MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VI CAPITOLO 415



CDXV. Breve sosta a Betania.­

   11 aprile 1946.

   415.1Il tramonto arrossa il cielo quando Gesù giunge a Betania. Accaldati, polverosi, lo seguono i suoi. E sono, Gesù e gli apostoli, gli unici che sfidino la fornace della via, alla quale poco da riparo fanno gli alberi che si prolungano dal monte degli Ulivi fino alle pendici di Betania.
   L’estate infuria. Ma più ancora infuria l’odio. I campi sono spogli e arsi, fornaci che riverberano fiati di fuoco. Ma gli animi dei nemici di Gesù sono ancor più spogli di, non dico amore, ma di onestà, di morale anche umana, arsi dall’odio… E non c’è che una casa per Gesù. Che un rifugio: Betania. Là è l’amore, il refrigerio, la protezione, la fedeltà… Il Pellegrino perseguitato vi si dirige col suo abito bianco, col suo viso addolorato, col suo passo stanco di chi non può sostare perché pungolato alle reni dai nemici, con lo sguardo rassegnato di chi già contempla la morte che si avvicina ad ogni ora, ad ogni passo, e che già accetta per ubbidienza a Dio…
   La casa, in mezzo al suo vasto giardino, è tutta chiusa e muta, in attesa di ore più fresche. Il giardino è vuoto e muto, e solo il sole vi regna dispotico.

   415.2­Tommaso dà la voce col suo vocione baritonale.
   Una tenda si sposta, un viso sbircia… Poi un grido: «Il Maestro!», e i servi corrono fuori, seguiti dalle stupìte padrone che non attendevano certo Gesù a quell’ora ancora di fuoco.
   «Rabboni!», «Mio Signore!». Marta e Maria salutano da lontano, già curve, pronte alla prostrazione che fanno non appena, aperto il cancello, Gesù non è più separato da loro.
   «Marta, Maria, la pace a voi e alla vostra casa».
   «La pace a Te, Maestro e Signore… Ma come a quest’ora?», chiedono le sorelle licenziando i servi perché Gesù possa parlare liberamente.
   «Per riposare corpo e spirito dove non mi si odia…», dice mestamente Gesù, tendendo le mani come a dire: «Mi volete?», e si sforza a sorridere, ma è un ben triste sorriso, smentito dallo sguardo degli occhi dolorosi.
   «Ti hanno fatto del male?», chiede Maria avvampando.
   «Che t’è accaduto?», chiede Marta e, materna, aggiunge: «Vieni, ti darò ristoro. Da quando cammini, che sei così stan­co?».
   «Dall’alba… e posso dire di continuo, perché la breve sosta in casa di Elchia il sinedrista fu peggio che un lungo cammino…».
   «Lì ti hanno angosciato?…».
   «Sì… e prima al Tempio…».
   «Ma perché vi sei andato da quella serpe?», interroga Maria.
   «Perché il non andarvi avrebbe servito a giustificare il suo odio, che mi avrebbe accusato di sprezzare i membri del Sinedrio. Ma ormai… che Io vada o non vada, la misura dell’odio farisaico è colma… e non ci sarà più tregua…».
   «A questo siamo? Sta’ con noi, Maestro. Qui non ti faranno del male…».
   «Mancherei alla mia missione… Molte anime attendono il loro Salvatore. Devo andare…».
   «Ma ti impediranno di andare!».
   «No. Mi perseguiteranno, facendomi andare per studiare ogni mio passo, facendomi parlare per studiare ogni parola, sorvegliandomi come i segugi la preda per avere… un che, che possa parere colpa… e tutto servirà…».
   Marta, sempre così riguardosa, è tanto colpita da pietà che alza la mano come per una carezza sulla guancia smagrita, ma si arresta arrossendo e dicendo: «Perdona! Mi hai fatto la stessa pena che mi fa Lazzaro nostro! D’averti amato da fratello sofferente perdonami, Signore!».
   «Sono il Fratello sofferente… Amatemi con puro amor di sorelle…

   415.3Ma Lazzaro che fa?».
   «Langue, Signore…», risponde Maria, e alle lacrime che già le pungono gli occhi dà libero sfogo con questa confessione, che si unisce alla pena di vedere il suo Maestro così afflitto.
   «Non piangere, Maria. Né per Me, né per lui. Noi facciamo la divina volontà. Piangere si deve su chi questa volontà non la sa fare…».
   Maria si china a prendere la mano di Gesù e la bacia sulla punta delle dita.
   Sono arrivati intanto alla casa ed entrano andando subito da Lazzaro, mentre gli apostoli sostano rinfrescandosi con quanto i servi porgono.
   Gesù si china sullo smunto, sempre più smunto Lazzaro, e lo bacia sorridendo per sollevare la tristezza del suo amico.
   «Maestro, come mi ami! Non hai neppure atteso la sera per venire a me. Con questo caldo…».
   «Amico mio, Io godo di te e tu di Me. E il resto è nulla».
   «È vero. È nulla. Anche il mio soffrire non mi è più nulla… Ora so perché soffro e cosa posso col mio soffrire», e Lazzaro sorride di un intimo, spirituale sorriso.
   «Così è, Maestro. Quasi si direbbe che Lazzaro nostro veda con piacere la malattia e…». Un singhiozzo spezza la voce di Marta, che tace.
   «Ma sì, dillo pure: e la morte. Maestro, di’ loro che mi devono aiutare, come fanno i leviti presso i sacerdoti».
   «A che, amico mio?».
   «A consumare il sacrificio…».
   «Eppure, tu tremavi della morte fino a poco tempo fa! Non ci ami dunque più? Non ami il Maestro più? Non lo vuoi servire?…», chiede, più forte ma pallida di pena, Maria, carezzando la mano giallastra del fratello.
   «E lo chiedi tu, proprio tu, anima ardente e generosa? Non ti sono fratello? Non ho il tuo stesso sangue e i tuoi stessi santi amori: Gesù, le anime, e voi, sorelle dilette?… Ma da Pasqua l’anima mia ha raccolto una grande parola. E amo la morte. Signore, te l’offro per la tua stessa intenzione».
   «Non mi chiedi dunque più guarigione?».
   «No, Rabboni. Ti chiedo benedizione per saper soffrire e… morire… e se troppo non è chiedere, e per redimere… Tu lo hai detto[116]…».
   «L’ho detto. E ti benedico per darti ogni forza». E gli impone le mani e poi lo bacia.

   415.4«Staremo insieme e mi istruirai…».
   «Non ora, Lazzaro. Non sosto. Sono venuto per poche ore. A notte partirò».
   «Ma perché?», chiedono i tre fratelli, delusi.
   «Perché non posso sostare… Tornerò in autunno. E allora… molto starò e molto farò qui… e nei dintorni…».
   Un silenzio triste. Poi Marta prega: «Allora almeno prendi riposo, ristoro…».
   «Nulla mi ristorerà più del vostro amore. Fate riposare gli apostoli miei e lasciatemi stare qui, fra voi, così in pace…».
   Marta esce lacrimando per tornare con delle tazze di latte freddo e delle frutta primaticce…
   «Gli apostoli hanno mangiato e dormono stanchi. Maestro mio, non vuoi proprio riposare?».
   «Non insistere, Marta. Non sarà ancora l’alba che essi mi cercheranno qui, al Getsemani, da Giovanna, in ogni casa ospitale. Ma all’alba Io sarò già lontano».
   «Dove vai, Maestro?», chiede Lazzaro.
   «Verso Gerico, ma non dalla via usuale… Piego verso Tecua e poi torno indietro verso Gerico».
   «Strada penosa in questa stagione!…», mormora Marta.
   «Appunto per questo che è solitaria. Cammineremo di notte. Le notti sono chiare anche prima dell’alzarsi della luna… E l’alba viene così sollecita…».
   «E poi?», interroga Maria.
   «E poi l’Oltre-Giordano. E all’altezza della Samaria, nel suo settentrione, passerò il fiume venendo da questa parte».
   «Va’ a Nazaret presto. Sei stanco…», dice Lazzaro.
   «Prima devo andare alle sponde del mare… Poi… andrò in Galilea. Ma mi perseguiteranno anche là…».
   «Avrai sempre tua Madre che ti conforta…», dice Marta.
   «Sì, povera Mamma!».
   «Maestro, Magdala è tua. Lo sai», ricorda Maria.
   «Lo so, Maria… Tutto il bene e tutto il male so…».

   415.5­«Separàti così!… per tanto tempo! Mi ritroverai vivo, Maestro?».
   «Non averne dubbio. Non piangete… Anche alle separazioni occorre abituarsi. E utili sono a provare la forza degli affetti. Si capiscono meglio i cuori amati vedendoli con occhio spirituale, da lontano. Quando, non sedotti da piacere umano per la vicinanza fisica dell’amato, si può meditare sul suo spirito e sul suo amore… si comprende di più l’io del lontano… Io sto certo che, pensando al Maestro vostro, lo comprenderete meglio ancora quando vedrete e contemplerete in pace le mie azioni e i miei affetti».
   «Oh! Maestro! Ma noi non abbiamo dubbi su Te!».
   «Né Io su voi. Lo so. Ma ancor più mi conoscerete. E non vi dico di amarmi, perché conosco il vostro cuore. Dico solo: pregate per Me».
   I tre fratelli piangono… Gesù è così triste!… Come non piangere?
   «Che volete? Dio aveva messo l’amore fra gli uomini. Ma gli uomini vi hanno surrogato l’odio… E l’odio divide non solo i nemici fra loro, ma si insinua a separare gli amici».
   Un silenzio lungo. Poi Lazzaro dice: «Maestro, va’ via dalla Palestina per qualche tempo…».
   «No. Il mio posto è qui. Per vivere, evangelizzare, morire».
   «Ma hai pure provveduto a Giovanni e alla greca. Va’ con loro».
   «No. Essi andavano salvati. Io devo salvare. E questa è la differenza che spiega tutto. L’altare è qui, e qui è la cattedra. Io non posso andare altrove. E del resto!… Credete che ciò muterebbe ciò che è deciso? No. Né in Terra né in Cielo. Soltanto offuscherebbe la purezza spirituale della figura messianica. Sarei “il vile” che si salva con la fuga. Devo dare l’esempio, ai presenti e ai futuri, che nelle cose di Dio, nelle cose sante, non bisogna essere vili…».
   «Hai ragione, Maestro», sospira Lazzaro…

   415.6­E Marta, scostando la tenda, dice: «Hai ragione… La sera si avanza. Non c’è più sole…».
   Maria si mette a piangere angosciosamente, come se questa parola avesse avuto il potere di sciogliere la sua forza morale, che conteneva il suo pianto in silenzioso lacrimare. Piange più straziantemente che nella casa del Fariseo, quando col pianto chiedeva perdono al Salvatore…
   «Perché piangi così?», interroga Marta.
   «Perché tu hai detto la verità, sorella! Non c’è più sole… Il Maestro se ne va… Non c’è più sole per me… per noi…».
   «Siate buoni. Vi benedico e resti la mia benedizione su voi. Ed ora lasciatemi con Lazzaro, che è stanco e abbisogna di silenzio. Vegliando il mio amico, riposerò. Provvedete agli apostoli e fate che siano pronti per l’ora delle ombre…».
   Le discepole si ritirano e Gesù resta silenzioso, raccolto in Se stesso, seduto presso l’amico languente che, pago di quella vicinanza, si addormenta con un lieve sorriso sul volto.


   415.7
Dice Gesù: «Metterete qui la visione di Gesù e il mendico sulla via di Gerico, avuta il 17-5-44, e subito dopo quella della conversione di Zaccheo, avuta il 17 luglio 1944».

[116] lo hai detto, in 376.3.