in Me, per potere udire e ricordare le mie parole. Mai più saremo così soli e con lo spirito così preparato ad intenderci.

   258.3 Io me ne andrò un giorno. Come tutti gli uomini che hanno un tempo di sosta sulla Terra. La mia sosta cesserà in modo diverso da quello degli uomini, ma cesserà sempre e voi non mi avrete più vicino altro che con il mio Spirito, il quale, te lo assicuro, non vi abbandonerà mai. Io me ne andrò dopo aver dato a voi quel tanto che è necessario per fare progredire la mia Dottrina nel mondo, dopo aver compiuto il Sacrificio e avervi ottenuto la Grazia. Con questa e col Fuoco sapienziale e settiforme voi potrete fare ciò che ora vi parrebbe pazzia e presunzione anche soltanto immaginare. Io me ne andrò e voi resterete. E il mondo che non ha compreso Cristo non comprenderà gli apostoli di Cristo. Perciò sarete perseguitati e dispersi come i più pericolosi al benessere di Israele. Ma, posto che voi siete i miei discepoli, dovete essere felici di subire le stesse afflizioni del vostro Maestro.
   Ti ho detto un giorno di nisam: “Tu sarai quello che rimani dei profeti del Signore”. Tua madre, per ministero spirituale, ha semi-intuito il significato di queste parole. Ma, prima ancora che esse si avverino per i miei apostoli, a te, e per te, si saranno avverate. Giacomo, tutti saranno dispersi fuorché tu, e ciò sino alla chiamata di Dio al suo Cielo. Tu resterai al posto a cui ti avrà eletto Dio per bocca dei fratelli, tu discendente della stirpe regale, nella città regale, ad alzare il mio scettro ed a parlare del vero Re. D’Israele Re e del mondo, secondo una regalità sublime che nessuno comprende fuorché coloro ai quali essa è rivelata.
   Saranno tempi in cui ti occorrerà una fortezza, una costanza, una pazienza, una sagacia senza confini. Dovrai essere giusto con carità, con una fede semplice e pura come quella di un bambino e nello stesso tempo erudita, da vero maestro, per sostenere la fede assalita in tanti cuori e da tante cose nemiche ad essa, e per confutare gli errori dei falsi cristiani e le sottigliezze dottrinarie del vecchio Israele, il quale, cieco da ora, sarà più che mai cieco dopo aver ucciso la Luce, e piegherà le parole profetiche, e persino i comandi del Padre da cui Io procedo, per persuadere se stesso, onde darsi pace, e il mondo che Colui di cui si parla da patriarchi e profeti non ero Io. Ma che Io invece non ero che un povero uomo, un illuso, un folle per i più buoni, un eretico indemoniato per i meno buoni del vecchio Israele.
   Io ti prego di essere allora un altro Me. No, che non è impossibile! Non lo è[50]. Tu dovrai avere presente il tuo Gesù, i suoi atti, la sua parola, le sue opere. Come se tu ti adagiassi nella forma di argilla usata da chi fonde metalli per dare loro un’impronta, così tu dovrai colarti in Me. Io sarò sempre presente, tanto presente e vivo a voi, miei fedeli, che voi potrete unirvi a Me, fare un altro Me, solo che lo vogliate. Ma tu, tu che sei stato con Me dalla più tenera età e hai avuto il cibo della Sapienza dalle mani di Maria, prima ancora che dalle mie, tu che sei nipote dell’uomo più giusto che ebbe Israele, tu devi essere un perfetto Cristo…».

   258.4 «Non posso, non posso, Signore! Dàllo a mio fratello questo compito. Dàllo a Giovanni, dàllo a Simon Pietro, dàllo all’altro Simone. Non a me, Signore! Perché a me? Che ho fatto per meritarlo? Non vedi che sono un ben povero uomo con una capacità sola: quella di volerti tanto bene e di credere fermamente a tutto quanto Tu dici?».
