MARIA
VALTORTA

Voglio che le anime possano bere alla Fonte vitale della mia parola

"Quando la Chiesa - e per tale alludo ora alla riunione degli alti dignitari di Essa - agì secondo i dettami della mia Legge e del mio Vangelo, la Chiesa conobbe tempi fulgidi di fulgore. Ma guai quando, anteponendo gli interessi della Terra a quelli del Cielo, inquinò Se stessa con passioni umane! Tre volte guai quando adorò la Bestia di cui parla Giovanni, ossia la Potenza politica, e se ne fece asservire..." (Qd 12 dicembre 1943)

OPERA MAGGIORE

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VOLUME VII CAPITOLO 460



CDLX. Farisei a Cafarnao con Giuseppe a Simone d’Alfeo. Gesù non nasconderà alla Madre l’ora del Sacrificio.

   18 luglio 1946.

   460.1«Non riconduci il bambino a sua madre?», domanda Bartolomeo a Gesù trovandolo sulla terrazza assorto in profonda preghiera.
   «No. Attenderò che ella ritorni dalla sinagoga…».
   «Speri che là dentro il Signore le parli… e che ella… comprenda il suo dovere? Pensi da saggio. Ma ella non è saggia. Un’altra madre sarebbe corsa ieri sera a riprendere la sua creatura. Infine… avevamo navigato su un mare in tempesta… essa non sapeva da dove provenivamo… Si è forse preoccupata di vedere se il suo bambino ne aveva avuto danno? Viene forse questa mattina? Guarda quante madri sono già in piedi, nonostante sia da poco giorno, premurose a stendere le vesti di festa perché finiscano di asciugare e i bambini le indossino monde per il giorno del Signore. Un fariseo direbbe che fanno opera servile perché stendono quelle vesticciuole. Io dico che fanno opera d’amore, verso Dio e verso i figli loro. Sono povere donne per lo più. Guarda là Maria di Beniamino e Rebecca di Michea. E su quella povera terrazza Joanna che, paziente, districa le frange della povera veste del suo maschio, perché sembri meno povera per andare alla sacra funzione. E là ancora, sulla riva che fra poco sarà tutta sole, Selida stende la tela ancor grezza, perché paia fina ciò che è tela grossolana, bella solo per il sacrificio che le costa: tanti bocconi di pane, levati alla fame del ventre per mutarli in capecchio di canapa. E là, non è Adinà che strofina con verdura la stinta vesticciuola della sua fanciulla perché sembri più verde? Ma lei non si vede…».
   «Il Signore le muti il cuore! Non c’è altro da dire…».

   460.2Restano appoggiati al muretto della terrazza guardando la natura rinfrescata dal temporale, che ha fatto pulita l’atmosfera e monde le verzure. Il lago, ancora un poco mosso e meno azzurro del solito, perché venato dalle acque scese dai torrenti pieni per poche ore e trascinanti il polverume del letto riarso, è bello nonostante queste infusioni d’ocra. Sembra un grande lapislazzuli rigato di perle, e ride sotto un limpido sole che balza ora da dietro i monti occidentali[50] e accende tutte le gocce ancor trattenute fra le ramaglie. Rondini e colombi solcano festosi l’aria purificata, e fra le frasche uccelli di ogni specie trillano e cinguettano.
   «Il caldo se ne va. Bella stagione, questa. Ricca e bella. Come un’età matura. Non è vero, Maestro?».
   «Bella… sì…». Ma si vede che Gesù è lontano col pensiero.
   Bartolomeo lo guarda… Poi chiede: «A che pensi? A quanto dirai oggi nella sinagoga?».
   «No. Penso che i malati attendono. Andiamo noi due a guarirli».
   «Noi soli?».
   «Simone, Andrea, Giacomo e Giovanni sono andati a ritirare le nasse messe da Toma in previdenza del nostro ritorno. Gli altri dormono. Andiamo noi due».

