MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IV CAPITOLO 267



CCLXVII. A Corozim, Gesù lavora da falegname per una vedova.

   31 agosto 1945.

   267.1 Gesù lavora di gusto in una officina da falegname. Sta completando una ruota.
   Un bambino gracilino e triste lo aiuta porgendogli questo o quello. Mannaen, testimone inutile ma ammiratore, sta seduto su un pancone presso il muro.
   Gesù si è levata la bella veste di lino e ne ha indossata una scura, che per essere non sua gli giunge a metà degli stinchi.
   Una veste da lavoro, pulita ma rattoppata, forse del falegname morto. Gesù incoraggia con sorrisi e parole buone il fanciullo, insegnandogli ciò che deve fare per portare la colla al punto giusto, per tirare a pulimento le pareti del cofano.
   «Hai fatto presto a finirlo, Maestro», dice Mannaen alzandosi e andando a passare un dito sulle modanature del cofano ultimato, che il bambino lucida con un liquido.
   «Era quasi ultimato!…».
   «Vorrei averlo io questo tuo lavoro. Ma è già venuto il compratore, che pare abbia dei diritti… Lo hai deluso. Sperava potere prendere tutto per rifarsi dei pochi denari prestati. Invece si prende i suoi oggetti e basta. Fosse almeno uno che ti crede… Avrebbero un valore infinito per lui. Ma hai sentito?…».
   «Lascialo fare.

   267.2 Del resto qui c’è del legno, e la donna sarà ben felice di usarlo avendone guadagno. Ordinami un cofano e te lo farò…».
   «Davvero, Maestro? Ma intendi lavorare ancora?».
   «Finché non c’è più legno. Sono un operaio coscienzioso», dice sorridendo più apertamente.
   «Un cofano fatto da Te! Oh! che reliquia! Ma che ci metterò dentro?».
   «Tutto quello che vuoi, Mannaen. Non sarà che un cofano».
   «Ma Tu lo avrai fatto!».
   «Ebbene? Anche il Padre ha fatto l’uomo, ha fatto tutti gli uomini. Eppure, che ha messo in sé l’uomo e che vi mettono gli uomini?».
   Gesù parla e lavora, andando qua e là in cerca dei ferri necessari, stringendo le morse, trivellando, piallando, tornendo, a seconda del bisogno.
   «Il peccato ci abbiamo messo. È vero».
   «Tu vedi! E credi pure che l’uomo creato da Dio è molto di più di un cofano fatto da Me. Non confondere mai l’oggetto con l’azione. Di un lavoro mio fattene solo una reliquia per lo spirito».
   «Ossia?».
   «Ossia dà al tuo spirito l’insegnamento tratto da quanto faccio».
   «La tua carità, la tua umiltà, la tua operosità, allora… Queste virtù, non è vero?».
   «Sì. E fa il simigliante tu in avvenire».
   «Sì, Maestro. Ma me lo fai il cofano?».
   «Te lo faccio. Ma guarda che, posto che tu lo vedi sempre come una reliquia, te lo farò pagare per tale. Almeno si potrà dire che una volta tanto fui ingordo anche Io di denaro… Ma tu sai per chi è quel denaro… Per questi orfanelli…».
   «Chiedimi ciò che vuoi. Te lo darò. Almeno sarà giustificato il mio oziare mentre Tu, Figlio di Dio, lavori».

