MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME V CAPITOLO 302



CCCII. A Magdala, prima di mandare tutti in famiglia per le Encenie.

   14 ottobre 1945.

   302.1Acqua, acqua, acqua… Gli apostoli, poco soddisfatti di questo andare sotto la pioggia, insinuano a Gesù se non sarebbe meglio ricoverarsi a Nazaret, poco lontana… e Pietro dice:
   «Poi se ne potrebbe partire col bambino…». Il «no» di Gesù è così reciso che nessuno osa insistere.
   Gesù va avanti, tutto solo… Gli altri dietro in due gruppi, immusoniti.
   Poi Pietro non sa reggere e va presso Gesù. «Maestro, mi vuoi?», chiede un poco mortificato.
   «Mi sei sempre caro, Simone. Vieni».
   Pietro si rasserena. Trotterella a lato di Gesù che coi suoi lunghi passi fa molto cammino agevolmente. Dopo un poco dice: «Maestro… sarebbe stato bello avere il bambino per la festa…».
   Gesù non risponde.
   «Maestro, perché non mi fai felice?».
   «Simone, tu corri il rischio che Io ti levi il bambino».
   «No! Signore! Perché?». Pietro è spaventato dalla minaccia e desolato.
   «Perché non voglio che tu sia legato da cosa alcuna. Te l’ho detto quando ti ho concesso Marziam. Tu, invece, ti stai arenando in questa affezione».
   «Non è peccato amare. E amare Marziam. Lo ami anche Tu…».
   «Ma questo amore non mi impedisce di darmi tutto alla mia missione. Non ti ricordi le mie parole sugli affetti umani? I miei consigli, così netti da essere già degli ordini, su chi vuole porre la mano sull’aratro? Ti stai stancando, Simone di Giona, di essere eroicamente mio discepolo?».
   La voce di Pietro è roca di pianto quando risponde: «No, Signore. Mi ricordo tutto e non sono stanco. Ma ho l’impressione che sia l’opposto… Sei Tu che sei stanco di me, del povero Simone che ha lasciato tutto per seguire Te…».
   «Che ha trovato tutto nel seguire Me, vuoi dire».
   «No… Sì… Maestro… Sono un pover’uomo io…».
   «Lo so. È proprio per questo che ti lavoro. È per fare del pover’uomo un uomo e da questo un santo, il mio Apostolo, la mia Pietra. Sono duro per farti duro. Non ti voglio molle come questo fango. Ti voglio un blocco squadrato, perfetto: la Pietra di base. Non capisci che questo è amore? Non ricordi il Saggio[15]?
   Egli dice che chi ama è severo.

   302.2Ma comprendimi! Comprendimi tu almeno! Non lo vedi come sono sopraffatto, desolato da tante incomprensioni, da troppi infingimenti, dai molti disamori e dalle ancor più numerose delusioni?».
   «Sei… sei così, Maestro? Oh! divina Misericordia! E io non me ne accorgevo! La gran bestia che sono!… Ma da quando? Ma da chi? Dimmelo…».
   «Non serve. Non potresti fare nulla. Non posso fare nulla neppur Io…».
   «Proprio nulla potrei fare per sollevarti?».
   «Te l’ho detto: comprendere che la mia severità è amore. Vedere in ogni mio atto a tuo riguardo l’amore».
   «Sì, sì. Non parlo più. Caro il mio Maestro! Non parlo più.
   E Tu perdona questa gran bestia che io sono. Dammi una prova che proprio mi perdoni…».
   «La prova! Veramente dovrebbe bastarti il mio sì. Ma te la dò. Senti: Io non posso andare a Nazaret, perché a Nazaret c’è Giovanni di Endor e Sintica oltre che Marziam. E ciò non deve essere noto».
   «Neppure a noi? Perché?… Ah!… Maestro?! Maestro?! Tu temi di qualcuno di noi?».
   «La prudenza insegna che quando una cosa va tenuta segreta è già troppo che in due la sappiano. Si può fare del male anche con una parola sbadata. E non tutti e non sempre siete riflessivi».
   «Veramente… non lo sono neanche io. Ma quando voglio so tacere. E ora tacerò. Oh! se tacerò. Non sarò più Simone di Giona se non saprò tacere. Grazie, Maestro, della tua stima. Questa sì che è grande prova di amore…

