MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME V CAPITOLO 362



CCCLXII. Missione e destino delle “voci di Dio”. L’incontro con la Madre e con le discepole.

   16 dicembre 1945.

   362.1Sono ora dall’altra parte del Giordano e camminano lesti in direzione sud ovest, puntando verso una seconda catena di colli, più elevata della prima, di basse colline, oltre le quali è la pianura del Giordano. Dai loro discorsi comprendo che hanno evitato la pianura per non ricadere nella melma lasciata dall’altra parte e pensano di andare dove devono seguendo le strade interne, che sono meglio tenute e meglio praticabili, specie in tempo di pioggia.
   «Verso che punto saremo?», chiede Matteo che si orienta male.
   «Fra Silo e Betel di certo. Riconosco i monti», dice Tommaso. «Ci siamo passati da poco, con Giuda, che a Bétèl fu ospite di alcuni farisei».
   «Potevi esserlo anche tu. Non ci sei voluto venire. Ma né io né loro ti abbiamo detto: “Non venire”».
   «E neppure io dico che me lo avete detto. Dico solo che ho preferito rimanere coi discepoli che evangelizzavano qui».
   E l’incidente ha termine. Anzi Andrea si rallegra dicendo:
   «Se a Betel abbiamo farisei amici, non saremo assaliti».
   «Ma noi andiamo indietro. Non a Gerusalemme», gli obbiettano.
   «Ci dovremo pure andare per la Pasqua! Neppure so come faremo…».
   «Ma sì! Perché ha detto che torna a Cana? Potevano ritornare le donne, e noi compiere il pellegrinaggio…».
   «È destino che mia moglie non faccia la Pasqua a Gerusalemme!», esclama Pietro.

   362.2Giovanni interpella Gesù che parla fitto fitto con lo Zelote:
   «Maestro, come faremo ad andare e tornare in tempo?».
   «Non lo so. Mi affido a Dio. Se saremo in ritardo non sarà colpa mia».
   «Hai fatto bene ad essere prudente», dice lo Zelote.
   «Oh! per Me sarei andato avanti. Perché non è ancora la mia ora. Questo lo sento. Ma come avreste sopportato, voi, l’avventura, voi che da qualche tempo siete così… stanchi?».
   «Maestro… hai ragione. Sembra che un demonio abbia messo il suo alito fra di noi. Siamo tanto cambiati!».
   «L’uomo si stanca. Vuole le cose rapide. E sogna le cose stolte. Quando si avvede che altro è il sogno dalla realtà, si turba e, se non è di buona volontà, flette. Non ricorda che l’Onnipotente, che poteva in un attimo fare del Caos l’Universo, lo fece con fasi ordinate e separate in spazi di tempo detti giorni. Io devo dal Caos spirituale di tutto un mondo trarre il Regno di Dio. E lo farò. Io ne costruirò le basi, le sto costruendo, e devo spezzare la roccia durissima per tagliarvi dentro le fondamenta che non crolleranno. Voi alzerete lentamente i muri. I vostri successori continueranno l’opera, in altezza e in larghezza. Come Io morirò nell’opera, così voi morirete, e ce ne saranno altri e altri che moriranno cruentemente o incruentemente, ma consumati da questo lavoro che richiede spirito di immolazione, di generosità, e lacrime, e sangue, e pazienza senza misura…».

   362.3Pietro insinua la sua testa brizzolata fra Gesù e Giovanni.
   «Si può sapere cosa dite?».
   «Oh! Simone! Vieni qui. Si parlava della futura Chiesa.
   Spiegavo che, contro le vostre frette, stanchezze, sconforti e così via, ella richiede calma, costanza, sforzo, fiducia. Spiegavo che richiede il sacrificio di tutti i suoi membri. Da Me che ne sono Fondatore e che ne sono la mistica Testa, a voi, a tutti i discepoli, a tutti quelli che avranno nome di cristiani e appartenenti alla Chiesa universale. E in verità nella grande scala delle gerarchie saranno sovente i più umili, coloro che sembreranno semplicemente dei “numeri”, quelli che renderanno veramente vitale la Chiesa. In verità dovrò sovente rifugiarmi in questi per continuare a mantenere viva la fede e la forza dei sempre rinnovati collegi apostolici, e di questi apostoli dovrò farne dei tormentati da Satana e dagli uomini invidiosi, superbi e increduli. Né il loro martirio morale sarà meno penoso di quello materiale, presi come saranno fra la volontà attiva di Dio e la volontà malvagia dell’uomo, strumento di Satana, che cercherà con ogni studio e violenza di farli apparire menzogneri, folli, ossessi, per paralizzare la mia opera in loro e i frutti della stessa, che sono altrettanti colpi vittoriosi contro la Bestia».
   «E resisteranno?».
   «E resisteranno anche senza avermi materialmente con loro. Dovranno credere non solo a ciò che è dovere di credere, ma anche alla loro segreta missione, crederla santa, crederla utile, crederla venuta da Me, mentre intorno a loro fischierà Satana per terrorizzarli, e urlerà il mondo per deriderli, e i non sempre perfettamente luminosi ministri di Dio per condannarli. Questo è il destino delle mie future voci. Eppure non avrò altro modo che questo per scuotere, riportare al Vangelo e al Cristo gli uomini! Ma per tutto quello che avrò richiesto da loro, imposto loro e da loro ricevuto, oh! darò loro eterna gioia, una gloria speciale!

   362.4In Cielo è un libro chiuso. Solo Dio può leggerlo. In esso sono tutte le verità. Ma Dio talora leva i sigilli e risveglia le verità già dette agli uomini costringendo un uomo, eletto a tale sorte, a conoscere passato, presente e futuro quale il misterioso libro lo contiene. Avete mai visto un figlio, il più buono della famiglia, od uno scolaro, il più buono della scuola, essere chiamato dal padre o dal maestro a leggere in un libro di adulti e ad averne spiegazione? Sta a fianco del padre o del maestro, circondato da un loro braccio, mentre l’altra mano del padre o del maestro segna con l’indice le righe che vuole lette e conosciute dal prediletto. Così fa Dio con i suoi consacrati a tal sorte. Li attira e li tiene col suo braccio, e li forza a leggere ciò che Egli vuole, e a saperne il significato, e a dirlo poi, e averne scherno e dolore. Io, l’Uomo, sono il Capostipite di coloro che dicono le Verità del libro celeste, e ne ho scherno, dolore e morte. Ma il Padre già prepara la mia Gloria. Ed Io, salito ad essa, preparerò la gloria di quelli che avrò forzato a leggere nel libro chiuso i punti che ho voluto, e al cospetto di tutta l’Umanità risorta e dei cori angelici Io li indicherò per quello che furono, chiamandoli presso di Me mentre aprirò i sigilli del Libro che ormai sarà inutile tenere chiuso, ed essi sorrideranno rivedendo scritte, rileggendo le parole che già furono loro illuminate quando soffrivano sulla Terra».

   362.5«E gli altri?», chiede Giovanni, attentissimo alla lezione.
   «Quali altri?».
   «Gli altri, che come me non hanno letto sulla Terra quel libro, non conosceranno mai ciò che dice?».
   «In Cielo ai beati tutto sarà noto. Essi conosceranno, assorbiti nella Sapienza infinita».
   «Subito? Appena morti?».
   «Subito, appena entrati nella Vita».
   «Ma allora perché all’Ultimo Giorno Tu farai vedere che li chiami a conoscere il Libro?».
   «Perché non ci saranno solo i beati a vedere questo. Ma tutta l’Umanità. E nella parte dei dannati molti saranno di coloro che hanno deriso le voci di Dio come quelle di folli e di indemoniati, e li avranno tormentati per quel loro dono. Lunga ma doverosa rivincita concessa a questi martiri della ottusità malvagia del mondo».
   «Come sarà bello vedere ciò!», esclama Giovanni rapito.
   «Sì. E vedere tutti i farisei arrotare i denti di rabbia», dice Pietro e si sfrega le mani.
   «Oh! io penso che guarderò soltanto Gesù e i benedetti che leggeranno con Lui il Libro…», risponde Giovanni, sognante quell’ora, gli occhi spersi in chissà che visione di luce, fatti più lucidi da un’onda di pianto emotivo che non sgorga ma fa splendida l’iride celeste, un sorriso di fanciullo sulle labbra rosse.
   Lo Zelote lo guarda, anche Gesù lo guarda. Ma Gesù non dice niente. Lo Zelote invece dice: «Tu guarderai te stesso, allora! Perché, se fra noi ve ne è uno che sarà “voce di Dio” sulla Terra e sarà chiamato a leggere i punti del Libro sigillato, quello sei tu, Giovanni, prediletto di Gesù e amico di Dio».
   «Oh! non lo dire! Io sono il più ignorante di tutti. E se Gesù non dicesse che dei fanciulli è il Regno dei Cieli, io penserei non poterlo mai avere, tanto sono un buono a nulla. Non è vero, Maestro, che io valgo solo perché sono simile ad un fanciullo?».
   «Sì, tu appartieni alla beata puerizia. E che tu sia benedetto per ciò!».

   362.6Camminano ancora qualche tempo, poi Pietro, che guarda indietro per la strada carovaniera sulla quale ormai sono, esclama: «Misericordiosa Provvidenza! Ma quello è il carro delle donne!».
   Tutti si volgono. È realmente il pesante carro di Giovanna che viene avanti al trotto di due robusti cavalli. Si fermano ad attenderlo. La coperta di cuoio tutta calata non permette di vedere chi è dentro ad esso. Ma Gesù fa cenno di fermare, e il conducente ha una esclamazione gioiosa quando vede Gesù, ritto sul bordo della strada a braccio alzato.
   Mentre l’uomo ferma i due cavalli che sbuffano, si affaccia dall’apertura della tenda il viso magro di Isacco: «Il Maestro!», grida. «Madre, sii lieta! È qui!».
   Voci di donne, trapestio di passi, avvengono nel carro, ma prima che una sola di loro scenda sono già balzati a terra Mannaen, Marziam e Isacco, che accorrono a venerare il Maestro.
   «Ancora qui, Mannaen?».
   «Fedele alla consegna. E ora più che mai perché le donne avevano paura… Ma… Ti abbiamo ubbidito perché si deve ubbidire, ma credi che non c’era nulla di preoccupante. So di certo che Pilato ha richiamato all’ordine i turbolenti, dicendo che chiunque creerà sedizioni in questi giorni di festa sarà punito duramente. Credo non estranea a questa protezione di Pilato la moglie, e soprattutto le dame amiche della moglie. A Corte si sa tutto e nulla. Ma si sa abbastanza…»,

   362.7e Mannaen si scansa per cedere il posto a Maria, che è scesa dal carro ed ha fatto i pochi metri di strada, tutta trepida e commossa.
   Si baciano mentre le discepole, tutte, venerano il Maestro. Non ci sono però né Maria né Marta di Lazzaro.
   Maria mormora: «Quanto affanno da quella sera! Figlio, come ti odiano tutti!», e delle lacrime scendono lungo le righe rosse che segnano sul viso il segno di molte altre, fatte in quei giorni.
   «Ma tu vedi che il Padre provvede. Non piangere, dunque!
   Io sfido tutto l’odio del mondo con coraggio. Ma una sola tua lacrima mi accascia. Suvvia, Madre santa!!», e tenendola abbracciata con un braccio a Sé si volge alle discepole per salutarle, ed ha particolari parole per Giovanna che è voluta tornare indietro per accompagnare Maria.
   «Oh! Maestro! Non è una fatica stare con tua Madre. Maria è trattenuta a Betania dalle sofferenze del fratello. Sono venuta io. Ho lasciato i bambini alla moglie del custode del palazzo, che è buona e materna. Ma già c’è anche Cusa che veglia, e pensa Tu se mancherà nulla al caro Mattia che mio marito predilige! Però anche Cusa mi ha detto che la partenza era inutile. La remora del Proconsole ha spezzato le unghie anche ad Erodiade. Egli poi, il Tetrarca, trema di paura e non ha che un pensiero: vegliare acciò che Erodiade non lo rovini agli occhi di Roma. La morte di Giovanni ha distrutto molte cose in favore di Erodiade. Ed Erode sente anche, e molto bene, che il popolo è in rivolta contro di lui per l’uccisione di Giovanni. La volpe intuisce che il peggior castigo sarebbe perdere la protezione astiosa e deridente di Roma. Il popolo lo assalirebbe subito.
   Perciò, oh! non dubitare! Non farà nulla di sua iniziativa!».

   362.8«Allora torniamo a Gerusalemme! Potete procedere tranquilli sulla vostra incolumità. Andiamo. Le donne rimontino sul carro e con esse Matteo e chi è stanco. Riposeremo a Bétèl. Andiamo».
   Le donne ubbidiscono. Salgono con esse Matteo e Bartolomeo. Gli altri preferiscono seguire il carro a piedi insieme a Mannaen con Isacco e Marziam. E Mannaen racconta come abbia fatto le indagini per sapere quanto di vero era nella millanteria dell’erodiano, che aveva gettato un vento di dolore nella quieta accolta di Betania presso Lazzaro, «molto sofferente», dice Mannaem.
   «È venuta una donna a Betania?».
   «No, Signore. Ma noi vi manchiamo da tre giorni. Chi è?».
   «Una discepola. La darò ad Elisa perché è giovane, sola e senza mezzi».
   «Elisa è nel palazzo di Giovanna. Voleva venire. Ma è molto costipata. Spasimava per vederti. Diceva: “Ma non capite che io ho la mia pace nel vederlo?”».
   «Le darò anche una gioia con questa giovane.

   362.9E tu, Marziam, non parli?».
   «Ascolto, Maestro».
   «Il ragazzo ascolta e scrive. Da uno, dall’altro, si fa ripetere le tue parole e scrive, scrive. Ma le avremo dette bene, noi?», dice Isacco.
   «Le guarderò Io e aggiungerò ciò che manca nel lavoro del mio discepolo», dice Gesù accarezzando la guancia brunetta di Marziam. E chiede: «E il vecchio padre? Lo hai visto?».
   «Oh, sì! Non mi riconosceva. Ha pianto di gioia. Ma lo vedremo al Tempio perché Ismael li manda. Anzi ha dato loro più giorni quest’anno. Ha paura di Te».
   «Sfido io! Dopo lo scherzetto avvenuto a Chanania in scebat!», dice Pietro e ride.
   «La paura di Dio non costruisce però, anzi demolisce. Non è amicizia. È solo attesa che si muta spesso in livore. Ma ognuno dà ciò che può…».
   Proseguono la strada e li perdo di vista.