MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME V CAPITOLO 332



CCCXXXII. La sofferta separazione di Bartolomeo, che con Filippo si ricongiunge al Maestro.

   17 novembre 1945.

   332.1Gesù è riunito coi sei in una stanza dove sono dei lettucci molto miseri, accatastati gli uni presso gli altri. Lo spazio che resta libero è appena tale da permettere di andare da un capo all’altro dell’ambiente. Mangiano il loro più che umile cibo seduti sui letti, perché non c’è tavola o sedile. E Giovanni ad un certo momento va a sedersi sul davanzale in cerca di sole. È così che vede per primo gli attesi Pietro, Simone, Filippo e Bartolomeo dirigersi verso la casa. Dà loro la voce e poi corre fuori, seguito da tutti. Resta soltanto Gesù che, per tutto movimento, si alza in piedi e si volta a guardare verso la porta…
   Entrano gli arrivati. E l’esuberanza di Pietro è facile immaginarsela, così come è facile immaginare la reverenza profonda di Simone Zelote. Quello che è sorpresa è l’atteggiamento di Filippo e specie di Bartolomeo. Entrano, direi, quasi con timore, con affanno e, nonostante Gesù apra a loro le braccia per scambiare con essi il bacio di pace già dato a Pietro e a Simone, essi cadono in ginocchio e si curvano con la fronte sino al suolo, baciando i piedi di Gesù, e restano così… e i sospiri soffocati di Bartolomeo denunciano che egli piange silenziosamente sui piedi di Gesù.
   «Perché questo affanno, Bartolmai? Non vieni nelle braccia del Maestro? E tu, Filippo, perché così timoroso? Se non sapessi che siete due onesti, nel cui cuore non può albergare malizia, dovrei sospettare che siete colpevoli. Ma così non è. Su, dunque! È tanto che desidero il vostro bacio e di vedere lo sguardo limpido dei vostri occhi fedeli…».
   «Anche noi, Signore…», dice Bartolomeo alzando il volto su cui splendono le lacrime. «Non abbiamo desiderato che Te, chiedendoci in che potevamo averti dispiaciuto per meritare di stare tanto separati. E ci pareva ingiusta cosa… Ma ora sappiamo… Oh! perdono, Signore! Ti chiediamo perdono. Io soprattutto, perché Filippo è stato separato da Te per me. E a lui già l’ho chiesto. Io, io solo colpevole, io, il vecchio israelita duro a rinnovarsi, io che ti ho dato dolore…».
   Gesù si china e lo alza a forza, come alza Filippo, e se li abbraccia insieme dicendo: «Ma di che ti accusi? Tu non hai fatto del male. Nessun male! E non Filippo. Siete i miei cari apostoli, ed oggi Io sono ben felice di avervi con Me, riuniti per sempre…».
   «No, no…

   332.2Per molto tempo abbiamo ignorato il motivo per cui giustamente Tu hai diffidato di noi al punto da escluderci dalla tua famiglia apostolica. Ma ora lo sappiamo… e ti chiediamo perdono, perdono, perdono, io in specie, Gesù, Maestro mio…». E Bartolomeo lo guarda con ansia, con amore, con compassione. Vecchio come è, sembra un padre che guarda il figlio afflitto, che ne scruta il volto assottigliato da una pena che egli non aveva intuita, e del quale volto non aveva prima notato lo smagrimento, l’invecchiamento… E nuove lacrime gocciano sulle guance di Bartolomeo. Ed esclama: «Ma che ti hanno fatto? Che ci hanno fatto, per farci soffrire tutti così? Sembra che un malo spirito sia entrato fra noi per turbarci, per renderci tristi, indeboliti, apatici, stolti… Stolti tanto da non capire che Tu soffrivi… Anzi, tanto da aumentarti il soffrire con le nostre grettezze, ottusità, rispetti umani e vecchiaia di umanità… Sì, l’uomo vecchio ha trionfato in noi, sempre, senza che la tua vitalità perfetta ci abbia mai potuto rinnovare. È questo, questo che non mi dà pace! Con tutto il mio amore io non ho saputo rinnovarmi, e capirti, e seguirti… Solo materialmente ti ho seguito… Ma Tu, Tu volevi che ti seguissimo spiritualmente… e capissimo nella tua perfezione… per divenire capaci di perpetuarti… Oh! Maestro mio! Maestro mio che te ne andrai un giorno, dopo tante lotte, insidie, disgusti, dolori, e col dolore di saperci ancora impreparati!…». E Bartolomeo gli reclina la testa sulla spalla e piange, proprio desolato, contrito dalla conoscenza di essere stato un discepolo ottuso.
   «Non ti accasciare, Natanaele. Tu vedi tutto ciò come un’enormità che ti sorprende. Ma il tuo Gesù sapeva che voi siete uomini… e non pretende nulla di più di quanto possiate dare. Oh! mi darete tutto. Proprio tutto. Ma ora dovete crescere, formarvi… È opera lenta. Ma Io so attendere. Ed Io gioisco del vostro crescere. Perché questo è un crescere continuo nella mia Vita. Anche il tuo pianto, anche la concordia di quelli che erano con Me, anche la pietà che succede a durezze che erano la vostra natura, ad egoismi, ad avarizie di spirito, anche la vostra serietà attuale, tutto è fase di crescita in Me. Su, dunque. Sta’ con la pace che Io so. Tutto. La tua onestà, la tua buona fede, la tua generosità, il tuo sincero amore. Dubitare Io del mio saggio Bartolmai e di Filippo, così equilibrato e fedele? Sarebbe fare torto al Padre mio che mi ha concesso di avervi fra i più cari.

