MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

A A A

VOLUME V CAPITOLO 316



CCCXVI. L’addio di Gesù a Giovanni di Endor e a Sintica.

   1 novembre 1945.

   316.1È per la stessa via — l’unica, del resto, di questo paese che pare un nido d’aquila sulla vetta di un picco solitario — che ripartono il giorno dopo, perseguitati da un tempo piovoso e freddo che ostacola l’andare.
   Deve scendere anche Giovanni di Endor dal carretto, perché la strada fatta in discesa è ancora più pericolosa che fatta in salita, e se l’asino, di suo, non pericolerebbe, il peso del carretto, che la pendenza spinge tutto in avanti, fa sì che la povera bestia si trovi molto male. E male si trovano i suoi conducenti che devono, oggi, non già sudare per spingere ma bensì per trattenere il veicolo, che potrebbe dirupare provocando sventure o, al minimo, perdita del carico. La strada è così orrenda fino ad un terzo circa della sua lunghezza, l’ultimo verso valle. Poi si biforca e un suo ramo si dirige ad ovest, divenendo più comoda e piana.
   Si fermano a riposare asciugandosi il sudore, e Pietro premia il ciuco che è tutto un fremito di ansito e che scuote le orecchie sbuffando, certo assorto in una profonda meditazione sulla dolorosa condizione degli asini e sui capricci degli uomini che scelgono certe strade. Almeno anche Simone di Giona attribuisce a queste considerazioni l’espressione pensosa della bestia, e per sollevargli l’umore gli mette al collo una sacca piena di fava cavallina, e mentre il somaro frange il duro pasto con avido piacere anche gli uomini mangiano pane e formaggio e bevono latte di cui hanno piene le fiaschette.
   Il pasto è finito. Ma Pietro vuole abbeverare il «suo Antonio che è più meritevole di onori di Cesare», dice lui, e va con un secchiello, che ha sul carretto, a prendere acqua ad un torrente che si dirige verso il mare.

   316.2«Ora possiamo andare… E andremmo anche di trotto, perché penso che oltre quel colle sia tutta pianura… Ma noi non possiamo trottare. Però andremo lesti. Su, Giovanni, e tu, donna. Montate e andiamo».
   «Salgo Io pure, Simone, e guido Io. Voi tutti seguiteci…», dice Gesù subito dopo che i due sono saliti.
   «Perché? Ti senti male? Sei tanto pallido!…».
   «No, Simone. Voglio parlare a solo con essi…», e indica i due che sono impalliditi essi pure, intuendo che è venuto il momento dell’addio.
   «Ah! Va bene. Sali pure e noi ti seguiremo».
   Gesù si siede sulla tavola che fa da panchetta al guidatore e dice: «Vieni qui al mio fianco, Giovanni. E tu, Sintica, vieni vicina…».
   Giovanni si siede alla sinistra del Signore e Sintica ai suoi piedi, quasi sul bordo del carro, volgendo le spalle alla via, tenendo il viso alzato verso Gesù. Messa così, seduta sui calcagni, rilassata come fosse gravata da un peso che la sfinisce, le mani abbandonate in grembo e intrecciate per tenerle ferme perché un tremito le scuote, il viso stanco, i bellissimi occhi di un nero viola come appannati dal tanto pianto fatto, sotto l’ombra del velo e del manto molto calati, sembra una Pietà desolata. Giovanni, poi!… Io credo che, se al fondo della via ci fosse il suo patibolo, sarebbe meno stravolto.
   L’asino si mette al passo, così ubbidiente e giudizioso che non obbliga Gesù a stretta sorveglianza. E Gesù ne approfitta per abbandonare le redini e prendere la mano di Giovanni e posare l’altra sul capo di Sintica.