   302.3Allora ora si va a Tarichea?».
   «Sì. Poi con le barche a Magdala. Devo ritirare l’oro dei gioielli…».
   «Vedi se so tacere? Non ho mai detto niente a Giuda, sai?». Gesù non commenta l’interruzione. Prosegue: «Avuto l’oro, vi metto tutti in libertà fino al giorno dopo l’Encenie. Se vorrò alcuno di voi, vi chiamerò a Nazaret. I giudei, meno Simone Zelote, accompagneranno le sorelle di Lazzaro e le loro ancelle, più Elisa di Betsur, alla casa di Betania. Poi andranno per le Encenie a casa loro. Mi basterà che siano di ritorno per la fine di scebat, quando torneremo a pellegrinare. Questo lo sai tu solo, non è vero, Simon Pietro?».
   «Lo so io solo. Ma… lo dovrai pur dire…».
   «Lo dirò al momento buono. Ora vai dai compagni e sta’ sicuro del mio amore».
   Pietro ubbidisce contento e Gesù torna a sprofondare nei suoi pensieri.

   302.4Le onde si frangono sulla spiaggetta di Magdala quando le due barche vi approdano in un tardo pomeriggio novembrino. Non sono grandi onde. Ma sempre moleste per chi sbarca, perché le vesti si ammollano. Ma la prospettiva del pronto ricovero in casa di Maria di Magdala fa sopportare senza brontolii il non desiderato bagno.
   «Ricoverate le barche e raggiungeteci», dice Gesù ai garzoni. E si mette subito in cammino lungo il litorale, perché hanno fatto approdo in una caletta un po’ fuori città, là dove sono altre barche di pescatori di Magdala.
   «Giuda di Simone e Tommaso, venite qui con Me», chiama Gesù. I due accorrono. «Ho deciso di darvi un incarico di fiducia e una gioia insieme. L’incarico è questo: che voi accompagniate le sorelle di Lazzaro a Betania. E con esse Elisa. Vi stimo abbastanza per affidarvi le discepole. Intanto porterete una mia lettera a Lazzaro. Poi, compiuto questo incarico, andrete a casa vostra, per le Encenie… Non interrompere, Giuda. Tutti faremo le Encenie a casa nostra, quest’anno. È un inverno troppo piovoso per potere viaggiare. Vedete che anche i malati diradano. Perciò ne approfittiamo per riposarci e fare contente le nostre famiglie. Vi aspetto a Cafarnao per la fine di scebat».
   «Ma Tu stai a Cafarnao?», chiede Tommaso.
   «Non sono ancora sicuro dove starò. Qui o là, per Me è uguale. Basta mi sia vicina mia Madre».
   «Io preferivo fare le Encenie con Te», dice l’Iscariota.
   «Lo credo. Ma se mi vuoi bene ubbidisci. Molto più che la vostra ubbidienza vi darà modo di aiutare i discepoli tornati a spargersi per ogni dove. Dovete ben aiutarmi in questo! Nelle famiglie sono i figli maggiori quelli che aiutano i genitori nella formazione dei figli minori. Voi siete i fratelli maggiori dei discepoli, che sono quelli minori, e dovete essere lieti che Io mi affidi a voi. Ciò mostra che della vostra recente opera Io sono stato contento».

