MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VI CAPITOLO 432



CDXXXII. Con i contadini di Giocana, presso Sefori.­

   8 maggio 1946.

   432.1­«Verranno?», chiede Matteo ai compagni, seduti sotto un bosco di lecci sulle prime pendici del colle dove sorge Sefori.
   La piana di Esdrelon non è più visibile, essendo al di là del colle dove essi si trovano. Ma una piana molto più piccola è fra questo colle e quelli della zona di Nazaret, che si distinguono nettamente nel limpido chiarore della luna.
   «Lo hanno promesso. E verranno», risponde Andrea.
   «Almeno qualcuno di loro. Partivano alla metà della prima vigilia e saranno qui all’inizio della seconda», dice Tommaso.
   «Più tardi», dice il Taddeo.
   «Noi ci abbiamo tenuto meno di tre ore», obbietta Andrea.
   «Noi siamo uomini e in forze. Essi sono stanchi e avranno con loro delle donne», risponde ancora il Taddeo.
   «Purché non se ne accorga il padrone!», sospira Matteo.
   «Non c’è pericolo. È partito per Jezrael, ospite di un amico.

   432.2C’è l’intendente. Ma viene anche lui, perché non odia il Maestro», dice Tommaso.
   «Sarà sincero quell’uomo?», interroga Filippo.
   «Sì. Perché non ha motivo di non esserlo».
   «Eh! ingraziarsi il padrone e…».
   «No, Filippo. Dopo le vendemmie è licenziato da Giocana, perché appunto non odia il Maestro», risponde Andrea.
   «Chi ve lo ha detto?», chiedono in diversi.
   «Lui e i contadini… separatamente. E quando due di diversa categoria sono concordi nel dire una cosa, è segno che il detto è vero. I contadini piangevano perché l’intendente se ne va. Si era fatto molto umano. E lui ci ha detto: “Sono un uomo e non un fantoccio di creta. L’anno scorso mi disse: ‘Onora il Maestro, avvicinalo, fatti suo fedele’. Ho ubbidito. Ora mi dice: ‘Guai a te se ami il mio nemico e permetti che essi lo amino. Non voglio anatema alle mie terre coll’accogliere quel maledetto’. Ma come posso, ora che l’ho conosciuto, sentire giusto quest’ordine? Ho detto al padrone: ‘Parlavi diverso lo scorso anno, e Lui è sempre quello’. Mi ha percosso una volta. Ho detto: ‘Non sono schiavo. Né, anche lo fossi, tu avresti possesso sul mio pensiero. Il mio pensiero giudica santo Colui che tu dici maledetto’. Mi ha percosso ancora. Questa mattina mi ha detto: ‘L’anatema d’Israe­le è nei miei luoghi. Guai a te se trasgredisci il mio comando. Non sarai più mio servo’. Ho risposto: ‘Bene hai detto. Non sarò più tuo servo. Cercane un altro che abbia il tuo cuore e sia rapace sui tuoi beni come tu sulle anime altrui’. E mi ha gettato al suolo e colpito… Ma presto è terminato il lavoro dell’anno e con la luna di tisri io sono libero. Mi spiace soltanto per questi…”, e accennava ai contadini», narra Tommaso.
   «Ma dove lo vedeste?…».
   «Nel bosco, come fossimo ladroni. Michea, col quale avevamo parlato, lo aveva avvertito ed egli era venuto ancor sanguinante, e venuti erano alla spicciolata i servi e le serve…», dice Andrea.

   432.3«Uhm! Aveva ragione allora Giuda! Egli sa l’umore del fariseo…», osserva Bartolomeo.
   «Troppe cose sa Giuda!…», dice Giacomo di Zebedeo.
   «Taci! Ti può sentire!», lo consiglia Matteo.
   «No. Si è allontanato dicendo che ha sonno e gli duole la testa…», risponde Giacomo.
   «Luna! Luna in cielo e luna nella sua testa. Così è: più mutabile del vento», sentenzia Pietro fino allora muto.
   «Eh! sì! Una bella sciagura fra noi!», sospira Bartolomeo.
   «No. Non dire così! Non sciagura! Anzi, modo di santificarsi…», dice lo Zelote.
   «O di dannarsi, perché fa perdere le virtù…», dice reciso il Taddeo.
   «È un infelice!», commenta tristemente Andrea.