   316.3«Figli miei, Io vi ringrazio di tutta la gioia che mi avete dato. Questo è stato per Me un anno sparso di fiori di gioia, perché ho potuto cogliere le vostre anime e tenermele davanti a celarmi le brutture del mondo, a profumarmi l’aria corrotta dal peccato del mondo, a infondermi dolcezza e confermarmi nella speranza che la mia missione non è inutile. Marziam, tu, Giovanni mio, Ermasteo, tu, Sintica, e Maria di Lazzaro, e Alessandro Misace, e altri ancora… I fiori trionfali del Salvatore che solo i retti di cuore sanno sentire tale… Perché scuoti il capo, Giovanni?».
   «Perché Tu sei buono e mi metti fra i retti di cuore. Ma il mio peccato è sempre presente al mio pensiero…».
   «Il tuo peccato è il frutto di una carne aizzata da due malvagi. La tua rettezza di cuore è il substrato del tuo io onesto, desideroso di oneste cose, disgraziato perché esse ti furono levate dalla morte o dalla malvagità, ma non per questo men vivo pur sotto le macie di tanto dolore. È bastato che la voce del Salvatore filtrasse nel profondo dove languiva il tuo io, che tu sei balzato in piedi, scuotendo ogni peso, per venire a Me. Non è così? Dunque tu sei un retto di cuore. Molto, molto più retto di altri che non hanno il tuo peccato, ma ne hanno di molto peggiori perché meditati e ostinatamente conservati vivi…
   Voi, dunque, voi, i miei fiori del trionfo mio di Salvatore, siate benedetti. In questo mondo ottuso e nemico, che abbevera di amarezza e di disgusto il Salvatore, avete rappresentato l’amore. Grazie! Nelle ore più penose che in questo anno ho avuto, vi ho tenuti presenti per averne consolazione e sostegno. In quelle ancora più penose che avrò, più ancora vi terrò presenti. Fino alla morte. E con Me sarete per l’eternità. Ve lo prometto.

   316.4Io vi affido i miei interessi più cari, ossia la preparazione della mia Chiesa nell’Asia minore, là dove Io non posso andare perché qui, in Palestina, è il mio luogo di missione, e perché anche la mentalità retriva dei grandi di Israele con ogni mezzo mi nuocerebbe se andassi altrove che qui. Così avessi altri Giovanni ed altre Sintica per altri paesi, di modo che i miei apostoli trovassero arato il terreno per spargervi il seme nell’ora che verrà!
   Siate dolci e pazienti, e nello stesso tempo forti per penetrare e per sopportare. Troverete ottusità e derisioni. Non vi avvilite per questo. Pensate così: “Noi mangiamo lo stesso pane e beviamo lo stesso calice che beve il nostro Gesù”. Voi non siete da più del Maestro vostro e non potete pretendere di avere miglior sorte. La sorte migliore è questa: condividere ciò che è del Maestro.
   Dò un solo ordine: di non avvilirvi, di non volere darvi risposta a questa lontananza che non è un esilio, come vuole pensare Giovanni, ma che anzi è un mettervi alle soglie della Patria prima di tutti gli altri, come servi formati quali nessun altro lo è. Il Cielo è abbassato su voi come velo materno e il Re dei Cieli vi accoglie già sul suo seno, vi protegge sotto le sue ali di luce e di amore come primogeniti della smisurata chiocciata dei servi di Dio, del Verbo di Dio, che in nome del Padre e dell’eterno Spirito vi benedice per ora e per sempre.
   E pregate per Me, il Figlio dell’uomo che va incontro a tutte le sue torture di Redentore. Oh! che in verità l’Umanità mia sta per essere stritolata da tutte le più amare conoscenze!… Pregate per Me. Avrò bisogno delle vostre preghiere[29]… Saranno carezze… Saranno professioni di amore… Saranno aiuti per non giungere a dire: “L’umanità è tutta fatta di satana”…

