MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 454



CDLIV. Maria Ss. e il suo amore di fusione con Dio. Ira dell’Iscariota contro il piccolo Alfeo.

   3 luglio 1946.

   454.1La sera scende, portando brezze che ristorano dopo tanto calore e penombre che sono sollievo dopo tanto sole.
   Gesù si congeda da quelli di Ippo, ben fermo nel suo proposito di non porre indugio alla partenza, volendo essere a Cafarnao per il sabato. La gente si allontana di malavoglia e qualcuno, ostinato, lo segue anche fuori della città.
   Fra questi è la donna di Afech, vedova, che nella borgata sul lago ha pregato il Signore di scegliere lei per tutrice del piccolo Alfeo che la madre non vuole. Si è imbrancata fra le discepole come fosse una di loro, e ormai è così famigliarizzata con esse, che esse la riguardano come una di famiglia. Ora è con Salome e parla fitto fitto con lei, sottovoce.

   454.2Più indietro è Maria con la cognata, e regolano il passo su quello del fanciullino, che cammina in mezzo a loro dando la mano a tutte e due e che si diverte a saltare sul limite di ogni pietra della strada, certo costruita dai romani per essere così a lastre regolari. E ride dicendo ogni volta: «Vedi come sono bravo? Guarda, guarda ancora!». Un giuoco che credo abbiano fatto tutti i bambini del mondo, quando sono per mano di quelli che sentono affettuosi per loro. E le due sante creature, che lo tengono per mano, mostrano grande interesse al suo giuoco e lo lodano per la bravura che mostra nel saltare.
   Il povero piccino è rifiorito in pochi giorni di vita pacifica e amorosa, il suo occhio è ilare come quello dei bambini felici e il riso argentino della sua bocca lo fa persino più bello, e soprattutto più bimbo, senza più quell’espressione di ometto anzitempo triste che aveva la sera della partenza da Cafarnao.
   Maria d’Alfeo, osservando questo e sentendo qualche parola di Sara, la vedova, dice alla cognata: «Sarebbe proprio bene così! Io, se fossi in Gesù, glielo darei».
   «Ha una madre, Maria…».
   «Madre? Non lo dire! È più madre una lupa che non quella sciagurata[34]».
   «È vero. Ma anche se non sente il dovere per suo figlio, ha sempre il diritto su un figlio».
   «Uhm! Per farlo soffrire! Guarda come sta meglio!».
   «Lo vedo. Ma… Gesù non ha diritto di levare i figli alle madri, neppure per darli a chi li amerebbe».
   «Anche gli uomini non avrebbero diritto di… Basta. So io che».
   «Oh! Ti capisco… Vuoi dire: anche gli uomini non avrebbero diritto di levare il Figlio a te, eppure lo faranno… Ma facendo questo, un atto umanamente crudele, provocheranno un bene infinito. Qui, invece, non so se sarebbe un bene per quella donna…».
   «Ma per il piccino sì.

   454.3Ma perché… Egli ci ha detto quella orrenda cosa? Io non ho più pace da quando la so…».
   «E non lo sapevi anche prima, che il Redentore doveva patire e morire?».
   «Sì che lo sapevo! Ma non sapevo che era Gesù. Gli ho voluto bene, sai? Più che ai miei stessi figli. Così bello, così buono… Oh! te lo invidiavo, Maria mia, quando era bambino, e poi sempre… sempre… Mi spiacevo anche di un soffio d’aria per Lui e… non posso pensare che sarà torturato…». Maria Cleofe piange nel suo velo.
   E Maria, la Madre, la conforta. «Maria mia, non guardare la cosa dal lato umano. Pensa ai suoi frutti… Io, puoi pensare come veda cadere la luce ogni giorno… Quando essa muore io dico: un giorno di meno da avere Gesù… Oh! Maria! Di una cosa soprattutto io ringrazio l’Altissimo, di avermi concesso di raggiungere l’amore perfetto, perfetto quanto può possedere creatura, il quale mi concede di poter medicare e fortificare il mio cuore dicendo: “Il suo e il mio dolore sono utili ai miei fratelli, e perciò sia benedetto il Dolore”. Non amassi così il prossimo… non potrei, no, pensare che metteranno a morte Gesù…».
   «Ma che amore dunque è il tuo? Che amore si deve avere per poter dire quelle parole? Per… per… per non fuggire con la propria creatura, difenderla e dire al prossimo: “Il primo mio prossimo è mio figlio e lui amo sopra ogni cosa”?».
   «Chi va amato sopra ogni cosa è Dio».
   «E Lui è Dio».
   «Lui fa la volontà del Padre e io con Lui. Che amore è il mio? Quale amore si deve avere per poter dire quelle parole? L’amore di fusione con Dio, l’unione totale, l’abbandono totale, l’essere perse in Lui, non essere più che una parte di Lui, così come la mano è una parte di te stessa e fa ciò che il tuo capo ordina. Ecco il mio amore e quale è l’amore che si deve avere per far sempre con buona volontà la volontà di Dio».
   «Ma tu sei tu. Sei la Benedetta fra tutte le creature. Certo eri già tale anche prima di avere Gesù, perché Dio ti ha scelta per averlo, e ti è facile…».
   «No, Maria. Io sono la Donna e la Madre come ogni donna e madre. Il dono di Dio non sopprime la creatura. Essa ha la sua umanità come ogni altra, anche se il dono le dona una spiritualità molto forte. Tu sai, ormai, che io ho dovuto accettare il dono di mia spontanea volontà e con tutte le conseguenze che esso portava. Perché ogni dono divino è una grande beatitudine, ma anche un grande impegno. E Dio non violenta nessun uomo perché accetti i doni suoi, ma interroga la creatura, e se la creatura alla voce spirituale che le parla dice: “No”, Dio non la forza.

   454.4Tutte le anime, almeno una volta nella vita, sono interrogate da Dio se…».
   «Oh! io no! A me non ha mai chiesto nulla!», esclama sicura Maria d’Alfeo.
   Maria Vergine sorride mitemente rispondendo: «Non te ne sei accorta e ha risposto l’anima tua senza che tu te ne accorgessi, e ciò perché ami già molto il Signore».
   «Ti dico che non mi ha mai parlato!…».
   «E perché allora sei qui, discepola dietro Gesù? E perché allora spasimi perché i tuoi figli, tutti, siano seguaci di Gesù? Tu sai cosa vuol dire seguirlo, eppure tu vuoi che i tuoi figli lo seguano».
   «Certo! Vorrei darglieli tutti. Allora veramente direi che ho dato alla Luce le mie creature. E prego, prego perché possa partorirli ad Essa, a Gesù, con una vera, eterna maternità».
   «Tu vedi! E ciò perché? Perché Dio ti ha interrogata un giorno e ti ha detto: “Maria, mi concederesti i tuoi figli per essere i miei ministri nella nuova Gerusalemme?”. E tu hai risposto: “Sì, Signore”. E anche ora che sai che il discepolo non è da più del Maestro, a Dio che ti interroga ancora per provare il tuo amore rispondi: “Sì, mio Signore. Voglio anzi che essi siano tuoi!”. Non è così?».
   «Sì, Maria. È così. È vero. Io sono tanto ignorante che non so capire ciò che succede nell’anima. Ma quando Gesù o tu mi fate pensare, dico che è vero. È proprio vero. Dico che… vorrei vederli uccisi dagli uomini piuttosto che nemici a Dio… Certo… se li vedessi morire… se… oh! Ma il Signore… mi aiuterebbe, eh?, il Signore in quell’ora… o aiuterà te sola?».
   «Aiuterà tutte le sue figlie fedeli e martiri nello spirito, o nello spirito e nella carne per sua gloria».
   «Ma chi deve essere ucciso?», chiede il bambino che, sentendo quei discorsi, non ha più saltellato ed è stato tutto orecchi. E chiede ancora, un po’ curioso, un po’ spaurito, guardando qua e là per la campagna solitaria che imbruna: «Ci sono dei ladroni? Dove sono?».
   «Non ci sono ladroni, bambino. E nessuno, per ora, deve essere ucciso. Salta, salta ancora…», risponde Maria Ss.