   432.4­Un silenzio. Poi Pietro chiede: «Ma il Maestro prega ancora?».
   «No. Mentre sonnecchiavi è passato raggiungendo Giovanni e suo fratello Giacomo messi di guardia sulla via. Vuole essere subito vicino ai poveri contadini. Forse sarà l’ultima volta che li vede», risponde lo Zelote.
   «Perché ultima volta? Perché? Non dire quella parola. Sembra di portare sventura!», dice agitato il Taddeo.
   «Ma perché tu lo vedi… Siamo sempre più perseguitati… Non so come faremo in avvenire…».
   «Simone ha ragione… Eh! sarà una bella cosa esser tutti spirituali… Ma… se fosse stato lecito avere un pochino di… umanità,… un pizzico di protezione di Claudia non avrebbe fatto male», dice Matteo.
   «No. Meglio essere soli… e soprattutto puri di contatti con i gentili. Io… non li approvo», dice reciso Bartolomeo.
   «Poco anche io… Ma però… Il Maestro dice che la sua Dottrina deve stendersi per tutto il mondo. E che noi lo dovremo fare… Seminare dovunque la sua parola… E allora dovremo adattarci ad avvicinare gentili e idolatri…», dice il Taddeo.
   «Degli immondi. Mi sembra di fare cosa sacrilega. La Sapienza ai porci!…».
   «Hanno un’anima anche loro, Natanaele! Tu hai avuto pietà della fanciulla ieri…».
   «Perché… è un… è un niente che va formato. È come una neonata… Ma gli altri!… E poi non è romana…».
   «Credi che i Galli non siano idolatri? Hanno i loro dèi crudeli essi pure. Te ne accorgerai se dovrai andare a convertirli!…», dice lo Zelote che è più colto in maniera, dirò così, cosmopolita, degli altri.
   «Ma non è della razza dei profanatori d’Israele. Io non predicherò mai ai nemici di Israele, né gli attuali né gli antichi».
   «Allora… dovrai andare molto lontano, fra gli iperborei, perché… non pare, ma li ha assaggiati tutti Israele i popoli vici­ni…», dice Tommaso.
   «Andrò lontano…

   432.5Ma ecco il Maestro. Andiamogli incontro. Quanta gente! Ma sono venuti tutti! Persino i bambini…».
   «Il Maestro sarà felice…».
   Si riuniscono al Maestro, che procede a stento sul prato, stretto come è fra tanti che lo circondano.
   «Ancora assente è Giuda?», chiede Gesù.
   «Sì, Maestro. Ma se vuoi lo chiamiamo…».
   «Non occorre. La mia voce lo raggiunge là dove è. E la sua coscienza, libera, gli parla con la sua propria voce. Non occorre unirvi le vostre voci e forzare una volontà. Venite, sediamo qui con questi nostri fratelli. E perdonate se non ho potuto spezzare con voi il pane in un convito d’amore».
   Si siedono in cerchio con Gesù nel centro, e Gesù vuole intorno tutti i bambini, i quali gli si stringono addosso carezzosi e fidenti.
   «Benedicili, Signore! Che essi vedano ciò che noi sospiriamo di vedere. La libertà di amarti!», grida una donna.
   «Sì. Ci levano anche quella. Non vogliono che nel nostro spirito siano impresse le tue parole. E ora ci impediscono di vederci vietando a Te di venire… e non avremo più parole sante!», geme un vecchio.
   «Diverremo peccatori, abbandonati così. Tu ci insegnavi il perdono… ci davi tanto amore che potevamo sopportare il padrone col suo malanimo… Ma ora…», dice un giovane.
   Li distinguo male nel volto e non so chi parla di preciso. Mi baso sul tono delle voci.
   «Non piangete. Io non vi farò mancare la mia parola. E verrò ancora, finché lo potrò…».
   «No, Maestro e Signore. Lui è cattivo e i suoi amici lo sono. Potrebbero farti del male e per causa nostra. Noi facciamo il sacrificio di perderti, ma non ci dare la pena di dire: “Per noi fu preso”».
   «Sì, salvati, Maestro».
   «Non temete.

