MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VI CAPITOLO 404



CDIV. In cammino verso Emmaus della pianura.­

   27 marzo 1946.

   404.1L’alba mette una luminosità verde lattea sulla volta del cielo, alto sulla valle fresca e silenziosa. E poi il suo chiarore così indefinibile, che è già luce e non è ancora luce, bagna il sommo delle due pendici. Pare carezzi lievemente le parti più alte dei monti giudei, dica alle piante annose che le incoronano: «Eccomi, scendo dal cielo, vengo da oriente, precedo l’aurora, caccio le ombre, porto la luce, l’operosità, la benedizione di un nuovo giorno che Dio vi concede», e le cime si svegliano con un sospiro di fronde, con il zirlo dei primi uccelli risvegliati da quel lieve fremere di frasche, da quel primo chiarore. E scende l’alba più giù, ai cespugli del sottobosco, poi alle erbe, poi alle chine, sempre più in basso, e la salutano sempre più numerosi cinguettii fra le fronde e fruscii fra le erbe dei ramarri risvegliati. E poi raggiunge il torrentello del fondo, ne muta le acque cupe in un opaco scintillio d’argento, che sempre più si monda e si fa brillante. E lassù, intanto, nel cielo, che aveva appena schiarito l’indaco notturno in un celestrino verdastro d’alba, si spennella il primo annuncio d’aurora e lo fa celeste con note di rosa… E poi ecco un cirro, minuto, fioccoso, veleggiare, già tutto di spuma rosata…
   Gesù esce dalla grotta e guarda… Poi si lava al torrente, si ravvia, si riveste, occhieggia nella grotta… Non chiama… Sale il monte, invece, e va a pregare su un picco sporgente e già tanto elevato da concedere un largo raggio di visuale sull’oriente tutto roseo d’aurora, sull’occidente ancora infuso di indaco. Prega… ardentemente prega, in ginocchio, i gomiti a terra, quasi prono… E prega così finché dal basso salgono le voci dei dodici risvegliati che lo chiamano.
   Si alza, risponde: «Vengo!». E l’eco della stretta valle ripercuote più volte l’eco della voce perfetta. Pare che la valle propaghi alla pianura, che si intravvede ad occidente, la promessa del Signore: «Vengo», perché la pianura ne giubili in anticipo.
   Gesù si avvia con un sospiro e una frase, che compendia il suo lungo pregare e lo spiega: «E Tu, Padre, dàmmi confor­to…».
   Scende svelto e, giunto al basso, saluta con un sorriso dolcissimo i suoi apostoli e con le parole usuali: «La pace sia con voi nel nuovo giorno».
   «E a Te, Maestro», rispondono gli apostoli. Tutti.

   404.2­Anche Giuda che, non so se rassicurato del silenzio avuto da Gesù che non lo ha rimproverato e che lo tratta come tutti gli altri, o se perché abbia nella notte meditato un piano a suo pro, è meno torvo e meno appartato, e anzi è proprio quello che interroga per tutti: «Andiamo a Gerusalemme? Se sì, occorre tornare un poco indietro e prendere quel ponte. Oltre c’è una via che va diretta a Gerusalemme».
   «No. Andiamo ad Emmaus della pianura».
   «Ma perché? E le Pentecoste?».
   «Vi è tempo. Voglio andare da Nicodemo e da Giuseppe per le pianure verso il mare…».
   «Ma perché?».
   «Perché non ci sono ancora stato e quel popolo mi aspetta… E perché i buoni discepoli lo hanno desiderato. Avremo tempo a tutto».
   «Questo ti ha detto Giovanna? Per questo ti ha chiamato?».
   «Non ce ne era bisogno. A Me, direttamente a Me, lo hanno detto nei giorni di Pasqua. E mantengo».
   «Io non ci andrei… Forse saranno già a Gerusalemme… La festa è vicina… E poi… Potresti incontrare nemici e…».
   «Nemici ne incontro dovunque e li ho sempre vicini…», e Gesù dardeggia uno sguardo sull’apostolo che è il suo dolore…
   Giuda non parla più. Troppo è pericoloso addentrarsi oltre! Egli lo sente e tace.

