MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME V CAPITOLO 327



CCCXXVII. Ai confini della Fenicia. Discorso sulla uguaglianza dei popoli e parabola del lievito.

   [senza data]

   327.1La strada che dalla Fenicia viene verso Tolemaide è una bella strada che taglia, diritta diritta, la pianura fra il mare e i monti. E, per il modo come è mantenuta, è molto frequentata. Sovente tagliata da strade minori, che dai paesi dell’interno vanno a quelli della costa, offre numerosi crocivia presso i quali è generalmente una casa, un pozzo e una rudimentale mascalcia per i quadrupedi che possono aver bisogno di ferri.
   Gesù, coi sei rimasti con Lui, percorre un bel tratto di strada, due chilometri e più, sempre vedendo le stesse cose. Infine si ferma presso una di queste case con pozzo e mascalcia, ad un bivio presso un torrente sormontato da un ponte che, per essere robusto, ma largo appena quanto basta al passaggio di un carro, fa sì che vi sia sosta forzata di chi va e di chi viene, perché le due correnti opposte non potrebbero passare insieme. E ciò dà modo ai passeggeri, di razze diverse, da quel che riesco a capire, ossia fenici ed israeliti veri e propri, in odio fra di loro, di accumunarsi in un unico intento: quello di imprecare a Roma… Senza Roma essi non avrebbero neanche quel ponte, e col torrente colmo non so come avrebbero potuto passare. Ma tant’è! L’oppressore è sempre odiato anche se fa cose utili!
   Gesù si ferma presso il ponte, nell’angolo pieno di sole dove è la casa che sul lato lungo il torrente ha la maleodorante mascalcia, nella quale si stanno forgiando ferri per un cavallo e due asinelli che li hanno perduti. Il cavallo è attaccato ad un carro romano, sul quale sono militi che si dilettano a fare boccacce agli ebrei imprecanti. E ad un vecchio nasuto, astioso più di tutti, una vera bocca viperina che credo morderebbe volentieri i romani pur di avvelenarli, tirano addosso una manciata di letame equino…
   Figurarsi quello che avviene! Il vecchio ebreo scappa urlando come lo avessero infettato di lebbra, e a lui si uniscono in coro altri ebrei. I fenici gridano ironici: «Vi piace la manna nuova? Mangiate, mangiate, per aver lena a gridare contro quelli che sono troppo buoni con voi, ipocrite vipere». I soldati sghignazzano… Gesù tace.
   Il carro romano parte finalmente, salutando il maniscalco col grido: «Salve, o Tito, e prospero soggiorno!». L’uomo, gagliardo, anziano, dal collo taurino, il volto sbarbato, gli occhi nerissimi ai lati di un naso robusto e sotto la tettoia di una fronte sporgente e ampia, un poco stempiata per mancanza di capelli che, là dove sono, sono corti e alquanto cresputi, alza il pesante martello con gesto di addio e poi si volge da capo all’incudine, sulla quale un giovane ha posto un ferro rovente, mentre un altro ragazzo brucia lo zoccolo di un somarello per regolarlo alla prossima ferratura.

   327.2«Sono quasi tutti romani questi maniscalchi lungo le strade. Soldati rimasti qui dopo il servizio. E ci guadagnano… Non hanno mai impedimenti a curare le bestie… E un asino può sferrarsi anche avanti al tramonto del sabato o in tempo di Encenie…», osserva Matteo.
   «Quello che ci ha ferrato Antonio era sposato ad una ebrea», dice Giovanni.
   «Le donne stolte sono più delle donne savie», sentenzia Giacomo di Zebedeo.
   «E i figli di chi sono? Di Dio o del paganesimo?», chiede Andrea.
   «Sono del coniuge più forte, generalmente», risponde Matteo. «E, solo che la donna non sia lei una apostata, sono ebrei, perché l’uomo, questi uomini, lasciano fare. Non sono molto…
   fanatici neppure del loro Olimpo. Credo che ormai non credano altro che al bisogno del guadagno. Sono pieni di figli».
   «Spregevoli unioni, però. Senza una fede, senza una vera patria… invisi a tutti…», dice il Taddeo.
   «No. Ti sbagli. Roma non li disprezza. Anzi li aiuta sempre.
   Servono più così che quando portavano le armi. Penetrano in noi con la corruzione del sangue più che con la violenza. Chi soffre, se mai, è la prima generazione. Poi si spargono e… il mondo dimentica…», dice Matteo che pare molto pratico.
   «Sì, sono i figli quelli che soffrono. Ma anche le donne ebree, congiunte così… Per loro stesse e per i loro figli. Mi fanno pietà. Nessuno parla loro più di Dio. Ma ciò non sarà più in avvenire. Allora non saranno più queste separazioni di creature e di nazioni, perché le anime saranno unite in una sola Patria: la mia», dice Gesù, fino allora silenzioso.
   «Ma allora saranno morte!…», esclama Giovanni.
   «No. Saranno raccolte nel mio Nome. Non più romani o libici, greci o pontici, iberi o gallici, egizi o ebrei, ma anime di Cristo. E guai a coloro che vorranno distinguere le anime, tutte da Me ugualmente amate e per le quali in uguale modo avrò sofferto, a seconda delle loro patrie terrene. Colui che così facesse dimostrerebbe di non avere compreso la Carità, che è universale».
   Gli apostoli sentono il velato rimprovero e curvano il capo tacendo…

