MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VI CAPITOLO 383



CCCLXXXIII. Discorso presso il guado del Giordano dopo l’atto sfrontato di una meretrice.

   14 febbraio 1946.

   383.1­Le rive del Giordano presso il guado sono simili in tutto ad un accampamento di nomadi, in questi giorni di ritorno delle carovane verso i paesi di residenza. Tende, o anche semplicemente coperte, stese da tronco a tronco, appoggiate su dei rami piantati al suolo, legate all’alta sella di un cammello, fissate, insomma, in qualche modo, tanto da permettere di ficcarcisi sotto, al riparo della guazza che deve essere addirittura una pioggia in questi luoghi sotto il livello del mare, sono sparse da per tutto lungo i boschi che fanno una cornice verde intorno al fiume.
   Quando Gesù coi suoi giunge presso le rive, a nord del guado, gli accampamenti stanno svegliandosi piano piano. Gesù deve essere partito dalla casa di Niche proprio al primo albore, perché ora non è ancor piena l’aurora e bello, fresco, sereno è l’aspetto del luogo. I più solleciti, destati dai nitriti, dai ragli, dai versacci di cavalli, asini e cammelli, e dalle risse o dai canti di centinaia di passeri e altri uccelli fra le fronde dei salici, dei canneti, o delle alte piante che fanno gallerie verdi sopra le sponde fiorite, cominciano a sgusciare da sotto le tende variopinte e scendere al fiume per lavarsi. Qualche pianto di bambino e voci dolci di madri che parlano ai figli. La vita torna in tutte le sue manifestazioni, minuto per minuto.
   Dalla vicina Gerico vengono venditori d’ogni specie e nuovi pellegrini, guardie e soldati preposti alla sorveglianza e al mantenimento dell’ordine, in questi giorni in cui tribù d’ogni regione si incontrano e non si risparmiano insulti e rimproveri, e nei quali anche non devono essere infrequenti i furti da parte dei ladroni che si mescolano alle turbe in veste di pellegrini, in realtà per commettere ladronerie, né mancano donne pubbliche che cercano di fare il loro pellegrinaggio pasquale, ossia carpire ai pellegrini più doviziosi e più lussuriosi denaro e regali a compenso di un’ora di piacere, nella quale miseramente si annullano tutte le purificazioni pasquali… Le donne oneste, che sono fra i pellegrini insieme ai consorti o ai figli già adulti, stridono come gazze inquiete per richiamare a loro i loro uomini che si incantano, o così sembra alle mogli o madri, ad osservare le meretrici. Queste ridono sfrontate e rispondono per le rime alle… qualifiche che le oneste propinano loro. Gli uomini, specie i soldati, ridono e non rifiutano di scherzare con le donne pubbliche. Qualche israelita, veramente rigido di morale o solo ipocritamente rigido, si allontana sdegnato, e altri… anticipano l’alfabeto dei sordomuti perché a cenni si intendono veramente bene con le mondane.

   383.2­Gesù non segue la strada diretta che lo porterebbe in mezzo all’accampamento. Ma scende sul greto del fiume, si scalza e cammina dove già l’acqua lambe le erbe. E gli apostoli lo seguono.
   I più anziani, quelli più intransigenti, brontolano: «E dire che qui il Battista predicò penitenza!».
   «Già! E meno di un portico di terme romane è divenuto questo luogo!».
   «Né sdegnano di trovarvi sollazzo quelli che si dicono san­ti!».
   «Hai visto anche tu?».
   «Ho gli occhi in testa anche io. Ho visto! Ho visto!…».
   I più giovani o i meno severi — ossia Giuda di Keriot, che ride e guarda molto attentamente ciò che succede negli accampamenti e non sdegna di contemplare le belle sfrontate, venute in cerca di clienti; e Tommaso, che se la ride vedendo le ire delle mogli e gli sdegni dei farisei; e Matteo che, peccatore un tempo, non può parlare severamente contro il vizio e i viziosi, e si limita a sospirare e scuotere il capo; e Giacomo di Zebedeo, che osserva senza interesse e senza critiche, con indifferenza — vanno in coda alla piccola loro turba, che ha sul davanti Gesù fra Andrea, Giovanni, Giuda[47] e Giacomo di Alfeo.
   Il viso di Gesù è chiuso, marmoreo come fosse intagliato in una pietra. E sempre più si chiude quanto più, dall’alto dell’argine, vengono a Lui frasi ammirative, o discorsi procaci fra un uomo poco onesto e una donna di piacere. Guarda sempre avanti a Sé, fissamente. Non vuole vedere. E la sua intenzione è ben chiara in tutto il suo aspetto.

