MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

A A A

VOLUME V CAPITOLO 307



CCCVII. Discussione sul comportamento dei nazareni e lezione sulla tendenza al peccato malgrado la Redenzione.

   19 ottobre 1945.

   307.1Il telaio è inoperoso perché Maria e Sintica cuciono svelte svelte le stoffe portate dallo Zelote. I pezzi delle vesti già tagliate sono piegati in mucchio ordinato sulla tavola, colore per colore, e ogni tanto le donne ne prendono un pezzo imbastendolo poi sulla tavola, così che gli uomini sono respinti verso l’angolo dell’inoperoso telaio, vicini ma non interessati al lavoro delle donne. Sono presenti anche i due apostoli Giuda e Giacomo d’Alfeo, che a loro volta osservano il daffare femminile, senza fare domande ma credo non senza curiosità.
   E i due cugini raccontano dei fratelli, specie di Simone che li ha accompagnati fino alla porta di Gesù e poi se ne è andato «perché ha un bambino sofferente», dice Giacomo per medicare la notizia e scusare il fratello. Giuda è più severo e dice:
   «Proprio per questo avrebbe dovuto venire. Ma sembra anche lui divenuto ebete. Come tutti i nazareni, d’altronde, se si escludono Alfeo e i due discepoli che ora chissà dove sono.

   307.2Si capisce che Nazaret non ha altro di buono, e il buono lo ha sputato tutto, come fosse sapore molesto a questa città nostra…».
   «Non dire così», prega Gesù. «Non ti intossicare l’animo… Non è colpa loro…».
   «Di chi, allora?».
   «Di tante cose… Non indagare. Ma Nazaret non è tutta nemica. I bambini…».
   «Perché sono bambini».
   «Le donne…».
   «Perché sono donne. Ma non sono né i bambini né le donne quelle che affermeranno il tuo Regno».
   «Perché, Giuda? Sei in errore. I bambini di oggi saranno proprio i discepoli di domani, quelli che propagheranno il Regno su tutta la Terra. E le donne… Perché non lo possono fare?».
   «Non potrai certo fare delle donne degli apostoli. Saranno, al massimo, delle discepole, come Tu hai detto[19], di aiuto ai discepoli».
   «Ti ricrederai di tante cose in futuro, fratello mio. Ma non tento neppure di farti ricredere Io. Cozzerei contro una mentalità che ti viene da secoli di concetti e preconcetti errati sulla donna. Ti prego soltanto di osservare, di annotare, in te, le differenze che vedi fra le discepole e i discepoli, e di notare, spassionatamente, la loro rispondenza ai miei insegnamenti. Vedrai che, incominciando da tua madre, che se si vuole è stata la prima delle discepole in ordine di tempo e di eroismo — e lo è tuttora, tenendo coraggiosamente testa a tutto un paese che la schernisce perché m’è fedele, resistendo anche alle voci del sangue suo che non le risparmia rimproveri perché mi è fedele — vedrai che le discepole sono migliori di voi».
   «Lo riconosco, è vero. Ma in Nazaret anche le donne discepole dove sono? Le figlie di Alfeo, le madri di Ismaele e di Aser e le loro sorelle. E basta. Troppo poco. Io vorrei non venire più a Nazaret per non vedere tutto ciò».
   «Povera mamma! Le daresti un grande dolore», dice Maria intervenendo nella conversazione.
   «È vero», dice Giacomo. «Ella spera tanto di arrivare a conciliare i fratelli con Gesù e con noi. Credo che non desideri che questo. Ma non è certo con lo stare lontani che lo faremo. Fino ad ora ti ho dato retta con lo starmene come isolato. Ma da domani voglio uscire, avvicinare questo e quello… Perché, se dovremo evangelizzare anche i gentili, non evangelizzeremo la città nostra? Io mi rifiuto a crederla tutta malvagia, non convertibile».
   Giuda Taddeo non ribatte. Ma è palesemente inquieto.

   307.3Simone Zelote, che era rimasto sempre zitto, interviene: «Io non vorrei insinuare sospetti. Ma lasciate che, per sollevarvi lo spirito, vi faccia una domanda. Questa: siete sicuri che nella sostenutezza di Nazaret non siano estranee forze venute da altrove, che qui lavorano bene in base ad un elemento che dovrebbe, se si ragionasse con giustizia, dare le migliori garanzie per fare sicuri che il Maestro è il Santo di Dio? La conoscenzadella vita perfetta di Gesù, cittadino di Nazaret, dovrebbe rendere più facile a nazareni di accettarlo per il promesso Messia. Io più di voi, e con me molti della mia età, in Nazaret abbiamo conosciuto, almeno di fama, dei pretesi Messia. E vi assicuro che la loro vita intima sfatava la più ostinata asserzione di messianità in loro. Roma li ha perseguitati ferocemente come ribelli. Ma, a parte l’idea politica, che Roma non poteva permettere esistesse dove essa regna, questi falsi Messia, per molti motivi privati, avrebbero meritato punizione. Noi li agitavamo e li sostenevamo perché ci servivano a satollare il nostro spirito di ribellione a Roma. Noi li secondavamo perché, ottusi come siamo, abbiamo creduto — finché il Maestro non ha chiarito la verità, e purtroppo, nonostante questo, ancora non crediamo come dovremmo, ossia totalmente — vedere in loro il “re” promesso. Essi ci cullavano lo spirito afflitto con speranze di indipendenza nazionale e di ricostruzione del regno d’Israele. Ma, oh! miseria! Quale regno labile e corrotto sarebbe mai stato?! No, che in vero chiamare quei falsi Messia re d’Israele e fondatori del Regno promesso era avvilire profondamente l’idea messianica. Nel Maestro, alla profondità della dottrina si unisce la santità della vita. E Nazaret, come nessun’altra città, la conosce. Neppure penso a fare accusa di miscredenza nazarena per il soprannaturale della sua venuta, che essi, i nazareni, ignorano. Ma la vita! Ma la sua vita!… Ora tant’astio, tanta impenetrabile resistenza… Ma che dico! Tanta aumentata resistenza non potrebbe avere origine da manovre nemiche? Noi li conosciamo i nemici di Gesù. Sappiamo ciò che valgono. Credete voi che solo qui siano stati inerti e assenti, se dovunque ci hanno o preceduto, o affiancato, o seguito per distruggere l’opera del Cristo? Non accusate Nazaret come unica colpevole. Ma piangete su di essa, traviata dai nemici di Gesù».
   «Hai detto molto bene, Simone. Piangete su di essa…», dice Gesù. Ed è mesto.
   Giovanni di Endor osserva: «Hai detto anche molto bene quando hai detto che l’elemento favorevole si muta in sfavorevole, perché l’uomo raramente usa giustizia nel pensare. Qui il primo ostacolo è la nascita umile, l’infanzia umile, l’adolescenza umile, la giovinezza umile di Gesù nostro. L’uomo dimentica che i valori si celano sotto apparenze modeste, mentre le nullità si camuffano da grandi esseri per imporsi alle folle».
   «Sarà… Ma nulla modifica il mio pensiero circa i concittadini. Qualunque cosa possa loro essere stata detta, dovevano saper giudicare sulle opere reali del Maestro e non sulle parole di sconosciuti».