   404.3­Tornano Giovanni e Andrea con delle piccole frutta, sembrano della famiglia dei lamponi, o fragoloni, ma più scure, quasi come more immature, e le offrono al Maestro: «Ti piacciono. Le abbiamo occhiate ieri sera e siamo saliti a coglierle per Te. Mangiale, Maestro. Son buone».
   Gesù carezza i due buoni e giovani apostoli, che gli offrono i loro frutti su una larga foglia lavata al torrente e che, più che i frutti, gli offrono il loro amore, e sceglie le più belle frutticine e ne dà un poco a tutti, che le mangiano col pane.
   «Ti abbiamo cercato latte. Ma non c’è ancora un pastore…», si scusa Andrea.
   «Non importa. Andiamo presto per essere ad Emmaus avanti il grande calore».
   Vanno, e i più d’appetito mangiano ancora, andando per la valle fresca che sempre più allarga, finendo a sboccare in un’ubertosa pianura dove già ferve l’opera dei mietitori.
   «Non sapevo che Nicodemo avesse case ad Emmaus», osserva Bartolomeo.
   «Non a Emmaus. Oltre. Campi di parenti ereditati da lui…», spiega Gesù.
   «Che bella campagna!», esclama il Taddeo.
   Infatti è un mare di spighe d’oro tramezzato da frutteti di sogno, da vigne che già promettono una gloria di grappoli. Irrigua come è, per i prossimi monti che vi riversano i cento e cento torrentelli nei mesi più necessari di irrigazione, certo dotata di vene d’acqua sotterranee, è un vero eden agricolo.
   «Uhm! è più bella di quella dello scorso anno», brontola Pietro. «Almeno c’è acqua e frutta…».
   «Quella di Saron è anche più bella», gli risponde lo Zelote.
   «Ma non è già questa?».
   «No. Viene dopo questa. Ma questa già ne risente…».
   I due apostoli si mettono a parlare fra loro, allontanandosi un poco.

   404.4­«Roba di farisei, eh?», interroga Giacomo di Zebedeo accennando la bella campagna.
   «Di giudei certo. Hanno preso i luoghi migliori usurpandoli, con mille maniere, ai primi possessori», gli risponde il Taddeo, che forse ricorda i beni paterni di Giudea, dai quali furono cacciati perdendo molto benessere.
   Se ne risente l’Iscariota: «Se vi sono stati presi è perché voi, galilei, siete meno santi, inferiori…».
   «Ti prego ricordare che Alfeo e Giuseppe erano della stirpe di Davide. Tanto che l’editto li fece andare a segnarsi a Betlem di Giuda. Ed Egli è nato là per questo», risponde calmo Giacomo d’Alfeo, prevenendo la risposta mordente del suo focoso fratello e indicando il Signore, che sta parlando con Matteo e Filippo.
   «Oh! bene! Io per me dico che il buono e il cattivo c’è in ogni luogo. Nel nostro commercio abbiamo avvicinato persone d’ogni razza e vi assicuro che ho trovato onesti e disonesti in ogni razza. E poi… Perché vantarsi d’essere giudei? L’abbiamo forse voluto noi? Uhm! Sapevo assai, quando ero nel seno di mia madre, cosa era essere giudeo o galileo! Ero là… e ci stavo. E nato che fui stavo nelle fasce, bello caldo, senza chiedermi se l’aria che respiravo era giudea o galilea… Non conoscevo che il capezzolo materno… E come me noi tutti. Ora perché prendersela così, perché uno è nato più su, l’altro più giù? Non siamo ugualmente di Israele?», dice, bonario e giusto, Tommaso.
   «Hai ragione, Toma», risponde Giovanni. E conclude: «E poi ora siamo di un’unica stirpe, quella di Gesù».
   «Sì, il quale — e credo sia stato voluto dall’Altissimo, per insegnarci che le divisioni sono contro l’amor di prossimo e che Egli è mandato a raccogliere tutti come l’amorosa chioccia di cui parlano[88] i libri santi — il quale è di stirpe giudea, ma concepito e residente in Galilea, dopo essere nato a Betlemme, quasi a dirci, con la voce dei fatti, che Egli è il Redentore di tutto Israele, dal settentrione a mezzogiorno. Solo perché Egli è detto “il Galileo”, non si dovrebbe avere dispregio per i galilei», dice, dolce e fermo, Giacomo di Alfeo.
   Gesù, che pareva distratto a parlare con Matteo e Filippo, avanti di qualche metro, si volge e dice: «Bene hai detto, Giacomo d’Alfeo. Tu comprendi la Verità e le verità, e le giustizie di ogni atto di Dio. Perché Dio, ricordatevelo tutti e sempre, non fa mai nulla senza scopo, così come non lascia senza premio nulla di quanto fanno[89] coloro che hanno retto cuore. Beati quelli che sanno vedere le ragioni di Dio negli avvenimenti anche più lievi e le risposte di Dio ai sacrifici degli uomini».
   Pietro si volge e fa per parlare. Poi rinchiude la bocca e si limita a sorridere al suo Maestro, che ora si imbranca coi suoi apostoli essendo il luogo, dove camminano adesso, una larga via maestra fra campi d’oro.

   404.5Procedono verso Emmaus che già è vicina, un mucchio di un bianco acciecante fra il biondo dei grani maturi e il verde degli opimi frutteti.
   «Maestro! Maestro! Fermati! I tuoi discepoli!», gridano voci lontane, e un pugno d’uomini, lasciando in asso dei contadini che riposano un poco all’ombra di un pometo, corrono verso Gesù per una viottola assolata. Sono Mattia e Giovanni, ex pastori e discepoli poi del Battista, e con loro è Nicolai, Abele ex lebbroso, Samuele, Ermasteo e altri ancora.
   «La pace a voi. Qui siete?».
   «Sì, Maestro. Abbiamo fatto tutte le sponde del mare. Ora veniamo verso Gerusalemme. Più su sono Stefano con altri. E più su ancora Erma e altri. E poi Isacco, il piccolo maestro di tutti noi, ancora più su. Almeno c’era. Come era Timoneo nell’Oltre Giordano. Ma ormai staranno tutti per venire alla festa di Pentecoste. Ci siamo divisi così, in tanti gruppi, piccoli ma non inerti. Così, se ci perseguitano, potranno catturare alcuni, ma non tutti», spiega Mattia.
   «Avete fatto bene. Mi stupivo non avervi trovato per tutta la Giudea meridionale…».
   «Maestro… Tu ci andavi… Chi meglio di Te? E poi… Oh! essa ha avuto più che non occorra a divenire santa!… E invece!… Dà pietre a chi porta la parola del Cielo. Elia e Giuseppe, nelle gole del Cedron, furono percossi e sono andati nell’Oltre Giordano in casa di Salomon. Giuseppe fu quasi ucciso con una pietra al capo. Per otto giorni vissero in una grotta profonda, con uno da Te mandato che conosceva tutti i segreti dei monti. Poi, di notte, lentamente, andarono dall’altra parte…».
   I discepoli e gli apostoli sono agitati nel rievocare e nel conoscere queste persecuzioni. Ma Gesù li calma dicendo: «Gli Innocenti hanno tinto della porpora del loro sangue innocente la via del Cristo. Ma quella via deve sempre essere rimporporata per cancellare le impronte del Male sulla via di Dio. È strada regale. La imporporano i martiri per amor mio. Beati fra i beati coloro che per Me soffrono persecuzione».
   «Maestro, noi parlavamo a quei contadini. Non parlerai Tu, ora?», domanda l’ex-pastore Giovanni[90].
   «Andate a dire che al tramonto parlerò presso alla porta di Emmaus. Ora il sole lo impedisce. Andate. E Dio sia con voi. Sarò sul termine di questa via».
   Li benedice e riprende ad andare cercando ombra, perché il sole è cocente sulla strada bianca, sulla quale sono solo due esili fili d’ombra per dei platani messi a far da riparo ai limiti della strada.

[88] parlano, con immagini analoghe, in: Deuteronomio 32, 11Rut 2, 12Salmo 17, 8; 36, 8; 61, 5; 63, 8; 91, 4.
[89] quanto fanno è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta.
[90] domanda l’ex-pastore Giovanni è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta.