MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME V CAPITOLO 361



CCCLXI. I due innesti che trasformeranno gli apostoli. Maria di Magdala avverte Gesù di un pericolo. Miracolo sul fiume Giordano in piena.

   17 settembre 1944.

   361.1Finalmente posso scrivere quanto mi occupa la vista mentale e l’udito mentale dalla prima alba di stamane, rendendomi sofferente per lo sforzo di udire le cose esterne e di casa mentre devo vedere e udire le cose di Dio, e insofferente di ogni altra cosa che non sia ciò che lo spirito vede.
   Quanta pazienza mi ci vuole a… non perdere la pazienza nell’attendere il momento di dire a Gesù: «Eccomi! Ora puoi andare avanti»! Perché, l’ho detto più volte e lo ripeto, quando io non posso proseguire o iniziare il racconto di ciò che vedo, allora la scena si ferma alle prime battute, oppure al punto in cui vengo interrotta, per poi svolgersi oltre, e di nuovo, quando sono libera di seguirla. Credo che ciò voglia Dio perché io non ometta o erri neppure un particolare, cosa che potrebbe accadermi se io scrivessi qualche tempo dopo aver visto.
   Assicuro sulla mia coscienza che quanto scrivo, perché lo vedo o lo odo, lo scrivo mentre lo vedo e odo.
   Ecco dunque cosa vedo da stamane, e il mio interno ammonitore mi dice esser l’inizio di una lunga e bella visione.

   361.2Gesù, con un tempo da lupi, cammina per una fangosissima via di campagna. La strada è un piccolo fiume di mota che sfalda e schizza ad ogni pedata, una mota giallastra, collosa, scivolosa come sapone molle, che si appiglia ai sandali, li aspira come una ventosa, e nello stesso tempo sfugge sotto essi, rendendo penoso l’andare fra tanto sdrucciolio.
   Deve aver piovuto e ripiovuto in quei giorni. E il cielo ancora ne promette, basso, plumbeo come è, corso da nuvoloni pesanti che spingono dei venti di scirocco o greco, così pesanti che l’aria pare, nella bocca, un corpo dolciastro come una patina mielosa. Non dà sollievo questo sincopato soffio di vento, che piega le erbe e i rami e poi passa e tutto ritorna nell’immobilità pesante dell’afa tempestosa. Ogni tanto un nuvolone si apre e grosse gocce, calde come venissero da una doccia tiepida, scendono a far bolle nella mota, che schizza ancor più bene sulle vesti e le gambe.
   Il basso delle tuniche, per quanto Gesù e i suoi le abbiano rialzate, facendole molto rimboccare[111] alla vita coll’aiuto del cordone che le serra alla cintura, è tutto una pillacchera di fango, molto umido in basso, quasi secco negli schizzi più alti. Vesti e mantelli, anche questi portati il più possibile in alto, tenendoli piegati in mezzo per pulizia e per doppio riparo dagli acquazzoni brevi ma violenti, ne sono tutti bruttati. I piedi, poi, e le gambe sino a mezzo stinco, sembra abbiano una spessa calza di bernoccoluta lana, la quale invece è mota, mota e mota che si è incrostata su essi.

   361.3Fin qui l’inizio. Poi ora prosegue.
   I discepoli si lamentano un poco del tempo e della strada e, sia detto pure, anche della voglia, poco… igienica del Maestro, di andare in giro con un tempo simile.
   Gesù pare non senta. Ma sente. E due o tre volte si volta leggermente indietro — camminano quasi in fila indiana per tenere il lato sinistro della via, un poco più elevato del destro e perciò meno motoso — si volge a guardarli. Ma non parla.
   L’ultima volta è il più anziano dei discepoli che dice: «Oh!
   povero me! Con questo umido che mi si asciuga addosso voglio sentirne dei dolori! Sono vecchio io! Non ho più trent’anni!».
   E Matteo anche lui borbotta: «E io, allora? Io non c’ero abituato… Quando pioveva a Cafarnao, tu lo sai, Pietro, non andavo fuori della mia casa. Mettevo dei servi al banco della gabella e questi mi portavano coloro che dovevano pagare. Avevo organizzato un vero servizio per questo. Già… chi era in giro con tempi brutti? Uhm! Qualche melanconico e basta. Mercati e viaggi si fanno col tempo buono…».
   «Tacete! ché sente!», dice Giovanni.
   «Ma no che non sente. Pensa, e quando pensa… è come noi non si esista», dice Tommaso.
   «E quando fissa una cosa non lo smuove nessuna giusta considerazione. Vuol fare ciò che vuole. Non si fida che di Se stesso. Sarà la sua rovina. Si consigliasse un poco con me…