   327.3Il fragore del ferro battuto sull’incudine si è taciuto e già rallentano i colpi sull’ultimo zoccolo asinino. Gesù ne approfitta per alzare la voce e farsi sentire dalla folla. Pare continui il discorso ai suoi apostoli. In realtà parla ai passanti e forse anche a chi è nella casa, delle donne certo, perché richiami di voci femminee vanno per l’aria tiepida.
   «Anche se pare inesistente, una parentela è sempre negli uomini. Quella della provenienza da un unico Creatore. Ché, se poi i figli di un unico Padre si sono separati, non per questo si è mutato il legame d’origine, così come non si muta il sangue di un figlio quando ripudia la paterna casa. Nelle vene di Caino fu il sangue di Adamo anche dopo che il delitto lo mise in fuga per il vasto mondo. E nelle vene dei figli nati dopo il dolore di Eva, gemente sul figlio ucciso, era lo stesso sangue che bolliva in quelle del lontano Caino.
   Lo stesso, e con più pura ragione, è dell’uguaglianza fra i figli del Creatore. Sperduti? Sì. Esiliati? Sì. Apostati? Sì. Colpevoli? Sì. Parlanti e credenti lingue e fedi a noi aborrite? Sì. Corrotti per unioni con pagani? Sì. Ma l’anima loro è venuta da Un solo, ed è sempre quella, anche se lacerata, sperduta, esiliata, corrotta… Anche se è oggetto di dolore al Padre Iddio, è sempre anima da Lui creata.

   327.4I figli buoni di un Padre buonissimo devono avere sentimenti buoni. Buoni verso il Padre, buoni verso i fratelli, quali che siano divenuti, perché figli di uno Stesso. Buoni verso il Padre col cercare di consolarlo del suo dolore riportandogli i figli, che sono il suo dolore, o perché peccatori, o perché apostati, o perché pagani. Buoni verso gli stessi perché essi hanno l’anima venuta dal Padre chiusa in un corpo colpevole, bruttata, ebete per errata religione, ma sempre anima del Signore e uguale alla nostra.
   Ricordate, o voi d’Israele, che non vi è alcuno, fosse pure l’idolatra più lontano con la sua idolatrica religione da Dio, fosse pure il più pagano fra i pagani o il più ateo fra gli uomini, che sia assolutamente privo di una traccia della sua origine. Ricordate, o voi che avete sbagliato staccandovi dalla giusta religione, scendendo a mescolanza di sessi che la nostra religione condanna[49], che anche se vi pare che tutto ciò che era Israele sia morto in voi, soffocato dall’amore per un uomo di diversa fede e di diversa razza, morto non è. Uno che vive ancora. Ed è Israele. E voi avete il dovere di soffiare su quel fuoco morente, di alimentare la scintilla che sussiste per volontà di Dio, per farla crescere al disopra dell’amore carnale. Questo cessa con la morte. Ma la vostra anima non cessa con la morte. Ricordatelo. E voi, voi, chiunque siate, che vedete, e molte volte inorridite di vedere gli ibridi connubi di una figlia di Israele con uno di un’altra razza e fede, ricordate che avete l’obbligo, il dovere di aiutare caritatevolmente la sorella smarrita a ritrovare le vie del Padre.
   Questa è la nuova Legge, santa e gradita al Signore: che i seguaci del Redentore redimano là ovunque è da redimere, perché Dio sorrida delle anime tornate alla Casa paterna, e perché non sia reso sterile o troppo meschino il sacrificio del Redentore.

   327.5Per fare fermentare molta farina, la donna di casa prende un pezzettino della pasta fatta la settimana avanti. Oh! una briciola levata alla grande massa! E la seppellisce nel mucchio di farina, e tiene ciò al riparo dai venti ostili, nel tepore previdente della casa.
   Fate voi così, veri seguaci del Bene, e fate voi così, creature che vi siete allontanate dal Padre e dal suo Regno. Date voi, i primi, una briciola del vostro lievito ad aggiunta e a rinforzo alle seconde, che lo uniranno alla molecola di giustizia che sussiste in esse. E voi ed esse tenete al riparo dai venti ostili del Male, nel tepore della Carità — che è[50], a seconda di ciò che siete, signora vostra o tenace superstite in voi, anche se ormai languente — il lievito novello. Serrate ancora le pareti della casa, della correligione, intorno a ciò che lievita nel cuore di una correligionaria smarrita, che si senta amata ancora da Israele, ancora figlia di Sionne e sorella vostra, perché fermentino tutte le buone volontà e venga nelle anime e per le anime, tutte, il Regno dei Cieli».

   327.6«Ma chi è? Ma chi è?», si chiede la gente, che non sente più fretta di passare nonostante il ponte sia sgombro, né di proseguire se lo ha superato.
   «Un rabbi».
   «Un rabbi d’Israele».
   «Qui? Ai confini della Fenicia? È la prima volta che ciò accade!».
   «Eppure è così. Aser mi ha detto che è quello che dicono il Santo».
   «Allora forse si rifugia fra noi perché di là lo perseguitano».
   «Sono certi rettili!».
   «Bene se viene da noi! Farà prodigi…».
   Intanto Gesù si è allontanato, prendendo un sentiero nei campi, e se ne va…

[49] condanna, come in: Genesi 24, 1-8; Deuteronomio 7, 3-4; 1 Re 11, 1-13; Esdra 910; Neemia 13, 23-29; Malachia 2, 11-12. Più volte l’opera evidenzia che i matrimoni misti (qui chiamati: mescolanza di sessi… di diversa fede e di diversa razza) erano disapprovati dagli ebrei per un rispetto alla lettera della legge, il cui vero significato si svelava nell’insegnamento del Cristo, come qui e in 245.3 e 323.8.
[50] che è è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta.