MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IV CAPITOLO 286



CCLXXXVI. A Ramot con il mercante Alessandro Misace. Lezione a Sintica sul ricordo delle anime.

   25 settembre 1945.

   286.1 Dopo una fertile pianura, seguita per molto spazio oltre il Giordano — ed è bello andare nella stagione serena e dolce che è questa di un morir d’ottobre — e dopo una sosta in un villaggetto accucciato ai piedi delle prime pendici di una catena montuosa non indifferente — e qualche cima può prendere il vero nome di montagna — Gesù si mette in cammino di nuovo, accodandosi ad una lunga carovana ricca di quadrupedi e di uomini bene armati, coi quali ha parlato prima, mentre questi facevano bere le loro bestie alle vasche della piazza. Sono uomini per lo più alti e molto bruni, già di apparenza asiatica. Su un fortissimo mulo è il capo della carovana, armato fino ai denti e con armi che ciondolano dalla sella. Pure è stato molto deferente con Gesù.
   Gli apostoli chiedono a Gesù: «Chi è?».
   «Un ricco mercante d’Oltre Eufrate. Gli ho chiesto dove andava e fu cortese. Passa per le città dove conto andare. Ciò è provvidenza su questi monti, avendo donne con noi».
   «Temi qualche cosa?».
   «Come furti nulla, perché non abbiamo nulla. Ma basterebbe la paura per le donne. Un pugno di ladroni non assalta mai una carovana così forte, e potrà esserci utile anche per conoscere i passi migliori e superare quelli difficili. Mi ha chiesto: “Sei il Messia?” e, saputo che sì, ha detto: “Ero nel cortile dei Pagani giorni or sono e ti ho sentito più che visto, perché io sono piccolo. Bene, io proteggerò Te e Tu proteggerai me. Ho un carico di molto valore”».
   «È proselite?».
   «Non credo. Ma forse è ancora proveniente dal nostro popolo».
   La carovana va lenta, come non volesse esaurire le forze dei quadrupedi per fare molta marcia. Perciò è facile seguirla al passo, anzi sovente occorre fermarsi, perché i conducenti fanno passare gli animali carichi uno per uno, tenendoli a cavezza nei punti difficili.
   Per quanto sia montagna vera e propria, pure la zona è molto fertile e ben coltivata. Forse i monti sempre più alti, che sono a nord-est, fanno da riparo alle correnti fredde del nord o dannose dell’est, e questo favorisce le colture. La carovana costeggia un torrente che certo va a gettarsi nel Giordano, ben nutrito d’acque che scendono da chissà quale cima. La vista è bella, sempre più bella man mano che si sale, spaziando ad occidente sulla pianura del Giordano e avendo, oltre questa, i vaghi aspetti dei colli e monti della Giudea del nord, mentre a oriente e a settentrione è un continuo variare di panorami, quali aperti su lontananze e ampiezze, quali offrenti allo sguardo un accavallarsi di dossi e di cime verdi, o rocciose, che sembrano ostacolare la via come muro improvviso di labirinto.

   286.2 Il sole sta per calare dietro i monti della Giudea, arrossando vivamente cielo e coste, quando il ricco mercante, che si è fermato lasciando passare la carovana, interpella Gesù: «Occorre giungere al paese avanti notte. Ma molti di quelli che sono con Te paiono stanchi. È una tappa dura questa. Falli salire sui muletti di scorta. Sono bestie quiete. E avranno tutta la notte per il loro riposo, né è fatica portare peso di donna».
   Gesù acconsente e l’uomo ordina l’alt per far salire sulle bestie le donne. Gesù fa salire a cavallo anche Giovanni di Endor. E quelli a piedi, Gesù compreso, prendono le redini per rendere più sicuro l’andare alle donne. Marziam vuole fare… l’uomo e, benché caschi dalla fatica, non vuole assolutamente andare in sella con nessuno, ma anzi prende anche lui una redine del muletto di Maria Ss., che così è fra Gesù e il bambino, e cammina bravamente.
   Il mercante è rimasto vicino a Gesù e dice a Maria: «Vedi, o Donna, quel paese? È Ramot. Là ci fermeremo. Sono conosciuto all’albergo perché faccio questa via due volte all’anno, mentre per altre due faccio la costa, per vendere o acquistare. La mia vita, dura vita. Ma ho dodici figli e piccini. Mi sono sposato tardi. Uno l’ho lasciato di nove giorni. E ora lo troverò coi primi denti».
   «Una bella famiglia…», commenta Maria e termina: «Te la conservi il Cielo».
   «Non mi lamento infatti del suo aiuto, per quanto io sia molto poco meritevole del suo aiuto».

