MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME V CAPITOLO 355



CCCLV. Il nuovo discepolo Nicolai di Antiochia e il secondo annuncio della Passione.

   9 dicembre 1945.

   355.1Gesù è tutto solo sulla terrazza della casa di Tommaso di Cafarnao. Il paese ozia nel sabato, già molto ridotto nei suoi abitanti, perché i più zelanti nelle pratiche di fede sono già partiti per Gerusalemme, e così pure quelli che vi si recano con le famiglie ed hanno bambini che non possono fare marce lunghe ed obbligano gli adulti a soste e a brevi tragitti. Così manca, nella giornata già di suo un po’ nuvolosa, la nota d’oro dell’infanzia giuliva.
   Gesù è molto pensieroso. Seduto su una panchetta bassa, in un angolo, presso il parapetto, le spalle alla scala, quasi nascosto da questo parapetto, tiene un gomito sul ginocchio e appoggia la fronte sulla mano con mossa stanca, quasi di sofferenza.

   355.2È interrotto nel suo meditare dalla venuta di un fanciullino che vuole salutarlo prima di partire per Gerusalemme. «Gesù! Gesù!», chiama ad ogni scalino, non vedendo Gesù perché il muretto lo nasconde alla vista di chi è in basso. E Gesù è così concentrato che non sente la vocetta leggera e il passo da colombino… di modo che, quando il piccolo arriva sulla terrazza, Egli è ancora in quella posizione di sofferenza. E il bambino ne resta intimorito. Si ferma sul limitare della terrazza, si mette un ditino fra le labbra e pensa… poi decide e lentamente viene avanti… ormai è quasi alle spalle di Gesù… si china per vedere ciò che fa… e dice: «No, bello! Non piangere! Perché? Per quei brutti omacci di ieri? Lo diceva il padre mio con Giairo che sono indegni di Te. Ma Tu non devi piangere. Io ti voglio bene. E te ne vuole la mia sorellina e Giacomo e Tobiolo, e Giovanna e Maria e Michea e tutti, tutti i bambini di Cafarnao. Non piangere più…», e gli si stringe al collo, carezzoso, finendo: «Altrimenti piangerò anche io, e piangerò sempre… per tutto il viaggio…».
   «No, David, non piango più. Tu mi hai consolato. Sei solo? Quando partite?».
   «Dopo il tramonto. Colla barca fino a Tiberiade. Vieni con noi. Il padre mio ti vuole bene, sai?» «Lo so, caro. Ma devo andare da altri bambini… Io ti ringrazio di essere venuto a salutarmi e ti benedico, piccolo Davide. Diamoci il bacio di addio e poi torna dalla mamma. Lo sa che sei qui?…».
   «No. Sono scappato via perché non ti ho visto coi tuoi discepoli e ho pensato che piangevi».
   «Non piango più. Lo vedi. Va’, va’ dalla mamma che forse ti cerca con spavento. Addio. Sta’ attento agli asini delle carovane. Vedi? Ce ne sono fermi da ogni parte».
   «Ma non piangi proprio più?».
   «No. Non ho più dolore. Tu me lo hai levato. Grazie, bambino».
   Il bambino scende saltellando la scaletta e Gesù lo osserva. Poi crolla il capo e torna al suo posto nella penosa meditazione di prima.

   355.3Passa del tempo. Il sole, nelle schiarite di nuvole, si mostra nella sua discesa.
   Un passo più pesante sulla scala. Gesù alza il viso. Vede Giairo che sta dirigendosi da Lui. Lo saluta. Ne è salutato con rispetto.
   «Come mai qui, Giairo?».
   «Signore! Io forse ho sbagliato. Ma Tu che vedi il cuore degli uomini vedrai che nel mio errore non era malanimo. Io non ti ho invitato alla sinagoga per parlare, oggi. Ma ho tanto sofferto per Te, ieri, e tanto ti ho visto soffrire che… non ho osato. Ho interrogato i tuoi. Mi hanno detto: “Vuole stare solo”… Ma poco fa è venuto Filippo, padre di Davide, dicendomi che il suo bambino ti ha visto piangere. Ha detto che Tu lo hai ringraziato di essere venuto da Te. Sono venuto io pure. Maestro, chi ancora è a Cafarnao sta per adunarsi alla sinagoga. E la sinagoga mia è tua, Signore».
   «Grazie, Giairo. Oggi parleranno altri in essa. Io verrò come semplice fedele…».
   «Né vi saresti tenuto. Tua sinagoga è il mondo. Non vieni proprio, Maestro?».
   «No, Giairo. Sto qui col mio spirito davanti al Padre che mi capisce e che non trova colpe in Me». Gesù ha un brillìo di lacrime nell’occhio mesto.
   «Io pure non trovo colpe in Te… Addio, Signore».
   «Addio, Giairo». E Gesù si siede di nuovo, sempre meditabondo.

   355.4Leggera come una colomba sale, nella sua veste bianca, la figlia di Giairo. Guarda… Chiama piano: «Salvatore mio!».
   Gesù volge il capo, la vede, le sorride, le dice: «Vieni a Me».
   «Sì, mio Signore. Ma io vorrei portarti agli altri. Perché deve essere muta la sinagoga, oggi?».
   «Vi è tuo padre e tanti altri per empirla di parole».
   «Ma sono parole… La tua è la Parola. Oh! mio Signore! Con la tua parola mi hai restituito alla mamma e al padre mio, ed ero morta. Ma guarda quelli che ora vanno verso la sinagoga!
   Molti sono più morti di me allora. Vieni a dare loro la Vita».
   «Figlia, tu la meritavi; essi… Nessuna parola può dare vita ad uno che per sé elegge la morte».
   «Sì, mio Signore. Ma vieni lo stesso. C’è anche chi vive sempre più, sentendoti… Vieni. Metti la tua mano nella mia e andiamo. Io sono la testimonianza del tuo potere, e sono pronta a testimoniarlo anche davanti ai tuoi nemici, anche a prezzo che mi venga levata questa seconda vita, che d’altronde non è più mia. Tu me l’hai data, Maestro buono, per pietà di una madre e di un padre. Ma io…». La fanciulla, una bella fanciulla già donnina, dai dolci occhioni splendenti nel viso puro e intelligente, si arresta per un’onda di pianto che la strozza, gocciando dalle lunghe ciglia sulle guance.
   «Perché piangi, ora?», chiede Gesù ponendole la mano sui capelli.
   «Perché… mi è stato detto che Tu dici che morrai…».
   «Tutti si muore, fanciulla».
   «Ma non così come Tu dici! Io… oh! ora io non avrei voluto essere tornata viva, per non vedere ciò, per non esserci quando… questo orrore sarà…».
   «Allora non ci saresti neppure stata per darmi la consolazione che mi dài ora. Non sai che la parola, anche una sola, di un puro e di uno che mi ama, leva ogni pena da Me?».
   «Sì? Oh! allora Tu non ne devi più avere perché io ti amo più del padre, della madre e della mia vita!».
   «Così è».
   «Allora vieni. Non stare solo. Parla per me, per Giairo, per la mamma, per il piccolo Davide, per quelli che ti amano, insomma. Siamo tanti e saremo più ancora. Ma non stare solo.
   Viene malinconia», e materna d’istinto come ogni donna onesta, termina dicendo: «Con me vicino nessuno ti farà male. Ed io, del resto, ti difenderò».
   Gesù si alza e l’accontenta. La mano nella mano, traversano le vie ed entrano nella sinagoga da una porta laterale.

   355.5Giairo, che sta leggendo ad alta voce un rotolo, sospende la lettura e dice, inchinandosi profondamente: «Maestro, te ne prego, per i retti di cuore parla. Preparaci alla Pasqua con la tua santa parola».
   «Stai leggendo dei Re, non è vero?».
   «Sì, Maestro. Cercavo di fare riflettere che chi si separa dal Dio vero cade in idolatria di vitelli d’oro».
   «Bene hai detto. Nessuno ha da dire nulla?».
   Si alza un brusio fra la folla. Chi vuole che parli Gesù e chi urla: «Abbiamo fretta. Si dicano le preghiere e si cessi l’adunanza. Andiamo a Gerusalemme, d’altronde, e là udremo i rabbi», e chi urla così sono i molti disertori di ieri, che il sabato ha trattenuto a Cafarnao.
   Gesù li guarda con somma mestizia e dice: «Avete fretta. È vero. Anche Dio ha fretta di giudicarvi. Andate pure». Poi, volgendosi a quelli che li rimproverano, dice: «Non li sgridate. Ogni pianta dà il suo frutto».
   «Signore! Ripeti il gesto[104] di Nehemia! Parla contro di loro, Tu, Sacerdote supremo!», grida sdegnato Giairo, e gli fanno coro gli apostoli, i discepoli fedeli e quelli di Cafarnao.
   Gesù apre le braccia a croce e, pallidissimo, un vero viso straziato eppure dolcissimo, grida: «Ricordati di Me, o mio Dio! E in bene! E ricordati pure in bene di loro! Io li perdono!».

