MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

A A A

VOLUME VI CAPITOLO 385



CCCLXXXV. Parabola del quadrivio e miracoli presso il paese di Salomon.

   16 febbraio 1946.

   385.1­­La piccola turba esce dalla casetta, aumentata del vecchio che si ammira nella veste di qualche apostolo di piccola statura.
   «Se vuoi rimanere, padre…», sta per dire Gesù.
   Ma il vecchio lo interrompe: «No, no. Vengo anche io. Oh! lasciami venire! Ho mangiato ieri! Ho dormito questa notte e in un letto! E non c’è più il dolore nel cuore! Sono forte come un giovane…».
   «E allora vieni. Starai con Me, con Bartolomeo e mio fratello Giuda. Voi, due per due, spargetevi come si è detto. Avanti sesta tutti qui di nuovo. Andate e la pace sia con voi».
   Si separano andando chi verso il fiume, chi verso le campagne. Gesù li lascia andare avanti e poi, per ultimo, si avvia Lui. Attraversa lentamente il paese, notato dai pescatori che tornano dal fiume o ci vanno, e dalle massaie solerti che si sono alzate all’alba per i bucati, per innaffiare gli orticelli o fare il pane. Ma nessuno parla.

   385.2­Solo un fanciulletto, che spinge verso il fiume sette pecorelle, interroga il vecchio: «Dove vai, Anania? Lasci il paese?».
   «Vado col Rabbi. Ma torno con Lui. Sono il suo servo».
   «No. Sei il mio padre. Ogni vecchio giusto è un padre e una benedizione per il luogo che l’ospita e per chi lo soccorre. Beati quelli che amano e onorano i vecchi», dice Gesù con aspetto solenne.
   Il fanciullo lo guarda intimorito, poi mormora: «Io, del mio pane, ne davo sempre un poco ad Anania…», come per dire: «Non mi rimproverare, ché non lo merito».
   «Sì. Micael era buono con me. Era amico dei miei nipoti… e lo è rimasto anche del nonno. Anche sua madre non è cattiva e soccorrerebbe. Ma ha undici figli e vivono tutti con la pesca…».
   Delle donne si avvicinano curiose e ascoltano.
   «Dio aiuterà sempre chi fa ciò che può al povero. E sempre c’è modo di aiutare. Molte volte il dire: “Non posso” è menzogna. Perché volendo si trova sempre il boccone superfluo, la coperta sdruscita, la veste dismessa per porgerla a chi non l’ha. E il Cielo compensa del dono. Dio ti renderà, o Micael, i bocconi dati al vecchio». Gesù carezza il fanciullo e si incammina.
   Le donne restano mortificate dove erano e poi interrogano il fanciullo che dice ciò che sa. E la paura prende le avare donne che hanno chiuso il cuore ai bisogni del vecchio…

   385.3Intanto Gesù, giunto all’ultima casa, si dirige verso un bivio che dalla strada maestra piega verso il villaggetto. Si vede da qui che sulla strada passano carovane di ritorno verso le città della Decapoli e della Perea.
   «Andiamo là e predichiamo. Vuoi farlo tu pure, padre?».
   «Non sono capace. Che devo dire?».
   «Sei capace. La tua anima sa la sapienza del perdonare e dell’essere fedele a Dio e rassegnato anche nelle ore del dolore. E sai che Dio soccorre chi spera in Lui. Va’ e dillo ai pellegri­ni».
   «Oh! questo sì!».
   «Giuda, va’ con lui. Io resto con Bartolomeo al bivio».
   E infatti, giunto là, si mette all’ombra di un ciuffo di platani fronzuti e attende, paziente.
   I campi intorno sono belli di messi e di frutteti. Freschi nell’ora mattutina. L’occhio li guarda con piacere. E le carovane passano per la via… Pochi guardano i due addossati ai tronchi dei platani. Forse li credono viandanti stanchi. Ma qualcuno c’è che riconosce Gesù e lo accenna, oppure si inchina salutando.
   Infine c’è il primo che ferma il suo asinello e quelli dei parenti, e smonta dirigendosi a Gesù: «Dio sia con Te, o Rabbi! Sono di Arbela. Ti ho udito all’autunno. Questa è mia moglie, questa sua sorella vedova, e mia madre. Questo uomo anziano è suo fratello. E quello giovane è il fratello di mia moglie. Ed ecco i figli di noi tutti. La tua benedizione, Maestro. Ho saputo che hai parlato al guado. Ma sono giunto là a sera… Non una parola a noi?».
   «La Parola non si nega mai. Ma attendi qualche minuto perché altri stanno venendo…».
   Infatti, mogi mogi, stanno raggiungendo il bivio gli abitanti del villaggio, e altri, già passati per la via, diretti a nord, tornano indietro; altri, incuriositi, si fermano scendendo dalle cavalcature o anche rimanendo in sella. Si forma un piccolo uditorio che sempre aumenta.
   Tornano anche Giuda d’Alfeo col vecchio, e con loro sono due malati e diversi sani.

   385.4Gesù inizia a parlare.
   «Coloro che percorrono le vie del Signore, le vie indicate dal Signore, e le percorrono con volontà buona, finiscono col trovare il Signore. Voi trovate il Signore venendo dall’aver fatto il vostro dovere di fedeli israeliti per la Pasqua santa. Ed ecco che la Sapienza vi parla, come desiderate, a questo crocicchio dove la bontà divina ci fa incontrare. Tanti sono i crocicchi che l’uomo incontra sulla via della sua vita. Ancor più crocicchi soprannaturali che crocicchi materiali. Ogni giorno la coscienza è messa di fronte ai bivi e ai quadrivi del Bene e del Male. E deve scegliere con attenzione per non errare. E, se erra, deve saper tornare umilmente indietro quando uno lo richiama e l’avverte. E se anche gli pare più bella la via del Male, o anche semplicemente della tiepidezza, deve saper scegliere la via scabra ma sicura del Bene.
   Udite una parabola.
   Un gruppo di pellegrini, venuti da lontane regioni in cerca di lavoro, si trovò ai confini di uno stato. A questi confini erano dei procacciatori di lavoro mandati da diversi padroni. Vi era chi cercava uomini per le miniere e chi per campi e boschi, chi servi per un ricco infame e chi soldati per un re che stava in cima ad un monte, nel suo castello al quale si accedeva per una strada molto erta.
   Il re voleva milizie, ma esigeva che le stesse fossero non tanto milizie di violenza quanto di sapienza, per mandarle poi per le città a santificare i suoi sudditi. Per questo viveva lassù, come in un romitaggio, per formare i suoi servi senza che le distrazioni mondane li corrompessero rallentando o annullando la formazione del loro spirito. Non prometteva alte mercedi. Non prometteva vita comoda. Ma dava assicurazione che dal suo servizio sarebbe scaturita santità e premio. Così dicevano i suoi messi a quelli che giungevano alle frontiere. Invece i messi dei padroni delle miniere o dei campi dicevano: “Non sarà vita comoda, ma però sarete liberi e guadagnerete di che darvi un poco di sollazzo”. E quelli che cercavano servi per un padrone infame promettevano addirittura cibo abbondante, ozio, godimenti, ricchezze: “Basta che acconsentiate ai suoi capricci — oh! per nulla penosi! — e godrete come tanti satrapi”.
   I pellegrini si consultarono fra loro. Dividersi non volevano… Chiesero: “Ma i campi e le miniere, il palazzo dell’uomo gaudente e quello del re, sono vicini?”.
   “Oh! no!”, risposero i procacciatori. “Venite a quel quadrivio e vi mostreremo le diverse strade”.
   Andarono.
   “Ecco! Questa splendida via, ombrosa, fiorita, liscia, con fonti fresche, discende al palazzo del signore”, dissero i procacciatori dei servi.
   “Ecco! Questa che è polverosa, fra campi sereni, conduce ai campi. C’è sole, ma vedete che è bella ancora”, dissero quelli dei campi.
   “Ecco! Questa così solcata da ruote pesanti e sparsa di chiazze scure segna la direzione delle miniere. Non è né bella né brutta…”, dissero quelli delle miniere.
   “Ecco, questo sentiero ripido, tagliato fra rocce che il sole accende, sparso di pruni e burroni che rallentano l’andare ma in compenso fanno difesa facile contro gli assalti dei nemici, conduce a oriente, al castello severo, diremmo quasi sacro, dove gli spiriti si formano al Bene”, dissero quelli del re.

   385.5E i pellegrini guardavano, guardavano. Calcolavano… Tentati da molte cose delle quali solo una era totalmente buona. E lentamente si divisero. Erano dieci. Tre piegarono verso i campi… e due verso le miniere. I superstiti si guardarono e due dissero: “Venite con noi. Dal re. Non guadagneremo e non godremo sulla Terra, ma saremo santi in eterno”.
   “Quel sentiero lì? Fossimo matti! Non guadagnare? Non godere? Non valeva la pena di lasciare tutto e venire in esilio per avere ancor meno di ciò che avevamo nella patria nostra. Noi vogliamo guadagnare e godere…”.
   “Ma perderete il Bene eterno! Non avete sentito che è padrone infame?”.
   “Fole! Dopo un poco lo lasceremo, ma avremo goduto e saremo ricchi”.
   “Non ve ne libererete più. Male hanno fatto i primi seguendo l’avidità del denaro. Ma voi! Voi seguite l’avidità del piacere. Oh! non mutate per un’ora fuggente la sorte eterna!”.
   “Siete degli stolti e credete alle promesse ideali. Noi andiamo alla realtà. Addio!…”, e di corsa presero la bella via ombrosa, fiorita, ricca d’acque, liscia, in fondo alla quale brillava al sole il magico palazzo del guadente.
   I due superstiti presero, piangendo e pregando, l’erto sentiero. E dopo pochi metri quasi si sconfortarono, tanto era difficile. Ma perseverarono. E la carne parve sempre più lieve più essi procedevano, la fatica si faceva consolata da un giubilo strano. Giunsero anelanti, graffiati, in cima al monte e furono ammessi al cospetto del re, il quale disse loro tutto quanto esigeva per farne i suoi prodi e terminò dicendo: “Pensateci per otto giorni e poi rispondete”.
   Ed essi molto pensarono e dure lotte sostennero col Tentatore che voleva sgomentarli, con la carne che diceva: “Voi mi sacrificate”, col mondo i cui ricordi seducevano ancora. Ma vinsero. Rimasero. Divennero eroi del Bene.

   385.6Venne la morte, ossia la glorificazione. Dall’alto dei Cieli videro nel profondo quelli che erano andati dal padrone infame. Incatenati anche oltre la vita, gemevano nel buio dell’inferno. “E volevano essere liberi e godere!”, dissero i due santi.
   E i tre dannati li videro e, orridi, li maledissero e maledissero tutti, Dio per il primo, dicendo: “Ci avete tutti ingannati!”.
   “No. Non lo potete dire. Vi era stato detto il pericolo. Avete voluto il vostro male”, risposero i beati, sereni anche vedendo e udendo gli scherni osceni e le oscene bestemmie lanciate ad essi.
   E videro quelli dei campi e delle miniere in diverse regioni purgative, e quelli li videro e dissero: “Non fummo né buoni né cattivi, ed ora espiamo la tiepidezza nostra. Pregate per noi!”.
   “Oh! lo faremo! Ma perché mai non siete venuti con noi?”.
   “Perché fummo non demoni, ma uomini… Ingenerosi fummo. Amammo il transitorio, anche se onesto, più dell’eterno e santo. Ora impariamo a conoscere e ad amare con giustizia”.
   La parabola è finita. Ogni uomo è al quadrivio. Ad un perpetuo quadrivio. Beati quelli che sono fermi e generosi nel volere seguire le vie del Bene. Dio sia con essi. E Dio tocchi e converta chi così non è, e lo porti ad esser tale. Andate in pa­ce».

   385.7­«E i malati?».
   «Che ha la donna?».
   «Febbri maligne che le torcono le ossa. È andata fino alle acque miracolose del Mar Grande. Ma senza sollievo».
   Gesù si china sulla malata e le chiede: «Chi credi tu che Io sia?».
   «Colui che cercavo. Il Messia di Dio. Pietà di me che ti ho cercato tanto!».
   «La tua fede ti dia salute alle membra come al cuore. E tu, uomo?».
   L’uomo non risponde. Per lui parla la donna che l’accompagna: «Un cancro gli rode la lingua. Non può parlare e muore di fame». Infatti l’uomo è uno scheletro.
   «Hai fede che ti possa guarire?».
   L’uomo accenna di sì col capo.
   «Apri la tua bocca», ordina Gesù. E accosta il suo viso all’orrida bocca rósa dal cancro. Alita in essa. Dice: «Voglio!».
   Un momento di attesa e poi due gridi: «Le mie ossa tornate sane!»; «Maria, io sono guarito! Guardate! Guardate la mia boc­ca. Osanna! Osanna!», e vuole alzarsi ma vacilla per debolezza.
   «Dategli da mangiare», ordina Gesù. E fa per ritirarsi.
   «Non te ne andare! Altri malati verranno! Altri torneranno indietro… Anche a loro, anche a loro!», grida la folla.
   «Ogni mattina dall’aurora all’ora di sesta Io verrò qui. Qualche volonteroso provveda a radunare i pellegrini».
   «Io, io, Signore!», dicono in diversi.
   «Dio vi benedica, perciò».
   E Gesù piega verso il paese coi suoi primi compagni e con gli altri, venuti alla spicciolata mentre parlava, e tutti con della gente.

   385.8­«Ma dove sono Pietro e Giuda di Keriot?», chiede Gesù.
   «Sono andati alla città vicina. Pieni di denaro. Fanno acquisti…».
   «Sì. Giuda ha operato miracolo ed è in festa», osserva sorridendo Simone Zelote.
   «Anche Andrea, e ha una pecora a ricordo. Ha guarito la gamba rotta ad un pastore e lui l’ha compensato così. La daremo al padre. Il latte fa bene ai vecchi…», dice Giovanni accarezzando il vecchietto, che è beato.
   Rientrano in casa e preparano un poco di cibo…
   Stanno per sedersi a tavola quando, carichi come asini e seguiti da un carretto carico di quei graticci che servono da letti per i poveri di Palestina, giungono i due mancanti.
   «Perdona, Maestro. Ma questo ci voleva. Ora andremo be­ne», dice Pietro.
   E Giuda: «Osserva. Abbiamo preso il puro necessario, pulito e povero. Come a Te piace», e lavorano a scaricare, congedando il carrettiere.
   «Dodici lettucci e dodici stuoie. Qualche stoviglia. Qui i semi. Qua i colombi. Là i denari. E domani molta gente. Auf! che caldo! Ma ora va tutto bene. Che hai fatto, Maestro?…».
   E, mentre Gesù narra, si siedono a tavola, contenti.