   286.3 Gesù interroga: «Sei almeno proselite?».
   «Dovrei esserlo… I miei antenati erano veri israeliti. Poi…
   ci siamo acclimatati là…».
   «L’anima si acclimata in un’unica aria, quella del Cielo».
   «Hai ragione. Ma sai… Il bisavolo sposò una non d’Israele. I figli furono meno fedeli… I figli dei figli si risposarono con nuove donne non d’Israele, dando figli solo rispettosi del nome giudeo; perché, d’origine, siamo giudei. Ora io, nipote dei nipoti… più nulla. A contatto con tutti ho preso di tutti, finendo a essere più di nessuno».
   «Non è una buona ragione la tua, e te lo dimostro. Se tu, andando per questa via che conosci buona, trovassi cinque o sei persone le quali ti dicono: “Ma no, va’ di là!”, “Torna indietro”, “Fermati”, “Prendi a oriente”, “Torci a occidente”, tu che diresti?».
   «Direi: “So che questa è la via più breve e giusta, e non la lascio”».
   «Ancora: tu, dovendo fare un affare e sapendo il metodo da tenere per farlo, daresti retta a quelli che, o per sola spavalderia o per calcolata astuzia, ti consigliassero in modo diverso?».
   «No. Seguirei ciò che la mia esperienza mi dice migliore».
   «Benissimo. Millenni di fede sono dietro a te, originario d’Israele. Stupido non sei, né incolto. Perché allora assorbi i contatti di tutti in materia di fede, mentre sai respingerli in materia di denaro o di sicurezza stradale? Non ti pare questa cosa disonorevole anche umanamente? Posporre Dio al denaro e alla via…».
   «Non pospongo Dio. Ma l’ho perso di vista…».
   «Perché hai per dèi il commercio, il denaro, la vita. Ma è ancora Dio che ti permette di averle, queste cose…

   286.4 Perché sei entrato allora nel Tempio?».
   «Per curiosità. Per la strada, mentre uscivo da una casa dove avevo contrattato merce, ho visto un gruppo d’uomini venerarti e mi è riaffiorato un discorso sentito ad Ascalona da una fabbricatrice di tappeti. Ho chiesto chi eri, perché m’era venuto sospetto che fossi quello di cui parlava la donna. E, saputo che eri Tu, ti sono venuto dietro. Avevo finito i miei affari per quel giorno… Poi ti ho perso di vista. A Gerico ti ho rivisto.
   Ma un momento solo. Ora ti ho ritrovato… Ecco…».
   «Ecco dunque che Dio unisce e intreccia le nostre strade. Io non ho doni da farti per ringraziarti delle tue bontà. Ma prima di lasciarti spero poterti dare un dono, a meno che tu non mi abbandoni avanti».
   «No, che non lo farò! Alessandro Misace non si ritira quando si è offerto! Ecco. Dietro quella svolta ha inizio il paese. Vado avanti. Ci rivedremo nell’albergo», e sprona partendo quasi al galoppo sul bordo della via.
   «È un onesto e un infelice, Figlio mio», dice Maria.
   «E tu lo vorresti felice secondo Sapienza, non è vero?».
   Si sorridono dolcemente nelle prime ombre della sera.

   286.5 …Nella lunga sera ottobrina, tutti riuniti in una vasta stanza dell’albergo, i pellegrini attendono di coricarsi. In un angolo, tutto solo, è il mercante intento ai suoi conti. Nell’angolo opposto, Gesù con tutti i suoi. Non vi sono altri ospiti. Dalle stalle vengono ragli, nitriti e belati, il che fa supporre siano presenti nell’albergo altre persone. Ma forse sono già a letto.
   Marziam si è addormentato in braccio alla Madonna, dimenticandosi di colpo di essere “un uomo”. Pietro sonnecchia, e non è il solo a farlo. Anche le bisbiglianti donne anziane si sono mezze addormentate e tacciono. Sono ben desti Gesù, Maria, le sorelle di Lazzaro, Sintica, Simone Zelote, Giovanni e Giuda.
   Sintica sta frugando nel sacco di Giovanni di Endor come per cercarvi qualche cosa. Ma poi preferisce venire vicino agli altri e ascoltare Giuda d’Alfeo, che parla delle conseguenze dell’esilio di Babilonia[94] terminando: «…e forse quell’uomo è ancora una conseguenza di quello. Ogni esilio è una rovina…». Sintica fa un cenno involontario col capo ma non dice nulla, e Giuda d’Alfeo termina: «Però è strano che con tanta facilità uno si possa spogliare di ciò che è tesoro di secoli per divenire tutto nuovo, specie in queste cose di religione, e di religione quale è la nostra…».
   Gesù risponde: «Non ti deve stupire se in seno ad Israele contempli Samaria».