   355.6La sinagoga si svuota, rimanendo i fedeli a Gesù…
   E vi è uno straniero in un angolo. Un uomo robusto che nessuno osserva, al quale nessuno parla. Del resto egli pure non parla con nessuno. Guarda solo fissamente Gesù, tanto che il Maestro volge il suo sguardo in quella direzione, lo vede e chiede a Giairo chi sia.
   «Non so. Uno di passaggio certo».
   Gesù lo interpella: «Chi sei?».
   «Nicolai, proselite di Antiochia, diretto a Gerusalemme per la Pasqua».
   «Chi cerchi?».
   «Te, Signore Gesù di Nazaret. Ho desiderio di parlarti».
   «Vieni». E avutolo vicino esce con lui nell’orto dietro la sinagoga per ascoltarlo.
   «Ho parlato ad Antiochia con un tuo discepolo di nome Felice. Ho ardentemente desiderato di conoscerti. Mi ha detto che luogo di sosta tua è Cafarnao, e hai la Madre a Nazaret. E anche che vai al Getsemani o a Betania. L’Eterno fa che io ti trovi al primo luogo. C’ero ieri… E ti ero presso stamane mentre Tu piangevi pregando, presso la fonte… Ti amo, Signore. Perché sei santo e mite. Credo in Te. Le tue azioni, le tue parole mi avevano già fatto tuo. Ma la tua misericordia di poco fa, per i colpevoli, mi ha deciso. Signore, accoglimi al posto di chi ti abbandona! Vengo a Te con tutto quanto ho: la vita e i beni, tutto». Si è inginocchiato dicendo le ultime parole.
   Gesù lo guarda fissamente… poi dice: «Vieni. Da oggi sarai del Maestro. Andiamo dai tuoi compagni».
   Tornano nella sinagoga, dove è un grande parlare dei discepoli e degli apostoli con Giairo.
   «Ecco un nuovo discepolo. Il Padre mi consola. Amatelo come un fratello. Andiamo con lui a dividere il pane e il sale. Poi nella notte voi partirete con lui per Gerusalemme e noi colle barche andremo a Ippo… E non dite la mia strada a nessuno, onde Io non sia trattenuto».

   355.7Ma intanto il sabato è finito, e quelli che vogliono fuggire Gesù sono in folla sulla spiaggia, per contrattare i traghetti per Tiberiade. E litigano con Zebedeo che non vuole cedere la sua barca, già pronta, vicina a quella di Pietro, per la partenza nella notte di Gesù con i dodici.
   «Io vado ad aiutarlo!», dice Pietro che è irritato.
   Gesù, ad evitare urti troppo forti, lo trattiene dicendo: «Andiamo tutti, non tu solo».
   E vanno… E gustano l’amarezza di vedere che i fuggenti se ne vanno senza un saluto, tagliando netto ogni discussione pur di allontanarsi da Gesù… e sentono anche qualche epiteto spregevole e consigli acri ai fedeli discepoli…
   Gesù si volge per tornare a casa dopo che la turba ostile se ne è andata, e dice al nuovo discepolo: «Li senti? Questo è ciò che ti attende venendo a Me».
   «Lo so. Per questo resto. Ti avevo visto in un giorno glorioso fra folla che ti acclamava salutandoti “re”. Ho scosso le spalle dicendo: “Un altro povero illuso! Un’altra piaga per Israele!”, e non ti ho seguito perché parevi un re, e neppure a Te pensavo più. Ora ti seguo perché nelle tue parole e nella tua bontà vedo il promesso Messia».
   «In verità tu sei più giusto di molti altri. Però ancora una volta lo dico. Chi spera in Me un re terreno si ritiri. Chi sente che si vergognerà di Me nel cospetto del mondo accusatore si ritiri. Chi si scandalizzerà di vedermi trattato da malfattore si ritiri. Ve lo dico mentre ancora potete farlo senza essere compromessi agli occhi del mondo. Imitate coloro che fuggono su quelle barche, se non vi sentite di condividere la mia sorte nell’obbrobrio per poterla condividere poi nella gloria. Perché questo sta per avvenire: il Figlio dell’uomo sta per essere accusato e messo poi nelle mani degli uomini, i quali lo uccideranno come un malfattore e crederanno averlo vinto. Ma inutilmente avranno fatto il loro delitto. Perché Io risorgerò dopo tre giorni e trionferò. Beati quelli che sapranno essere meco fino alla fine!».

   355.8Sono giunti alla casa e Gesù affida ai discepoli il nuovo venuto, salendo da solo dove era prima. Anzi entra nella stanza superiore e si siede, pensando.
   Salgono dopo un poco l’Iscariota con Pietro.
   «Maestro, Giuda mi ha fatto riflettere a delle cose giuste».
   «Dille».
   «Tu prendi questo Nicolai, un proselite, e del quale ignoriamo il passato. Già tante noie abbiamo avuto… e abbiamo. E ora? Che sappiamo di lui? Possiamo fidarci? Giuda giustamente dice che potrebbe essere una spia mandata dai nemici».
   «Ma sì! Un traditore! Perché non vuole dire da dove viene e chi lo manda? Io l’ho interrogato, ma dice solo: “Sono Nicolai di Antiochia, proselite”. Io ho fieri sospetti».
   «Ti ricordo che egli viene perché mi vede tradito».
   «Può essere menzogna! Può essere un tradimento!».
   «Chi dovunque vede menzogna o vede tradimento è anima capace di tali cose, perché si misura sul proprio modello», dice serio Gesù.
   «Signore, Tu mi offendi!», grida Giuda sdegnato.
   «Lasciami, dunque, e vai con chi mi abbandona».
   Giuda esce sbatacchiando la porta con mal modo.
   «Però, Signore, Giuda non ha tutti i torti… E poi non vorrei che… quell’uomo dicesse di Giovanni. Non può essere che l’uomo di Endor il Felice che ti manda questo…».
   «Così è certamente. Ma Giovanni di Endor è prudente ed ha ripreso il suo antico nome. Sta’ tranquillo, Simone. Un uomo che si fa discepolo, perché sente che la mia causa umana è già persa, non può essere che uno retto di spirito. Ben diverso è quello di colui che ora è uscito, e che è venuto a Me perché sperava di essere il principe di un re potente… e non si persuade che Io sono Re solo per lo spirito…».
   «Sospetti di lui, Signore?».
   «Di nessuno. Ma in verità ti dico che dove giungerà Nicolai, discepolo e proselite, Giuda di Simone apostolo, israelita e giudeo, non giungerà».
   «Signore, io avrei voglia di interrogare Nicolai su… Giovanni».
   «Non lo fare. Giovanni non gli ha dato incarichi perché è prudente. Non essere tu l’imprudente».
   «No, Signore. Te lo chiedevo soltanto…».
   «Scendiamo ad affrettare le cene. A notte alta partiremo… Simone… mi ami tu?».
   «Oh! Maestro! Ma che dici?».
   «Simone, il mio cuore è più scuro del lago in una notte di tempesta e tanto agitato come quello…».
   «Oh! Maestro mio!… Che ti devo dire, se io sono ancor più… scuro e agitato di Te? Ti dirò: “Ecco il tuo Simone. E se ti può dare conforto il mio cuore, prenditelo”. Non ho che questo, ma è sincero».
   Gesù gli pone per un momento la testa sul petto ampio e robusto e poi si alza e scende, con Pietro.

[104] il gesto, invocato da Giairo, è la minaccia di castigo espressa in: Neemia 5, 13; ma la risposta di Gesù è l’invocazione di misericordia che segue in: Neemia 5, 19.