   267.3 «È detto: “Mangerai il tuo pane bagnato col sudore della tua fronte”».
   «Ma questo è detto per l’uomo colpevole. Non per Te!».
   «Oh! Un giorno Io sarò il Colpevole e avrò su Me tutti i peccati del mondo. Li porterò via con Me, nella mia prima dipartita».
   «E credi che il mondo non peccherà più?».
   «Dovrebbe… Ma peccherà sempre. Per questo, il peso che avrò su Me sarà tale che mi farà spezzare il cuore. Perché avrò i peccati fatti da Adamo fino a quell’ora e quelli da quell’ora fino alla fine dei secoli. Tutto Io sconterò per l’uomo».
   «E l’uomo non ti capirà e non ti amerà ancora… Credi Tu che Corozim si converta per questa lezione silenziosa e santa che stai dando col tuo lavoro, fatto per soccorrere una famiglia?».
   «Non lo farà. Dirà: “Ha preferito lavorare per ingannare il tempo e per tenersi del denaro”. Ma Io non avevo più denaro. Avevo dato tutto. Do sempre tutto quanto ho, fino all’ultimo spicciolo, e ho lavorato per dare denaro».
   «E per il mangiare per Te e Matteo?».
   «Dio avrebbe provveduto».
   «Ma a noi hai dato da mangiare».
   «Già».
   «Come hai fatto?».
   «Chiedilo al padrone di casa».
   «Glielo chiederò certo, appena torniamo a Cafarnao».
   Gesù ride pacatamente fra il biondo della barba.

   267.4 Un silenzio in cui è solo rumore il cigolio della morsa stretta intorno a due pezzi di ruota.
   Poi Mannaen chiede: «Che conti fare prima del sabato?».
   «Andare a Cafarnao in attesa degli apostoli. È convenuto di riunirci ogni sera di venerdì e stare insieme per tutto il sabato. Poi darò gli ordini e, se Matteo è guarito, saranno sei le coppie che vanno evangelizzando. Se no… Vuoi andare con loro?».
   «Preferisco stare con Te, Maestro… Mi lasci però darti un consiglio?».
   «Dillo. Se è giusto lo accetterò».
   «Non rimanere mai tutto solo. Hai molti nemici, Maestro».
   «Lo so. Ma credi che gli apostoli farebbero molto, in caso di pericolo?».
   «Ti amano, credo».
   «Certamente. Ma non servirebbe. I nemici, se di idea di catturarmi, verrebbero in forze molto più forti di quelle degli apostoli».
   «Non importa. Non stare solo».
   «Fra due settimane sarò raggiunto da molti discepoli. Li preparo per mandarli essi pure ad evangelizzare. Non sarò più solo. Sta’ quieto».
   Mentre parlano così, molti curiosi di Corozim vengono a sbirciare e poi se ne vanno senza parlare.
   «Li stupisce vedere Te al lavoro».
   «Sì. Ma non sanno essere umili al punto di dire: “Egli ci ammaestra così”. I migliori che qui avevo sono coi discepoli, meno un vecchio che è morto. Non importa. La lezione è sempre lezione».
   «Che diranno gli apostoli sapendoti operaio?».
   «Sono undici, perché Matteo si è già pronunciato. Saranno undici pareri diversi. E per lo più contrari. Ma mi servirà per ammaestrarli».
   «Mi lasci assistere alla lezione?».
   «Se tu vuoi rimanere…».
   «Ma io sono un discepolo ed essi gli apostoli!».
   «Quanto farà bene agli apostoli lo farà anche al discepolo».
   «Essi se ne avranno a male di essere richiamati alla giustizia in mia presenza».
   «Servirà alla loro umiltà. Resta, resta, Mannaen. Ti tengo volentieri con Me».
   «Ed io volentieri rimango».

   267.5 Si affaccia la vedova e dice: «Il pasto è pronto, Maestro. Ma Tu troppo lavori…».
   «Guadagno il mio pane, donna. E poi… Ecco qui un altro cliente. Vuole un cofano anche lui. E paga bene. Ti rimarrà vuoto il posto del legname», dice Gesù levandosi un lacero grembiule che aveva davanti e avviandosi fuori della stanza per lavarsi ad un bacile, che la donna gli ha portato nell’orto.
   E lei, con uno degli incerti sorrisi che riaffiorano dopo molto tempo di pianto, dice: «Vuoto il posto del legname, piena la casa della tua presenza e il cuore di pace. Non ho più paura del domani, Maestro. E Tu non avere paura che noi ti si possa mai dimenticare».
   Entrano in cucina e tutto ha fine.