   286.6 Un silenzio… Gli occhi scuri di Sintica guardano fisso il profilo sereno di Gesù. Guarda con intensità. Ma non parla. Gesù sente quello sguardo e si volta a guardarla.
   «Non hai trovato nulla di tuo gusto?».
   «No, Signore. Sono giunta al punto di non poter più conciliare il passato col presente, le idee di prima con quelle di ora. E mi pare quasi una defezione, perché le idee di prima mi hanno proprio aiutato ad avere quelle di ora. Diceva bene il tuo apostolo… Però la mia è una felice rovina».
   «Cosa ti si è rovinato?».
   «Tutta la fede nell’Olimpo pagano, Signore. E sono però un poco turbata, perché leggendo la vostra Scrittura — me l’ha data Giovanni, e la leggo perché senza conoscenza non vi è possesso — ho trovato che anche nella vostra storia… degli inizi, dirò così, vi sono fatti non molto diversi dai nostri. Ora io vorrei sapere…».
   «Ti ho detto: chiedi e Io risponderò».
   «È tutto errore nella religione degli dèi?».
   «Sì, donna. Non vi è che un Dio, il quale non si genera da altri, non soggiace a ciò che sono le passioni e i bisogni umani, un Dio unico, eterno, perfetto, creatore».
   «Io lo credo. Ma voglio potere rispondere, non con una forma che non accetta discussione, ma con una che discute per convincere, alle domande che altri pagani potrebbero rivolgere a me. Io da me stessa, e per virtù di questo Dio benefico e paterno, mi sono data risposte informi ma sufficienti a dar pace al mio spirito. Ma in me c’era la volontà di raggiungere la Verità. Altri saranno meno ansiosi di me di questa. Eppure dovrebbe in tutti aversi questa ricerca. Io non intendo rimanere inerte presso le anime. Ciò che ho avuto vorrei dare. Per dare devo sapere. Dammi di sapere e ti servirò in nome dell’amore. Oggi, per via, mentre osservavo le montagne, e certi aspetti mi riportavano vive alla memoria le catene dell’Ellade e le storie della Patria, per associazione di idee mi si è presentato il mito di Prometeo, quello di Deucalione… Avete voi pure qualcosa di simile nella fulminazione di Lucifero, nell’infusione della vita nell’argilla e nel diluvio di Noè. Concomitanze lievi, ma che pure sono un ricordo… Ora dimmi: come potemmo noi saperle se nessun contatto fu tra noi e voi, se voi le aveste certo prima di noi, e noi le avemmo, né vi è origine di come le avemmo? Ci ignoriamo ora, in tante cose. Come allora, millenni indietro, noi avemmo leggende che ricordano le vostre verità?».
   «Donna, tu meno di altri me lo dovresti chiedere. Perché tu hai letto opere che potrebbero da sole rispondere a questo tuo perché.

   286.7 Oggi tu, per associazione di idee, dal ricordo dei tuoi monti natii sei passata al ricordo dei miti natii ed a confronti.
   Non è vero? Perché ciò?».
   «Perché il mio pensiero risvegliato si ricordò».
   «Benissimo. Anche le anime degli antichissimi, che hanno dato una religione alla tua terra, si sono ricordate. Confusamente, come può farlo un imperfetto, un separato dalla religione rivelata. Ma si sono sempre ricordate. Nel mondo sono molte religioni. Orbene, se noi avessimo qui, in un quadro chiaro, tutti i particolari di esse, vedremmo che vi è come un filo aureo sperso fra il molto fango, un filo che ha nodi nei quali sono chiusi brandelli della Verità vera».
   «Ma non veniamo tutti da un ceppo? Tu lo dici. Allora perché gli antichi degli antichi, venienti dal ceppo originario, non hanno saputo portare con sé la Verità? Non è ingiustizia questo averneli privati?».
   «Hai letto la Genesi, non è vero? Che hai trovato[95]? Un peccato complesso al suo inizio, un peccato abbracciante i tre stati dell’uomo: materia, pensiero e spirito. Poi un fratricidio. Poi un duplice omicidio a controbilanciare l’opera di Enoc di tenere luce nei cuori; poi corruzione, unendosi, per libidine di senso, i figli di Dio con le figlie del sangue. E nonostante la purificazione del diluvio e il rifacimento della razza da buon seme — non da sassi come è detto nei vostri miti, così come non da rapimento di fuoco vitale per opera d’uomo, ma per infusione di Fuoco vitale per opera di Dio s’era animata la prima argilla modellata da Dio a sua immagine e a forma d’uomo — ecco di nuovo il fermento superbo, l’oltraggio a Dio: “Tocchiamo il Cielo”, e la maledizione divina: “Siano dispersi e non si comprendano più”… E l’unico ceppo, come acqua che urtando un sasso si disperde in rivoli né più si unisce, ecco che si divise, la razza si separò in razze. L’Umanità, messa in fuga dal suo peccato e dalla punizione divina, ecco spargersi e non più riunirsi, portando seco la confusione che superbia aveva creato. Ma le anime ricordano. Qualcosa resta in loro sempre. E le più virtuose e sapienti intravvedono una luce, seppure debole, nelle tenebre dei miti: la luce della Verità. È questo ricordo della Luce, vista ante vita, quello che agita in loro delle verità in cui sono brandelli della Verità rivelata. Mi hai compreso?».
   «In parte. Ma ora ci penserò. La notte è amica di chi pensa e in sé si raccoglie».
   «Allora andiamo a raccoglierci ognuno in se stesso. Andiamo, amici. La pace a voi donne, la pace a voi discepoli miei. La pace a te, Alessandro Misace».
   «Addio, Signore. Dio sia con Te», risponde il mercante inchinandosi…

[94] esilio di Babilonia, di cui si narra in: 2 Re 24-25; 2 Cronache 36.
[95] hai trovato, in: Genesi 3-11.