   302.5Tommaso dice semplicemente: «Troppo buono, Maestro.
   Ma, per mio conto, cercherò di fare anche meglio, ora. Mi spiace però lasciarti… Ma passerà presto… E il vecchio padre mio sarà contento di avermi per la festa… e anche le sorelle… La mia gemella, poi!… Deve avere avuto, o sta per avere, un bambino… Il primo nipote… Se è maschio, e nasce quando io sono là, che nome gli metto?».
   «Giuseppe».
   «E se è femmina?».
   «Maria. Non ci sono nomi più dolci».
   Ma Giuda, orgoglioso dell’incarico, già si pavoneggia e fa progetti su progetti… Ha assolutamente dimenticato che si allontana da Gesù e che poco tempo prima, verso i Tabernacoli, se ricordo bene, aveva protestato come un puledro brado all’ordine di Gesù di separarsi da Lui per qualche tempo. Perde anche assolutamente di vista il sospetto di allora che ciò fosse un desiderio di Gesù di allontanarlo. Tutto dimentica… ed è felice di essere considerato uno al quale si possono affidare incarichi delicati. Promette: «Ti porterò molto denaro per i poveri», e intanto estrae la borsa e dice: «Ecco, prendi questi.
   Sono quanto abbiamo. Non ho altro. Dammi Tu il viatico per il nostro viaggio, da Betania a casa nostra».
   «Ma non partiamo questa sera», obbietta Tommaso.
   «Non importa. Non occorre più denaro in casa di Maria e perciò… Ben lieto di non avere più da maneggiarne… Quando ritorno porto a tua Madre delle sementi di fiori. Me le farò dare da mia madre. Voglio portare anche un regalo a Marziam…». È esaltato. Gesù lo guarda…

   302.6Sono ormai alla casa di Maria di Magdala. Si fanno riconoscere ed entrano tutti. Le donne accorrono gioiose incontro al Maestro, venuto a ricoverarsi presso il loro focolare…
   Ed è dopo la cena, quando già gli apostoli stanchi si sono ritirati, che Gesù, seduto al centro di una sala, fra il cerchio delle discepole, le avverte del suo desiderio che partano al più presto. Al contrario degli apostoli, non una di loro protesta. Chinano il capo assentendo e poi escono per preparare i loro bagagli.
   Ma Gesù richiama la Maddalena, che è già sulla soglia. «Ebbene, Maria? Perché mi hai sussurrato all’arrivo: “Ti devo parlare in segreto”?».
   «Maestro, ho venduto le pietre preziose. A Tiberiade. Le ha vendute Marcella coll’aiuto di Isacco. Ho la somma in camera mia. Non ho voluto che Giuda vedesse nulla…», e arrossisce vivamente.
   Gesù la guarda fisso. Ma non dice parola.
   La Maddalena esce per tornare con una borsa pesante che dà a Gesù. «Ecco», dice. «Sono state pagate bene».
   «Grazie, Maria».
   «Grazie, Rabboni, di avermi chiesto questo favore. Hai altro da chiedermi?…».
   «No, Maria. E tu hai altro da dirmi?».
   «No, Signore. Benedicimi, Maestro mio».
   «Sì. Ti benedico…

   302.7Maria… sei contenta di tornare da Lazzaro? Pensa che Io non sia più in Palestina. Ci torneresti volentieri a casa, allora?».
   «Sì, Signore. Ma…».
   «Termina, Maria. Non avere mai paura di dirmi il tuo pensiero».
   «Ma ci sarei tornata più volentieri se al posto di Giuda di Keriot ci fosse stato Simone lo Zelote, grande amico di famiglia».
   «Mi occorre per una seria missione».
   «I tuoi fratelli allora, o Giovanni dal cuor di colomba. Tutti, ecco, meno lui… Signore, non mi guardare severo… Chi ha mangiato lussuria ne sente la vicinanza… Non la temo. So tenere a posto qualcuno che è ben più di Giuda. Ed è il mio terrore di non esser perdonata, ed è il mio io, ed è Satana che certo mi gira intorno, ed è il mondo… Ma se Maria di Teofilo non ha paura di nessuno, Maria di Gesù ha ribrezzo del vizio che l’aveva soggiogata, e la… Signore… L’uomo che s’arrovella per il senso mi fa schifo…».
   «Non sei sola nel viaggio, Maria. E con te sono sicuro che egli non ritornerà indietro… Ricordati che devo far partire Sintica e Giovanni per Antiochia e che non si deve sapere da chi è un imprudente…».
   «È vero. Andrò allora… Maestro, quando ci rivedremo?».
   «Non so, Maria. Forse solo a Pasqua. Va’ in pace, ora. Io ti benedico questa sera e ogni sera, e con te tua sorella e Lazzaro buono».
   Maria si curva a baciare i piedi di Gesù ed esce lasciando solo Gesù nella stanza silenziosa.

[15] il Saggio è Salomone, che parla della severità come segno di amore in: Proverbi 3, 12; 13, 24.