   «Giuda ha un temperamento troppo forte. Andrà molto bene dove c’è da abbattere il paganesimo. Non qui dove è da convincere al cristianesimo coloro che per essere già popolo di Dio si credono nel giusto ad ogni costo. Non qui dove è da convincere tutti coloro che pur credendo in Me saranno delusi dallo svolgimento degli avvenimenti. Convincerli che il mio Regno non è di questo mondo, ma è quel Regno, tutto spirituale, dei Cieli, il cui preludio è una vita cristiana, ossia una vita in cui i valori preponderanti sono quelli dello spirito.
   La convinzione si ottiene con una ferma dolcezza. Guai a chi afferra alla gola per persuadere. L’aggredito dirà “sì” al momento, per liberarsi dalla stretta. Ma poi fuggirà senza più voltarsi indietro e senza volere più accettare discussioni, se non è un perverso ma soltanto uno fuor di strada. Fuggendo per andare ad armarsi e dare morte al prepotente assertore di dottrine diverse dalle sue, se è uno perverso o anche soltanto un fanatico.
   E tu sarai circondato da fanatici. Fanatici fra i cristiani, fanatici fra gli israeliti. I primi vorranno da te atti di forza o il permesso, almeno, di compierli. Perché il vecchio Israele, con le sue intransigenze e le sue restrizioni, sarà ancora agitante in essi la sua coda venefica. I secondi marceranno contro te e gli altri come per una guerra santa in difesa della vecchia Fede, dei suoi simboli, delle sue cerimonie. E tu sarai al centro di questo mare in tempesta. Tale è la sorte dei capi. E tu sarai il capo di quanti saranno della Gerusalemme cristianizzata dal tuo Gesù.

   258.5 Dovrai saper amare perfettamente per potere essere capo santamente. Non le armi e gli anatemi, ma il tuo cuore dovrai opporre alle armi e agli anatemi dei giudei. Non permetterti mai di imitare i farisei col giudicare letame i gentili. Anche per essi Io sono venuto, perché in verità per il solo Israele sarebbe stato sproporzionato l’annichilimento di Dio in una carne passibile di morte. Che se è vero che il mio Amore mi avrebbe fatto incarnare con gioia anche per la salvezza di un’anima sola, la Giustizia, che è pure parte di Dio, impone che l’Infinito si annichili per un’infinità: il genere umano.
   Dolce, per non respingere, dovrai essere anche con loro, limitandoti ad essere incrollabile nel dogma, ma condiscendente per altre forme di vita non simili alle nostre, e tutte materiali, senza lesione allo spirito. Molto avrai a combattere coi fratelli per questo, perché Israele è avvolto di pratiche. Tutte esterne, tutte inutili perché non mutano lo spirito. Tu invece sii, e insegna ad altri ad esserlo, unicamente preoccupato dello spirito. Non pretendere che i gentili mutino di improvviso le loro usanze. Tu pure non muterai di un colpo le tue. Non stare ancorato al tuo scoglio. Perché, per raccogliere sul mare i rottami e portarli al cantiere per riformarli a nuova vita, occorre navigare e non stare fermo. E tu devi andare cercando i rottami. Ve ne sono nel gentilesimo e anche in Israele. Al termine del mare immenso è Dio che apre le braccia a tutti i suoi creati. Siano essi ricchi di origine santa, come gli israeliti, oppure poveri perché pagani.
   Io ho detto: “Amerete il prossimo vostro”. Prossimo non è solo il parente o il patriota. È prossimo anche l’uomo iperboreo di cui non conoscete l’aspetto, è prossimo anche quello che in quest’ora guarda un’aurora in zone a voi sconosciute, o che percorre i nevai delle catene favolose dell’Asia, o beve ad un fiume che si apre un letto fra le foreste ignote del centro africano. E ti venisse un adoratore del sole, oppure uno che ha per suo dio il vorace coccodrillo, o uno che si crede il rincarnato Sapiente che ha saputo intuire la Verità, ma non afferrarne la Perfezione e darla per Salute ai suoi fedeli, oppure venire chiedendoti: “Dammi la cognizione di Dio” un nauseato cittadino di Roma o di Atene, tu non puoi e non devi dir loro: “Io vi caccio perché sarebbe profanazione portarvi a Dio”.