   307.4Un silenzio lungo, rotto solo dal rumore di tele che la Vergine divide in strisce per farne delle balze. Sintica non ha mai parlato pure rimanendo attentissima. Essa conserva sempre il suo atteggiamento di profondo rispetto, di riservatezza, che solo con Maria o col bambino si fa meno rigido. Ma ora il bambino si è addormentato, seduto su un panchetto proprio ai piedi di Sintica e colla testa appoggiata sui ginocchi di lei, sul braccio ripiegato. Perciò ella non si muove e attende che Maria le passi le strisce.
   «Che sonno innocente!… Sorride…», osserva Maria curvandosi sul visetto dormente.
   «Chissà cosa sogna», dice sorridendo Simone.
   «È un bambino intelligente molto. Impara con prontezza e vuole avere spiegazioni nette. Fa domande molto acute e vuole risposte chiare. Su tutto. Confesso che delle volte sono imbarazzato a rispondere. Sono argomenti superiori alla sua età, e talora anche alla mia capacità di spiegarli», dice Giovanni.
   «Già! Come quel giorno… Ricordi, Giovanni? Avesti due alunni molto tormentosi quel giorno! E molto ignoranti», dice Sintica sorridendo lievemente e fissando il discepolo col suo sguardo profondo.
   Giovanni sorride a sua volta e dice: «Sì. E voi aveste un maestro molto incapace, che dovette chiamare in aiuto la vera Maestra… perché in nessuno dei molti libri che aveva letto, questo stolto pedagogo aveva trovato la risposta da dare ad un bambino. Segno che sono un pedagogo ignorante ancora».
   «La scienza umana è ignoranza ancora, Giovanni. Non il pedagogo, ma ciò che gli avevano dato per esserlo era insufficiente. La povera scienza umana! Oh! come mi sembra mutilata! Mi fa pensare ad una deità che era onorata in Grecia. Ci voleva proprio la materialità pagana per poter credere che, perché era priva d’ali, la Vittoria fosse per sempre possesso dei greci! Non solo le ali alla Vittoria, ma la libertà ci è stata levata… Meglio era avesse avuto l’ali, nella credenza nostra. Avremmo potuto pensarla capace di volare a rapire fulmini celesti per saettare i nemici. Ma, così come era, non dava speranza, ma sconforto, ma parola di tristezza. Non la potevo vedere senza soffrirne… Mi pareva sofferente, avvilita della sua mutilazione. Un simbolo di dolore e non di gioia… E lo fu. Ma, come per la Vittoria, l’uomo fa con la Scienza. Le mutila le ali, che intingerebbero il sapere nel soprannaturale dando chiave ad aprire tanti segreti dello scibile e del creato. Hanno creduto e credono di tenerla captiva col mutilarla delle ali… Ne hanno fatto solo una deficiente… La Scienza alata sarebbe Sapienza. Così come è, è soltanto intendimento parziale».

   307.5«E mia Madre vi ha risposto quel giorno?».
   «Con perfetta chiarezza e con casta parola, atta ad esser udita da un fanciullo e da due adulti di sesso diverso senza che nessuno avesse ad arrossire».
   «Su che verteva?».
   «Sulla colpa d’origine, Maestro. Ho segnato la spiegazione di tua Madre per ricordarmela», dice ancora Sintica, e Giovanni di Endor lui pure dice: «Anche io. Credo che sarà una cosa molto richiesta, se un giorno si andrà fra i gentili. Io non penso di andarvi perché…».
   «Perché, Giovanni?».
   «Perché poco ancora vivrò».
   «Ma vi andresti volentieri?».
   «Più di molti altri in Israele, perché non ho prevenzioni. E anche… Sì, anche per questo. Io ho dato malesempio fra i gentili, a Cintium e in Anatolia. Avrei voluto poter arrivare a fare del bene dove ho fatto del male. Il bene da fare: portare la tua parola là, farti conoscere… Ma sarebbe stato troppo onore…
   Non lo merito».
   Gesù lo guarda sorridendo ma non dice nulla in proposito.

   307.6Chiede: «E non avete altre domande da fare?».
   «Io ne ho una. Mi è sorta l’altra sera quando parlavi dell’ozio col bambino. Ho cercato di darmi una risposta. Ma senza riuscirvi. Attendevo il sabato per fartela, quando le mani sono inoperose e l’anima nostra, nelle tue mani, viene alzata a Dio», dice Sintica.
   «Fàlla ora la tua domanda, mentre si attende l’ora del riposo».
   «Ecco, Maestro. Tu hai detto che, se uno si intiepidisce nel lavoro spirituale, si indebolisce e predispone alle malattie dello spirito. Non è vero?».
   «Sì, donna».
   «Ora questo mi pare in contrasto su quanto ho udito da Te e da tua Madre sulla colpa d’origine, i suoi effetti in noi, la liberazione da essa per mezzo tuo. Mi avete insegnato che con la Redenzione sarà annullata la colpa d’origine. Credo di non errare dicendo che sarà annullata non per tutti, ma solo per coloro che crederanno in Te».
   «È vero».
   «Trascuro perciò gli altri e prendo uno di questi salvati. Lo contemplo dopo gli effetti della Redenzione. La sua anima non ha più la colpa d’origine. Torna dunque in possesso della Grazia così come l’avevano i Progenitori. Questo non le dà, allora, una vigoria inattaccabile ad ogni languore? Tu dirai: “L’uomo fa anche peccati personali”. Sta bene. Ma penso che essi pure cadranno con la tua Redenzione. Non ti chiedo come. Ma suppongo che, a testimonianza dell’essere essa stata veramente — e non so come avverrà, per quanto ciò che a Te si riferisce nel Libro sacro faccia tremare, e mi auguro che sia sofferenza simbolica, ristretta al morale, benché non è illusione il dolore morale ma spasimo forse molto più atroce di quello fisico — Tu lascerai dei mezzi, dei simboli. Tutte le religioni ne hanno, e sono talora chiamati misteri… Il battesimo attuale, vigente in Israele, ne è uno, non è vero?».
   «Lo è. E ci saranno, con nome diverso da quello che tu dài loro, anche nella mia religione dei segni di questa mia Redenzione, applicati alle anime per purificarle, fortificarle, illuminarle, sostenerle, nutrirle, assolverle».
   «E allora? Se sono assolte anche dai peccati personali, sempre saranno in grazia… Come allora saranno deboli e predisposte a malattie spirituali?».