   316.5Addio, Giovanni! Diamoci il bacio di addio… Non piangere così… A costo di strapparmi lembi di carne ti avrei tenuto, se non avessi visto tutto il bene che da questa separazione viene per te e per Me. Eterno bene…
   Addio, Sintica. Sì, bacia pure le mie mani, ma pensa che se il sesso diverso mi vieta[30] di baciarti come una sorella, alla tua anima Io do il mio fraterno bacio…
   E attendetemi, col vostro spirito. Verrò. Mi avrete presso le vostre fatiche e le vostre anime. Sì, perché se l’amore per l’uomo ha rinserrato la mia natura divina in carne mortale, non ne ha però potuto limitare la libertà. E libero sono di andare, come Dio, da chi merita di avere Dio con sé.
   Addio, figli miei. Il Signore è con voi…».
   E si strappa dalla stretta convulsa di Giovanni che gli stringe le spalle, di Sintica che si è aggrappata ai suoi ginocchi, e salta giù dal carro, facendo un cenno di addio ai suoi apostoli e correndo via, per la strada già fatta, veloce come cervo inseguito…

   316.6L’asino si è fermato sentendo cadere del tutto le redini che erano prima sui ginocchi di Gesù. E fermati, attoniti, si sono gli otto apostoli, guardando il Maestro che sempre più si allontana.
   «Piangeva…», sussurra Giovanni.
   «Ed era pallido come uno spirato…», mormora Giacomo d’Alfeo.
   «Neppure la sua sacca ha preso… Eccola lì sul carro…», osserva l’altro Giacomo.
   «E come farà ora?», si chiede Matteo.
   Giuda d’Alfeo sprigiona tutta la sua voce potente per chiamare: «Gesù! Gesù! Gesù!…». L’eco delle colline risponde lontano: «Gesù! Gesù! Gesù!…». Ma una svolta di strada assorbe nel verde delle sue piante il Maestro senza che Egli neppure si volga a guardare chi lo chiama…
   «Se ne è andato!… Non ci resta che andare noi pure…», dice desolato Pietro, montando sul carretto e prendendo le redini per incitare il ciuco.
   E il carro si avvia, cigolante, fra il rumore ritmico degli zoccoli ferrati e il pianto angoscioso dei due che, abbandonati sul fondo del carro, gemono: «Non lo vedremo più, mai più, mai più…».

[29] Avrò bisogno delle vostre preghiere : bisogno non come può averlo un uomo qualunque per i suoi bisogni d’ogni specie. Ma per sentire nel suo spirito il conforto dell’amore dei suoi discepoli, espresso con la preghiera, “a Lui” e “per Lui”. Così annota MV su una copia dattiloscritta, e aggiunge: Ad evitare male interpretazioni spiego: Pregare è ricordarsi di un essere, sia esso Dio o prossimo. Ricordarsi di uno vuol dire: amare quell’uno. Gesù aveva desiderio d’amore e di conforto per tutto l’odio che lo circondava. Anche ora ha desiderio che gli uomini si ricordino di pregare perché il mondo lo ami per avere salute. Le due annotazioni di MV possono valere anche per altri passi dell’opera nei quali Gesù chiede per Sé amore, preghiera, aiuto (ad esempio, in: 121.2 - 162.8 - 176.1 - 339.2 - 339.4 ultima riga - 355.4 - 356.6 - 395.3 - 415.5 - 455.4 ultima riga - 478.11 - 517.2/3 - 520.11 - 528.2 - 587.7 - 599.4 - 600.40 - 602.9.10.13.16 - 608.9 ultime righe). Significative le seguenti parole di Gesù in 478.11: “… il Figlio dell’uomo ha un cuore… e questo cuore ha bisogno di amore…”.
[30] mi vieta, non perché fosse cosa in sé illecita, ma perché non era conveniente per l’utilità altrui, secondo il concetto espresso da san Paolo in: 1 Corinzi 6, 12; 10, 23-24. Tuttavia, certi contatti con le donne (un altro esempio è in 519.7: impedite dall’abbracciarlo perché donne) potevano anche ritenersi vietati in base ai commenti rabbinici della sacra Scrittura, che forse favorivano il disprezzo insensato, come quello esternato da uno scriba in 525.8. Gesù riscatta la donna da quel suo stato d’inferiorità, per esempio in 511.3 e in 525.8.