   460.3Scendono, dirigendosi verso la campagna, alle case sparse fra le ortaglie o già fra i campi, alla ricerca dei malati ricoverati in case di poveri, sempre ospitali. Ma c’è chi corre avanti, intuendo dove va il Maestro, e c’è chi gli dice: «Attendi qui, nel mio orto. Te li porteremo qui…». E presto, da diverse parti, come acque di minuti rivoli che si uniscono in un unico stagno, i malati vengono, o vengono portati a Colui che guarisce. I miracoli si compiono.
   Gesù li congeda dicendo: «Non dite a chi vi interrogasse che vi ho guarito. Tornate alle case dove eravate. Questo mio discepolo prima del tramonto porterà dei soccorsi ai più poveri».
   «Sì. Non dite. Gli fareste del male. Ricordate che è sabato e che molti lo odiano», rincara Bartolomeo.
   «Non faremo del male a chi ci ha beneficato. Lo diremo ai nostri paesi, senza dire in che giorno guarimmo», dice uno, prima paralitico.
   «Anzi, io direi di spargerci per le campagne in attesa del tramonto. I farisei sanno dove eravamo ospitati e potrebbero venire a vedere…», dice uno, prima malato d’occhi.
   «Dici bene, Isacco. Ieri chiedevano troppo e troppe cose… Pen­seranno che, stanchi di attendere, siamo partiti avanti il tramonto».
   «Ma ieri sera ci vide l’apostolo?», domanda uno che era cieco. «Non era lui quello che parlava?».
   «No. Era un fratello del Signore. Non ci tradirà».
   «Dite soltanto dove andate per potervi trovare quando ver­rò», dice Bartolomeo.
   I malati si consultano fra loro. Chi vorrebbe andare verso Corozim e chi verso Magdala. Si rimettono a Gesù.
   E Gesù dice: «Nei campi lungo la via che va a Magdala. Seguite il secondo torrente e troverete dopo poco una casa. Andate là e dite: “Ci manda Gesù”. Vi accoglieranno come fratelli. Andate, e Dio sia con voi e voi con Dio, non peccando in avvenire».

   460.4E Gesù si rimette in cammino, non tornando subito in paese per la via già fatta, ma facendo un semicerchio fra le ortaglie che lo porta presso la sorgente vicina al lago, sorgente presa d’assalto dalle donne che vogliono fare la loro provvista d’acqua mentre è fresca e il sole non è alto.
   «Il Rabbi! Il Rabbi!». Un accorrere di donne e di bambini e anche di uomini del popolo, vecchi per lo più, e oziosi per il sabato.
   «Una parola, Maestro, per fare lieto questo giorno», dice un vecchione che ha per mano un bambino, forse un pronipote perché, se il vecchio è quasi certamente centenario, il bambino non ha più di un sei anni.
   «Sì, accontenta il vecchio Levi. E noi con lui».
   «Oggi avete la spiegazione di Giairo. Io sono qui per udirlo. Avete un sapiente sinagogo…».
   «Perché dici così, Maestro? Tu sei il sinagogo dei sinagoghi, il Maestro d’Israele. Noi non conosciamo che Te».
   «Non dovete. I sinagoghi sono messi per esservi maestri, per esercitare il culto fra voi, dandovi esempio per farvi fedeli israeliti. I sinagoghi saranno anche quando Io non sarò più. Avranno un altro nome, altre cerimonie, ma saranno sempre i ministri del culto. Li dovete amare, e pregare per loro dovete. Perché, dove è un buon sinagogo, là sono buoni fedeli e là, perciò, è Dio».
   «Lo faremo. Ma parlaci adesso. Ci fu detto che stai per lasciarci…».
   «Ho tante pecore sparse per la Palestina. Attendono tutte il loro Pastore. Ma avete i discepoli sempre più numerosi e sapienti…».
   «Sì. Ma ciò che Tu dici è sempre buono e facile per le nostre menti ignoranti».
   «Che vi dirò?…».
   «Gesù, ti abbiamo cercato per ogni dove!», grida Giuseppe d’Alfeo che, insieme al fratello Simone e a un gruppo di farisei, è sopraggiunto.
   «E dove può essere il Figlio dell’uomo se non fra i piccoli e i semplici di cuore? Mi volevate? Eccomi. Ma prima lasciate che Io dica una parola a costoro…

   460.5Udite. Vi fu detto che Io sto per lasciarvi. È vero. Non l’ho negato. Ma prima di lasciarvi vi do questo comando: di sorvegliare molto voi stessi per conoscervi molto, di avvicinarvi sempre più alla Luce per poterci vedere. La mia parola è Luce. Custoditela in voi e, quando al suo lume scoprirete macchie od ombre, perseguitatele per cacciarle dal vostro cuore. Quello che eravate prima che Io vi conoscessi non dovete più esserlo. Dovete essere molto migliori, perché ora sapete molto di più. Prima eravate come in un crepuscolo, ora avete la Luce in voi. Dovete perciò essere figli della Luce.
   Guardate il cielo al mattino quando l’alba lo schiarisce: può sembrare sereno solo perché non è tutto coperto di nuvole temporalesche, ma come la luce cresce e il vivo chiarore del sole si affaccia ad oriente ecco che l’occhio, stupito, vede farsi macchie rosate sull’azzurro del cielo. Che sono? Oh! lievi nuvolette, così lievi che pareva non ci fossero finché la luce era incerta, ma che ora, poiché il sole le colpisce, appaiono come spume leggere sul campo del cielo. E vi stanno finché il sole le fonde, le annulla nel suo gran fulgore. Voi fate così della vostra anima. Portatela sempre più presso la Luce, per discoprirvi ogni nebbia anche lievissima, e poi tenetela sotto il grande sole della Carità. Essa consumerà le vostre imperfezioni come il sole fa evaporare l’umidore leggero che si condensa in quelle nuvolette così esili che il sole dissipa all’aurora. Se voi starete molto nella Carità, la Carità opererà in voi continui prodigi.
   Andate ora e siate buoni…».

   460.6Li congeda e va presso i due cugini, che bacia dopo aver fatto profondi inchini ai farisei presenti, fra i quali è Simone il fariseo di Cafarnao. Gli altri sono visi nuovi.
   «Ti abbiamo cercato più per questi che per noi. Sono venuti a Nazaret a cercarti, e allora…», spiega Simone d’Alfeo accennando ai farisei[51].
   «La pace a voi. Di che abbisognavate?».
   «Oh! nulla. Vederti, vederti soltanto. Ascoltarti. Sentire la saggezza delle tue parole…».
   «Per questo solo?».
   «Anche per consigliarti, veramente… Tu sei troppo buono e il popolo se ne abusa. Non è buono questo popolo. E Tu lo sai. Perché non maledici i peccatori?».
   «Perché il Padre mi ordina di salvare, non di perdere».
   «Andrai incontro a delle sventure…».
   «Non importa. Non posso trasgredire all’ordine dell’Altissimo per nessun utile umano».
   «E se… Sai… si dice sottovoce che Tu accarezzi il popolo per servirtene in una sommossa. Noi siamo venuti a chiederti se è vero».
   «Siete venuti o vi hanno mandato?».
   «È la stessa cosa».
   «No. Ma Io rispondo a voi e a chi vi ha mandato che l’acqua che trabocca dalla mia secchia è acqua di pace, che il seme che spargo è seme di rinuncia. Io poto i rami superbi, Io sono pronto a scalzare le male piante, perché non nuocciano alle buone se non si piegano all’innesto. Ma ciò che Io chiamo “buono” non è ciò che voi dite buono. Perché Io chiamo buona l’ubbidienza, la povertà, la rinuncia, l’umiltà, la carità che si piega a tutte le umiltà e a tutte le misericordie. Non temete nessuno. Il Figlio dell’uomo non insidia le potenze degli uomini, ma viene ad inculcare potenza agli spiriti. Andate e riferite che l’Agnello non sarà mai lupo».
   «Che vuoi dire? Tu ci comprendi male e noi ti comprendiamo male».
   «No. Io e voi ci si comprende molto bene…».
   «Ebbene, allora sai perché siamo venuti?».
   «Sì. Per dirmi che non devo parlare alle turbe. E non pensate che non potete interdirmi di entrare, come ogni israelita, là dove si leggono e spiegano le Scritture e dove ogni circonciso ha il diritto di parlare».
   «Chi te lo ha detto? Giairo, non è vero? Lo riferiremo».
   «Non ho ancora visto Giairo».
   «Tu menti».
   «Io sono la Verità».
   Un uomo dice di fra la folla che si è tornata a formare: «Egli non mente. Giairo è partito ieri prima del tramonto con la moglie e la figlia; le ha accompagnate, lasciando qui l’assistente, le ha accompagnate dalla madre che muore e non tornerà che dopo le purificazioni».
   I farisei non hanno la gioia di poter mostrare che Gesù mente, ma hanno quella di saperlo senza l’amico più potente in Cafarnao. Si guardano fra di loro, tutta una mimica di sguardi.

   460.7Giuseppe d’Alfeo, maggiore della famiglia, sente il dovere di difendere Gesù e si volge a Simone fariseo: «Tu mi hai onorato volendo spartire con me il pane e il sale, e l’Altissimo terrà conto di questo onore dato ai discendenti di Davide. Tu mi ti sei mostrato giusto. Questo mio fratello è accusato da questi farisei. Ieri essi hanno detto a me, capo della casa, che l’unico dolore era che Gesù trascurasse la Giudea, perché essendo il Messia d’Israele aveva il dovere di amare ed evangelizzare ugualmente tutto Israele. Ho trovato giusto l’argomento e lo avrei detto a mio fratello. Ma perché allora parlano così, oggi? Almeno dicano perché non deve parlare. Non mi risulta che dica cose contrarie alla Legge e ai Libri. Date la ragione e io persuaderò Gesù a parlare altrimenti».
   «È giusto il tuo discorso. Rispondete all’uomo…», dice Simone fariseo. «Ha Egli detto cose… sacrileghe?».
   «No. Ma il Sinedrio lo accusa di separare, di tentare di separare la nazione. Il Re deve essere d’Israele, non solo di Galilea».
   «Cara tutta la patria, carissima nella patria la regione natia. Non è una causa tanto grave da meritare punizione, questo suo amore per la Galilea. Del resto, noi siamo di Davide e perciò…».
   «Venga allora in Giudea. Non ci disprezzi».
   «Li odi? Questo è un onore per Te e per la famiglia!», dice, fra severo e borioso, Giuseppe.
   «Odo».
   «Io ti consiglio a cedere al loro desiderio. È buono, è tutto onore. Tu dici che vuoi pace. Metti dunque fine, posto che sei amato da un confine all’altro, al dissapore che è fra le due regioni. Lo farai certamente. Oh! certo lo farà. Io lo assicuro per Lui, che è ubbidiente ai maggiori».
   «È detto: “Non c’è alcuno più grande di Me. Non c’è alcun altro dio avanti di Me”. Io ubbidirò sempre a ciò che Dio vuole».
   «Lo sentite? Andate dunque in pace».
   «Lo sentiamo. Ma, o Giuseppe, prima di andare vogliamo sapere ciò che per Lui è ciò che Dio vuole».
   «Ciò che Dio vuole è che Io faccia la sua volontà».
   «E sarebbe? Dilla».
   «Che Io raccolga le pecore d’Israele e le riunisca in un solo gregge. E lo farò».
   «Teniamo conto delle tue parole».
   «Bene sarà. Dio sia con voi», e Gesù volge le spalle al gruppo fariseo e va verso casa.