   361.4So tante cose io!», dice Giuda col suo sussiego di “fa tutto” e di “son più degli altri”.
   «Che sai?», chiede Pietro, subito rosso come un galletto.
   «Tutto tu sai! Che amici hai? Sei forse un grande d’Israele? Ma va’ là! Anche tu sei un pover’uomo come me e gli altri. Un poco più bello… Ma bellezza di gioventù è fiore che dura un giorno! Anche io ero bello!».
   Una fresca risata di Giovanni spezza l’aria. Anche gli altri ridono, e scherzano un poco Pietro per le sue rughe, le sue gambe un poco divaricate come quelle di tutti i marinai, i suoi occhi un poco bovini e arrossati dai venti del lago.
   «Ridete pure, ma è così. E poi, non mi interrompete. Di’ tu, Giuda. Che amici hai? Che sai? Per sapere ciò che fai capire, devi avere amici fra i nemici di Gesù. E chi ha amici fra i nemici è un traditore. Ehi! ragazzo! Bada a te se ti preme la tua bellezza! Perché, se è vero che non sono più bello, è vero che sono ancora forte, e a farti sdentato o a sfondarti un occhio non farei fatica», dice Pietro.
   «Che modi di parlare! Proprio da rozzo pescatore!», dice Giuda con sprezzo di principe offeso.
   «Sì, signore, e me ne vanto. Pescatore, ma schietto come il mio lago, che se vuol far tempesta non dice: “Fo calmeria”, ma ha quel brivido e si mette, a testimoni alla balza dei cieli, certi fiocchi di nuvole che, sol che un non sia bestia o ebbro, capisce il salmo e si regola. Tu… tu mi pari questo fango che pare solido e, guarda», (e dà una energica pedata, e il fango schizza fin sul mento del bell’Iscariota).
   «Ma Pietro! Questi sono modi indegni! Bel frutto ti fanno le parole del Maestro sulla carità!».
   «E anche a te sull’umiltà e la sincerità. Avanti. Sputa ciò che sai. Che sai? È vero che sai, o ti dài delle arie per far credere che hai amici potenti? Povero verme che sei!».
   «Quello che so, so, e non lo vengo a dire a te per far succedere delle risse come ti piacerebbe, galileo qual sei. Ripeto che se il Maestro fosse meno testardo sarebbe gran bene. E meno violento. La gente si stanca di sentirsi offendere».
   «Violento? Ma se lo fosse dovrebbe farti volare nel fiume, subito. Un bel volo al disopra di quegli alberi. Così ti laveresti il fango che ti sporca il profilo. Magari servisse a lavarti il cuore che, sarà che mi sbagli, deve esser più crostoso delle mie gambe infangate».
   Infatti Pietro, molto peloso e basso di statura, ha le gambe più fangose. Lui e Matteo sono proprio di creta sin quasi al ginocchio.
   «Ma insomma finitela!», dice proprio Matteo.