   432.6­Si legge[145] in Geremia come lo stesso disse al suo segretario Baruc di scrivere ciò che il Signore gli dettava e di andare a leggere lo scritto avuto a quelli adunati nella casa del Signore, leggerlo al posto del profeta che era rinchiuso e non poteva andare. Così farò Io. Molti e fedeli Baruc ho tra i miei apostoli e discepoli. Essi verranno a dirvi la parola del Signore e non periranno le vostre anime. Ed Io non sarò preso per causa vostra, perché il Dio altissimo mi nasconderà ai loro occhi finché non sia l’ora in cui il Re d’Israele non debba essere mostrato alle turbe per essere da tutto il mondo conosciuto.
   E non temete neppure di perdere le parole che sono in voi. Sempre in Geremia si legge che, anche dopo la distruzione del volume da parte di Joachim re di Giuda, il quale, ardendo il rotolo, sperò distruggere le parole eterne e veritiere, il dettato di Dio rimase, perché il Signore comandò al profeta: “Riprendi un altro volume e scrivici tutte le cose che erano nel volume bruciato dal re”. E Geremia dette un volume a Baruc, un volume senza scrittura, e dettò nuovamente al suo segretario le parole eterne ed altre ancora a complemento delle prime, perché il Signore ripara ai malestri umani quando bene è per le anime la riparazione, e non permette che l’odio annulli ciò che è opera di amore.
   Orbene, anche se Io, paragonandomi ad un volume pieno di verità sante, venissi distrutto, credete voi che il Signore vi lascerebbe perire senza aiuto di altri volumi, nei quali saranno le mie parole e quelle dei miei testimoni narranti ciò che Io non potrò dire, perché prigioniero della Violenza e distrutto da essa? E credete voi che ciò che è impresso nel volume dei vostri cuori possa annullarsi per scorrere di tempo sulle parole? No. L’angelo del Signore ve le ripeterà quelle parole, tenendole fresche nei vostri spiriti volonterosi di Sapienza. Non solo. Ma ve le spiegherà, e sarete sapienti nella parola del vostro Maestro. Voi sigillate l’amore per Me col dolore. Può mai perire ciò che resiste anche alla persecuzione? Non può perire. Io ve lo dico. Dono di Dio non si cancella. Solo il peccato lo annulla.

   432.7­Ma voi non volete certo peccare, non è vero, amici miei?».
   «No, Signore. Sarebbe perderti anche nell’altra vita», dicono in molti.
   «Ma ci faranno peccare. Ci ha imposto di non uscire più il sabato dai poderi… e non ci sarà più Pasqua per noi. Peccheremo dunque…», dicono altri.
   «No. Voi non peccherete. Egli peccherà. Egli soltanto, egli che violenta il diritto di Dio e dei figli di Dio di abbracciarsi e amarsi in dolce colloquio d’amore e di ammaestramento nel giorno del Signore».
   «Ma egli ripara con molti digiuni e offerte. Noi non possiamo, perché già troppo minimo è il cibo in proporzione alla fatica che facciamo, e non abbiamo che offrire… Poveri sia­mo…».
   «Voi offrite ciò che Dio apprezza: il vostro cuore. Dice Isaia[146], parlando in nome di Dio ai falsi penitenti: “Ecco, nel giorno del vostro digiuno apparisce la vostra volontà e mettete alle strette i vostri debitori. Ecco, voi digiunate per litigare e questionare e fare empiamente a pugni. Non vogliate più digiunare come fino ad oggi per far sentire in alto i vostri clamori. È questo il digiuno che Io voglio? Che l’uomo si limiti ad affliggere per un giorno la sua anima e tormenti il suo corpo e dorma nella cenere? Questo lo chiamerai digiuno e giorno accetto al Signore? Un altro è il digiuno da Me preferito. Rompi le catene del peccato, sciogli le obbligazioni che opprimono, metti in libertà chi è in strettezze, togli ogni gravame. Spezza il tuo pane con chi ha fame, accogli i poveri e i pellegrini, vesti gli ignudi e non disprezzare il tuo prossimo”.
   Ma questo non fa Giocana. Voi, per il lavoro che gli fate facendolo ricco, siete suoi creditori, ed egli vi tratta peggio di debitori morosi e alza la voce per minacciarvi e la mano a percuotervi. Non vi è misericordioso e vi disprezza perché servi. Ma il servo è uomo come il padrone, e se ha il dovere di servire, ha però anche il diritto di ricevere il necessario ad un uomo, sia materialmente che nello spirito. Non è onorato il sabato, anche se passato nella sinagoga, se nello stesso giorno colui che lo pratica mette catene e abbevera di aloe i suoi fratelli. Voi fate i vostri sabati ragionando fra voi del Signore, e il Signore sarà fra voi. Voi perdonate e il Signore vi glorificherà.