   332.3Ma ora… Su, sediamo qui, e chi già ha riposato provveda ai fratelli stanchi e affamati dando loro cibo e ristoro. E intanto raccontate al vostro Maestro e ai fratelli ciò che essi ignorano».
   E si siede sul suo lettuccio tenendosi ai fianchi Filippo e Natanaele, mentre Pietro e Simone si siedono sul letto vicino, di fronte a Gesù, ginocchi contro i ginocchi.
   «Parla tu, Filippo. Io ho parlato già. E tu sei stato più giusto di me in questo tempo…».
   «Oh! Bartolomeo! Giusto! Soltanto avevo capito che non era malanimo o volubilità del Maestro per noi l’averci non voluti… E cercavo di darti pace così… trattenendoti dal pensare a cose che poi ti avrebbero dato dolore ad averle pensate, e rimorso. Io ne avevo uno solo di rimorso… Di averti trattenuto dal disubbidire al Maestro quando volevi seguire Simone di Giona che andava a Nazaret a prendere Marziam… Dopo… ti ho visto soffrire tanto nel corpo e nell’anima che dicevo: “Era meglio se l’avessi lasciato fare! Il Maestro lo avrebbe perdonato della disubbidienza e Bartolomeo non si avvelenerebbe più l’anima con queste idee”… Ma tu lo vedi! Se fossi partito, non avresti mai avuto la chiave del mistero… e forse il tuo sospetto sulla volubilità del Maestro non sarebbe mai più caduto. Così invece…».
   «Sì. Così invece ho capito.

