MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VI CAPITOLO 399



CCCXCIX. Discorso di commiato a Betsur e l'amore materno di Elisa.­

   9 marzo 1946.

   399.1­È appena fatto giorno quando gli infaticabili camminatori giungono alle viste di Betsur. Stanchi, sgualciti nelle vesti per un riposo certo molto scomodo nei boschi, guardano con gioia la cittadina ormai prossima, dove sono certi di trovare ospitalità.
   I contadini che si recano ai loro lavori sono i primi ad incontrare Gesù, e pensano sia bene lasciare in asso i lavori per tornare in città ad ascoltare il Maestro. E così fanno dei pastori dopo avere chiesto se si trattiene o se non lo fa.
   «Lascerò Betsur a sera», risponde Gesù.
   «E parlerai, Maestro?».
   «Certamente».
   «Quando?».
   «Subito».
   «Noi abbiamo i greggi… Non potresti parlare qui, nelle campagne? Le pecore brucherebbero l’erba e noi non perderemmo la tua parola».
   «Seguitemi. Lo farò sui pascoli a settentrione. Devo prima vedere Elisa».
   I pastori col loro bastone fanno volgere le pecore, e dietro agli uomini si mettono loro e le loro pecore belanti. Traversano il paese.

   399.2­Ma la notizia è già arrivata alla casa di Elisa. Ed è sulla piazza, che sta davanti alla casa, che Elisa con Anastasica rendono il loro omaggio di discepole al Maestro che le benedice.
   «Entra nella mia casa, Signore. Tu l’hai liberata dal dolore, ed essa ti vuole essere conforto in ogni suo abitante e suppellettile», dice Elisa.
   «Sì, Elisa. Ma vedi quanto popolo ci segue? Ora parlerò a tutti e poi, dopo l’ora di terza, verrò e sosterò nella tua casa per ripartire a sera. E parleremo fra noi…», promette per consolare Elisa, che sperava un più lungo soggiorno e che fa un viso deluso sentendo le intenzioni di Gesù.
   Ma Elisa è buona discepola e non fa obbiezioni. Chiede solo licenza di dare ordine ai servi prima di andare con gli altri dove Gesù si dirige. E lo fa sollecita, ben diversa dalla inerte donna dello scorso anno…
   Gesù è già fermo in un vasto prato su cui scherza il sole filtrando dalle fronde leggere di alberi d’alto fusto, che, se non erro, sono frassini, e sta guarendo un bambino e un vecchio, malato il primo di qualche malattia interna, l’altro agli occhi. Non ci sono altri malati e Gesù benedice i piccoli che le madri gli offrono, attendendo paziente che Elisa lo raggiunga insieme ad Anastasica. Eccole, infine.

   399.3­Gesù inizia subito a parlare.
   «Popolo di Betsur, ascolta. Lo scorso anno vi ho detto[80] cosa occorre fare per guadagnare il Regno di Dio. Ora ve lo confermo perché non abbiate a perdere ciò che avete guadagnato. È l’ultima volta che il Maestro vi parla così, ad un’assemblea nella quale non manca alcuno. Dopo potrò incontrarvi ancora, per caso, ad uno ad uno, o a piccoli gruppi, sulle vie della nostra patria terrena. Dopo, più tardi ancora, potrò vedervi nel mio Regno. Ma non sarà mai più come ora.
   In futuro tante cose vi verranno dette di Me, contro di Me, di voi e contro di voi. Vi vorranno terrorizzare. Io con Isaia vi
   dico: non temete, perché Io vi ho redento e vi ho chiamato a nome. Solo coloro che vorranno abbandonarmi avranno ragione di temere. Non coloro che, essendo fedeli, sono miei. Non temete! Siete miei ed Io sono vostro. Né le acque dei fiumi, né le fiamme dei roghi, né le pietre, né le spade potranno separarvi da Me se in Me perseverate, anzi sempre più le fiamme, le acque, le spade e le pietre a Me vi uniranno, e altri Me sarete e il mio premio avrete. Io sarò con voi nelle ore dei tormenti, con voi nelle prove, con voi fino alla morte; e dopo, nulla più ci potrà separare.
   Oh! popolo mio! Popolo che Io ho chiamato e radunato, e chiamerò e radunerò più ancora quando sarò innalzato, traendoti tutto a Me, o popolo scelto, popolo santo, non temere, perché Io sono e sarò teco e tu mi annuncerai, popolo mio, e perciò voi che lo componete sarete detti i miei ministri e a voi darò, do fin da ora l’ordine di dire al settentrione, all’oriente, all’occidente e al mezzogiorno, di rendere i figli e le figlie del Dio Creatore, anche quelli degli estremi confini del mondo, perché tutti mi conoscano per loro Re e mi invochino secondo il mio vero Nome, ed abbiano quella gloria per cui sono stati creati e siano la gloria di chi li ha fatti e formati.
   Isaia lo dice che le tribù e le nazioni per credere invocheranno dei testimoni della mia gloria. E dove troverò dei testimoni se il Tempio e la Reggia, se le caste potenti mi odiano e mentono per non voler dire che Io sono chi sono? Dove li troverò? Eccoli, o Dio, i miei testimoni! Questi che ho istruiti nella Legge, questi che ho guariti nel corpo e nello spirito, questi che erano ciechi e ora vedono, sordi e ora odono, muti e ora sanno dire il tuo Nome, questi che erano oppressi e sono liberati, tutti, tutti questi ai quali il tuo Verbo è stato Luce, Verità, Via, Vita. Voi siete i miei testimoni, i servi da Me eletti affinché conosciate e crediate e comprendiate che sono proprio Io.

   399.4Sono Io il Signore, il Salvatore. Credetelo per vostro bene. All’infuori di Me non vi è altro salvatore. Sappiate credere questo contro ogni umana o satanica insinuazione. Dimenticate ogni altra cosa che vi sia stata detta da bocca che non è la mia e che sia disforme alla mia parola. Respingete ogni altra cosa che vi possa essere detta nel futuro. Dite, a chiunque vorrà farvi abiurare il Cristo, dite: “Le sue opere parlano al nostro spirito”, e siate perseveranti nella fede.
   Molto ho fatto per darvi una fede intrepida. Ho curato i vostri malati e sollevato i vostri dolori, come un Maestro buono vi ho istruiti e come un Amico ascoltati, ho spezzato con voi il pane e spartito la bevanda. Ma queste sono ancora opere di santo e profeta. Altre ne farò, e tali da levare ogni dubbio che le tenebre possano suscitare come il turbine suscita nuvole di tempesta nel sereno di un cielo estivo. Lasciate passare il nembo stando fermi nella carità per il vostro Gesù, per questo Gesù che ha lasciato il Padre per venire a salvarvi e che lascerà la vita per darvi la salute.
   Voi, voi che ho amato ed amo ben più di Me stesso, perché non c’è amore più grande di quello di immolarsi per il bene di coloro che si ama, non vogliate essere inferiori a coloro che nella profezia d’Isaia sono detti bestie selvatiche, dragoni e struzzi, ossia gentili, idolatri, pagani, immondi, i quali, quando da Me stesso avrò testimoniato la potenza del mio amore e della mia Natura, vincendo da solo anche la Morte — che è cosa che si può constatare e che nessuno, che non sia menzogna, potrà negare — diranno: “Egli era il Figlio di Dio!”, e vincendo ostacoli, in apparenza insormontabili, di secoli e secoli di paganesimo immondo, di tenebre, di vizio, verranno alla Luce, alla Fonte, alla Vita. Non siate, non siate come troppo Israele che non m’offre olocausto, che non mi onora con le vittime, ma anzi mi dà pena con le sue iniquità e mi fa vittima del suo animo duro, e al mio amore che perdona risponde con l’odio sotterraneo che mi scalza il terreno per farmi cadere, onde poter dire: “Vedete? È caduto perché Dio l’ha fulminato”.
   Cittadini di Betsur, siate forti. Amate la mia Parola perché è vera e il mio Segno perché è santo. Il Signore sia sempre con voi, e voi siate con i servi del Signore, tutti uniti, perché ognun di voi sia là dove Io vado e sia fatta un’eterna dimora in Cielo per tutti quelli che, superata la tribolazione e vinta la battaglia, muoiono nel Signore e nel Signore risorgono, in eterno!».

   399.5«Signore, ma che hai voluto dire? Gridi di trionfo e gridi di dolore sono stati nel tuo parlare!», dicono alcuni cittadini.
   «Sì. Sei simile a colui che si sa attorniato da nemici», dicono altri.
   «E quasi ci dici che noi pure lo saremo», e altri.
   «Che c’è nel tuo domani, o Signore?», e altri ancora.
   «La gloria!», grida Giuda di Keriot.
   «La morte!», sospira Elisa piangendo.
   «La Redenzione. Il compimento della mia missione. Non temete. Non piangete. Amatemi. Io sono felice di essere il Redentore. Vieni, Elisa. Andiamo alla tua casa…», e si avvia per il primo fendendo la gente che è turbata da opposte emozioni.
   «Ma perché, Signore, sempre questi discorsi?!», brontola, interrogando e rimproverando, Giuda. E aggiunge: «Non sono da re».
   Gesù non gli risponde. Risponde invece a suo cugino Giacomo, che gli chiede con l’occhio lucido di pianto: «Perché, o fratello, citi sempre brani del Libro nei tuoi commiati?».
   «Onde chi mi accusa non dica che Io farnetico e bestemmio, e onde chi non si vuole arrendere alla realtà delle cose capisca che da sempre la Rivelazione mi ha mostrato Re di un regno non umano, che si disegna, si costruisce e cementa coll’immolazione della Vittima, dell’unica Vittima che può ricreare il Regno dei Cieli, distrutto da Satana e dai progenitori. Superbia, odio, menzogna, lussuria, disubbidienza, hanno distrutto. Umiltà, ubbidienza, amore, purezza, sacrificio, ricostruiranno… Non piangere, donna. Coloro che ami e che attendono, sospirano l’ora della mia immolazione…».

   399.6­Entrano in casa e, mentre ancora gli apostoli si occupano di ristorarsi membra e stomaco, Gesù va nel giardino, ordinato, fiorito, e, solo con Elisa, l’ascolta parlare.
   «Maestro, io sola so che Giovanna ti vuole parlare, in segreto. Mi ha mandato Gionata. Ha detto: “Per cose molto gravi”. Neppure la figlia che Tu mi hai dato — e che Tu ne sia benedetto — lo sa. Giovanna ha mandato servi in ogni direzione a cercarti. Ma non ti hanno trovato…».
   «Ero molto lontano, e sarei andato ancor più lontano se non mi avesse spronato lo spirito a tornare… Elisa, tu verrai con Me e con lo Zelote da Giovanna. Gli altri rimarranno qui per due giorni in riposo e poi verranno a Bétèr. Tu ritornerai con Gionata».
   «Sì, mio Signore…». Elisa lo guarda, materna, lo scruta… Non sa trattenere una parola: «Tu soffri?».
   Gesù crolla il capo senza un vero cenno di diniego ma con chiaro sconforto.
   «Sono una madre… Tu sei il mio Dio… ma… Oh! mio Signore! Che pensi che voglia Giovanna? Parlavi di morte ed io l’ho capito, perché nel Tempio le vergini molto leggevano le Scritture dove parlano di Te Salvatore, e mi ricordo quelle parole. Parlavi di morte e il tuo viso splendeva di gioia celeste… Ora non splende il tuo volto… Maria mi fu come una figlia… e Tu sei il Figlio di Lei… Perciò, se non è peccato dirlo, ti vedo un poco come figlio mio… Tua Madre è lontana… Ma una madre è al tuo fianco. Benedetto di Dio, non posso sollevare la tua pena?».
   «Già la sollevi perché mi ami. Che penso su quanto Giovanna ha da dirmi? La mia vita è come questo roseto. Le rose siete voi, discepole buone. Ma, levate le rose, che restano? Spine…».
   «Ma noi ti resteremo fino alla morte».
   «È vero. Fino alla morte! Ed il Padre vi benedirà per il conforto che mi darete. Entriamo in casa. Riposiamo. Al tramonto partiremo per Bétèr».

[80] vi ho detto, in 209.5/7. Il discorso che segue sembra basarsi su Isaia 43.