   432.8Io sono il buon Pastore ed ho pietà di tutte le pecore. Ma, certo, amo di particolare amore quelle che i pastori idoli hanno percosso perché si allontanino dalle mie vie. Per esse più che per ogni altra Io sono venuto. Perché il Padre mio e vostro mi ha ordinato: “Pasci queste pecore da macello, uccise senza pietà dai loro padroni che le hanno vendute dicendo: ‘Siamo arricchiti!’ e delle quali i pastori non hanno avuto compassione”. Ebbene, allora pascerò il gregge da macello, o poveri del gregge, abbandonando alle loro nequizie coloro che vi affliggono e affliggono il Padre sofferente nei suoi figli. Io stenderò la mano ai piccoli fra i figli di Dio e li trarrò a Me perché abbiano la mia gloria.
   Lo promette il Signore per bocca dei profeti che celebrano la pietà e la potenza di Me Pastore. Ed Io lo prometto direttamente a voi che mi amate. Io provvederò al mio gregge. A chi accusa le pecore buone di intorbidare l’acqua e di sciupare la pastura per venire a Me, dirò: “Ritiratevi. Voi siete quelli che fate mancare la sorgente e inaridire il pascolo ai miei figli. Ma Io ad altri pascoli li ho portati e li porterò. A quei pascoli che saziano lo spirito. Lascerò a voi il pascolo per le vostre grosse epe, lascerò la sorgente amara da voi fatta sgorgare, ed Io me ne andrò con questi, separando le vere dalle false pecore di Dio, e non saranno più tormentati da cosa alcuna i miei agnelli, ma giubileranno in eterno nei pascoli del Cielo”.
   Perseverate, figli diletti! Ancora un poco di pazienza portate, così come Io la porto. Siate fedeli, facendo ciò che vi è concesso dal padrone ingiusto. E Dio giudicherà che avete tutto fatto e del tutto vi premierà. Non odiate, anche se tutto congiura ad insegnarvi ad odiare. Abbiate fede in Dio. Voi vedete: Giona fu levato dal suo patire e Jabè fu portato all’amore. Ma, come al vecchio e come al fanciullo, così il Signore farà con voi in questa vita parzialmente, nell’altra totalmente.

   432.9Io non ho che monete da darvi per rendere meno dura la vostra condizione materiale. Ve le do. Dàlle loro, Matteo. Che se le dividano. Sono molte, ma sempre poche per voi che siete tanti e così bisognosi. Ma non ho altro… Altro di materiale. Ma ho il mio amore, la potenza del mio essere Figlio del Padre, per chiedervi gli infiniti tesori soprannaturali a consolare i vostri pianti, a dar luce alle vostre caligini.
   Oh! triste vita che Dio può fare luminosa! Lui solo! Lui solo!… Ed Io dico: “Padre, per essi ti prego. Non ti prego per i felici ed i ricchi del mondo. Ma per questi che non hanno che Te e Me. Fa’ che essi salgano tanto nelle vie dello spirito, che trovino ogni conforto nel nostro amore, e diamoci ad essi con l’amore, con tutto l’amore nostro infinito, a coprire di pace, di serenità, di coraggio, della pace, serenità, forza soprannaturale, le loro giornate, le loro occupazioni, onde, come straniati dal mondo per l’amore nostro, possano resistere al loro calvario e dopo la morte avere Te, Noi, beatitudine infinita”».
   Gesù ha pregato alzandosi in piedi, svincolandosi adagio dai fanciullini che gli si erano addormentati addosso. Ed è maestoso e dolce nella sua preghiera.
   Ora riabbassa gli occhi e dice: «Io vado. È l’ora per farvi tornare alle case in tempo. Ci vedremo ancora. E porterò Marziam. Ma anche quando non potrò più venire, il mio Spirito sarà sempre con voi, e questi miei apostoli vi ameranno come Io vi ho amati. Il Signore posi su voi la sua benedizione. Andate!».
   E si china ad accarezzare i fanciullini dormenti, e si abbandona alle espansioni della povera turba che non sa staccarsi da Lui…
   Ma infine ognuno si avvia dalla sua parte, e i due gruppi si separano mentre la luna cala e dei rami accesi devono rischiarare il cammino. E il fumo acre dei rami ancor un poco umidi è una buona scusante al luccichio degli occhi…

   432.10­Giuda li attende addossato ad un tronco. Gesù lo guarda e non dice nulla, neppure quando Giuda dice: «Sto meglio».
   Procedono così alla meglio nella notte, poi più speditamente nell’alba.
   Alla vista di un quadrivio, Gesù si ferma e dice: «Separiamoci. Con Me vengano Tommaso, Simone Zelote e i fratelli miei. Gli altri vadano al lago, ad attendermi».
   «Grazie, Maestro… Non osavo chiedertelo. Ma Tu mi vieni incontro. Sono proprio stanco. E, se lo concedi, mi fermo a Tiberiade…».
   «Da un amico», non può trattenersi di dire Giacomo di Zebedeo.
   Giuda sbarra gli occhi… ma si limita a questo.
   Gesù si affretta a dire: «Mi basta che tu al sabato vada a Cafarnao coi compagni. Venite, ché vi baci, voi che mi lascia­te».
   E con affetto bacia i partenti, dicendo ad ognuno un consiglio sottovoce…
   Nessuno obbietta parola. Solo Pietro, già nell’andare, dice: «Vieni presto, Maestro».
   «Sì, vieni presto», dicono gli altri, e Giovanni termina: «Sa­rà ben triste il lago senza di Te».
   Gesù li benedice ancora e promette: «Presto!», e poi ognuno va per la propria parte.

[145] Si legge, in: Geremia 36.
[146] Dice Isaia, in: Isaia 58, 3-7.