   361.5Giovanni, che ha notato un rallentamento di Gesù, sospetta che Egli abbia udito e, affrettando il passo, superando due o tre compagni, lo raggiunge e gli si mette al fianco e lo chiama:
   «Maestro!», dolcemente come sempre e con quello sguardo d’amore, volgendo il capo in alto, perché più basso e perché tiene verso il centro della via e perciò oltre il piccolo rialzo su cui tutti camminano.
   «Oh, Giovanni! Mi hai raggiunto?». Gesù gli sorride.
   Giovanni, studiandone con amore e apprensione il volto per capire se ha udito, risponde: «Sì, Maestro mio. Mi vuoi?».
   «Sempre ti voglio. Tutti vi vorrei e col tuo cuore! Ma se tu resti lì e cammini da quel posto ti finisci di bagnare».
   «Non mi importa, Maestro! Nulla mi importa pur di stare presso a Te!».
   «Sempre vuoi stare con Me? Tu non pensi che Io sono imprudente e che posso mettere in impiccio anche voi. Non ti senti offeso perché non ascolto i tuoi consigli?».
   «Oh! Maestro! Hai udito, allora?». Giovanni è costernato.
   «Ho udito tutto. Dalle prime parole. Ma non te ne addolorare. Non siete perfetti. Lo sapevo da quando vi volli. E non pretendo lo diveniate rapidamente. Prima dovete esser resi da selvatici a domestici con due innesti…».
   «Quali, Maestro?».
   «L’uno di sangue e l’uno di fuoco. Dopo sarete degli eroi del Cielo e convertirete il mondo, iniziando da voi».
   «Di sangue? Di fuoco?».
   «Sì, Giovanni. Il Sangue: il mio…».
   «No, Gesù!». Giovanni lo interrompe con un gemito.
   «Buono, amico. Non mi interrompere. Ascolta tu per primo queste verità. Lo meriti. Il Sangue: il mio. Tu lo sai. Sono venuto per questo. Sono il Redentore. Pensa ai Profeti. Non hanno omesso un iota nel descrivere la mia missione. Sarò l’Uomo descritto da Isaia. E quando sarò svenato il mio Sangue feconderà voi. Ma non mi limiterò a questo. Tanto imperfetti e deboli, ottusi e pavidi siete, che Io, glorioso al fianco del Padre, vi manderò il Fuoco, la Forza che procede dal mio essere per generazione dal Padre e che lega il Padre e il Figlio in un anello indissolubile facendo, di Uno, Tre: il Pensiero, il Sangue, l’Amore. Quando lo Spirito di Dio, anzi lo Spirito dello Spirito di Dio, la Perfezione delle Perfezioni divine, verrà su voi, voi non sarete più quali siete. Ma nuovi, potenti, santi… Ma, per uno, nullo sarà il Sangue e nullo il Fuoco. Poiché il Sangue avrà avuto per lui potere di dannazione e in eterno conoscerà un altro fuoco in cui arderà eruttando sangue e inghiottendo sangue, ché sangue vedrà ovunque poserà il suo occhio mortale o il suo occhio spirituale, dal momento che avrà tradito il Sangue di un Dio».
   «Oh! Maestro! Chi è?».
   «Lo saprai un giorno. Ora ignora. E per la carità non cercare neppure di indagare. L’indagine presuppone sospetto. Non devi sospettare dei tuoi fratelli, perché il sospetto è già mancanza di carità».
   «Mi basta che Tu mi assicuri che non sarò io né Giacomo a tradirti».
   «Oh! non tu! E non Giacomo. Tu sei il mio conforto, Giovanni buono!», e Gesù gli pone un braccio sulle spalle e se lo attira a Sé, e camminano così allacciati.

   361.6Tacciono per qualche tempo. Anche gli altri tacciono ora.
   Si sente solo lo scalpiccio dei piedi nella mota.
   Poi un altro rumore si fa sentire. Un fruscìo gorgogliante, direi un russare pesante di persona catarrosa. Un borbottare monotono, interrotto ogni tanto da piccoli schianti.
   «Senti?», dice Gesù. «Il fiume è vicino».
   «Ma al guado non arriveremo che a notte. Fra poco ha inizio la sera».
   «Dormiremo in qualche capanna. E domani passeremo.
   Avrei voluto giungere prima, perché d’ora in ora la piena cresce. Senti? I canneti delle rive si spezzano sotto il peso delle acque cresciute».
   «Ti hanno tanto trattenuto in quei villaggi della Decapoli! Noi lo dicevamo a quei malati: “Un’altra volta!”, ma…».
   «Ma chi è malato vuol guarire, Giovanni. E chi ha pietà guarisce subito, Giovanni. Non importa. Passeremo lo stesso. Voglio fare l’altra sponda prima di tornare a Gerusalemme per la Pentecoste».
   Tacciono di nuovo. La sera scende con la rapidità delle sere piovose. L’andare, nel crepuscolo sempre più scuro, si fa ancor più difficile. Anche gli alberi che sono lungo la via aumentano, con le loro fronde, l’oscurità.
   «Passiamo dall’altra parte della via. Ormai siamo proprio vicini al guado. Cercheremo qualche capanna».
   Traversano, seguiti dagli altri. Valicano una fossetta fangosa, più fango che acqua, che va gorgogliando a gettarsi nel fiume. Quasi a tentoni passano fra albero e albero, dirigendosi verso il fiume il cui rumore è sempre più vicino e forte.

