MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VI CAPITOLO 416



CDXVI. Un mendico samaritano sulla via di Gerico.­

   17 maggio 1944.

   416.1­Vedo Gesù su una polverosissima e assolatissima via maestra. Non c’è un filo d’ombra, non c’è un filo di verde. Polvere sulla strada e polvere sull’incolta campagna che bordeggia la strada. Non sono certo le dolci colline di Galilea, né i monti più selvosi della Giudea, così ricchi d’acque e di pascoli. Qui è un terreno che non è desertico di natura sua, ma che l’uomo ha reso tale col lasciarlo incolto. È pianura, né vedo nessuna collina neppure in lontananza. Non conoscendo affatto la Palesti-
   na, non posso dire che regione sia. Certo una che non ho mai visto nelle precedenti visioni[117]. Dei mucchi di pietrisco sono ad un lato della strada. Forse accumulati per riparare la stessa che è in pessime condizioni. Per ora si sprofonda nel polverume. Quando piove deve divenire un torrente di fango. Non vedo nessuna casa, né vicina né lontana.
   Gesù, come sempre, cammina qualche metro avanti gli apostoli che lo seguono in gruppo, accaldati e stanchi. Per ripararsi dal sole si sono tirati i manti sul capo e paiono una confraternita vestita con abiti multicolori. Gesù invece è a testa nuda. Pare che il sole non gli dia alcuna noia. È vestito di una tunica di lino bianco, con maniche corte sino al gomito. Molto ampia e sciolta. Non ha neppure la solita cintura di cordoni. Proprio un abito adatto a quel luogo torrido. Anche il manto deve essere di lino tinto in azzurro, perché è molto sottile e ricade con leggerezza intorno al corpo, che avvolge molto meno che come di solito. Copre le spalle ma lascia libere le braccia. Non so come se lo sia fermato per farlo stare così.

   416.2Seduto, semisdraiato anzi, su uno dei mucchi di pietrisco, è un uomo. Un povero, un mendicante di certo. È vestito (per modo di dire) di una sudicia e sbrindellata tunichella, che forse sarà stata bianca ma che ora è color fango. Ha due miserabili sandali scalcagnati: due suole semisfondate, tenute fisse da pezzi di spago. Nelle mani un bastone fatto con un ramo d’albero. Alla fronte una sudicia benda e alla gamba sinistra, fra il ginocchio e l’anca, un altro straccio sudicio e insanguinato. Il povero è macilento, un mucchio d’ossa, avvilito, sporco, irsuto, spettinato.
   Prima ancora che egli invochi Gesù, Gesù va a lui. Si accosta al misero e chiede: «Chi sei?».
   «Un povero che chiede pane».
   «Lungo questa via?».
   «Vado a Gerico».
   «La strada è lunga e spopolata la contrada».
   «Lo so, ma è più facile mi diano un pane e una moneta i gen­ti­li che passano per questa via, che non i giudei da cui io ven­go».
   «Vieni dalla Giudea?».
   «Sì. Da Gerusalemme. Ma ho dovuto fare un lungo giro per passare da certi buoni delle campagne, che mi danno sempre aiuto. In città, no. Non c’è pietà».
   «Hai detto bene. Non c’è pietà».
   «Tu l’hai. Sei giudeo?».
   «No. Di Nazareth».
   «Una volta avevano cattivo nome i nazareni. Ma ora bisogna dire che sono migliori di quelli di Giuda. Anche a Gerusalemme solo i seguaci di quel Nazareno che dicono Profeta sono buoni. Lo conosci?».
   «E tu lo conosci?».
   «No. Ero andato perché, vedi, ho la gamba morta e rattrappita e mi trascino a fatica. Non posso lavorare e muoio di fame e percosse. Speravo incontrarlo, perché mi dicono che guarisca chi tocca. È vero che io non sono del popolo eletto… ma Egli dicono che è buono con tutti. Mi avevano detto che era a Gerusalemme per la festa delle Settimane. Ma io cammino piano… e sono stato percosso e sono rimasto malato per via… Quando sono arrivato a Gerusalemme, Egli era partito perché, mi hanno detto, i giudei hanno malmenato anche Lui».
   «E te ti hanno malmenato?».
   «Sempre. Solo i soldati romani mi danno un pane».

   416.3­«E che si dice in Gerusalemme, fra il popolo, di questo Nazareno?».
   «Che è il Figlio di Dio, un grande profeta, un santo, un giusto».
   «E tu che credi che sia?».
   «Io sono… sono un idolatra. Ma credo che sia il Figlio di Dio».
   «Come lo puoi credere se non lo conosci neppure?».
   «Conosco le sue opere. Solo un Dio può esser buono e aver parole come ha Lui».
   «Chi te le ha dette queste parole?».
   «Altri poveri, dei malati guariti, dei bambini che mi portano il pane… I bambini sono buoni e non sanno niente di credenti e di idolatri».
   «Ma di dove sei?».
   «…».
   «Dillo. Io sono come i bambini. Non avere paura. Soltanto sii sincero».
   «Sono… samaritano. Non mi picchiare…».
   «Non picchio mai nessuno. Non sprezzo mai nessuno. Ho pietà di tutti».
   «Allora… Allora sei il Rabbi di Galilea!».
   Il mendico si prostra, si precipita come un corpo morto, col volto nella polvere, giù dal suo mucchio di sassi, davanti a Gesù.
   «Alzati. Son Io. Non temere. Alzati e guardami».
   Il mendico alza il volto rimanendo sempre in ginocchio, tutto sghimbescio per la sua deformità.
   «Date un pane e da bere a quest’uomo», ordina Gesù ai discepoli sopraggiunti. È Giovanni che dà acqua e pane. «Ponetelo a sedere, che mangi con comodo. Mangia, fratello».
   Il povero piange. Non mangia. Guarda Gesù con gli occhi di un povero cane randagio che si vede carezzare e sfamare da un pietoso per la prima volta.
   «Mangia!», ordina Gesù sorridendo.
   Il poveretto mangia fra un singhiozzo e l’altro, e le lacrime intridono il pane. Ma nel pianto è anche un sorriso. Si rassicura pian piano.

   416.4«Chi ti ha fatto questa ferita?», chiede Gesù toccando con le sue dita la benda sudicia della fronte.
   «Mi ha travolto, apposta, col suo carro, un ricco fariseo… Mi ero messo a un crocevia chiedendo un pane. Mi ha mandato addosso i cavalli, così presto che non ho potuto scansarmi. Per questo fui per morire. Ho ancora un buco nella testa e ne esce putrida materia».
   «E lì chi ti ha colpito?».
   «Mi ero accostato alla casa di un sadduceo, dove c’era banchetto, per chiedere gli avanzi delle mense, dopo che ne eran stati scelti dai cani i migliori. Mi vide e mi aizzò contro i cani. Uno mi ha sbranato la coscia».
   «E questa grande cicatrice che ti fa storpia la mano?».
   «Fu un colpo di bastone che mi dette uno scriba tre anni or sono. Mi riconobbe samaritano e mi colpì spezzandomi le dita. Per questo non posso lavorare. Storpia la destra, morta una gamba, come posso guadagnare per vivere?».
   «Ma perché esci dalla Samaria?».
   «Il bisogno è brutto, Maestro. Siamo molti infelici e non c’è pane per tutti. Se Tu mi aiutassi…».
   «Che vuoi che ti faccia?».
   «Guarire per lavorare».
   «Credi tu che Io lo possa?».
   «Sì, lo credo, perché Tu sei il Figlio di Dio».
   «Credi tu questo?».
   «Lo credo».
   «Tu, samaritano, lo credi? Perché?».
   «Perché, non so. So che credo in Te e in Chi ti ha mandato. Ora che sei venuto non c’è più differenza di adorazione. Basta adorare Te per adorare il Padre tuo, Signore eterno. Dove Tu sei, là è il Padre».

