MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME V CAPITOLO 310



CCCX. Con Pietro, a Nazareth, Gesù organizza la partenza di Giovanni di Endor e Sintica.

   22 ottobre 1945.

   310.1È mattina inoltrata quando Pietro arriva, solo e inaspettato, alla casa di Nazaret. È carico come un facchino di ceste e di sacchette. Ma è così felice che non sente peso e fatica.
   A Maria, che gli va ad aprire, dedica un sorriso beato e un saluto gioioso e venerabondo insieme. Poi chiede: «Dove è il Maestro, e Marziam?».
   «Sono sul ciglione, sopra la grotta, ma verso la casa d’Alfeo. Credo che Marziam colga le ulive, e Gesù certo medita. Ora li chiamo».
   «Ci penso io».
   «Lìberati da tutti quei pesi, almeno».
   «No, no. Sono sorprese per il bambino. Mi piace vederlo sgranare gli occhi e frugare con ansia… Le sue felicità, povero bambino mio».
   Esce nell’orto, va sotto il ciglio, si nasconde ben bene nell’incavo della grotta e poi grida, alterando un poco la voce:
   «La pace a Te, Maestro», e poi a voce naturale: «Marziam!…».
   La vocetta di Marziam, che empiva di esclamazioni l’aria quieta, si tace… Una pausa, poi la vocetta quasi da bambina del ragazzo chiede: «Maestro, ma non era il padre mio questo che mi ha chiamato?».
   Forse Gesù era tanto immerso nei suoi pensieri che non ha sentito nulla e lo confessa, semplicemente.
   Pietro chiama di nuovo: «Marziam!», e poi ride della sua aperta risata.
   «Oh! è proprio lui! Padre! Padre mio! Dove sei?». Si spenzola per guardare nell’orto. Ma non vede nulla…
   Anche Gesù si fa avanti e guarda… Vede Maria che sorride sulla porta e Giovanni e Sintica che la imitano dalla stanza in fondo all’orto, presso il forno.
   Ma Marziam rompe gli indugi e si butta giù dal balzo, proprio vicino alla grotta, e Pietro è pronto ad afferrarlo prima che tocchi terra. È commovente il saluto dei due. Gesù, Maria e i due in fondo all’orto l’osservano sorridendo e poi si fanno tutti vicini al gruppetto d’amore.

   310.2Pietro si libera come può dalla stretta del ragazzo per inchinarsi a Gesù salutandolo di nuovo. E Gesù lo abbraccia, abbracciando insieme il bambino, che non si svincola dall’apostolo e che chiede: «E la madre?».
   Ma Pietro risponde a Gesù che gli dice: «Perché sei venuto tanto presto?».
   «E ti pareva che potessi stare tanto tempo senza vederti? E poi… Eh! e poi c’è Porfirea che non mi dava bene: “Va’ a vedere Marziam. Portagli questo. Portagli quello”. Pareva che sapesse Marziam fra i ladroni o in un deserto. L’altra notte poi si è alzata a fare le focacce apposta e, appena cotte che furono, mi fece partire…».
   «Uh! le focacce!…», grida Marziam. Ma poi si zittisce.
   «Sì. Sono qui dentro con i fichi seccati nel forno e le ulive e le mele rosse. E poi ti ha fatto un pane unto. E poi ti ha mandato le formaggelle delle tue pecorine. E poi c’è una veste che non prende acqua. E poi, e poi… Non so che altro. Come? Non hai più fretta? Quasi piangi? Oh! Perché?».
   «Perché preferivo mi portassi lei a tutte queste cose… Le voglio bene, sai, io!».
   «Oh! divina Misericordia! Ma chi lo avrebbe pensato?! Se ci fosse lei a sentirti si scioglierebbe come il burro…».
   «Marziam ha ragione. Potevi venire con lei. Certo desidera vederlo dopo tanto tempo. Noi donne siamo così coi nostri bambini…», dice Maria.
   «Bene… Ma fra poco lo vedrà, non è vero, Maestro?».
   «Sì. Dopo le Encenie, quando noi andremo via… Ma anzi…
   Sì, quando tornerai, dopo le Encenie, verrai con lei. Starà con lui qui qualche giorno e poi torneranno insieme a Betsaida».
   «Oh! che bello! Qui con due madri!». Il bambino è rasserenato e felice.

   310.3Entrano tutti in casa e Pietro si scarica dei suoi fagotti.
   «Ecco: pesce secco, in salamoia, e fresco. Farà comodo a tua Madre. Ecco quel formaggio tenero che ti piace tanto, Maestro. E qui uova per Giovanni. Speriamo non si siano rotte… No. Meno male. E poi uva. Me l’ha data Susanna a Cana, dove ho dormito. E poi… Ah! questo poi! Guarda, Marziam, come è biondo. Sembra fatto dei capelli di Maria»… E apre un orciolo pieno di miele filante.
   «Ma perché tanta roba? Ti sei sacrificato, Simone», dice Maria davanti a fagotti e fagottelli, vasi e orci che coprono la tavola.
   «Sacrificato? No. Ho pescato molto e con molto utile. Questo per il pesce. Per il resto, roba di casa. Non costa nulla e dà in compenso tanta gioia a portarla. E poi… Sono le Encenie ormai… È uso. No?! Non assaggi il miele?».
   «Non posso», dice serio Marziam.
   «Perché? Stai male?».
   «No. Ma non posso mangiarlo».
   «Ma perché?».
   Il bambino diventa rosso ma non risponde. Guarda Gesù e tace. Gesù sorride e spiega: «Marziam ha fatto un voto per ottenere una grazia. Non può prendere miele per quattro settimane».
   «Ah! bene! Lo mangerai dopo… Prendi il vaso lo stesso…
   Ma guarda! Non lo credevo così… così…».
   «Così generoso, Simone. Chi si inizia alla penitenza da bambino troverà facile il cammino della virtù per tutta la vita», dice Gesù mentre il bambino va via col suo vasetto fra le mani.
   Pietro lo guarda andare, ammirato. Poi chiede: «Lo Zelote non c’è?».
   «È da Maria d’Alfeo. Ma presto verrà. Questa sera dormirete insieme.

   310.4Vieni di là, Simon Pietro».
   Escono mentre Maria e Sintica mettono in ordine la stanza invasa di fagotti.
   «Maestro… Io sono venuto per vedere Te e il bambino. È vero. Ma anche perché ho molto pensato in questi giorni, specie dopo la venuta di tre calabroni velenosi… ai quali ho detto più bugie che non ci siano pesci in mare. Ora stanno andando al Getsemani credendo di trovarci Giovanni di Endor, e poi vanno da Lazzaro sperando trovarci Sintica e anche Te. Camminino pure!… Ma poi torneranno e… Maestro, ti vogliono dare delle noie per quei due infelici…».
   «Ho già provveduto a tutto, da mesi. Quando essi torneranno alla ricerca di questi due perseguitati non li troveranno più, in nessun posto della Palestina. Vedi questi cofani? Sono per loro. Hai visto tutte quelle vesti piegate presso il telaio? Sono per loro. Sei sbalordito?».
   «Sì, Maestro. Ma dove li mandi?».
   «Ad Antiochia».
   Pietro fa una fischiatina significativa e poi chiede: «E da chi? e come ci vanno?».
   «In una casa di Lazzaro. L’ultima che Lazzaro abbia là dove suo padre governò in nome di Roma. E ci andranno per mare…».
   «Ah! ecco! Perché se Giovanni doveva andarci con le sue gambe…».
   «Per mare.

   310.5Ho piacere anche Io di poterti parlare. Avrei mandato Simone a dirti: “Vieni”, per preparare tutto. Ascolta. Due o tre giorni dopo le Encenie noi partiremo di qui alla spicciolata per non dare nell’occhio. Della comitiva faranno parte Io, te, tuo fratello, Giacomo e Giovanni e i miei due fratelli, più Giovanni e Sintica. Andremo a Tolemaide. Da lì, con una barca, tu li accompagnerai a Tiro. Lì prenderete posto su di una nave che va ad Antiochia, come foste proseliti che tornano alle loro case. Poi tornerete indietro e mi troverete ad Aczib. Sarò in cima al monte ogni giorno, e del resto lo spirito vi guiderà…».
   «Come? Tu non vieni con noi?».
   «Sarei troppo notato. Voglio dare pace allo spirito di Giovanni».
   «E come faccio io, che non sono mai andato fuori di qui?!».
   «Non sei un pargolo… e presto dovrai andare molto più lontano di Antiochia. Mi fido di te. Vedi che ti stimo…».
   «E Filippo e Bartolomeo?».
   «Ci verranno incontro a Jotapata, evangelizzando in nostra attesa. Scriverò loro e tu porterai la lettera».
   «E… quei due di là lo sanno già il loro destino?».
   «No. Faccio far loro la festa in pace…».
   «Umh! Poveretti! Guarda qui se uno deve esser perseguitato da delinquenti d’anima e…».
   «Non ti sporcare la bocca, Simone».
   «Sì, Maestro… Senti… Però come facciamo a portare questi cofani? E a portare Giovanni? Mi sembra proprio molto malato».
   «Prenderemo un asino».
   «No. Prenderemo un carretto».
   «E chi lo guida?».
   «Eh! se Giuda di Simone ha imparato a remare, Simone di Giona imparerà a guidare. Non deve poi essere cosa difficile condurre per la briglia un asino! Sul carretto ci mettiamo i cofani e quei due… e noi si va a piedi. Sì, sì! È bene fare così, credilo».
   «E il carretto chi ce lo dà? Ricordati che non voglio che sia notata la partenza».
   Pietro pensa… Decide: «Hai denaro?».
   «Sì. Molto ancora dei gioielli di Misace».
   «Allora tutto è facile. Dammi una somma. Prenderò asino e carro da qualcuno e… sì, sì… dopo regaleremo l’asino a qualche infelice e il carretto… vedremo… Ho fatto bene a venire. E devo proprio tornare con la sposa?».
   «Sì. È bene».
   «E bene sarà.

   310.6Ma quei due poverini! Mi spiace, ecco, non avere più Giovanni con noi. Già l’avremmo per poco… Ma, poveretto! Poteva morire qui, come Giona…».
   «Non glielo avrebbero permesso. Il mondo odia chi si redime».
   «Si mortificherà…».
   «Troverò un argomento per farlo partire sollevato».
   «Quale?».
   «Lo stesso che ha servito per mandare via Giuda di Simone:
   quello di lavorare per Me».
   «Ah!… Soltanto che in Giovanni sarà santità, ma in Giuda è solo superbia».
   «Simone, non mormorare».
   «Più difficile che far cantare un pesce! È verità, Maestro, non è mormorazione… Ma mi pare sia venuto Simone coi tuoi fratelli. Andiamo di là».
   «Andiamo. E silenzio con tutti».
   «Me lo dici? Non posso tacere la verità quando parlo, ma so tacere del tutto, se voglio. E voglio. L’ho giurato a me stesso. Io andare fino ad Antiochia! In capo al mondo! Oh! non vedo l’ora di essere tornato! Non dormirò più finché tutto non è fatto…».
   Escono e non so più niente.