   454.5Gesù, che era molto avanti, si è fermato in attesa delle donne. Di quelli che lo hanno seguito da Ippo sono ancora presenti tre uomini e la vedova. Gli altri si sono decisi, l’uno dopo l’altro, a lasciarlo e a tornare alla loro città.
   I due gruppi si riuniscono. Gesù dice: «Sostiamo qui in attesa della luna. Poi procederemo in modo da entrare all’alba nella città di Gamala».
   «Ma Signore! Non ricordi come ti cacciarono di là? Ti hanno supplicato[35] di andartene…».
   «Ebbene? Io sono partito, ora ritorno. Dio è paziente e prudente. Allora, nella loro agitazione, non erano capaci di accogliere la Parola che va accolta con l’animo in pace per essere fruttuosa. Ricordatevi Elia[36] e il suo incontro col Signore sull’Oreb, e considerate che Elia era già un animo diletto al Signore e uso ad intenderlo. Solo nella pace di una brezza leggera, quando l’animo riposava dopo gli sgomenti nella pace del creato e del suo io onesto, solo allora il Signore parlò. E il Signore ha atteso che lo sgomento lasciato come ricordo del loro passaggio in quella regione dalla legione dei demoni — perché, se il passaggio di Dio è pace, il passaggio di Satana è turbamento — e il Signore ha atteso che lo sgomento cadesse e si rifacessero limpidi il cuore e l’intelletto, per ritornare a questi di Gamala, che sono ancora suoi figli. Non temete! Non ci faranno del male!».

   454.6La vedova di Afech si fa avanti e si prostra: «E da me non verrai, Signore? Anche Afech è piena di figli di Dio…».
   «Aspra è la via e breve il tempo. Abbiamo le donne e dobbiamo tornare per sabato a Cafarnao. Non insistere, donna», dice reciso l’Iscariota quasi respingendola.
   «È che… Volevo che si persuadesse che potrei tenere bene il bambino».
   «Ma ha sua madre, capisci?», dice ancora l’Iscariota e lo dice con malgarbo.
   «Conosci vie brevi tra Gamala e Afech?», chiede Gesù alla donna mortificata.
   «Oh! sì! Via montana, ma buona, fresca perché fra i boschi. E poi, per le donne, pago io, si può prendere degli asinelli…».
   «Verrò a casa tua per consolarti, anche se non posso darti il bambino perché ha sua madre. Ma ti prometto che, se Dio giudicherà che l’innocente disamato ritrovi amore, penserò a te».
   «Grazie, Maestro. Tu sei buono», dice la vedova e guarda Giuda in un modo tale che vuol dire: «E tu sei cattivo».
   Il bambino, che ha ascoltato e capito almeno in parte e che è affezionato anche alla vedova, che se lo conquista con carezze e bocconcini buoni, un po’ per naturale movimento di riflessione e un poco per quello spirito di imitazione proprio dei bambini, ripete esattamente ciò che ha fatto la vedova, soltanto non si prostra ai piedi di Gesù, ma si attacca ai suoi ginocchi, alzando la faccetta che la luna fa bianca, e dice: «Grazie, Maestro, Tu sei buono». E non si limita qui; vuole chiarire bene ciò che pensa e termina: «e tu sei cattivo», e dà un calcetto col piedino nel piede dell’Iscariota, perché non ci siano possibili errori di persona.

   454.7La risata di Tommaso è fragorosa e trascina gli altri a ridere, mentre dice: «Povero Giuda! Ma è proprio detto che i fanciulli non ti amino! Ogni tanto uno di questi ti giudica[37], e sempre così male!…».
   Giuda ha tanto poco spirito che mostra la sua ira, un’ira ingiusta, sproporzionata alla causa e all’oggetto che la provoca, e che si sfoga strappando in mal modo il piccolo dalle ginocchia di Gesù e gettandolo indietro urlando: «Questo succede quando nelle cose serie si fanno le pantomime. Non è decoroso né utile portarsi dietro un’appendice di donne e di bastardi…».
   «Questo poi no. Suo padre l’hai conosciuto tu pure. Era uno sposo legittimo e un giusto», osserva severo Bartolomeo.
   «Ebbene? Ora costui non è un randagio, un futuro ladro? Non fa fare dei discorsi poco buoni alle nostre spalle? Lo hanno creduto figlio di tua Madre… E dove è più lo sposo di tua Madre per giustificare un figlio di questa età? Oppure lo credono di uno di noi, e…».
   «Basta. Tu parli il linguaggio del mondo. Ma il mondo parla nel fango, ai ranocchi, alle bisce, ai ramarri, a tutte le bestie immonde…

   454.8Vieni, Alfeo. Non piangere. Vieni da Me. Ti porterò in braccio Io».
   La pena del bambino è grande. Tutto il suo dolore di orfano e di respinto dalla madre, sopito in quei giorni di pace, riaffiora, ribolle, straripa. Più delle abrasioni che si è fatto nella fronte e sulle mani cadendo sul terreno pietroso, abrasioni che le donne puliscono e baciano per consolarlo, egli piange il suo dolore di figlio senza amore. Un pianto lungo, straziante, con invocazioni al padre morto, alla mamma… Oh! povero bambino!
   Piango con lui, io, la sempre disamata dagli uomini, e come lui mi rifugio fra le braccia di Dio, oggi, anniversario dei funerali di mio padre; oggi, giorno in cui una ingiusta decisione mi priva della Comunione frequente…
   Gesù lo prende, lo bacia, lo ninna e consola e cammina avanti a tutti, con l’innocente fra le braccia, nel chiaro di luna… E, mentre il pianto decade lentamente e si fa raro, si può sentire nel silenzio notturno la voce di Gesù dire: «Ci sono Io, Alfeo. Io per tutti. Io a farti da padre e madre. Non piangere. Il padre tuo è presso a Me e ti bacia con Me. Gli angeli ti curano come fossero madri. Tutto l’amore, tutto l’amore se sei buono e innocente, è con te…».

   454.9E la voce roca di uno dei tre, venuti da Ippo, che dice: «Il Maestro è buono e attira. Ma i suoi discepoli no. Io me ne vado…».
   E la voce severa dello Zelote che dice all’Iscariota: «Lo vedi ciò che fai?».
   E poi, mentre solo la vedova di Afech resta fra le discepole e sospira con esse, si ode soltanto lo scalpiccio diminuito dei passi. Perché i tre di Ippo se ne sono andati. E così dura finché si fermano ad una vasta grotta, forse un ricovero di pastori, perché vi è uno strato di eriche e felci, da poco tagliate, gettate al suolo ad asciugare.
   «Fermiamoci qui. Raduniamo questo letto della Provvidenza per le donne. Noi potremo sdraiarci qui fuori, sull’erba del suolo», dice Gesù. E così fanno, mentre la luna naviga piena nel firmamento.

[34] È più madre una lupa che non quella sciagurata, invece di È più madre la lupa di quella sciagurata, è correzione di MV su una copia dattiloscritta.
[35] supplicato, in 186.7.
[36] Ricordatevi Elia, nel passo di: 1 Re 19, 13-18 .
[37] Ogni tanto uno di questi ti giudica, come Beniamino di Magdala in 184.7 (e in 490.6), e Jabé-Marziam in 196.6 (e in 365.3/4). Si legge in 309.4: “… A Giuda di Simone… sembra che il Signore faccia parlare dai bambini…”. Anche il nipote di Nahum, bambino deforme risanato da Gesù, metterà Giuda tra i cattivi in 584.6.