   Abbi presente che essi non sanno, mentre Israele sa. Eppure in verità molti in Israele sono e saranno più idolatri e crudeli del più barbaro idolatra che nel mondo sia, e non a questo o a quell’idolo sacrificheranno vittime umane, ma a se stessi, al loro orgoglio, avidi di sangue dopo che in loro si sarà accesa una sete inestinguibile che durerà fino alla fine dei secoli. Solo il bere nuovamente e con fede quanto ha acceso quella sete atroce potrebbe estinguerla. Ma allora sarà anche la fine del mondo, perché l’ultimo a dire: “Noi crediamo che Tu sei Dio e Messia” sarà Israele, nonostante tutte le prove che ho dato e che darò della mia Divinità.

   258.6 Veglierai e sorveglierai perché la fede dei cristiani non sia vana. Vana sarebbe se fosse solo di parole e di ipocrite pratiche. È lo spirito quello che vivifica. Lo spirito manca nell’eser cizio macchinale o farisaico, che non è che finzione di fede e non vera fede. Che varrebbe all’uomo cantare le lodi a Dio nell’assemblea dei fedeli, se poi ogni suo atto è imprecazione a Dio, che non si fa zimbello del fedele ma, nella sua paternità, conserva sempre le sue prerogative di Dio e Re?
   Veglia e sorveglia perché nessuno prenda il posto non suo. La Luce sarà data da Dio a seconda dei gradi che avete. Dio non vi farà mancare la Luce, a meno che la Grazia non venga spenta in voi dal peccato.
   Molti ameranno sentirsi dire “maestro”. Uno solo è il Maestro: Colui che ti parla; e una sola è Maestra: la Chiesa che lo perpetua. Nella Chiesa, maestri saranno coloro che saranno consacrati con incarico speciale all’insegnamento. Però fra i fedeli vi saranno quelli che per volontà di Dio e per santità propria, ossia per loro buona volontà, saranno presi dal gorgo della Sapienza e parleranno. Altri ve ne saranno, di per loro non sapienti, ma docili come strumenti nelle mani dell’artiere, ed a nome dell’Artiere parleranno, ripetendo come bambini buoni ciò che il Padre loro dice di dire, pur senza comprendere tutta l’estensione di quello che dicono. Vi saranno infine quelli che parleranno come fossero maestri, e con uno splendore che sedurrà i semplici, ma saranno superbi, duri di cuore, gelosi, iracondi, mentitori e lussuriosi.
   Mentre ti dico di raccogliere le parole dei sapienti nel Signore e dei sublimi pargoli dello Spirito Santo, aiutandoli anzi a comprendere la profondità delle divine parole — perché, se essi sono i portatori della divina Voce, voi, miei apostoli, sarete sempre i docenti della mia Chiesa, e dovete soccorrere questi soprannaturalmente stanchi dalla estasiante e grave ricchezza che Dio ha deposta in loro perché la portassero ai fratelli — così ti dico: respingi le parole di menzogna dei falsi profeti, la cui vita non è consona alla mia dottrina. La bontà della vita, la mansuetudine, la purezza, la carità e l’umiltà non mancheranno mai nelle sapienze e nelle piccole voci di Dio. Sempre negli altri.
   Veglia e sorveglia perché gelosie e calunnie non siano nell’assemblea dei fedeli, e neppure risentimenti e spirito di vendetta. Veglia e sorveglia perché la carne non prenda il sopravvento sullo spirito. Non potrebbe sopportare le persecuzioni colui che non ha lo spirito re sulla carne.

   258.7 Giacomo, Io so che tu lo farai, ma da’ al tuo Fratello la promessa che tu non mi deluderai».
   «Ma Signore, Signore! Io ho solo una paura: quella di non essere capace di fare. Signore mio, io te ne prego, dà ad un altro questo incarico».
   «No. Non posso…».
   «Simone di Giona ti ama, e Tu lo ami…».
   «Simone di Giona non è Giacomo di Davide».
   «Giovanni! Giovanni, l’angelo dotto, fai lui tuo servo qui».
   «No. Non posso. Né Simone né Giovanni possiedono quel nulla che è pure molto presso gli uomini: la parentela. Tu mi sei parente. Dopo avermi… dopo avermi misconosciuto, la parte migliore di Israele cercherà di avere perdono presso Dio e presso se stessa col cercare di conoscere il Signore che avranno maledetto nell’ora di Satana, e parrà loro di avere perdono, e perciò forza di mettersi nella mia via, se sarà al mio posto uno del mio sangue. Giacomo, su questo monte si sono compiute delle ben grandi cose. Qui il fuoco di Dio consumò[51] non solo l’olocausto, le legna, le pietre, ma anche la polvere e persino l’acqua che era nella fossa. Giacomo, credi tu che Dio non possa fare più simile cosa, accendendo e consumando tutte le materialità dell’uomo-Giacomo per fare un Giacomo-fuoco di Dio? Abbiamo parlato mentre il tramonto ha fatto di fiamma persino le nostre vesti. Così, non meno fulgente o più fulgente, credi tu che fosse il fulgore del carro che rapì Elia?».
   «Molto più fulgente, perché fatto di fuoco celeste».
   «E pensa allora cosa diventerà il cuore divenuto fuoco per avere in sé Dio, perché Dio lo vuole perpetuatore del suo Verbo nel predicare la Novella di Salute».

   258.8 «Ma Tu, ma Tu, Verbo di Dio, eterno Verbo, perché non rimani?».
   «Perché sono Verbo e Carne. E col Verbo devo istruire, e con la Carne redimere».
   «Oh! mio Gesù, ma come redimerai? A che vai incontro?».
   «Giacomo, ricorda i profeti».
   «Ma non è allegorico il loro dire? Puoi Tu, Verbo di Dio, essere malmenato dagli uomini? Non vogliono forse dire che alla tua divinità sarà dato martirio, alla tua perfezione, ma non di più, non di più di così? Mia madre si preoccupa per me e Giuda, ma io per Te e per Maria, e poi anche per noi, tanto deboli. Gesù, Gesù, se l’uomo ti soverchiasse, non credi Tu che molti di noi ti crederebbero reo e si allontanerebbero delusi da Te?».
   «Ne sono sicuro. Vi sarà uno sconvolgimento in tutti gli strati dei miei discepoli. Ma poi tornerà pace, e anzi verrà una coesione delle parti migliori, sulle quali, dopo il mio sacrificio e il mio trionfo, verrà lo Spirito fortificatore e sapiente: il divino Spirito».
   «Gesù, perché io non defletta e non abbia scandalo nell’ora tremenda, dimmi: che ti faranno?».
   «È una grande cosa ciò che mi chiedi».
   «Dimmela, Signore».
   «Ti sarà tormento saperla esattamente».
   «Non importa. Per quell’amore che ci ha uniti…».
   «Non deve essere nota».
   «Dimmela e poi smemorami fino all’ora in cui dovrà compirsi. Allora riconducila alla mia memoria insieme a quest’ora. Così non mi scandalizzerò di nulla e non ti diverrò nemico nel fondo del cuore».
   «Non gioverà a nulla, perché tu pure cederai alla bufera».
   «Dimmela, Signore!».
   «Io sarò accusato, tradito, preso, torturato, posto a morte di croce».
   «Noooh!». Giacomo urla e si torce come se fosse lui colpito a morte. «No!», ripete. «Se a Te così, che faranno a noi? Come potremo continuare la tua opera? Non posso, non posso accettare il posto che mi destini… Non posso!… Non posso! Tu morto, sarò un morto io pure, senza forza più. Gesù, Gesù! Ascoltami. Non mi lasciare senza di Te. Promettimi, promettimi questo almeno!».
   «Ti prometto che verrò a guidarti col mio Spirito, dopo che la gloriosa Risurrezione mi avrà liberato dalle restrizioni della materia. Io e te saremo ancora una cosa sola come ora che mi sei fra le braccia», perché infatti Giacomo si è abbandonato a piangere sul petto di Gesù.

   258.9 «Non piangere più. Usciamo da quest’ora di estasi, luminosa e penosa, come uno che esce dalle ombre di morte ricordando tutto fuorché cosa è l’atto-morte, spavento agghiacciante che dura un minuto e che come fatto-morte dura per secoli. Vieni, ti bacio così, per aiutarti a dimenticare l’orrore della mia sorte d’Uomo. Troverai il ricordo a suo tempo come tu hai chiesto. Tieni, ti bacio sulla bocca che dovrà ripetere le mie parole alle genti d’Israele, e sul cuore che dovrà amare come Io ho detto, e qui, sulla tempia dove cesserà la vita insieme all’ultima parola di amorosa fede in Me. Come verrò, fratello a Me diletto, presso di te, nelle assemblee dei fedeli, nelle ore di meditazione, in quelle di pericolo e nell’ora della morte! Nessuno, neppure il tuo angelo, raccoglierà il tuo spirito, ma Io, con un bacio, così…».
   Restano abbracciati a lungo, e Giacomo pare che quasi si assopisca nella gioia dei baci di Dio che lo smemorano dal suo soffrire. Quando alza il capo è tornato il Giacomo di Alfeo, pacato e buono, tanto simile a Giuseppe, sposo di Maria. Sorride a Gesù, un sorriso più maturo, un poco triste, ma sempre così dolce.
   «Prendiamo il nostro cibo, Giacomo, e poi dormiamo sotto le stelle. Alla prima luce scenderemo a valle… andando fra gli uomini…», e Gesù ha un sospiro… Ma termina con un sorriso:
   «…e da Maria».
   «E a mia madre che dirò, Gesù? E che ai compagni? Senza domande non mi lasceranno…».
   «Potrai dire loro tutto quanto ti dissi[52], facendoti considerare Elia nelle sue risposte ad Acab, al popolo sul monte, e sulla potenza di uno amato da Dio per ottenere ciò che si vuole da popoli interi ed elementi, e il suo zelo che lo divora per il Signore, e come ti ho fatto considerare che con la pace e nella pace si intende e si serve Iddio. Dirai loro che come Io ho detto a voi: “Venite”, così voi, come Elia fece col suo mantello su Eliseo, voi col mantello della carità potrete catturare nuovi servi di Dio al Signore. E a quelli che hanno sempre preoccupazioni, di’ come ti ho fatto notare la allegra libertà dalle cose del passato che mostra Eliseo, liberandosi dai buoi e dall’aratro. Di’ loro come ho ricordato che a chi vuole miracoli mediante Belzebù avviene del male e non del bene, come avvenne ad Ocozia, secondo la parola di Elia. Di’ loro, finalmente, come ti ho promesso che a chi sarà fedele fino alla morte verrà il fuoco purificatore dell’Amore ad ardere le imperfezioni per portarlo direttamente al Cielo. Il resto è per te solo».

[49] ti ho detto, in 192.1.
[50] Non lo è (riferito a impossibile) è correzione nostra al posto di Lo è (che sottintendeva possibile).
[51] consumò, come è detto in: 1 Re 18, 38.
[52] dissi, con riferimento a: 1 Re 18-19; 22, 52-54; 2 Re 1; Siracide 48, 1-14.