MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

A A A

VOLUME IV CAPITOLO 280



CCLXXX. Il ritorno dei settantadue. Profezia sui mistici futuri.

   19 settembre 1945.

   280.1 Nel lungo crepuscolo di una serena giornata ottobrina, ritornano i settantadue discepoli con Elia, Giuseppe e Levi. Stanchi, impolverati, ma così felici! Felici i tre pastori di essere ormai liberi di servire il Maestro. Felici anche di essere, dopo tanti anni di separazione, uniti ai compagni di un tempo. Felici i settantadue di avere ben esplicato la loro prima missione. I visi splendono più delle lucernette che illuminano le capannucce costruite per questo numeroso gruppo di pellegrini.
   Al centro è quella di Gesù, e sotto ad essa è Maria con Marziam che l’aiuta a preparare la cena. Intorno, le capannelle degli apostoli. E in quella di Giacomo e Giuda è Maria d’Alfeo; in quella di Giovanni e Giacomo, Maria Salome col marito; in quella accosto a questa vi è Susanna col marito, che non è apostolo e discepolo… ufficiale, ma che deve aver vantato il suo diritto di stare lì, posto che ha concesso alla moglie di essere tutta di Gesù. Poi, intorno, quelle dei discepoli, chi con e chi senza famiglia. E chi è solo, e sono i più, si è aggregato ad uno o più compagni. Giovanni di Endor si è preso il solitario Ermasteo, ma ha cercato di stare il più possibile vicino alla capanna di Gesù, di modo che Marziam va spesso da lui, portando questo o quello, o rallegrandolo con le sue parolette di bambino intelligente e felice di essere con Gesù, Maria e Pietro, e a una festa.

   280.2 Finite le cene, Gesù si avvia verso le pendici dell’Uliveto e i discepoli lo seguono in massa.
   Isolati dal brusio e dalla folla, dopo avere pregato in comune, essi riferiscono a Gesù più ampiamente di quanto non avevano potuto fare prima fra chi andava e veniva. E sono stupiti e lieti mentre dicono: «Lo sai, Maestro, che non solo i morbi ma i demoni, anche essi, ci stettero soggetti per la forza del tuo Nome? Che cosa, Maestro! Noi, noi, poveri uomini, solo perché Tu ci hai mandati, potevamo liberare l’uomo dal potere tremendo di un demonio!…»; e narrano casi e casi, avvenuti qui o là. Solo di uno dicono: «I parenti, o meglio la madre ed i vicini, ce lo hanno portato a forza. Ma il demonio ci beffò dicendo: “Sono tornato qui per sua volontà dopo che Gesù Nazareno mi ci aveva cacciato, e non lo lascio più perché egli ama più me del vostro Maestro e mi ha ricercato” e di colpo, con una forza indomita, strappò l’uomo a chi lo teneva e lo scaraventò giù da un dirupo. Corremmo a vedere se si era sfracellato. Macché! Correva come una giovane gazzella, dicendo bestemmie e lazzi proprio non di questa Terra… Ci fece pietà la madre… Ma lui! Ma lui! Oh! così può fare il demonio?».
   «Così e più ancora», dice mesto Gesù.
   «Forse se Tu c’eri…».
   «No. Io lo avevo detto a costui: “Va’ e non voler ricadere nel tuo peccato”. Egli ha voluto. Sapeva di volere il Male e ha voluto. È perduto. Diverso è chi viene posseduto per sua primitiva ignoranza da chi si fa possedere sapendo che così facendo si rivende al demonio. Ma non parlate di lui. È un membro reciso senza speranza. È un volontario del Male. Lodiamo piuttosto il Signore per le vittorie che vi ha dato. Io so il nome del colpevole e so i nomi dei salvati. Io vedevo Satana cadere dal Cielo come folgore per vostro merito unito al mio Nome. Perché Io ho visto anche i vostri sacrifici, le vostre preghiere, l’amore con cui andavate verso gli infelici per fare ciò che Io avevo detto di fare. Avete fatto con amore e Dio vi ha benedetti. Altri faranno ciò che voi fate, ma lo faranno senza amore. E non otterranno conversioni… Però non rallegratevi perché avete assoggettato gli spiriti, ma rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti in Cielo. Non li levate mai di là…».

   280.3 «Maestro, quando verranno quelli che non otterranno conversioni? Forse quando Tu non sarai più con noi?», chiede un discepolo di cui non so il nome.
   «No, Agapo. In ogni tempo».
   «Come? Anche mentre Tu ci ammaestri e ami?».
   «Anche. E amare vi amerò sempre, anche se lontani da Me.
   Il mio amore verrà sempre a voi, e lo sentirete».
   «Oh! è vero. Io l’ho sentito una sera che ero crucciato perché non sapevo che dire ad uno che mi interrogava. Ero per fuggire vergognosamente. Ma mi sono ricordate le tue parole: “Non abbiate paura. Vi saranno date al momento buono le parole da dire” e ho invocato con lo spirito Te. Ho detto: “Certo Gesù mi ama. Io chiamo il suo amore in soccorso” e amore mi è venuto. Come un fuoco, una luce… una forza… L’uomo di fronte a me osservava e ghignava ironico facendo ammicchi ai suoi amici. Era sicuro di vincere la disputa. Ho aperto la bocca ed era come un fiume di parole che usciva con gioia dalla mia bocca stolta. Maestro, sei proprio venuto o è stata una illusione? Io non lo so. So che alla fine l’uomo, ed era un giovane scriba, mi ha gettato le braccia al collo dicendomi: “Te beato e beato chi a questa sapienza ti ha condotto” e mi è sembrato volonteroso di cercarti. Verrà?».
   «L’idea dell’uomo è labile come parola scritta sull’acqua, e la sua volontà è irrequieta come ala di rondine che svolazzi per l’ultimo pasto del giorno. Ma tu prega per lui… E, sì. Io sono venuto a te. E con te mi ha avuto Mattia e Timoneo, e Giovanni di Endor e Simone e Samuele e Giona. Chi mi ha avvertito, chi non mi ha avvertito. Ma Io sono stato con voi. Ed Io sarò con chi mi serve in amore e verità fino alla fine dei secoli».

