MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VI CAPITOLO 392



CCCXCII. L’ostilità di Masada, città-fortezza.

   25 febbraio 1946.

   392.1­Stanno salendo per una salita da capre ad una città che pare un nido d’aquila su un picco alpino. E questo — che così faticosamente assalgono, venendo da occidente verso oriente, volgendo le spalle ad una catena continua di monti che fanno già parte del sistema montagnoso giudeo, e che, con una propaggine poderosa simile al contrafforte di una colossale muraglia, si protende verso il mar Morto nel suo lato occidentale estremo, ossia verso il termine sud del mare Morto — è proprio un picco alto, solitario, diruto, quale lo amano le aquile per i loro regali amori, disdegnosi di testimoni e di comunanze.
   «Che strada, mio Dio!», geme Pietro.
   «Peggiore ancora a quella di Jiftael», conferma Matteo.
   «Però qui non piove, non c’è umido, non si scivola. È già qualche cosa…», osserva Giuda Taddeo.
   «Eh! sì! Questo conforto c’è… Ma non c’è che questo. Va’ pur là che te non ti pigliano i nemici! Se non ti scoscende un terremoto, tu, per opera d’uomo, non cadi!», dice Pietro parlando alla città-fortezza, serrata nell’anello stretto delle sue difese, con le case pigiate, strette l’una all’altra come i semi di una melagrana nello scrigno della grossa buccia.
   «Lo credi, Pietro?», interroga Gesù.
   «Se lo credo? Lo vedo! Ed è di più!».
   Gesù crolla il capo e non ribatte nulla.
   «Forse era meglio venire dalla parte del mare. Se c’era Simone… lui è pratico di questi luoghi», sospira Bartolomeo che non ne può più.
   «Quando saremo in città e vedrete l’altra via, mi ringrazierete di avere scelto questa. Di qui può a fatica salire un uomo. Sull’altra a fatica sale una capra», risponde Gesù.
   «Come lo sai? Te ne ha parlato qualcuno, o…?».
   «So. E d’altronde da questa parte sta la nuora di Anania. Voglio, per prima cosa, parlarle».
   «Maestro… non ci saranno pericoli lassù?… Perché… qui non si può uscire con sveltezza, e se ci inseguono… a casa non si torna più. Guarda che precipizi! E che pietre taglienti!…», dice Tommaso.
   «Non abbiate paura. Non troveremo un’Engaddi. Di Engaddi ce ne sono ben poche in Israele. Ma non ci accadrà del ma­le».
   «È perché… Lo sai che è fortezza di Erode?…».
   «Ebbene? Ma non temere, Toma! Finché non è l’ora, nulla accade di veramente grave».

   392.2­Vanno, vanno e giungono presso le mura arcigne che il sole è ormai alto. Ma l’altezza tempera il calore.
   Entrano in città passando sotto l’arco di una porta stretta, cupa. Le muraglie dei bastioni sono potenti, con spesse torri e strette aperture.
   «Che trappola da selvaggina!», dice Matteo.
   «Io penso a quei disgraziati che hanno portato qui i materiali, questi blocchi, questi lastroni di ferro…», dice Giacomo d’Alfeo.
   «Amor santo di patria e di indipendenza fece leggeri i pesi agli uomini[67] di Gionata Maccabeo. Amore malvagio di se stesso e terrore dell’ira del popolo impose il giogo pesante, non a sudditi ma a peggio che schiavi, per volere di Erode il Grande. E di sangue e lacrime battezzata, nel sangue e nelle lacrime perirà, quando sarà l’ora della punizione divina».
   «Maestro, ma che c’entrano gli abitanti?».
   «Nulla. E tutto. Perché quando i sudditi emulano i capi nelle colpe o nei meriti, dei capi hanno lo stesso premio o castigo.

   392.3­Ma ecco la casa, che è la terza della seconda strada e col pozzo davanti. Andiamo…».
   Gesù bussa alla porta chiusa di una casa alta e stretta. Apre un fanciullo.
   «Sei parente di Anania?».
   «Ne porto il nome perché è padre di mio padre».
   «Chiama tua madre. Dille che vengo dal paese dove è Anania e il sepolcro dello sposo estinto».
   Il fanciullo va e torna. «Ha detto che non le importa di sapere nulla del vecchio. Che puoi andare».
   Gesù fa il volto molto severo. «Non anderò altro che dopo averle parlato. Fanciullo, va’ e dille che Gesù di Nazaret, in cui credeva il marito suo, è qui e le vuole parlare. Dille che non tema. Il vecchio non c’è…».
   Il ragazzo torna ad andare. L’attesa è lunga. Della gente si è fermata ad osservare e qualcuno interroga i discepoli. Ma vi è un’atmosfera dura o indifferente o ironica… Gli apostoli cercano di essere cortesi, ma sono visibilmente impressionati. E finiscono d’esserlo quando sopraggiungono i notabili del paese e degli armigeri. Gli uni e gli altri con certi visi da… galera che non danno punto fiducia.
   Gesù, sulla soglia, addossato allo stipite, a braccia conserte, attende paziente, assorto.

   392.4Finalmente ecco la donna. Alta, bruna, con l’occhio duro, il profilo tagliente. Non è brutta né vecchia, ma l’espressione la fa parere vecchia e brutta. «Che vuoi? Fa’ presto, che ho da fare», dice altezzosa.
   «Nulla voglio. Nulla. Rassicurati. Soltanto ti porto il perdono di Anania, il suo affetto, la sua preghiera…».
   «Non lo riprendo! Inutile pregare. Non voglio vecchi lamentosi. Tutto è finito fra noi. E, del resto, presto io vado a nuove nozze e non posso imporre in casa di un ricco il rozzo contadino che egli è. Ne ho avuto abbastanza del mio errore di avere accettato di sposare suo figlio! Ma allora ero una stolta fanciulla e guardai solo la bellezza dell’uomo. Sciagura a me! Sciagura a me! Sia maledetto il motivo che lo portò sui miei passi! Sia anatema anche il ricordo di…». Pare una macchina…
   «Basta! Rispetta i vivi e i morti che non meritavi di avere, donna arida più della selce. Sciagura a te! Sì! Sciagura! Perché in te non è amor di prossimo, e perciò Satana è in te. Ma trema, o donna! Trema che le lacrime del vecchio, che quelle dello sposo, che certo hai oppresso col tuo disamore, non divengano pioggia di fuoco su quanto ti è caro. Hai figli, o donna!…».
   «Figli! Magari non li avessi! Sarebbe spento anche l’ultimo legame! E del resto non voglio sentire nulla. Non voglio sentirti. Va’ via! Sono in casa mia, in casa di mio fratello. Non ti conosco. Non voglio ricordare il vecchio. Non…». Strilla come una gazza spennata viva. Una vera arpia…
   «Bada!», dice Gesù.
   «Mi minacci?».
   «Ti richiamo a Dio, alla sua Legge, per pietà della tua anima. Che figli vuoi educare con questi sentimenti? Non temi il giudizio di Dio?».
   «Oh! basta. Saul, va’ a chiamare mio fratello e digli che venga con Gionata. Ti farò vedere! Ti…».
   «Oh! no. Non occorre. La tua anima non sarà forzata da Dio. Addio». E Gesù se ne va, fendendo la gente.

