MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME IV CAPITOLO 228



CCXXVIII. In barca verso Betsaida, dove Marziam viene affidato a Porfirea.

   24 luglio 1945.

   228.1 Gesù è sul lago di Galilea insieme ai suoi apostoli. È mattina presto. Tutti gli apostoli, perché anche Giuda, perfettamente guarito e con un volto fatto più dolce dal male sofferto e dalle cure avute, è della compagnia. E vi è anche Marziam, un poco impressionato dall’essere sull’acqua per la prima volta. Non lo vuole far vedere, ma ad ogni beccheggio più forte si aggrappa con un braccio al collo della pecora, che condivide la sua paura belando lamentosamente, e con l’altro braccio afferra ciò che può, albero, sedile, remo che sia, o anche la gamba di Pietro o di Andrea o dei garzoni di barca che passano facendo le loro manovre, e chiude gli occhi, forse convinto di essere alla sua ultima ora.
   Pietro gli dice ogni tanto, dandogli un buffetto sulle guance:
   «Non hai paura, eh? Un discepolo non deve mai avere paura», e il bambino dice di no col capo ma, posto che il vento aumenta e l’acqua si fa più mossa man mano che ci si avvicina allo sbocco del Giordano nel lago, stringe più forte e chiude più di sovente gli occhi, finché ad un improvviso piegarsi della barca, per un’onda che la prende di fianco, ha uno strillo di paura.
   Chi ride e chi motteggia scherzando Pietro per il fatto di essere divenuto padre di uno che non sa stare in barca, e chi scherza Marziam che sempre dice di volere andare per terre e per mari a predicare Gesù e poi ha paura di fare pochi stadi su un lago. Ma Marziam si difende dicendo: «Ognuno ha paura di qualche cosa che non conosce. Io dell’acqua, Giuda della morte…».

   228.2 Capisco che Giuda deve avere avuto una grande paura di morire e mi stupisco che non reagisca all’osservazione ma anzi dica: «Hai detto bene. Si ha paura di quello che non si conosce. Ma ora stiamo per arrivare. Betsaida è a pochi stadi. E tu sei sicuro di trovarvi amore. Così vorrei essere io a poca distanza dalla Casa del Padre ed essere sicuro di trovarvi amore!». Lo dice con stanchezza e mestizia.
   «Diffidi di Dio?», chiede stupito Andrea.
   «No. Di me diffido. In quei giorni di malattia, circondato da tante donne pure e buone, io mi sono sentito così minimo nello spirito! Quanto ho pensato! Dicevo: “Se esse ancora lavorano per migliorarsi e acquistare il Cielo, cosa non devo fare io?”. Perché esse, e a me parevano tutte già sante, si sentono ancora peccatrici. E io?… Ci arriverò mai, Maestro?».
   «Con la buona volontà si può tutto».
   «Ma la mia volontà è molto imperfetta».
   «L’aiuto di Dio mette ad essa ciò che le manca per diventare completa. La tua umiltà presente è nata nella malattia. Vedi dunque che il buon Dio ha provveduto, mediante un incidente penoso, a darti una cosa che non avevi».
   «È vero, Maestro. Ma quelle donne! Che discepole perfette!
   Non parlo di tua Madre. Lei si sa. Dico le altre. Oh! veramente ci hanno superato! Io sono stato una delle prime prove del loro futuro ministero. Ma, credi, Maestro, ti puoi riposare sicuro su loro. Io e Elisa eravamo in loro cura, ed essa è tornata a Betsur con l’anima rifatta, e io… io spero di rifarmela, ora che esse me l’hanno lavorata…». Giuda, ancora debole, piange.
   Gesù, che gli è seduto vicino, gli mette una mano sul capo facendo cenno agli altri di non fare parola. Ma Pietro e Andrea sono molto occupati delle ultime manovre di approdo e non parlano, e lo Zelote, Matteo, Filippo e Marziam non cercano certo di farlo, chi perché distratto dall’ansia dell’arrivo e chi perché è prudente di suo.

   228.3 La barca infila il corso del Giordano e dopo poco si ferma sul greto. Mentre i garzoni scendono per assicurarla legandola con una fune ad un macigno, e per assicurare un’asse per fare da pontile, e Pietro si riveste della veste lunga e così fa Andrea, l’altra barca fa la stessa manovra e ne scendono gli altri apostoli. Anche Gesù e Giuda scendono mentre Pietro mette al bambino la vesticciola, lo ravvia per presentarlo in ordine alla moglie. Eccoli tutti a terra, pecorelle comprese.
   «E ora andiamo», dice Pietro. È proprio emozionato.
   Dà la mano al bambino che è a sua volta emozionato, tanto che dimentica le pecorine di cui si occupa Giovanni e chiede, in un improvviso sorgere di paura: «Ma mi vorrà poi? E mi vorrà bene proprio?».
   Pietro lo rassicura; ma forse la paura gli si contagia e dice a Gesù: «Diglielo Tu, Maestro, a Porfirea. Io credo di non sapere dire bene».
   Gesù sorride, ma promette di occuparsene Lui.