   332.4Maestro, Simone di Giona e Simone Zelote, che io ho assalito di domande per sapere molte cose, per avere conferma di molte cose già sapute, mi hanno detto solo: “Il Maestro ha molto sofferto, tanto che è smagrito e invecchiato. E tutto Israele, noi per primi, abbiamo colpa di ciò. Egli ci ama e perdona. Ma desidera non parlare del passato. Perciò vi consigliamo a non chiedere e a non dire…”. Ma io voglio dire. Chiedere non chiederò. Ma dire devo. Perché Tu sappia. Perché nulla ti deve essere nascosto di ciò che è nell’anima del tuo apostolo. Un giorno — Simone e gli altri erano via da qualche dì — è venuto da me Micael di Cana. Un po’ parente, molto amico e compagno di studi sino dall’infanzia… Lui, ne sono certo, è venuto in buona fede. Per affetto per me. Ma chi lo ha mandato non è in buona fede. Voleva sapere come mai ero rimasto a casa… mentre gli altri erano partiti. E mi ha detto: “Allora è vero? Tu ti sei separato perché da buon israelita non puoi approvare certe cose. E volentieri ti lasciano separato gli altri, a cominciare da Gesù di Nazaret, perché sono certi che tu non li aiuteresti neppure con la complicità del silenzio. Fai bene! Riconosco in te l’uomo di un tempo. Credevo ti fossi corrotto, rinnegando Israele. Fai bene per il tuo spirito e per il tuo benessere e per quello dei tuoi. Perché quanto avviene non sarà perdonato dal Sinedrio, e saranno perseguitati coloro che vi hanno preso parte”. Io gli ho detto: “Ma di che parli? Ti ho detto che avevo avuto ingiunzione di rimanere a casa e per la stagione e per indirizzare a Nazaret gli eventuali pellegrini, o di dire loro di attendere il Maestro per la fine di scebat a Cafarnao, e tu mi parli di separazioni, di complicità, di persecuzioni? Spiegati!…”. Non è vero, Filippo, che ho detto così?». Filippo annuisce.
   «Allora», riprende Bartolomeo, «Micael mi ha detto che era noto che Tu ti ribellavi al consiglio e al comando dei sinedristi, trattenendo con Te Giovanni di Endor e una greca… Signore, io ti do dolore, è vero? Ma pure devo parlare. Ti chiedo: è vero che erano a Nazaret?».
   «Sì. È vero».
   «È vero che sono partiti con Te?».
   «Sì. È vero».
   «Filippo, Micael aveva ragione! Ma come poteva saperlo?».
   «Ma va’ là! Sono quei serpenti che hanno fermato me e Simone e chissà quanti altri. Sono le vipere solite», dice Pietro veemente.
   Gesù, invece, pacato chiede: «Non ti ha detto altro? Sii sincero col tuo Maestro, fino in fondo».
   «Null’altro. Voleva sapere da me… E io, a Micael, ho mentito. Ho detto: “Fino a Pasqua sto a casa mia”. Per paura che mi seguisse, che… non so… Per paura di farti del male… E allora ho anche capito perché mi hai lasciato… Tu avevi sentito che ero troppo ancora Israele…». Bartolomeo torna a piangere…, «… e hai dubitato di me…».
   «No. Questo no! Assolutamente. Tu non eri necessario in quell’ora presso i compagni, mentre lo eri, e tu lo vedi, a Betsaida. A ognuno la sua missione. E a ogni età le sue fatiche…» «No, no! Non mi separare più per nessuna fatica, Signore.
   Non tenere conto di nulla… Tu sei buono. Ma io voglio stare con Te. È una punizione essere lontani da Te… E io, stolto, incapace di tutto, potevo almeno consolarti, se non potevo fare altro. Io ho capito… Tu hai mandato costoro via con quei due. Non me lo dire. Non lo voglio sapere. Ma sento che è così, e lo dico io. Ebbene, allora avrei potuto e dovuto essere con Te. Ma Tu non mi hai preso per punirmi di essere così restio a divenire “nuovo”. Ma ti giuro, Maestro, che ciò che ho sofferto mi ha rinnovato, e che mai più Tu vedrai il vecchio Natanaele».
   «Tu dunque vedi che la sofferenza è finita per tutti in gioia.

   332.5E ora anderemo lentamente incontro a Tommaso e Giuda. Senza attendere che essi vadano là dove era detto. Poi con essi andremo ancora… C’è tanto da fare!… Domani ci metteremo in cammino. Presto».
   «E farai bene. Perché il tempo cambia a tramontano. Sventura per le colture…», dice Filippo.
   «Già! Le ultime grandinate hanno bruciato a strisce la campagna. Se vedessi, Signore! Sembra sia passato il fuoco in certi luoghi. E il curioso è che sono sciagure proprio come ho detto: a strisce», dice Pietro.
   «Mentre non c’eravate ha molto grandinato. Un giorno, a metà luna di tebet, pareva un flagello. Mi dicono che nel piano alcuni devono tornare a seminare. Faceva più caldo prima. Ma da allora si ricerca il sole con piacere. Si torna indietro… Che segni strani! Che saranno?», chiede Filippo.
   «Nulla più che effetto di lunazioni. Non ci pensare. Non sono queste le cose che devono fare impressione. Del resto, noi andremo verso la pianura e sarà bello l’andare. Freddo, ma non molto, e in cambio asciuttore. Venite, intanto. Sulla terrazza vi è un bel sole. Staremo lassù, in riposo, tutti insieme…».