   392.5­La strada è stretta, fra alte case. Ma la città, atta a difesa, ha il cuore della stessa difesa nella parte orientale, là dove tutto strapiomba per centinaia di metri e dove il nastro esile di un sentiero serpeggiante, di una ripidità veramente impressionante, sale dalla pianura, dalle rive del mare, alla cima del picco.
   Gesù va proprio là, dove è una piazzuola per le macchine di guerra, e inizia a parlare, ripetendo per una nuova volta il suo invito al Regno dei Cieli, del quale dà le linee schematiche.
   E sta per illustrarle quando, aprendosi un varco fra la piccola folla che è curiosa più che credente, si fanno avanti dei notabili che vociano fra di loro. Non appena sono di fronte a Gesù, intimano, confusamente perché parlano tutti insieme, concordi soltanto nel cacciare Gesù: «Va’ via! Qui bastiamo noi a educare i figli d’Israele»; «Via! Le nostre donne non hanno bisogno di essere rimproverate da Te, galileo!»; «Via, offensore! Come ti permetti di offendere la donna di un erodiano, in una delle città predilette dal grande Erode? Usurpatore, dalla nascita, dei suoi sovrani diritti! Via di qua!».
   Gesù li guarda, specie questi ultimi, e dice una sola parola: «Ipocriti!».
   «Via! Via!».
   Un vero tumulto di voci discordi, le quali, ognuna per suo conto, accusano, o difendono la loro casta. Non si capisce più nulla. Nella piazzetta stretta, delle donne strillano e svengono, dei bimbi piangono, degli armati cercano farsi largo uscendo dalla vera e propria fortezza, e per farsi largo fanno del male ai pigiati nella piazza che reagiscono imprecando a Erode e ai suoi soldati, al Messia e ai suoi seguaci. Un bel baccano! Gli apostoli, stretti intorno a Gesù, unici che lo difendano più o meno coraggiosamente, urlano a loro volta improperi salati, e ne hanno per tutti.
   Gesù li richiama dicendo: «Usciamo di qua. Gireremo dietro alla città e ce ne andremo…».
   «E per sempre, sai? E per sempre!», urla Pietro paonazzo d’ira.
   «Sì, per sempre…».
   Sfilano uno dopo l’altro e l’ultimo, nonostante ogni pressione dei suoi, è Gesù. Le guardie, pur beffeggiando il «profeta beffato», come dicono facendo lazzi di ogni specie, hanno tanto buon senso da affrettarsi a chiudere il portello delle mura e addossarcisi contro, con le armi volte verso la piazza.

   392.6Gesù cammina per un sentierino che costeggia le mura, un sentiero largo due palmi, sotto il quale è il vuoto, la morte. Gli apostoli lo seguono evitando di guardare l’abisso pauroso. Eccoli di nuovo presso la porta dalla quale sono entrati. Gesù, senza sostare, procede per la discesa. La città ha la porta chiusa anche da questo lato…
   A molti metri dalla città Gesù si arresta e pone la mano sulla spalla di Pietro, che dice asciugandosi il sudore: «L’abbiamo scampata bella! Maledetta città! E maledetta donna! Oh! povero Anania! Quella è peggio di mia suocera!… Che serpen­te!».
   «Sì. Ha il cuore freddo delle serpi… Simone di Giona, che ne dici? Nonostante tutte le difese, ti pare sicura questa cit­tà?».
   «No, Signore! Non ha Dio in sé. Io dico che avrà sorte comune con Sodoma e Gomorra».
   «Bene hai detto, Simone di Giona! Essa sta accumulando contro di sé le folgori dell’ira divina. E non tanto per avermi cacciato, quanto perché in essa il Decalogo è violato in tutti i suoi comandi. Andiamo ora. Una grotta ci accoglierà nella sua ombra fresca, in queste ore di sole. E al tramonto andremo verso Keriot, finché la luna lo permette…».
   «Maestro mio!», geme Giovanni in un improvviso scoppio di pianto.
   «Ma che hai?», chiedono tutti.
   Giovanni non si spiega. Piange con le mani sul volto, un poco curvo… Pare già lo straziato Giovanni della giornata di Passione…
   «Non piangere! Vieni qui… Abbiamo ancora ore dolci davanti a noi», dice Gesù attraendolo a Sé. Cosa che, se consola il cuore, fa anche aumentare il pianto.
   «Oh! Maestro! Maestro mio! Come farò?! Come farò?!».
   «Ma a che, fratello?», «A che, amico?», chiedono Giacomo e gli altri.
   Giovanni stenta a dire; poi, alzando il viso e gettando le braccia al collo di Gesù e obbligandolo a curvarsi sul suo viso straziato, grida, e risponde a Gesù invece che a quelli che l’hanno interrogato: «A vederti morire!».
   «Dio ti soccorrerà, fanciullo suo diletto! Non ti mancherà il suo aiuto. Non pianger più. Andiamo! Andiamo…», e Gesù cammina tenendo per mano l’acciecato dalle lacrime…

[67] uomini, di cui si parla in: 1 Maccabei 9, 62.