   228.4 La casa è presto raggiunta seguendo il greto della riva.
   Dalla porta aperta si sente che Porfirea sta facendo le sue faccende domestiche.
   «La pace a te!», dice Gesù affacciandosi sulla porta della cucina dove la donna sta mettendo in ordine delle stoviglie.
   «Maestro! Simone!». La donna corre a prostrarsi ai piedi di Gesù e poi a quelli del marito. Poi si raddrizza e col suo viso buono, se non bello, dice arrossendo: «Era tanto che vi desideravo! Siete stati tutti bene? Venite! Venite! Sarete stanchi…».
   «No. Veniamo da Nazaret dove abbiamo sostato qualche giorno e fummo a Cana per altra sosta. A Tiberiade erano le barche. Tu vedi che non siamo stanchi. Avevamo un bambino con noi, e Giuda di Simone indebolito da una malattia».
   «Un bambino? Un discepolo così piccino?».
   «Un orfano che abbiamo raccolto per via».
   «Oh! caro! Vieni, tesoro, che ti baci!».
   Il bambino, che era stato timoroso seminascosto dietro a Gesù, si lascia prendere dalla donna, che si è inginocchiata quasi per essere all’altezza di lui e si lascia baciare senza riluttanza.
   «E ora ve lo portate dietro, sempre dietro, così piccino? Si stancherà…». La donna è tutta pietosa. Si tiene stretto il bambino fra le braccia e tiene la guancia appoggiata a quella del bambino.
   «Veramente Io avevo un altro pensiero. Quello di affidarlo a qualche discepola, quando andiamo lontano dalla Galilea, del lago…».
   «A me no, Signore? Io non ho mai avuto bambini. Ma nipotini sì, e so come si fa coi bambini. Sono la discepola che non sa parlare, che non ha tanta salute da seguirti come fanno le altre, che… oh! Tu lo sai! Sarò vile anche, se vuoi. Ma Tu sai in che tenaglia io sono. Tenaglia ho detto? No, sono fra due canapi che mi attirano in direzione opposta e non ho il coraggio di spezzarne uno. Lascia che almeno ti serva un pochino, essendo la mamma-discepola di questo bambino. Gli insegnerò tutto quello che le altre insegnano a tanti… Ad amare Te…».

   228.5 Gesù le pone la mano sul capo, sorride e dice: «Il bambino è stato portato qui perché qui avrebbe trovato una madre e un padre. Ecco. Facciamo la famiglia». E Gesù mette la mano di Marziam in quelle di Pietro, che ha gli occhi lucidi, e di Porfirea. «E allevatemi santamente questo innocente».
   Pietro sa già e perciò non fa che asciugarsi una lacrima col dorso della mano. Ma sua moglie, che non se lo aspettava, resta per un poco muta di stupore. Poi torna a inginocchiarsi e dice:
   «Oh! mio Signore. Tu mi hai levato lo sposo facendomi quasi vedova. Ma ora mi dài un figlio… Tu dunque rendi tutte le rose alla mia vita, non solo quelle che mi hai prese, ma quelle che non ho mai avute. Che Tu sia benedetto! Più che se fosse nato dalle mie viscere mi sarà caro questo fanciullo. Perché questo mi viene da Te». E la donna bacia la veste di Gesù e bacia il bambino, se lo siede poi in grembo… È felice…
   «Lasciamola alle sue espansioni», dice Gesù. «Resta tu pure, Simone. Noi andiamo in città per predicare. Verremo a sera tardi a chiederti cibo e riposo». E Gesù esce con gli apostoli lasciando in pace i tre…
   Giovanni dice: «Mio Signore, Simone oggi è beato!».
   «Vuoi tu pure un bambino?».
   «No. Vorrei solo un paio di ali per alzarmi fino alle porte dei Cieli ed imparare il linguaggio della Luce, per ridirlo agli uomini», e sorride.
   Sistemano le pecorelle nel fondo dell’orto, presso il camerone delle reti, dànno loro fronde, erba e acqua del pozzo, e se ne vanno verso il centro della città.