   361.7Un primo raggio di luna fora le nubi, si insinua fra l’una nube e l’altra e scende facendo scintillare l’acqua motosa del Giordano, molto gonfio e largo in quel punto. (Se calcolo bene[112], il fiume è largo dai cinquanta ai sessanta metri. Sono una vera ochetta in fatto di misure, ma penso che la mia casa avrebbe potuto entrare in quel greto nove o dieci volte almeno, ed era larga cinque metri e mezzo circa). Non è più il bello e quieto e azzurro Giordano, dalle acque calme e basse che lasciano scoperta la rena fine del greto alle sponde, là dove cominciano i canneti che sono sempre un fremito sonoro. Ora l’acqua ha tutto invaso, e i primi canneti, piegati, spezzati e sommersi, non si vedono più, al massimo se qualche nastro delle foglie ondula a pelo d’acqua e pare faccia un cenno di addio e un’invocazione d’aiuto. L’acqua è già ai piedi dei primi alberoni. Non so che alberi siano. Sono alti e fronzuti, compatti come una muraglia, scura nella notte scura. Qualche salice tuffa le cime delle sue chiome sfatte nell’acqua giallastra.
   «Qui non si guada più», dice Pietro.
   «Qui no. Ma là, vedi?, si passa ancora», dice Andrea.
   Difatti due quadrupedi passano con cautela il fiume. L’acqua giunge a toccare il ventre delle bestie.
   «Se passano loro, passano anche le barche».
   «È però meglio passare subito, anche se è notte. Le nuvole sono diradate e la luna c’è. Non lasciamo passare il momento. Cerchiamo se c’è barca…». E Pietro getta per tre volte un lungo e lamentoso «Oh… è!».
   Nessuna risposta.
   «Andiamo giù, proprio al guado. Melchia coi suoi figli ci deve essere. È la sua stagione più bella. Ci passerà».
   Camminano il più svelti che possono sul sentieruolo che costeggia proprio il fiume, che quasi lo lambe.

   361.8«Ma non è una donna quella?», dice Gesù guardando i due che coi cavalli hanno ormai superato il fiume e sono fermi sul sentiero.
   «Una donna?». Pietro e gli altri non vedono e distinguono se è uomo o donna quel fagotto scuro che è sceso e attende.
   «Sì. È una donna. È… è Maria. Guardate, ora che è nel raggio di luna».
   «Buon per Te che vedi. Beati i tuoi occhi!».
   «Maria è. Che può volere?», e Gesù grida: «Maria!».
   «Rabbomi! Tu sei? Sia lode a Dio ché ti ho trovato!», e Maria corre come una gazzella verso Gesù. Non so come non incespichi nel sentiero accidentato. Ha lasciato cadere un primo pesante mantellone ed ora viene avanti col suo velo e col manto più leggero attorcigliato al corpo sulla veste scura.
   Quando raggiunge Gesù gli piomba ai piedi senza occuparsi del fango. È anelante ma felice. Ripete: «Gloria a Dio che mi ha fatto trovare Te!».
   «Perché, Maria? Che accade? Non eri a Betania?».
   «Ero a Betania con tua Madre e le donne, come Tu avevi detto… Ma ti sono venuta incontro… Lazzaro non poteva perché soffre molto… Allora sono venuta io col servo…».
   «Tu in giro sola con un ragazzo e con questa stagione!».
   «Oh! Rabbomi! non mi vorrai dire che pensi che io abbia paura. Non ho avuto paura di fare tanto male… Non l’ho ora di fare il bene».
   «E allora? Perché sei venuta?».
   «Per dirti di non passare… Di là ti aspettano per farti del male… L’ho saputo… L’ho saputo da un erodiano che un tempo… che un tempo mi amava… L’abbia detto per amore, ancora, o per odio, non so… So che l’altro ier l’altro mi ha vista attraverso il cancello e mi ha detto: “Maria stolta, stai aspettando il tuo Maestro? Bene fai, ché sarà l’ultima volta perché, come passa e viene in Giudea, è preso. Guardalo bene e poi scappa, perché non è prudente essergli vicino, ora…”. Allora… puoi pensare con che cuore… ho indagato… Tu sai… molti ho conosciuto… e dandomi magari della pazza e della… posseduta mi parlano ancora… Ho saputo che è vero. Allora ho preso due cavalli e sono venuta, senza dire nulla a tua Madre… per non addolorarla.

   361.9Torna via… subito via, Maestro. Se sanno che Tu sei qui, oltre Giordano, vengono qui. E anche Erode ti cerca… e Tu sei troppo vicino a Macheronte ormai. Va’ via, va’ via per pietà, via per pietà, Maestro!…».
   «Non piangere, Maria…».
   «Ho paura, Maestro!».
   «No! Paura tu, tanto coraggiosa da passare il fiume in piena di notte!…».
   «Ma quello è un fiume e quelli sono uomini tuoi nemici e che ti odiano… Dell’odio per Te ho paura… Perché ti amo, Maestro».
   «Non temere. Non mi prenderanno ancora. Non è il mio tempo. Anche mettessero schiere e schiere di soldati lungo tutte le vie, non mi prenderanno. Non è la mia ora. Ma farò come tu vuoi. Tornerò indietro…».
   Giuda borbotta qualcosa fra i denti e Gesù risponde: «Sì, Giuda. Proprio come tu dici. Ma proprio nella prima metà della tua frase. Le do retta a questa, sì, le do retta. Ma non perché è donna, come tu insinui, ma perché è quella che ha fatto più cammino d’amore. Maria, torna a casa finché lo puoi. Io andrò indietro e passerò… dove potrò, e andrò in Galilea. Vieni con mia Madre e le altre a Cana in casa di Susanna. Là vi dirò che c’è da fare. Va’ in pace, benedetta. Dio è con te».
   Gesù le pone la mano sul capo, benedicendola così. Maria prende le mani di Cristo e le bacia, e poi si alza e torna indietro. Gesù la guarda andare. La guarda raccogliere il mantellone e metterselo, e poi raggiungere il cavallo, montarvi e riprendere il guado e passare.
   «E ora andiamo», dice. «Volevo farvi riposare, ma non posso. Ho cura della vostra incolumità, checché Giuda pensi diverso. E, credete, se cadeste in mano ai miei nemici sarebbe peggio, per la vostra salute, dell’acqua e del fango…».
   Tutti abbassano il capo comprendendo il rimprovero celato e dato in risposta ai loro discorsi di prima.

   361.10Vanno, vanno, vanno per tutta la notte, fra schiarite di nuvole e brevi piovaschi. Un’alba livida li sorprende presso un poverissimo villaggio, steso presso il fiume con le sue casupole motose. Il fiume è largo un poco meno che al guado. Delle barche sono tirate in secco fin dentro all’abitato per salvarle dalla piena.
   Pietro getta il suo grido: «Oh!… è!».
   Viene fuori da una catapecchia un uomo gagliardo ma anziano. «Che vuoi?».
   «Barche per passare».
   «Impossibile! Il fiume è troppo pieno… La corrente…».
   «Ehi, amico! A chi lo dici? Sono pescatore di Galilea».
   «Il mare è un conto… ma qui è fiume… non ci voglio rimettere la barca. E poi… non ne ho che una, e tu e i tuoi siete in molti».
   «Bugiardo! Vuoi dirmi che hai una barca sola?».
   «Mi si secchino gli occhi se mento, io…».
   «Bada che non ti si secchino per davvero. Questo è il Rabbi di Galilea che dà occhi ai ciechi e che… può farti contento seccandoti i tuoi…».
   «Misericordia! Il Rabbi! Perdonami, Rabbomi!».
   «Sì. Ma non mentire mai. Dio ama i sinceri. Perché dire che hai una barca sola quando tutto il paese può smentirti? Troppo avvilente per un uomo la menzogna e l’esser smascherato! Mi dài le tue barche?».
   «Tutte, Maestro».
   «Quante ne occorrono, Pietro?».
   «In tempi normali due bastavano. Ma col fiume in piena è più difficile la manovra e ce ne vogliono tre».
   «Prendile, pescatore. Ma come farò a riaverle?».
   «Vieni in una. Non hai figli?».
   «Ho un figlio e due generi e dei nipoti».
   «Due per barca bastano per il ritorno».
   «Andiamo».

   361.11L’uomo chiama gli altri e con l’aiuto di Pietro, Andrea, Giacomo, Giovanni, spingono le barche in acqua. La corrente è forte e cerca trascinarle subito via. Le corde che le trattengono ai tronchi più prossimi sono tese come su un arco e scricchiolano nello sforzo. Pietro guarda. Guarda le barche, guarda il fiume, guarda e scuote il capo e si arruffa con una mano i capelli brizzolati, e poi dà un’occhiata curiosa a Gesù.
   «Temi, Pietro?».
   «Eh!… quasi, quasi…».
   «Non temere. Abbi fede. E anche tu, uomo. Chi porta Dio e i suoi messi non deve temere. Scendiamo in barca. Io nella prima».
   Il padrone delle barche ha una mossa rassegnata. Deve pensare che è venuta l’ultima ora sua e quella dei suoi parenti. Al minimo deve pensare di perdere le barche o di andare chissà dove.
   Gesù è già in barca. In piedi a prua. Scendono gli altri in questa e nelle altre due barche. Resta solo a terra un vecchietto, il garzone forse, che sorveglia le funi.
   «Ci siamo?».
   «Ci siamo».
   «Pronti i remi?».
   «Pronti».
   «Molla, tu, da riva».
   Il vecchietto disattorciglia i canapi dal cavicchio che ne faceva nodo presso il tronco. Le barche, man mano che sono libere, sbandano un attimo verso sud sul filo della corrente.
   Ma Gesù ha il suo viso di miracolo. Cosa dica al fiume non so. So che la corrente si arresta quasi. Non ha che il moto lento del Giordano quando non è in piena. Le barche tagliano l’acqua senza fatica, anzi con una velocità che deve stupire il padrone delle barche.

   361.12Eccoli dall’altra parte. Smontano con facilità, né la corrente tenta portare più giù le barche mentre sono fermi i remi.
   «Maestro, vedo che sei veramente potente», dice il padrone delle barche. «Benedici il tuo servo e ricordati di me, peccatore».
   «Perché potente?».
   «Eh! ti par poco?! Hai sospeso la corrente del Giordano in piena!…».
   «Giosuè l’ha già fatto questo miracolo[113] e più grande, poiché sparirono le acque dal fiume, per far passare l’Arca…».
   «E tu, uomo, hai passato la vera Arca di Dio», dice Giuda col suo sussiego.
   «Dio altissimo! Sì, lo credo! Tu sei il vero Messia! Il Figlio di Dio altissimo. Oh! lo dirò per città e paesi della sponda, questo lo dirò, questo che hai fatto, questo che ti ho visto fare! Torna, Maestro! Il mio povero paese ha malati in gran numero. Vieni a sanarli!».
   «Verrò. Tu intanto predica in mio Nome fede e santità per esser graditi a Dio. Addio, uomo. Va’ in pace. E non temere per il ritorno».
   «Non temo. Se temessi, ti avrei chiesto di aver pietà per la mia vita. Ma credo in Te e nella tua bontà, e vado senza chiedere. Addio».
   Rimonta in barca e per primo mette la prua al fiume e va. Sicuro. Veloce. Tocca sponda.
   Gesù, che è stato fermo sino a quando lo ha visto a terra, fa un gesto di benedizione. Poi si ritira verso la via.
   Il fiume riprende il suo andare vorticoso… E tutto finisce così.

[111] rimboccare , invece di rimborsare , è la corretta trascrizione dattiloscritta; così come, in 568.1, rimboccate invece di rimborsate.
[112] (Se calcolo… fino a …circa) . È la nota che MV scrive in calce alla pagina del quaderno autografo e che noi inseriamo, tra parentesi, nel testo. La casa era quella di Viareggio, da cui la scrittrice dovette allontanarsi durante la seconda guerra mondiale. Scrisse il presente capitolo a Sant’Andrea di Còmpito, dove rimase sfollata dal 24 aprile al 23 dicembre 1944.
[113] miracolo , che è riportato in: Giosuè 3, 14-17.