   460.8Giuseppe suo cugino gli si mette al fianco, mezzo contento, mezzo scontento, e con aria di protezione gli fa notare che a saperli prendere (come ha fatto lui), che a essere appoggiato ai parenti (come fortunatamente oggi), che a ricordare che si ha diritto al trono (come discendenti di Davide) e così via, anche i farisei diventano buoni amici.
   Gesù lo interrompe dicendo: «E tu lo credi? Credi alle loro parole? In verità l’orgoglio e la lode bugiarda bastano a coprire di lastre le viste più acute».
   «Io però… li accontenterei. Non puoi pretendere che ti portino in trionfo fra grida di osanna. Di un subito… Li devi conquistare. Un poco di umiltà, Gesù. Un poco di pazienza. L’onore merita ogni sacrificio…».
   «Basta! Tu parli con parola umana e più ancora. Dio ti perdoni. E ti dia luce, fratello. Ma scostati, perché mi dài dolore. E taci a tua madre, ai fratelli, alla Madre mia questi consigli stolti».
   «Ti vuoi perdere! Sei causa della nostra rovina e della tua!».
   «Perché sei venuto, se sei sempre lo stesso? Non ho ancora patito per te. Ma lo farò. E allora…».
   Giuseppe se ne è andato, inquieto.
   «Tu lo disgusti… È come il padre nostro, lo sai. È il vecchio israelita…», gli sussurra Simone.
   «Quando capirà, vedrà che la mia azione, ora a lui disgustosa, era santa…».

   460.9Sono sulla porta di casa. Entrano. Gesù ordina a Pietro: «Fa’ che la barca sia pronta al tramonto. Accompagneremo a Tiberiade le due Marie, e Simone le accompagnerà a casa. Verrà con te Matteo, oltre i tuoi compagni pescatori. Gli altri rimarranno qui ad attenderci».
   Pietro tira in disparte Gesù: «E se viene quello di Antiochia? È per Giuda di Keriot che dico…».
   «Il tuo Maestro ti dice che lo troveremo sul molo di Tiberiade».
   «Ah! allora!», e a voce forte: «La barca sarà pronta».

   460.10«Madre, sali con Me. Staremo insieme queste ore».
   Maria lo segue senza parlare. Entrano nella stanza alta, fresca e ombrosa per la vite che la copre, per le tende messe a far ombra.
   «Te ne vai, Gesù mio?!». Maria è molto pallida.
   «Sì. È tempo».
   «E io non devo venire per i Tabernacoli? Figlio mio!…». Maria ha un singhiozzo.
   «Mamma! Perché? Non è la prima volta che ci lasciamo!».
   «No. È vero. Ma… Oh! ricordo quanto mi hai detto[52] nel bosco presso Gamala… Figlio mio! Perdona ad una povera donna. Io ti ubbidirò… Io, con l’aiuto di Dio, sarò forte… Ma voglio una promessa da Te…».
   «Quale, Madre mia?».
   «Che Tu non mi nasconderai l’ora tremenda. Non per pietà, non per diffidenza di me… Sarebbe troppo dolore… e troppa tortura… Dolore perché… saprei tutto all’improvviso e da chi non mi ama come Tu ami questa povera Mamma… E sarebbe tortura se pensassi che forse nel momento in cui filo, o tesso, o curo i colombi, Tu, mia Creatura, sei messo a morte…».
   «Non temere, Madre. Tu saprai… Ma questo non è l’ultimo addio. Ci vedremo ancora…».
   «Veramente?».
   «Sì. Ci vedremo ancora».
   «E mi dirai: “Vado a compiere il Sacrificio”? Oh!…».
   «Non dirò così. Ma Tu capirai… E poi sarà la pace. Tanta pace… Pensa: aver fatto tutto ciò che Dio vuole da noi, suoi figli, per il bene di tutti gli altri figli. Tanta pace… La pace del perfetto amore…».
   Se l’è raccolta sul cuore e se la tiene stretta nell’abbraccio filiale, Lui tanto più alto e forte, Lei più minuta, giovane della sua incorrotta giovinezza di carni e di espressione, messa sull’eterna giovinezza del suo spirito immacolato.
   E Lei ripete, eroica, quanto eroica: «Sì, sì. Ciò che Dio vuole…».
   Non ci sono altre parole. I due Perfetti già consumano il sacrificio della loro più dura ubbidienza. Non ci sono neppure lacrime. E neppure baci. Ci sono solo Due che amano perfettamente e depongono ai piedi di Dio il loro amore.

[50] occidentali forse dovrebbe correggersi in orientali .
[51] spiega Simone d’Alfeo accennando ai farisei è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta.
[52] mi hai detto, in 455.4/5.