   383.3Ma un giovane, molto riccamente vestito, che con altri suoi pari sta parlando con due mondane, dice forte a una di queste: «Vai, vai! Vogliamo ridere un poco. Offriti! Consolalo! È triste perché, povero come è, non può comperarsi femmine».
   Gesù ha un’onda di rossore sul viso d’avorio e poi torna pallido. Ma non volge l’occhio. Il colore che si altera è l’unico segno che Egli ha sentito.
   La sfrontata, tutto un suonar di monili fra leggero svolazzar di vesti, salta con un grido lezioso dal basso argine sul greto e trova modo, nel farlo, di far balenare molte segrete bellezze. Piomba proprio ai piedi di Gesù e, tutta un trillo di risa sulla bella bocca e un invito di occhi e di forme, grida: «Oh! bello fra i nati di donna! Per un bacio della tua bocca tutta me stessa senza mercede!».
   Giovanni, Andrea, Giuda e Giacomo d’Alfeo sono paralizzati di scandalizzato stupore e non sanno fare un gesto. Ma Pietro! Fa un balzo da pantera e dal suo gruppo piomba sulla malcapitata, che è in ginocchio mezzo rovesciata indietro, la scrolla, la alza, la scaglia con un epiteto tremendo contro l’argine e le carica addosso per darle il resto.
   Gesù dice: «Simone!». Un grido in cui è più che un discorso.
   E Simone torna, rosso d’ira, al suo Signore. «Perché non mi lasci punirla?».
   «Simone, non si punisce la veste che si è sporcata. Ma la si lava. Colei ha per veste la sua carne sozza e la sua anima è profanata. Preghiamo per detergerla e nell’anima e nella car­ne». E lo dice dolcemente, a voce bassa, ma non tanto che non possa essere sentito dalla donna; e, rimettendosi in cammino, volge, ora sì che lo volge, per un attimo lo sguardo dei suoi dolci occhi sulla sciagurata. Uno sguardo, uno solo! Un attimo, uno solo! Ma c’è tutta la potenza del misericordioso amore in esso! E la donna china il capo e rialza il velo, se ne fascia… Gesù prosegue la sua via.

   383.4­Eccolo al guado. Le acque, basse, permettono che siano passate a piedi dagli adulti. Basta sollevarsi le vesti sopra il ginocchio e cercare le pietre larghe e sommerse che biancheggiano sotto le acque cristalline a fare da marciapiede ai guadanti. Più a valle, invece, passano coloro che sono su cavalcature.
   Gli apostoli sguazzano contenti fino a mezza coscia, e non par vero a Pietro di farlo. Promette e si promette che nella sosta in casa di Salomon non mancherà modo di regalarsi un bagno «rinfrescatore», dice lui, a compenso dell’«arrostitura» di ieri.
   Eccoli dall’altra parte. Anche qui è folla che si mette in moto dopo la notte o che si riasciuga dopo aver guadato.
   Gesù ordina: «Spargetevi a dire che c’è il Rabbi. Io vado presso quel tronco abbattuto e vi attendo».
   Presto molta folla è avvisata e accorre.
   Gesù inizia a parlare. E prende lo spunto dal passare di un corteo piangente dietro una lettiga, dove è uno che si è ammalato a Gerusalemme e, spacciato dai medici, viene portato di fretta a casa per morirvi. Tutti ne parlano perché è ricco e giovane ancora. E molti dicono: «Però deve essere un gran dolore morire quando si ha tante dovizie e così pochi anni!». E c’è chi dice, forse sono persone che già credono in Gesù: «Gli sta bene! Non sa avere fede. I discepoli sono andati a dire ai parenti: “Là è il Salvatore. Se avrete fede e chiederete, il malato guarirà”. Ma, lui per il primo, hanno ricusato di venire dal Rabbi». Le critiche succedono alle commiserazioni. E Gesù di tutto questo si serve per iniziare a parlare.

   383.5«La pace a voi tutti!
   Certo il morire spiace ai ricchi e giovani, che sono soltanto ricchi e giovani di denaro e di anni. Ma a quelli che sono ricchi di virtù e giovani per purezza di costumi non duole il morire. Il vero sapiente, dall’uso della ragione in poi, si regola in modo da rendersi placido il morire. La vita è la preparazione della morte, come la morte è la preparazione alla più grande Vita. Il vero sapiente, da quando comprende la verità del vivere e del morire, del morire per risorgere, si studia in tutti i modi di spogliarsi di tutto quanto è inutile e di arricchirsi di tutto ciò che è utile, ossia le virtù e gli atti buoni per avere un corredo di beni davanti a Colui che a Sé lo richiama per giudicarlo, per premiarlo, o per castigarlo con giustizia perfetta. Il vero sapiente conduce una vita che lo fa adulto più di un vegliardo in saggezza e giovane più di un adolescente, perché vivendo con virtù e giustizia conserva al cuore una freschezza di sentimenti che talora neppure i giovanetti hanno. Come allora è dolce morire! Reclinare il capo stanco sul seno del Padre, raccogliersi nel suo abbraccio, dire fra le nebbie della vita che fugge: “Ti amo, spero in Te, in Te credo”, dirlo per l’ultima volta sulla terra per poi dirlo, il giubilante “Ti amo!”, per tutta l’eternità fra i fulgori del Paradiso.
   Duro pensiero la morte? No. Giusto decreto per tutti i mortali, non è gravoso di affanno altro che per coloro che non credono e sono carichi di colpe. Inutilmente l’uomo, per spiegare gli affanni scomposti di uno che muore e che nel suo vivere non fu buono, dice: “È perché non vorrebbe morire ancora, perché non ha compito alcun bene, o poco bene ha fatto, e vorrebbe vivere ancora per riparare”. Invano dice: “Se fosse vissuto di più, avrebbe potuto avere premio più grande perché avrebbe fatto di più”. L’anima sa[48], almeno confusamente, quanto tempo le è dato. Un nulla di tempo rispetto all’eternità. E l’anima sprona l’io tutto ad agire. Ma, povera anima! Come spesse volte è soverchiata, calpestata, imbavagliata per non sentire le sue parole! Questo succede nei mancanti di buona volontà. Mentre negli uomini giusti fin dalla fanciullezza è ascolto del­l’anima, ubbidienza ai suoi consigli, è operosità continua; e giovane d’anni ma ricco di meriti muore il santo, talora ancor nell’aurora della vita; né, per cento o mille anni aggiunti, potrebbe esser più santo di quanto lo è già, perché l’amore di Dio e di prossimo, praticati in tutte le forme e con tutta generosità, lo fanno perfetto. In Cielo non si guarda a quanti anni si è vissuti, ma a come si è vissuti.
   Si fa il lutto sopra i cadaveri. Si piange su essi. Ma il cadavere non piange. Si trema di dover morire. Ma non ci si cura di vivere in modo da non tremare nell’ora della morte. E perché non si piange e si fa lutto sui cadaveri viventi, i più veri cadaveri, quelli che come in un sepolcro portano nel corpo un’anima morta? E perché quelli che piangono, pensando che deve morire la loro carne, non piangono sul cadavere che hanno dentro? Quanti cadaveri Io vedo, e che ridono e scherzano e non piangono su sé stessi! Quanti padri, madri, sposi, fratelli, figli, amici, sacerdoti, maestri Io vedo che piangono stoltamente per un figlio, uno sposo, un fratello, un genitore, un amico, un fedele, un discepolo, morti in palese amicizia con Dio, dopo una vita che è una ghirlanda di perfezioni, e che non piangono sui cadaveri delle anime di un figlio, sposo, fratello, padre, amico, fedele, discepolo, che morto è per il vizio, per il peccato, e morto in eterno, per sempre perduto se non si ravvede! Perché non cercare di risorgerli? Questo è amore, sapete? È il più grande amore. Oh! stolte lacrime su una polvere tornata tale! Idolatria degli affetti! Ipocrisia degli affetti! Piangete, ma sulle anime morte dei vostri più cari. Cercate di portarli alla Vita. E parlo specialmente a voi, donne che tanto potete su coloro che amate.

   383.6­Ora insieme guardiamo ciò che la Sapienza indica come cagione di morte e di vergogna.
   Non insultate Dio facendo mal uso della vita che vi ha data, sporcandola con male azioni che disonorano l’uomo. Non insultate i genitori con una condotta che getta fango sui loro capelli bianchi e triboli di fuoco sui loro ultimi giorni. Non insolentite chi vi benefica per non essere maledetti per l’amore che calpestate. Non insolentite chi governa, perché non è con la ribellione ai governanti che si fanno grandi e libere le nazioni, ma è con la condotta santa dei cittadini che si ottiene l’aiuto del Signore, il quale può toccare il cuore dei governanti o toglierli dal luogo o anche dalla vita, come più volte insegna la nostra storia d’Israele, quando passano la misura e specie quando il popolo, santificandosi, merita perdono da Dio, che perciò leva lo strumento oppressore dal collo dei puniti. Non insolentite la sposa col farle affronto di adulteri amori, e non insolentite l’innocenza dei figli con cognizioni di illeciti amori.
   Siate santi davanti a quelli che in voi vedono, per affetto e per dovere, colui che deve essere l’esempio della loro vita. Non potete scindere la santità verso il prossimo più prossimo da quella verso Dio, perché una germina l’altra, come i due amori, di Dio e di prossimo, si germinano l’uno dall’altro.
   Siate giusti presso gli amici. L’amicizia è una parentela del­l’anima. È detto[49]: “Quanto è bello per gli amici procedere insieme”. Ma è bello se si procede su un cammino di bene. Guai a colui che corrompe e tradisce l’amicizia col fare di essa un egoismo, o un tradimento, o un vizio, o un’ingiustizia. Troppi sono coloro che dicono: “Ti amo” per sapere le cose dell’amico e sfruttarle a loro pro! Troppi quelli che usurpano i diritti del­l’amico!
   Siate onesti presso i giudici. Tutti i giudici. Da quello altissimo che è Dio e che non si truffa né inganna con pratiche ipocrite, a quello intimo che è la coscienza, a quelli amorosi e sofferenti, e attenti nel loro amore vigile, che sono gli occhi dei famigliari, a quello severo dei giudici del popolo. Non mentite invocando Dio per dare forza alla menzogna.
   Siate onesti nel vendere e nel comperare. Mentre vendete, e la concupiscenza vi dice: “Ruba per avere più guadagno”, mentre la coscienza vi dice: “Sii onesto perché ti dorresti di essere derubato”, ascoltate quest’ultima voce, ricordando che non va fatto agli altri ciò che non vorremmo fatto a noi stessi. Il denaro che vi viene dato a scambio di merce è sovente bagnato di sudore e di pianto del povero. Costa fatica. Voi non sapete quanto dolore esso costa, quanti dolori sono dietro quella moneta che a voi, venditori, pare sempre troppo poca per ciò che date. Creature malate, bambini senza padre, vecchi con scarsa pecunia… Oh! dolore santo, e santa dignità del povero che il ricco non comprende, acché sei non meditata? Perché c’è onestà nel vendere al forte, al potente, per paura delle sue rappresaglie, mentre si abusa dell’indifeso, dell’ignoto fratello? Ciò è delitto più contro l’amore che verso l’onestà stessa. E Dio lo maledice perché la lacrima spremuta al povero, che non ha che il pianto per reazione contro al sopruso, per il Signore ha la stessa voce del sangue strappato alle vene di un uomo da un omicida, da un Caino del proprio simile.
   Siate onesti negli sguardi così come nella parola e nelle azioni. Uno sguardo, dato a chi non merita o negato a chi lo merita, è pari a laccio e a pugnale. Lo sguardo che si allaccia con la pupilla sfrontata della meretrice e le dice: “Sei bella!”, e risponde al suo sguardo d’invito col suo di adesione, è peggio del nodo scorsoio per l’impiccato. Lo sguardo negato al parente povero o all’amico caduto in miseria è simile ad un pugnale piantato nel cuore di questi infelici. E così lo sguardo di odio o quello di sprezzo dati al nemico o al mendico. Il nemico va perdonato e amato almeno con lo spirito, se la carne si rifiuta di amarlo. Il perdono è amore dello spirito. Il non vendicarsi è amore dello spirito. Il mendico va amato perché nessuno lo conforta. Non basta gettare un obolo e passare sprezzanti. L’obolo serve per la carne affamata, nuda, senza asilo. Ma la pietà che sorride nel dare, che si interessa del pianto dell’infelice, è pane del cuore. Amate, amate, amate.
   Siate onesti nelle decime e nelle consuetudini, onesti nel­l’interno delle case non abusando del servo oltre misura e non attentando alla serva che dorme sotto il vostro tetto. Se anche il mondo ignora il furto commesso nel segreto della casa, furto alla moglie ignara e alla serva che disonorate, Dio sa il vostro peccato.
   Siate onesti nella lingua. E onesti nell’educare i figli e le figlie. È detto[50]: “Fa’ ciò perché la figlia non ti renda zimbello della città”. Io dico: “Fate ciò perché lo spirito di vostra figlia non muoia”.

   383.7Ed ora andate. Io pure vado dopo avervi dato un viatico di sapienza. Il Signore sia con quelli che si sforzano ad amarlo».
   Li benedice col gesto e, rapido, scende dal tronco abbattuto e prende un sentieruolo fra le piante, risalendo il fiume e scomparendo presto fra gli intrichi verdi.
   La folla commenta animatamente e con pareri contrari. Naturalmente i contrari sono quei pochi esemplari di scribi e farisei presenti fra le turbe degli umili.

[47] Giuda è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta, così come Giuda e di cinque capoversi più sotto.
[48] L’anima sa... Con una nota su una copia dattiloscritta MV precisa:Sa che la durata della vita terrena è breve e la morte può colpire improvvisamente, anche in tenera età o giovinezza. Perciò sprona a far bene, subito...
[49] È detto, in:Salmo 133, 1.
[50] È detto, in:Siracide 42, 11.