   280.4 «Maestro, non ci hai detto ancora se fra quelli che sono presenti ci saranno persone senza amore…».
   «Non è necessario saperlo. Sarebbe mancanza d’amore da parte mia mettervi sdegno verso un compagno che non sa amare».
   «Ma ce ne sono? Questo lo puoi dire…».
   «Ce ne sono. L’amore è la più semplice, la più dolce e la più rara cosa che ci sia, e non sempre, anche se seminata, alligna».
   «Ma se non ti amiamo noi, chi ti può amare?».
   Quasi vi è dello sdegno fra apostoli e discepoli, che tumultuano per il sospetto e per il dolore.
   Gesù abbassa le palpebre sugli occhi. Cela anche lo sguardo perché non sia indicatore. Ma ha l’atto rassegnato, dolce, triste delle mani che si aprono a palme in fuori, il suo atto di rassegnata confessione, di rassegnata constatazione, e dice: «Così dovrebbe essere. Ma così non è. Molti ancor non si conoscono. Io li conosco però. E ne ho pietà».
   «Oh! Maestro, Maestro! Ma non sarò io, eh?», chiede Pietro andando proprio accosto a Gesù, schiacciando il povero Marziam fra sé e il Maestro e gettando le sue braccia corte e nerborute verso le spalle di Gesù che afferra e scuote, pazzo dal terrore di essere uno che non ama Gesù.
   Gesù riapre gli occhi, luminosi e pur mesti, e guarda il viso interrogativo e spaurito di Pietro, e gli dice: «No, Simone di Giona. Tu non sei. Tu sai amare e saprai sempre più amare. Tu sei la mia Pietra, Simone di Giona. Una buona pietra. Su questa Io appoggerò le cose a Me più care, e sono certo che tu le sosterrai senza conoscere turbamento».
   «Io allora?», «Io?», «Io?». Le interrogazioni si ripetono come un’eco da bocca a bocca.
   «Pace! Pace! State tranquilli e sforzatevi di possedere tutti l’amore».

   280.5 «Ma chi fra noi sa amare di più?».
   Gesù gira lo sguardo su tutti — una carezza sorridente… — poi abbassa lo sguardo su Marziam sempre stretto fra Lui e Pietro e, scostando un poco Pietro, rivolgendo il bambino col viso verso la piccola folla, dice: «Ecco colui che sa amare di più fra voi. Il fanciullo. Ma non tremate voi che avete già barba sulle gote e anche fili bianchi nei capelli. Chiunque rinasce in Me diviene “un fanciullo”. Oh! andate in pace! Dite la lode di Dio che vi ha chiamati, perché realmente voi vedete coi vostri occhi i prodigi del Signore. Beati quelli che vedranno ugualmente ciò che voi vedete. Perché vi assicuro che molti profeti e re bramarono vedere ciò che voi vedete e non lo videro, e molti patriarchi avrebbero voluto sapere ciò che voi sapete e non lo seppero, e molti giusti avrebbero voluto ascoltare ciò che voi udite e non lo poterono ascoltare. Ma d’ora in poi quelli che mi ameranno conosceranno ogni cosa».
   «E dopo? Quando Tu te ne sarai andato come dici?».
   «Dopo voi parlerete per Me. E poi… Oh! grandi schiere, non per numero ma per grazia, di coloro che vedranno, sapranno e ascolteranno ciò che voi ora vedete, sapete, udite! Oh! grandi, amate schiere dei miei “piccoli-grandi”! Occhi eterni, menti eterne, orecchie eterne! Come potervi spiegare, a voi che mi state intorno, cosa sarà questo eterno vivere, più che eterno, smisurato, di coloro che mi ameranno e che Io amerò fino ad abolire il tempo, e saranno “i cittadini di Israele” anche se viventi quando Israele non sarà più che un ricordo di nazione, e saranno i contemporanei di Gesù vivente in Israele? E saranno con Me, in Me, fino a conoscere ciò che il tempo ha cancellato e la superbia ha confuso. Che nome darò loro? Voi apostoli, voi discepoli, i credenti saranno detti “cristiani”. E questi? Questi che nome avranno? Un nome noto solo in Cielo. Che premio avranno sin dalla Terra? Il mio bacio, la mia voce, il tepore della mia carne. Tutto, tutto, tutto Me stesso. Io, loro. Loro, Io. La comunione totale… Andate. Io resto a bearmi lo spirito nella contemplazione dei miei conoscitori futuri e amatori assoluti. La pace sia con voi».