   307.7«Ti porto un paragone. Prendiamo un bambino appena nato da genitori sanissimi, sano esso pure e robusto. Nessuna tara fisica, ereditaria, è in lui. Il suo essere è perfetto nello scheletro e negli organi, gode di un sangue sano. Ha perciò tutti i requisiti per crescere forte e sano, anche perché la madre ha latte abbondante e sostanzioso. Ma nel primo momento della sua vita viene colpito da gravissima malattia, non si sa come causata. Una malattia mortale proprio. Se ne salva a stento per pietà di Dio, che gli trattiene la vita già in procinto di fuggire da quel corpicino. Ebbene, credi tu che, dopo, quel bambino sarà robusto come se non avesse avuto quel male? No, avrà un indebolimento perenne in sé. Anche se non sarà palese, vi sarà e lo predisporrà, con più facilità che se non fosse stato malato, alle malattie. Qualche organo non sarà mai più integro come prima. Il suo sangue sarà meno forte e puro di prima. Tutte ragioni per cui più facilmente contrarrà malattie. Le quali, ogni volta che lo colpiranno, lo lasceranno più facile a riammalarsi. Lo stesso è per il campo spirituale. La colpa d’origine sarà cancellata nei credenti in Me. Ma lo spirito conserverà una tendenza al peccato che senza la colpa originale non avrebbe avuto. Perciò occorre sorvegliare e continuamente curare il proprio spirito, così come fa una madre sollecita col suo figliolino rimasto indebolito da una malattia infantile. Perciò bisogna non oziare, ma sempre essere solerti per irrobustirsi in virtù. Se uno cade in accidia o in tiepidezza, più facilmente sarà sedotto da Satana. E ogni peccato grave, essendo simile a grave ricaduta, sempre più predisporrà a infermità e morte dello spirito. Mentre se la Grazia, restituita dalla Redenzione, viene coadiuvata da una volontà attiva e instancabile, ecco che essa si conserva. Non solo. Ma si aumenta, perché viene associata alle virtù conseguite dall’uomo. Santità e Grazia! Che sicure ali per volare a Dio! Hai compreso?».
   «Sì, mio Signore. Tu, ossia la Trinità Ss., date il Mezzo base all’uomo. L’uomo, col suo lavoro e la sua attenzione, non lo deve distruggere. Ho compreso. Ogni peccato grave è distruzione della Grazia, ossia della salute dello spirito. I segni che ci lascerai renderanno la salute, è vero. Ma il peccatore ostinato, che non lotta per non peccare, sarà ogni volta più debole anche se ogni volta è perdonato. Occorre perciò vigilare per non perire. Grazie, Signore…

   307.8Marziam si sveglia. È tardi…».
   «Sì. Preghiamo tutti insieme e poi andiamo al riposo».
   Gesù si alza e tutti lo imitano, anche il bambino ancora mezzo assonnato. E il “Pater noster” risuona forte e armonico nella piccola stanza.

[19] hai detto, per esempio in 153.3, 157.2, 262.9.