   416.5­«Udite, amici? (Gesù si volge ai discepoli). Costui parla per lo Spirito che gli illumina la verità. E costui, in verità vi dico, è superiore agli scribi e farisei, ai sadducei crudeli, a tutti questi idolatri che bugiardamente si dicono figli della Legge. La Legge dice di amare il prossimo, dopo Dio. E costoro al prossimo che soffre e chiede pane danno percosse, al prossimo che supplica mandano contro cavalli e cani, al prossimo che si mette in basso, più in basso dei cani del ricco, lanciano contro i cani stessi per renderlo ancor più infelice di quanto l’infermità non lo faccia. Sprezzanti, crudeli, ipocriti, non vogliono che Dio sia conosciuto e amato. Se lo volessero, lo farebbero conoscere attraverso alle loro opere, come costui ha detto. Sono le opere, non le pratiche, quelle che fanno vedere Dio vivente nel cuore degli uomini e portano gli uomini a Dio. E non dovrò, Giuda che mi rimproveri di essere imprudente, e non dovrò Io colpirli col mio rimprovero? Tacere, fingere che li approvo, sarebbe approvare la loro condotta. No. Per la gloria di Dio non posso Io, suo Figlio, permettere che la gente umile, infelice, buona, creda che Io approvo i loro peccati. Sono venuto per fare, dei gentili, dei figli di Dio. Ma come posso far questo se essi vedono che i figli della Legge — si dicono tali, ma bastardi sono — praticano un paganesimo più colpevole del loro, perché questi ebrei hanno conosciuto la Legge di Dio ed ora ci sputano sopra il rigurgito delle loro passioni soddisfatte come da bestie immonde? Devo credere, o Giuda, che tu sei come loro? Tu che rimproveri Me delle verità che dico? O devo pensare che tu sei in pensiero per la tua vita? Chi mi segue non deve avere preoccupazioni umane. Io l’ho detto. Sei a tempo ancora, Giuda, di scegliere fra la mia via e quella dei giudei che approvi. Però pensa: la mia va a Dio.
   L’altra al Nemico di Dio. Pensa e decidi. Ma sii schietto.

   416.6­E tu, amico, sorgi e cammina. Leva quelle bende. Torna alla tua casa. Sei guarito per la tua fede».
   Il mendico lo guarda stupito. Non osa tentare di stendere la mano… poi prova. È intatta, tornata identica alla sinistra. Lascia il bastone, punta le mani sulla macia e fa forza. Si leva. Si regge. La paralisi che rattrappiva la gamba è guarita. Muove la gamba, la piega… fa un passo, due, tre. Cammina… Guarda Gesù con un grido e un pianto di gioia. Si strappa la benda dal capo. Si tocca verso l’occipite dove era il buco marcioso. Nulla. Tutto guarito. Si strappa il cencio sanguinoso dall’anca: la pelle è intatta.
   «Maestro, Maestro e Dio mio!», grida alzando le braccia e poi gettandosi in ginocchio a baciare i piedi di Gesù.
   «Va’ a casa ora, e credi sempre nel Signore».
   «E dove devo andare, Maestro e Dio, se non dietro a Te che sei santo e buono? Non mi respingere, Maestro…».
   «Va’ in Samaria. E parla di Gesù di Nazareth. L’ora della Redenzione è vicina. Sii il mio discepolo presso i tuoi fratelli. Va’ in pace».
   Gesù lo benedice e poi si separano. Il guarito va lestamente verso nord, volgendosi ogni tanto a guardare ancora. Gesù con gli apostoli lascia la via, e si inoltrano per i campi incolti verso oriente, prendendo una stradicciola che interseca la via maestra e che diviene più larga solo molto più avanti. Forse la strada di Gerico. Non so.
   […]

[117] precedenti visioni, cioè quelle scritte prima del 17 maggio 1944.